Viaggio nelle conseguenze del chip shortage, che continuerà nel 2022 e farà ballare automotive, industria, tech e…

di Nicodemo Angì ♦︎ Tracollo nelle vendite, prezzi in salita e consegne in ritardo di mesi: il settore dell’auto è tra i più colpiti dalla scarsità dei semiconduttori. Vediamo i motivi commerciali e logistici di questa crisi. L’impatto su Stellantis, Mercedes, Bmw, Volvo, Tesla, Ford, Nissan

Ma ha davvero ragione Luca De Meo a pensare che i prezzi delle auto andranno alle stelle a causa del chip shortage? E che la crisi si farà sentire anche nel 2022 inoltrato? Il ceo di Renault, infatti, ha recentemente dichiarato in un’intervista al quotidiano spagnolo Expansion che la carenza di semiconduttori, unitamente all’aumento dei prezzi delle materie prime, farà impennare il listino delle automobili. «I prezzi aumenteranno ancora di più nei prossimi dodici mesi – commenta a Expansion il numero uno della casa automobilistica francese – perché quando vado a negoziare con i fornitori di semiconduttori mi dicono: ho più clienti, o mi paghi di più per i chip o li vendo ad altri».

È questo lo scenario che si staglia a produttori e consumatori? Può una casa non produrre vetture perché i fornitori non consegnano e le linee restano ferme, magari perché manca un controller video da 1 dollaro? La particolare vulnerabilità dell’industria automotive ha varie cause: un potere contrattuale non molto alto riguardo l’approvvigionamento, l’affidarsi a tecnologie di fabbricazione dei chip delle quali non risulta molto profittevole aumentare la capacità produttiva e una scarsa conoscenza dei dispositivi elettronici, acquistati su specifiche da fornitori Tier 1.







Luca De Meo, ceo Renault

Riguardo ai danni della carenza di chip Alix Partners stimava, prima dell’estate, che il 2021 potesse chiudersi con un una perdita globale di 3,9 milioni di veicoli, cifra recentemente aggiornata a 7,7 milioni per un valore di 210 miliardi di dollari. Auto Forecast Solutions pensa che nel 2021 potrebbero mancare all’appello più 10 milioni di vetture: la perdita nella produzione di veicoli ammonterebbe a 3,2 milioni negli Stati Uniti, 2,8 milioni in Europa e 2 milioni in Asia. Ihs Markit quantifica invece le perdite del 2021 in 5 milioni; il calo previsto nella produzione di veicoli leggeri è stimato del 6,2% per il 2021, valore che sale al 9,3% nel 2022 per scendere massicciamente all’1,1% nel 2023. Come stanno affrontando la mancanza di semiconduttori le case automobilistiche? E chi progetta i chip? Viaggio nel mondo del chip shortage lato automotive e lato tecnologie.

Il versante automotive

Concorrenza degli altri settori e picco di domanda: le criticità per l’automotive

Transistor e altri componenti di un chip visti al microscopio elettronico

L’industria automotive si è fermata quasi completamente e ha ridotto moltissimo gli ordini ma, passato il lockdown e scesi i contagi, la domanda di veicoli si è ripresa, anche per gli aiuti statali. A questo punto gli Oem hanno sofferto molto la concorrenza degli altri settori, dati anche i loro volumi minoritari, rispetto ad altre industrie quali l’informatica e l’elettronica di consumo. La domanda è stata molto sbilanciata e l’automotive si è trovato in cattive acque anche perché usa molto il modello just-in-time e ha quindi pochissime scorte. Questo a fronte di una stima che rileva come l’impiego massiccio di elettronica in un’auto elettrica faccia lievitare il valore dei semiconduttori da una media di 400 dollari fino a 1000 dollari/veicolo. A questo si è aggiunto il fatto, non noto universalmente, che gli impianti della microelettronica lavorano già a pieno regime – sono costosissimi e quindi devono produrre il più possibile – e quindi un rilevante aumento della capacità è quasi impossibile. Durante questa crisi è anche emerso che (pochi lo sapevano o ci pensavano) la produzione dei circuiti integrati è un processo molto lento – si parla di 5/6 mesi – e quindi risponde in ritardo a cambiamenti negli ordinativi. Ad allungare i tempi anche il fatto che le lavorazioni non sono fatte in un solo stabilimento: in Europa o a Singapore si fa la prima fase e poi i chip viaggiano verso altri impianti a Malta, o in Marocco, Cina, Malesia o Filippine.

 

La capacità produttiva dedicata all’automotive? Inferiore alla domanda

XC40 Recharge P8 Volvo. Con il chip shortage il tempo di consegna in Europa si allunga se la Volvo ha la telecamera di parcheggio a 360 gradi opzionale

È sempre Ihs a prevedere che la capacità produttiva dedicata all’automotive rimarrà inferiore a quella necessaria per soddisfare la domanda attuale e ben al di sotto di quanto necessario per ricostituire le scorte. L’impatto maggiore si avrà per gli Head-up display e le videocamere per la visione a 360 gradi, mentre meno colpiti saranno le videocamere frontali, i display dell’infotainment e della strumentazione, i sistemi di navigazione Oem, i fari adattivi e i sistemi audio di fascia alta. Investiti solo marginalmente la telematica e i sistemi di comunicazione Vehicle-to-X. Le conseguenze per i costruttori sono evidenti: il tempo di consegna di alcune Volvo in Europa, per esempio, si allunga se l’auto ha la telecamera di parcheggio a 360 gradi opzionale.

Ford e Honda hanno creato nuovi allestimenti di fascia bassa per alcuni veicoli che, grazie all’assenza di funzioni molto sensibili alla carenza di semiconduttori, contengono i ritardi di consegna. Mercedes ha sostituito, in alcune versioni della Eqa, i fari Led Matrix con quelli standard e ci sono casi di Oem che forniscono una sola chiave elettronica promettendo di consegnare la seconda in seguito o che non montano una dotazione di serie offrendo uno sconto, come fa Nissan con i sistemi di navigazione.

Fca Mirafiori, ora Stellantis. Linea robotizzata per la produzione della 500 elettrica. Stellantis Italy sta soffrendo molto: rispetto al 2019 la produzione gennaio – settembre è scesa del 16,3%. Il terzo trimestre è stato peggiorativo rispetto al primo semestre e l’unica linea che non ha visto arresti è stata quella della 500 Elettrica, necessaria per evitare le sanzioni connesse al rispetto dei vincoli delle emissioni di CO2

Alcune case stanno ritoccando i prezzi, per preservare i margini contro il calo dei volumi, con aumenti che Alix stima intorno al 7%. Bmw, per esempio, ha comunicato le sue nuove stime per il margine operativo, salite al range 9,5% – 10,5% rispetto ai valori precedenti proprio perché i prezzi, anche dell’usato, sono aumentati per il chip shortage. Ovviamente la notizia è positiva solo in parte perché è la stessa Bmw a temere ulteriori difficoltà per la produzione, che hanno colpito praticamente tutti i costruttori, e quindi le vendite. Stellantis Italy sta soffrendo molto: rispetto al 2019 la produzione gennaio – settembre è scesa del 16,3%. Il terzo trimestre è stato peggiorativo rispetto al primo semestre e l’unica linea che non ha visto arresti è stata quella della 500 Elettrica, necessaria per evitare le sanzioni connesse al rispetto dei vincoli delle emissioni di CO2. In effetti un report trimestrale della Fim Cisl anticipava la chiusura dello stabilimento di Grugliasco, ormai ufficializzata come parte del progetto Stellantis Turin Manufacturing District, e la riduzione della produzione a Melfi: secondo la sigla sindacale nel 2021 si rischia, complice la chip shortage, di produrre meno che nel 2020 nonostante la tenuta della Sevel di Atessa, produttrice di commerciali leggeri.

La domanda di chip dell’automotive? Meno del 9% di quella globale

La domanda di chip dell’industria automobilistica, seppur imponente con i suoi 39,5 miliardi di dollari, rappresenta in realtà meno del 9% in valore di quella globale, secondo la società di ricerche di mercato Idc. Questa cifra è destinata ad aumentare di circa il 10% all’anno fino al 2025 per il maggior fabbisogno di chip connesso all’elettrificazione e all’aumentare dei dispositivi elettronici di bordo. I chip per il settore automotive sono generalmente realizzati con processi diversi per avere standard di sicurezza più elevati essendo applicazioni safety critical. Le linee di produzione, però, sono le stesse che producono circuiti integrati analogici, chip di gestione dell’alimentazione, driver di visualizzazione dei display, microcontrollori e sensori vari. Si tratta spesso di «tecnologia a 40 nanometri o anche con scala più grande implementata su wafer di Silicio da 200 mm», come osservato da Mario Morales, vice president, enabling technologies and semiconductors in Idc.

Dal Covid alle sanzioni: una concatenazioni di intoppi

Il microscopio elettronico rivela i molti strati che costituiscono un chip

La chiusura per il Covid-19 (i lockdown ci sono ancora in Malesia e si sono aggiunti ad una grave siccità che danneggia i chip maker, industrie affamate d’acqua), l’inverno eccezionalmente nevoso in Texas, la richiesta di chip innescata dall’arrivo di nuovi dispositivi ricchi di circuiti integrati – ad esempio i monopattini – e la domanda inattesa di prodotti digitali per lo smartworking e la didattica a distanza hanno messo sotto pressione le fonderie di silicio, lasciando sfornito l’automotive. Le sanzioni Usa hanno poi costretto i chip maker a non avvalersi delle fonderie (le foundry sono impianti che producono chip conto terzi) cinesi Smic rivolgendosi a Samsung e alla taiwanese Tsmc, le capacità produttive delle quali erano già quasi sfruttate al 100%. La carenza di chip sta inducendo i Governi e gli Enti sovranazionali a stanziare fondi ingenti per aumentare la produzione di chip: la Corea del Sud ha annunciato 450 miliardi di dollari in dieci anni, gli Stati Uniti stanno preparando un piano da 52 miliardi di dollari e la UE potrebbe investire fino a 160 miliardi di dollari nel settore dei semiconduttori. I produttori di chip non stanno ovviamente a guardare: secondo l’Associazione che riunisce i fornitori dei macchinari che producono i chip, Semi, nell’aprile 2021 i beni strumentali per la produzione di semiconduttori sono cresciuti del 56% su base annua.

 

Automotive e chip: una sfida che Intel vuole affrontare

Una delle cleanroom dello stabilimento Intel a Hillsboro, Oregon

Parlando di chip viene spontaneo associare a questo tema il nome Intel, che ha chiarito alcuni aspetti della chip shortage e delle contromisure messe in atto per attenuarla con un intervento di Agostino Melillo, communications manager Italia della multinazionale. Anche per Intel le difficoltà dell’automotive sono derivate in gran parte dal fatto che la produzione di microchip ha un ciclo di diversi mesi, quindi se gli ordini vengono ridotti per una contrazione del mercato è complicato fasare un nuovo aumento nelle forniture con una successiva crescita del mercato e degli ordinativi. A pesare è stato poi lo squilibrio geografico: l’80% dei microchip è prodotto in Asia, contro il 9% dell’Europa, e questo rende molto problematica la gestione della filiera in periodi di crisi. Appare quindi importante riequilibrare e pianificare la distribuzione della produzione: i chip saranno più importanti del petrolio ed è possibile stabilire dove aprire le fabbriche che li producono, a differenza di quel che accade per i giacimenti petroliferi.

Bmw ha comunicato le sue nuove stime per il margine operativo, salite al range 9,5% – 10,5% rispetto ai valori precedenti perché i prezzi, anche dell’usato, sono aumentati per il chip shortage

L’automotive soffre di più anche perché in Europa il 37% della domanda di semiconduttori deriva da questo settore contro una media globale del 10%, secondo la European Association of Automotive Suppliers il peso dei chip nella distinta base dei veicoli premium era del 4% nel 2019: le stime parlano di un aumento al 12% nel 2025 per balzare al 30% nel 2030. Riguardo alle iniziative messe in campo in Europa, Intel ha riservato capacità produttiva della sua fabbrica in Irlanda per aumentare la disponibilità di chip automotive e ha annunciato un investimento di 80 miliardi per l’apertura di almeno 2 nuove grandi fabbriche europee per l’attività di fonderia, ovvero per la produzione di chip per conto terzi. L’azienda si è confrontata con i clienti del settore per essere sicura di soddisfare le stringenti esigenze qualitative dell’industria automobilistica. Gli impianti in Irlanda sono quindi conformi alla IATF 16949, standard internazionale di gestione della qualità sviluppato dalle case automobilistiche per la loro supply chain. In questo senso vanno anche gli Intel Foundry Services per offrire a terzi servizi di fonderia di qualità. Intel vuole assumere un ruolo importante come fornitore di questi servizi negli Stati Uniti e in Europa per soddisfare la robusta domanda globale di semiconduttori producendo anche conto terzi. Questo settore suscita grande interesse e sono già stati stipulati accordi con importanti clienti per questo business.

Il versante tecnologie

Wafer da 200 mm? Una tecnologia superata

La produzione del ‘lingotto’ di silicio purissimo dal quale si otterranno i wafer

Idc rileva che le linee a 40 nm che usano wafer da 200 mm sono ormai superate ma rappresentano ancora il 54% della capacità produttiva. Questo è un collo di bottiglia perché c’è poca convenienza a costruire nuove fabbriche che lavorino i wafer a 200 mm, soppiantati da quelli di 300 mm, più produttivi perché aumentano il numero dei dispositivi creabili su ogni “fetta” di silicio. L’amministratore delegato di Intel Pat Gelsinger ha dichiarato a Fortune, durante il salone dell’auto IAA a Monaco di Baviera, che «Intel farà tutti i chip a 16 nanometri che vogliono le case automobilistiche. Non ha alcun senso economico o strategico investire miliardi in nuovi impianti con tecnologia antiquata quando si possono spendere milioni per aiutare la migrazione dei progetti verso tecnologie moderne». Durante IAA gli esponenti della case automobilistiche lo hanno infatti subissato di richieste di investimento in capacità produttiva di chip che erano all’avanguardia quando è stato lanciato il… primo iPhone! Gelsinger ha, inversamente, partecipato al Salone dell’auto per convincere le case automobilistiche che è ormai inevitabile lasciar andare un passato tecnologicamente lontano.

StMicroelectronics, leader nell’automotive 

Fiat 500 full electric

Nel mondo di chi costruisce i chip per  l’Automotive emerge StMicroelectronics (StM). Il fatturato del produttore italo francese è (dati al primo semestre 2021 per il 35,3% automotive. Per la precisione si tratta della business line Adg (Automotive and Discrete Group), che comprende alcuni prodotti (es. circuiti integrati) per il settore automobilistico. C’è poi il gruppo di prodotti Ams (Analog and Mems Group) che vale il 34,9% e include i circuiti integrati analogici a bassa potenza per tutti i mercati, prodotti per l’energia intelligente, dispositivi di controllo Touch Screen, soluzioni connettive a bassa potenza per l’Internet of Things e prodotti per la conversione dell’energia. Infine la business line Mdg (Microcontrollers and Digital ICs Group) che vale il 29,7% e include microcontrollori a scopo generico e memorie. Nel periodo del Covid, l’industria automobilistica si è sostanzialmente fermata mentre StM, come gli altri produttori di semiconduttori, è rimasta aperta pur con le precauzioni del caso: fermare gli impianti sarebbe stato un danno enorme perché poi sarebbe stato necessario ritararli con un processo lento e dispendioso. Per far fronte all’ingente richiesta di chip StM ha fatto un grande sforzo, ma l’azienda sta già lavorando da tempo ad un grande stabilimento ad Agrate, di cui ora sta cercando di accelerare il più possibile la messa a regime.

Materiali del futuro e Tesla

Tesla Model 3. Tesla ha piena ‘sovranità’ su hardware e software delle sue automobili, cosa che le ha anche consentito di limitare gran parte dei problemi causati dalla chip shortage

Un esempio interessante di legame diretto fra chip maker e car maker è Tesla, costruttore nato nella Silicon Valley e che ha sempre progettato in house sia l’hardware sia il software, conoscendone quindi tutti i dettagli. La diretta conseguenza di questo approccio è il poter conoscere e adottare tecnologie sempre aggiornate come i dispositivi al carburo di Silicio – Sic. I vantaggi di questo materiale, di difficile produzione per via della sua durezza e dell’altissima temperatura di fusione, sono molti perché ha perdite molto più basse, commutazione più veloce e sopporta temperature più alte delle tecnologie correnti. I componenti nevralgici delle auto elettriche e ibride – inverter di pilotaggio del motore, caricabatterie e convertitori Dc/Dc – possono quindi diventare più efficienti e meno bisognosi di raffreddamento, cosa che ne comprime le dimensioni e aumenta l’autonomia della vettura.  Tesla ha piena ‘sovranità’ su hardware e software delle sue automobili, cosa che le ha anche consentito di limitare gran parte dei problemi causati dalla chip shortage.

 














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