La guerra tra Russia e Ucraina ha sganciato una nuova bomba sull’industria siderurgica italiana

di Chiara Volontè ♦︎ I prezzi dei coils, a 1.800 euro la tonnellata, sono aumentati del 20% dall’inizio del conflitto. E con l’energia a 600 euro al Mwh, le aziende hanno iniziato a rallentare la produzione. Le possibili soluzioni? Centrali a carbone, fotovoltaico, nuovo nucleare. Pasini (Feralpi): riportare al 15% l’estrazione di gas italiano. Altrimenti…

Un aumento drammatico dei prezzi dell’acciaio e quindi, di riflesso, dei prodotti industriali steel-made, tra cui spiccano quelli dell’automotive e della meccanica tutta. È l’effetto di un combinato disposto potenzialmente teratogeno iniziato nel secondo semestre del 2021 e ulteriormente aggravatosi con l’invasione russa dell’Ucraina. Tra rally delle materie prime, prezzi dell’energia alle stelle e ban all’acciaio russo (contenuto nel quarto pacchetto di sanzioni adottato il 15 marzo scorso) siamo davvero a un punto di rottura. Un secondo, drammatico effetto è rappresentato dal calo della produzione siderurgica: con i costi dell’energia che hanno raggiunto i 600 euro al Mwh, le aziende hanno iniziato a rallentare la produzione.

Prima del 24 febbraio e dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il mercato stava vivendo una fase di transizione. Italia, Nord Europa e Cina mostravano segnali di ripresa importanti, mentre il Nord America veniva da un periodo di flessione relativamente ai prezzi dei coils, ad oltre 1.800 euro la tonnellata. Livelli già alti, cresciuti ulteriormente di oltre il 20% nelle ultime tre settimane. Uno scenario di stabilità che faceva pensare a una ripresa globale dei prezzi. Poi il conflitto, con intere catene di fornitura interrotte e un ulteriore aumento dei costi dell’energia: la tempesta perfetta per un settore altamente energy intensive. Per capire il legame fortissimo tra la nostra filiera dell’acciaio e gli stati del Csi basta guardare i numeri: secondo il Worldsteel, sono 12,9 i milioni di tonnellate arrivati dalla Comunità degli Stati Indipendenti e altri 6,1 i milioni da altri Paesi europei. Cosa succederà ora che è in atto il quarto pacchetto di sanzioni? Il London Metal Exchange ha ripreso il trading sul nichel, con un limite massimo di aumento e di riduzione del 5%. Le contrattazioni erano sospese da martedì 8 marzo.







Lato energia, quali potrebbero essere i possibili interventi per poter calmierare la situazione? In primis la riattivazione temporanea delle centrali a carbone, mai del tutto smantellate dallo Stato. In secundis, riportare almeno al 15% l’estrazione di gas italiano (oggi è scesa al 4,3%). Infine, snellire le pratiche sulle rinnovabili e sganciare il prezzo dell’energia rinnovabile da quello del gas. Sono alcune delle evidenze emerse nel corso del webinar “Russia-Ucraina: tempesta perfetta sull’acciaio” realizzato da siderweb, con la partecipazione di Giuseppe Pasini, presidente di Gruppo Feralpi e già numero uno di Confindustria Brescia, Amedeo Rosatelli, senior partner di Sere, Emanuele Norsa, analista di Kallanish e collaboratore siderweb.

 

I mercati all’epoca dell’invasione: rottame turco 650 dollari al tonnellata

La reazione dei mercati allo scoppio della guerra in Ucraina non si è fatta attendere, ma ha colpito in modo differente. I territori di prossimità, Europa e Turchia su tutti, stanno subendo le conseguenze peggiori; per ora sta reagendo meglio la Cina, che è però alle prese con lockdown e chiusure a intermittenza dovute a una nuova ondata di Covid. «I coils a caldo, a esclusione di quelli cinesi, hanno fatto un balzo verso l’alto, dopo una fase di stabilizzazione seguita a una lunga discesa – commenta Emanuele Norsa, analista di Kallanish e collaboratore siderweb – Il tondo per cemento armato turco ed europeo ha fatto un salto repentino, arrivando ai massimi dal gennaio 2021». Uno scenario più facilmente comprensibile se si analizza il volume dell’import in Europa dai Paesi Csi nel 2021: «Sono 12,9 i milioni di tonnellate arrivati dalla Comunità degli Stati Indipendenti e altri 6,1 i milioni da altri Paesi europei – prosegue Norsa – In più ci sono altre 6-700mila tonnellate di materiale bielorusso, che è stato bloccato dall’Ue nel primo round di sanzioni» dopo lo scoppio della guerra.

«Sono 12,9 i milioni di tonnellate arrivati dalla Comunità degli Stati Indipendenti e altri 6,1 i milioni da altri Paesi europei – prosegue Norsa – In più ci sono altre 6-700mila tonnellate di materiale bielorusso, che è stato bloccato dall’Ue nel primo round di sanzioni» dopo lo scoppio della guerra

Quanto alle materie prime, il minerale di ferro cinese ha reagito subito a inizio conflitto, non si è tornati ai livelli record del 2021, ma si è toccato il picco dell’anno. «Poi – chiosa Norsa – c’è stata una flessione: per le incertezze crescenti nel mercato cinese, anche per il nickel e la risposta dell’Lme e per la nuova ondata di Covid-19». In deciso aumento anche le quotazioni di minerale di ferro e rottame. Quello turco «ha rotto ogni barriera, salendo a nuovi record, a 650 dollari la tonnellata. Un picco inatteso – secondo Norsa – che mette una pressione importantissima alla filiera, e ancora più direttamente alla filiera turca, italiana e in generale sud-europea». Una pressione che spiega anche il salto dei prezzi registrato in Nord America, dove l’andamento del costo del rottame è molto importante, ma che ha interazioni più limitate con i prodotti del Csi. Inoltre il differenziale di prezzo tra le due materie prime è vicino ai 500 dollari, un gap mai registrato prima che mette pressioni ai produttori da forno elettrico. «Se si aggiunge il costo dell’energia – ricorda Norsa – il risultato sono le società che hanno confermato la necessità di rallentare o di fermare in alcuni momenti i forni elettrici».

n deciso aumento anche le quotazioni di minerale di ferro e rottame. Quello turco «ha rotto ogni barriera, salendo a nuovi record, a 650 dollari la tonnellata. Un picco inatteso – secondo Norsa – che mette una pressione importantissima alla filiera, e ancora più direttamente alla filiera turca, italiana e in generale sud-europea

Il nodo energia: centrali a carbone, fotovoltaico e nuovo nucleare

Quanto all’energia, lo scenario di medio-lungo termine, oltre l’orizzonte del 2023, è dominato dall’incertezza, con prezzi molto superiori al decennio precedente. L’invasione dell’Ucraina ha determinato una sovrapposizione con una situazione già perturbata sui mercati energetici, visto che già dalla seconda metà del 2021 l’incrocio tra elementi strutturali e l’esigenza di avviare la transizione energetica hanno determinato tensioni, con impennate dei prezzi di gas. Uno scenario che si è sovrapposto a un «calo della produzione di gas italiana ed europea – commenta Amedeo Rosatelli, senior partner di Sere – con le riduzioni registrate nel giacimento olandese di Groningen, una diminuzione dei flussi dalla Russia e del Gln via nave, a causa delle deviazioni verso l’Asia». Calo della produzione di gas in Europa che ha reso ancor più critica la situazione, visto che il Vecchio Continente importa il 77% del proprio fabbisogno e che il 39% è relativo proprio alla quota russa. «L’invasione dell’Ucraina non ha determinato una riduzione immediata di questi flussi dalla Russia – prosegue Rosatelli – ma è necessario ricordare che uno dei temi critici con i quali il nostro Paese e ancor di più l’Europa devono fare i conti è quello relativo al riempimento degli stoccaggi, che attualmente in Italia è al 36%, contro una media europea del 27% e con entrambi in calo negli ultimi cinque anni». In realtà, restano da capire le conseguenze del ban dell’acciaio russo contenuto nel quarto pacchetto di sanzioni approvato dall’Ue il 15 marzo scorso.

L’invasione dell’Ucraina ha determinato una sovrapposizione con una situazione già perturbata sui mercati energetici, visto che già dalla seconda metà del 2021 l’incrocio tra elementi strutturali e l’esigenza di avviare la transizione energetica hanno determinato tensioni, con impennate dei prezzi di gas e Co2, e quindi dell’energia elettrica. Uno scenario che si è sovrapposto a un calo della produzione di gas italiana ed europea
Una colata di acciaio nello stabilimento Feralpi

Per mitigare il caro energia, tutti gli attori del sistema gas Italia (governo, Arera, Snam, Eni) si stanno attivando per massimizzare i potenziali flussi di gas provenienti da direttrici alternative a quella russa (Algeria, Libia, Tap) e l’import via Gnl attraverso i terminali di rigassificazione esistenti (Rovigo, Panigaglia, Olt Livorno). Stanno inoltre approntando nuovi rigassificatori galleggianti Fsru similari all’impianto di Livorno. Si sta anche pensando a una possibile riapertura delle centrali a carbone, e all’incremento dell’estrazione dai giacimenti nazionali di metano. Un’ulteriore via è la realizzazione nuove interconnessioni con la rete di gasdotti europei, ad esempio un collegamento attraverso la Francia con il sistema di rigassificatori spagnoli. In un primo momento l’Europa aveva ribadito la necessità di perseguire gli obiettivi di lungo periodo del pacchetto Fit for 55, identificando nello sviluppo delle rinnovabili anche la soluzione contro i picchi di prezzo. Ma è stato poi proposto che gli Stati membri possano concedere aiuti per limitare l’impatto dei costi aggiuntivi derivanti dai prezzi eccezionalmente elevati del gas e dell’energia elettrica in «qualsiasi forma», incluse sovvenzioni dirette in special modo alle imprese energivore. È in atto il confronto, anche in sede europea, sulla revisione dei meccanismi di formazione dei prezzi con disaccoppiamento dei prezzi delle rinnovabili da quello del gas e sulla possibile introduzione di cap al prezzo del gas.

In Italia, per calmierare l’incremento del prezzo dell’energia per i clienti finali sono stati introdotti meccanismi compensativi su altre componenti del costo totale dell’energia, con lo sconto degli oneri generali di sistema per il 3 e 4 trimestre 2021 finanziato dal Governo con una misura straordinaria rispettivamente da 1,2 miliardi di euro e 3,5 miliardi. «L’Europa per un periodo non ha mostrato di avere le idee chiare, soprattutto sulle rinnovabili, ma ora si vuole superare l’impasse anche attraverso aiuti di Stato alle imprese energivore e la revisione dei meccanismi di prezzo – conclude Rosatelli – In Italia, invece, gli interventi in arrivo da parte del governo, anche se ci sono risorse limitate, potrebbero risultare utili, soprattutto se si punterà alla sospensione degli oneri di sistema, ai crediti d’imposta e alla ricerca di sinergie tra produzione nazionale di gas e possibilità per le imprese di sottoscrivere contratti lunghi e a prezzi equi».

Principali criticità stoccaggi italiani ed europei europei: Aumento delle erogazioni da stoccaggio nell’inverno 20/21 (inverno rigido, maggiore richiesta industriale e termoelettrico); Minori iniezioni in stoccaggio nell’estate 21 (logiche commerciali causate dal rally dei prezzi in atto); Riempimento stoccaggi al minimo pluriennale nell’inverno 21/22; Attuale percentuale riempimento stoccaggi italiani 36 % ( Delta vs media ultimi cinque anni termici – 12%); Attuale percentuale riempimento stoccaggi europei 27% (Delta verso media ultimi cinque anni termici – 26%)

Salvaguardia Ue sull’acciaio e conflitto russo-ucraino

La colata continua di Feralpi

A uno scenario già di per sè copmplicato si aggiunge la Salvaguardia. «Russia, Ucraina e Bielorussia – commenta Norsa – hanno molte quote assegnate in termini di volumi. E i dati aggiornati al 9 marzo scorso confermano che questi volumi vengono utilizzati: sono quasi completamente esauriti i contingenti per prodotti chiave, come coils a caldo e tondo». Le misure Ue di salvaguardia acciaio consistono in un mix di misure restrittive (contingenti quantitativi uniti a quote tariffarie e quote paese, da applicarsi sulle quantità eccedenti quelle contingentate) che si applicano sulle importazioni di 26 prodotti siderurgici da Paesi terzi, al fine di evitare taluni fenomeni di destabilizzazione dei flussi di importazione verso l’Ue. Questi fenomeni si sono verificati nel tempo, soprattutto a causa dell’adozione da parte degli Usa dei sopra menzionati dazi aggiuntivi sulle importazioni di acciaio ed alluminio, nonché di un aumento senza precedenti della sovraccapacità produttiva di acciaio registrata da parte di taluni Stati esterni all’Unione.

La domanda è cosa succederà ora. «Notizia di oggi è la conferma del blocco delle importazioni di acciaio russo, specificatamente dei prodotti parte della Salvaguardia. A dicembre è iniziata la sua revisione, che dovrebbe chiudersi entro giugno. Credo quindi che i risultati potranno essere molto distanti da quanto ci aspettavamo. E non basterà una redistribuzione delle quote russe e bielorusse, perché ricordiamoci che anche la fornitura ucraina è bloccata e rimarrà problematica».

e misure Ue di salvaguardia acciaio consistono in un mix di misure restrittive (contingenti quantitativi uniti a quote tariffarie e quote paese, da applicarsi sulle quantità eccedenti quelle contingentate) che si applicano sulle importazioni di 26 prodotti siderurgici da Paesi terzi, al fine di evitare taluni fenomeni di destabilizzazione dei flussi di importazione verso l’Ue. Questi fenomeni si sono verificati nel tempo, soprattutto a causa dell’adozione da parte degli Usa dei sopra menzionati dazi aggiuntivi sulle importazioni di acciaio ed alluminio, nonché di un aumento senza precedenti della sovraccapacità produttiva di acciaio registrata da parte di taluni Stati esterni all’Unione

Quarto pacchetto di sanzioni: ban all’acciaio russo

Feralpi forno elettrico

Con il quarto pacchetto di sanzioni, l’Ue ha introdotto il divieto di importazione per i prodotti siderurgici attualmente soggetti alle misure di salvaguardia dell’Ue: questo si traduce, per la Russia, in perdite pari a circa 3,3 miliardi. È previsto un aumento delle quote d’importazione da altri Paesi terzi per compensare il mancato arrivo di questi prodotti siderurgici nell’Ue «Accolgo con favore la rapida adozione da parte degli Stati membri dell’Ue del quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia twitta il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – Ciò paralizzerà ulteriormente la capacità di Putin di finanziare questa guerra ingiustificata. L’Ue e i suoi partner manterranno la pressione sul Cremlino fino a quando non fermerà l’invasione dell’Ucraina». Ma quali sono le conseguenze per la filiera italiana della siderurgia?

 

Pasini, Feralpi: riportare almeno al 15% l’estrazione di gas italiano

Il presidente di Feralpi Giuseppe Pasini

«Sono molto preoccupato per quanto sta accadendo – chiosa il presidente del Gruppo Feralpi, Giuseppe Pasini – provo anche un forte rammarico per quello che l’Europa in questi anni non è riuscita a fare in politica estera: dal 2014 a oggi ha solo imposto sanzioni». Ma quanto sarà impattante il conflitto tra Russia e Ucraina per la filiera dell’acciaio italiana, con l’aumento dei prezzi dell’energia? Ancora una volta basta guardare i numeri: in Italia oggi l’80% dei 24 milioni tonnellate di output l’anno viene prodotto con forno elettrico. «Nell’ultima settimana abbiamo vissuto momenti estremamente difficili, in cui l’energia ha superato anche i 600 euro al MWh. Prezzi che erano impensabili. È vero che negli ultimi giorni si sono abbassati, ma restano molto alti. Abbiamo cercato di adeguarci, fermando o rallentando la produzione nei momenti di picco del costo dell’energia, mettendo a dura prova tutta la nostra organizzazione – commenta Pasini – Abbiamo una visione più a breve che a medio termine: siamo in una situazione di grandissima incertezza, che è chiaro non potrà durare per molto tempo. Per tamponare la situazione, si potrebbero riattivare temporaneamente le centrali a carbone, mai del tutto smantellate dallo Stato, riportare almeno al 15% l’estrazione di gas italiano (oggi è scesa al 4,3%), snellire le pratiche sulle rinnovabili (occorrono tra i sette e gli otto anni per un’autorizzazione di un impianto fotovoltaico, a causa dei problemi con le Belle Arti) e sganciare il prezzo dell’energia rinnovabile da quello del gas. Rigassificatori e nuovo nucleare? Due punti su cui riflettere».

Il laminatoio di Feralpi

Ancora maggiore è il timore legato al mercato delle materie prime e dei semilavorati. «Russia e Ucraina erano esportatrici di bramme, billette, ghisa, preridotto, ferroleghe, rottame. Tutto questo materiale verrà a mancare sul mercato europeo e in Turchia, che tra l’altro acquista rottame dall’Ue facendoci poi concorrenza – sottolinea Pasini – Noi stiamo chiedendo con Federacciai che il rottame italiano non esca dai confini nazionali per prendere la strada dei Paesi extra Ue, perché è una miniera che dobbiamo preservare. Bisogna che a livello europeo venga deciso che il rottame ferroso è un materiale strategico. Se è vero che siamo in una guerra anche commerciale ed economica, è giusto che l’Europa cerchi di preservare le proprie risorse». L’Italia importa 6 milioni di tonnellate di rottame ferroso (circa 1/3), e l’80% della siderurgia viene proprio da questo elemento. L’Europa esporta 19 milioni e 400mila tonnellate di rottame ferroso: è un materiale strategico il cui prezzo è cresciuto tantissimo (+20%, raggiunti quasi i 500 euro). «Taranto sarebbe indispensabile all’interno della filiera, se producesse di più sarebbe una garanzia per il nostro Paese – conclude Pasini – La nostra organizzazione è molto sotto stress per i costi, ogni capo di stabilimento deve capire quando è il caso di produrre e quando ci si deve fermare: si tratta di una situazione molto delicata. Dall’anno scorso avevamo deliberato investimenti strategici sia per gli stabilimenti italiani che per quelli all’estero, non è sicuramente un momento facile ma abbiamo comunque scelto di andare avanti».

L’Italia importa 6 milioni di tonnellate di rottame ferroso (circa 1/3), e l’80% della siderurgia viene proprio da questo elemento. L’Europa esporta 19 milioni e 400mila tonnellate di rottame ferroso: è un materiale strategico il cui prezzo è cresciuto tantissimo (+20%, raggiunti quasi i 500 euro)













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