Le strategie di Abb per l’industria e nuovi mercati hi-tech, come il pharma…

di Marco Scotti ♦ Fabbriche di nuova concezione, soluzioni innovative, partnership con le più importanti aziende del tech, formazione: sono i quattro pilastri su cui si fonda la rivoluzione digitale del colosso svizzero svedese. Tutti i segreti della piattaforma Ability e l’utilizzo futuro delle nuove tecnologie: parla Antonio De Bellis

Se si dovesse riassumere in un unico concetto, potremmo definire ABB Ability TM come una piattaforma estremamente evoluta che mira all’eliminazione dei “compartimenti stagni” che caratterizzavano l’industria tradizionale, creando migliori condizioni per concretizzare le opportunità di business dovute alla trasformazione digitale. Ability consente di sviluppare nuovi processi e far evolvere quelli esistenti, fornendo analisi in tempo reale, ottimizzando le attività di programmazione e controllo e liberando tutto il potenziale dei big data, della connettività, dei sensori intelligenti e delle nuove tecnologie. Partendo dalle peculiarità della nuova piattaforma realizzata da ABB, ci facciamo guidare da Antonio De Bellis, country business development manager,  nella “vision” dell’ azienda, alla luce degli sviluppi futuri delle tecnologie digitali e partendo dagli esempi concreti delle realizzazioni nelle diverse fabbriche italiane del gruppo guidato da Mario Corsi, e dalle prospettive aperte dalle collaborazioni avviate con Ibm e Microsoft.

 







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Antonio De Bellis, country business development manager ABB( Courtesy ABB)

ABB Ability: una soluzione integrata

«Se mi reco sul sito di ABB, tipicamente associo ABB Ability TM alla soluzione in cloud basata su Microsoft Azure. In realtà non si tratta solo di questo, ma di un’offerta molto più ampia ed eterogenea- esordisce De Bellis – Per noi la nostra piattaforma si traduce nella capacità di rendere disponibili le informazioni digitali di qualsiasi nostro componente a qualsiasi livello di una tipica architettura a piramide, arrivando fino al cloud. Tradotto significa che ogni nostro dispositivo è dotato di software, è digitalizzato, ha la possibilità di esternare le sue abilità e possiede quello che in gergo tecnico si chiama “strato di connettività”». ABB Ability TM (vedi a proposito Industria Italiana qui) quindi non è una soluzione, ma una piattaforma di soluzioni che opera trasversalmente rispetto alla tipica architettura di una qualsiasi organizzazione cercando di valorizzarne il contenuto digitale.

L’altro aspetto fondamentale di ABB Ability è rappresentato dalle persone: «Con ABB Ability – aggiunge De Bellis – vogliamo valorizzare le esperienze, per consentire al nostro cliente di ottenere i massimi benefici derivanti dalla digitalizzazione: solo in questo modo l’utilizzo dell’automazione e robotizzazione consentirà di raggiungere obiettivi importanti nelll’ottimizzazione dei servizi e della produzione, nell’apertura verso nuovi mercati e business model e nella modernizzazione della supply chain ». In questo modo – se si prende l’esempio di una fabbrica – si può rendere flessibile la produzione per seguire le richieste di customizzazione dei clienti o di incremento della produzione rispetto agli standard attuali. Le abilità di ABB Ability – se ci viene passato il gioco di parole – servono a mettere a frutto le informazioni per migliorare le capacità della produzione.

 

ABB Smart Lab, Dalmine ( Courtesy ABB)

Focus sul Pharma

ABB Ability, come detto, si rivolge a diversi tipi di industry. Una di questi è sicuramente quella farmaceutica, per cui ABB ha studiato una serie di strumenti ad hoc a seconda delle diverse aree della filiera. Alla base di tutto c’è il System 800xA, il sistema di controllo di base da cui prendono vita tutte le soluzioni per la farmaceutica. Grazie all’800xA si abilita la compliance con i più elevati standard della FDA grazie a un accesso a doppia autenticazione e all’integrazione di un apposito tool per la calibrazione e il modellamento dei farmaci. Utilizzando queste soluzioni, si possono drasticamente ridurre i tempi di rilascio di nuovi prodotti, aumentando la produttività e riducendo i costi.

System 800xA

L’architettura di questo sistema di controllo si declina lungo diverse aree di intervento che garantiscono una serie di migliorie. La parola d’ordine, naturalmente, è integrazione. Diversi dispositivi concorrono al raggiungimento di una serie di risultati. In primo luogo, garantendo un controllo capillare del lotto e la gestione delle formule in modo da essere conformi con i più elevati standard di sicurezza imposti dalle agenzie del farmaco internazionali. 800xA Batch Management è un software di controllo che offre gli strumenti necessari per “traghettare” le aziende da un mercato in cui il controllo umano era parte integrante del processo produttivo a una digital transformation che vede al centro dell’attività di sintesi le macchine.

 

ABB Smart Lab, Dalmine ( Courtesy ABB)
Il Mes

Un altro degli obiettivi da raggiungere è quello di una maggiore produttività degli stabilimenti, snellendo la catena di controllo degli ordini e rendendo più flessibile l’intero processo produttivo. Lo strumento deputato è il MES (Manufacturing Execution System) che offre una soluzione scalabile e modulare che consente di verificare l’effettivo svolgimento degli ordinativi; un “libro mastro” della qualità, che conserva traccia di ogni errore o deviazione dagli standard richiesti. Un costante controllo del peso dei prodotti utilizzati per la realizzazione delle diverse formule; una implementata capacità di allocazione, che consente di gestire in maniera più funzionale i magazzini; una filiera dei materiali che li monitora dal momento in cui vengono presi, grezzi, fino agli ultimi processi di sintesi.

xPAT

Un’altra funzionalità garantita da 800xA è il Process Analytical Technology, che viene applicato all’intero ciclo di vita del prodotto, dalla sua concezione fino alla messa in produzione. L’ attore deputato è xPAT, uno strumento di diagnostica avanzata che consente, tramite l’analisi dei dati, di gestire tutti gli strumenti che a diverso titolo vengono chiamati in causa durante la realizzazione di un determinato prodotto.

L’efficienza energetica

Infine, l’offerta di ABB si concentra sull’efficienza energetica. Un’industria come quella farmaceutica necessita di un sofisticato controllo dei consumi per garantire standard elevati diminuendo l’impatto sui conti aziendali. Per questo motivo nel System 800xA viene integrato un controllo elettrico che gestisce la corrente di tutto lo stabilimento, garantendo una riduzione del 20% delle spese. ABB è un’azienda pionieristica nelle soluzioni per il controllo della corrente alternata digitale e le soluzioni offerte all’industria farmaceutica consentono un’efficientamento dell’intero stabilimento, mantenendo inalterati gli standard qualitativi e riducendo drasticamente i consumi e, di conseguenza, anche le spese.

Oltre a quanto visto fin qui, l’offerta di ABB si declina lungo tutta la filiera dell’industry, proponendo soluzioni ad hoc per ogni parte di essa. Per la realizzazione di farmaci e per il biotech, ad esempio, vengono implementati sistemi di monitoraggio predittivi, mentre per il packaging si sviluppa la robotica insieme al monitoraggio delle linee di pallettizzazione e al motion control.

Fabbriche di nuova concezione

Gli anglosassoni lo chiamano “walk the talk”, che tradotto significa all’incirca “metti in pratica ciò che dici”: è questo il mantra di ABB che ha deciso di avviare nei propri stabilimenti un massivo programma di robotizzazione e informatizzazione. «Non si tratta – ci ha spiegato De Bellis – di un fatto marginale: queste fabbriche sono anche centri di eccellenza mondiale. Il concetto di “walk the talk” sulle tecnologie ci ha portato a rimettere in discussione i processi e i metodi produttivi. La tecnologia non è la soluzione a qualsiasi problema, ma piuttosto un abilitatore, se inserito in un contesto opportuno. Le imprese che operano tramite smart factoring hanno tra i principali obiettivi quello di ridurre gli sprechi. Dal nostro punto di vista, in quanto multinazionale abbiamo una forte competizione. Qualche anno fa, per esempio, ci fu un autentico boom di delocalizzazione verso i paesi low cost, una relocation che il management delle nostre fabbriche – decisamente più lungimirante – ha cercato di arginare recuperando competitività, mettendo in discussione il modo stesso in cui avveniva la progettazione di servizi e la produzione».

 

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Lo stabilimento Abb di Ossuccio ( Como ) . Photo by P. Del Forno

 

Una piccola rivoluzione che ha portato in breve tempo i risultati sperati. Si è seguito l’approccio “lean”, che ha consentito di limitare gli sprechi e di efficientare al massimo i processi, creando le condizioni per un percorso di investimenti e di necessità nuove. E che ha consentito di raggiungere un traguardo quasi insperato: mantenere alcune produzioni in Italia, in alcuni casi aumentandole. La politica di riduzione tout court dei costi, infatti, non era altrettanto vantaggiosa come quella di mantenere in Italia la produzione resa ottimizzata dalle nuove soluzioni di ABB. Oggi, fabbriche come quella di Dalmine, Frosinone, Santa Palomba e Ossuccio, per citarne alcune, hanno intrapreso un percorso di revisione dei processi che ha consentito di innalzare gli standard qualitativi e minimizzare gli errori. Un processo virtuoso che ha incrementato la produttività significativamente, aprendo oltretutto nuove linee di business.

 

ABB Dalmine Sheet stell preparation line
ABB Dalmine, Sheet stell preparation line (courtesy ABB)
Il caso di Dalmine

La fabbrica di Dalmine, (alla quale Industria Italiana ha dedicato diversi articoli, vedi ad esempio qui)  poi, è un caso di scuola che merita un approfondimento. Si tratta del primo stabilimento ABB nel mondo che abbia aperto i propri cancelli, creando le condizioni per quello che oggi si chiama “customer experience”. La prima idea è stata quella di far capire alla gente che cosa fossero e come funzionassero le smart grid. Da lì si è avviato un laboratorio dimostrativo che consentiva di aumentare l’offerta esplicativa con nuovi casi di studio correlati alla filiera elettrica. «Questa esperienza – ha chiosato soddisfatto De Bellis – ha portato alla creazione dello Smart Lab, 300 metri quadri di area dimostrativa (di tecnologia, ma anche di ricercatori che facevano sperimentazioni sul campo) che ci hanno consentito di coinvolgere numerosi stakeholder, tra clienti, università, centri di ricerca, Pubblica Amministrazione e media.

 

Dalmine, ABB Smart Lab (courtesy ABB)

 

Abbiamo ridisegnato il nostro sito in modo da riuscire a gestire, da agosto 2016 a fine 2017, più di 300 workshop che hanno coinvolto oltre 3.000 persone». L’idea, inoltre, è che l’innovazione sia qualcosa di “aperto”: niente più bunker in cui ingegneri e tecnici si chiudono per partorire nuove idee, ma un processo quasi condiviso, che mostri a tutti quali sono le innovazioni che si stanno portando avanti. In Italia ABB ha giocato un ruolo da frontrunner, aprendo anche centri collaborativi a Genova, che sono una costola più operativa, disegnati sempre prevedendo gemelli digitali e immaginando spazi di networking. A Vittuone inoltre è stato realizzato uno spazio interamente dedicato alla robotica.

La Digital partnership con Microsoft e IBM

Un’azienda come ABB non può pensare di collaborare con un solo player, seppur di grandi dimensioni. Per questo Ability ha visto la partnership con due colossi come IBM e Microsoft. In particolare, con il primo si è puntato soprattutto sulla parte di intelligenza artificiale, tramite l’applicativo Watson, mentre con Microsoft si è sviluppata l’area del cloud, con Azure. Questo ha trovato un riscontro quando si vogliono analizzare grandi moli di dati. «Attualmente applicare Watson – spiega De Bellis – a livello edge è quasi impossibile, mentre il machine learning con Microsoft a tale livello è fattibile, a patto che si impieghi una potenza di calcolo adeguata allo scopo. La nostra collaborazione con IBM (vedi Industria Italiana qui) si sviluppa soprattutto sulla parte “enterprise”, dove stiamo sviluppando alcune soluzioni. In particolare, l’intelligenza artificiale ci serve per l’interpretazione di dati predittiva nel settore delle rinnovabili, per comprendere meglio come offrire un’informazione più completa in merito alla produzione di un parto eolico. Inoltre, grazie a questo strumento, è possibile anticipare eventuali sbilanciamenti o preallertare gruppi per la rimodulazione del carico di produzione».

 

Yumi

Un progetto firmato ABB è anche quello di Yumi, un poliedrico robot collaborativo che l’anno scorso a settembre ha diretto un’orchestra che accompagnava Andrea Bocelli (ne abbiamo parlato qui ), e che nel mio video, sopra, vedete impegnato come barista. E quest’anno? De Bellis sorride mentre ci dice che «mi piacerebbe vederlo alla guida di una macchina di Formula E», uno dei progetti su cui ABB sta puntando. Poi però si torna seri: «Cosa mi aspetto dal domani? Dipende molto da noi. Ma è certo che la digital transformation non può esulare dalle abilità».

I centri operativi di Genova

Un altro progetto particolarmente significativo per ABB è quello dei centri operativi di Genova, (COC, Collaboraative Operations Center) che si occupano di gestire i servizi avanzati per quanto riguarda il segmento dell’energia e del marine. Nei due COC ubicati nella città della Lanterna vengono monitorati impianti per la produzione di energia e monitorate le rotte di centinaia di navi, circa 700. I COC forniscono servizi avanzati che rientrano anche nell’alveo della manutenzione predittiva. Nel caso del marine poter anticipare un guasto su una nave da crociera o su natanti che trasportano carichi sensibili o pericolosi è un tema particolarmente sentito. Infine, è stata implementata la possibilità di dialogare con il capitano per l’ottimizzazione delle rotte e per la riduzione del percorso da seguire. Ce ne siamo occupati nel dettaglio qui .

 

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Ab Genova, COC MArine3 (Courtesy ABB)

 

«Il concetto – ci ha spiegato il Business Development Manager di ABB – è che non basta più dominare la tecnologia e dare dei servizi a corredo della continuità funzionale della tecnologia, ma bisogna entrare in un’ottica di mettere a disposizione delle conoscenze per garantire l’ottimizzazione del processo (quantitativa e qualitativa). Questo implica la creazione di sistemi che non sono più quelli di una volta: i centri operativi erano sostanzialmente dei call center che rispondevano a chiamata su un problema specifico. Oggi invece dobbiamo allargare l’orizzonte e controllare l’intero processo del cliente».

 Ma il cloud è sicuro?

Tra i tanti temi all’ordine del giorno, quello della sicurezza è tra i più sentiti in ambito IT, anche in vista dell’entrata in vigore, tra poco più di tre mesi, del nuovo GDPR. Da questo punto di vista, si sta diffondendo la visione che le soluzioni on premise siano più affidabili di quelle in cloud e che sia quindi meglio tenersi “vicine” le proprie informazioni invece che dislocarle su server virtuali. «Partiamo da un assunto – racconta ancora De Bellis – non esiste una soluzione cloud che sia migliore di un’altra o che sarà leader nel prossimo futuro. Sembrerà che stia facendo un autogol ma voglio essere estremamente chiaro. Ci aspettiamo, in ambito industriale, che ci saranno più soluzioni cloud. Quindi il problema non è della singola “nuvola”, ma piuttosto della capacità di avere le soluzioni di ogni singolo soggetto che si interfacciano con quelle di altri, nel momento in cui ci sarà la possibilità di uno scambio di informazioni. In quest’ottica, dunque, diventa ancora più vitale garantire la sicurezza per il trasporto e la gestione del dato. »

«I recenti fatti stanno dimostrando che è più soggetto a problemi chi adotta soluzioni “a fortino” senza tenere conto degli upgrade o delle ultime release. Aprendosi, si è meno soggetti ai rischi di chi ha scelto la via opposta, cioè soluzioni datate e una disconnessione dalla rete. La verità, però, è che l’imponderabile è dato dal fattore umano: dobbiamo entrare in una logica per cui non esiste la soluzione tecnologica che mi mette al sicuro, ci sono delle buone pratiche che garantiscono un certo livello di sicurezza, ma dobbiamo essere pronti a garantire la continuità del servizio qualunque esso sia, che si tratti di una fabbrica o dell’amministrazione di un’azienda. D’altronde, al giorno d’oggi è sicuramente meno sicuro il servizio di mail che usa un amministratore delegato rispetto alla gestione dei dati in cloud».

Appare evidente, dunque, come il problema non sia tanto quello di stilare un’ipotetica classifica tra edge e cloud per capire quale sia più sicuro, ma piuttosto capire quale sia la soluzione più adeguata ai diversi processi che devono essere gestiti. La digital transformation obbliga a condividere informazioni, e questo porta inevitabilmente a un “incubo” in merito alla proprietà dei dati e alla sicurezza. Ma si tratta di un falso problema: d’altronde, per un ipotetico spionaggio industriale, è sicuramente più interessante hackerare il server della posta invece che concentrarsi sui dati prodotti da una macchina.

 

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Il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda

Impresa 4.0

Le elezioni sono ormai alle porte e il timore è che il prossimo governo (indipendentemente dal suo colore) possa trascurare quanto di buono fatto negli ultimi due anni con il piano Industria 4.0 prima e Impresa 4.0 poi. Da questo punto di vista, le certezze di De Bellis sono granitiche: «Sicuramente non bisogna mollare il colpo, sarebbe forse necessario trovare un accordo di larghe intese perché la digitalizzazione non è un problema che si risolve in una legislatura. Dobbiamo affrontare un cambiamento strutturale: prendiamo ad esempio la Pubblica Amministrazione allargata, dove si devono mettere in gioco nuove professionalità e nuove attività di formazione. Ci vuole, com’è ovvio, una orchestrazione che sia lungimirante, ma sono anche convinto che se riuscissimo a risolvere alcuni sprechi che sono ormai endemici nei nostri meccanismi di processo e di vita quotidiana recupereremmo un sacco di risorse. Serve una visione più olistica e di sistema, che si ponga degli obiettivi e cerchi di raggiungerli. Nella mobilità, ad esempio, che cosa vogliamo fare? Niente più auto a motore termico? Vogliamo puntare sui veicoli elettrici e abbandonare i combustibili fossili? Non bisogna più fare discorsi spot, ma avere una visione d’insieme».

 

All’ interno dello stabiimento ABB di Frosinone (Courtesy ABB)

Posti di lavoro

La modernizzazione e digitalizzazione del nostro paese pone anche dei problemi di risorse umane. Qualcuno teme che vengano cancellati posti di lavoro, anche se recenti studi hanno dimostrato come, dagli anni ’80 a oggi, la trasformazione digitale abbia creato nuovi impieghi e che il saldo è ampiamente positivo. Da questo punto di vista, un’azienda ad alto contenuto di innovazione come ABB non può che essere l’osservatorio privilegiato da impiegare per cercare di capire che futuro attende il mercato del lavoro e anche quello delle risorse umane. «La nostra esperienza – ci ha detto De Bellis – ci porta a dire che dove abbiamo adottato massivamente la robotica abbiamo avuto un saldo positivo di posti di lavoro. Si sono create delle competenze per cui sono aumentati gli addetti legati a uno specifico processo produttivo.

Ma il prezzo da pagare è che certe professionalità scompaiono, e questo è un problema che tocca tutta la società. Quando ci sono annunci catastrofici, in realtà si sta cercando di mettere in evidenza come questa rivoluzione porterà a una tensione sociale: ci saranno alcuni lavori che verranno a mancare e questo genera preoccupazione. Pensiamo al tipo di mansioni che venivano richieste fino a qualche anno fa nei comparti dell’amministrazione o dell’HR e che oggi vengono riviste nell’ottica di sistemi più automatizzati. Le aziende devono sicuramente portare avanti una trasformazione dei lavori e delle competenze, ma serve anche che lo faccia il sistema paese. E, da questo punto di vista, l’Italia sta segnando il passo , non sta affrontando questo discorso. Bisogna affrontare questi problemi, per migliorare il paese che nel suo insieme deve divenire “smart”; sarebbe un fallimento se alla fine arrivassimo solo ad avere un paese dove siano presenti solo alcune di “isole felici”, in termini di smart factory o smart city».

 

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Nella filiera elettrica la blockchain può essere un valido strumento per quanto riguarda la registrazione degli scambi tra gli stakeholder
Il futuro delle tecnologie: su quale puntare prevalentemente?

La digital transformation ha portato alla ribalta molte diverse tecnologie: l’intelligenza artificiale, l’IoT, il cloud, la realtà aumentata. Saranno tutte ugualmente divise in un futuro di più ampio respiro o si preferirà puntare su una sola? Per De Bellis «molto dipende da industria a industria, ma ritengo che ci sarà un mix tra le varie tecnologie. Quello che risulterà fondamentale è l’aspetto professionale e umano, perché aumenterà drasticamente la complessità da gestire e il fattore umano sarà determinante. Basta guardarsi in casa già oggi: gestiamo router, telefonini, tablet, sta inziando a diventare complesso soprattutto per persone che non hanno skill adeguati. E questo amplifica enormemente la necessità di competenze. Si dovranno creare nuove reti, anche in ambito co-working, non nel senso di spazio di lavoro condiviso per brevi periodi, ma proprio di messa a fattor comune delle varie competenze».

E la Blockchain?

Una delle tecnologie che è più sotto i riflettori è quella della blockchain. ABB non ha ancora iniziato una vera esplorazione dell’applicabilità in un’ottica di business e, in generale, sono in pochi quelli che hanno la competenza necessaria per parlarne a ragion veduta. Quindi si tratta di una tecnologia disruptive, ma che deve ancora mostrare tutto il suo potenziale. «Sicuramente – ci ha detto De Bellis – trova riscontro e interesse per quanto riguarda la filiera elettrica, perché può essere un valido strumento per quanto riguarda la registrazione degli scambi tra gli stakeholder.

Per esempio, in uno scenario molto più complesso, dove la macchina che guido non è di mia proprietà e dove le colonnine di ricarica sono dei veri e propri hotspot, una soluzione basata su blockchain potrebbe consentire di mettere ordine. La prima cosa da fare, a mio avviso, è sperimentare in contesti regolamentati, sotto la lente di ingrandimento di un’Authority. Nell’ambito del manifatturiero, poi, ci sono grandi potenzialità. Ad esempio se penso al leasing di macchinari: blockchain permette di registrarne il reale utilizzo e fornire informazioni imparziali. Il concetto di blockchain è disruptive, perché porterebbe all’annullamento di tutte le figure intermedie, aprendo la porta a discorsi di nuovi business model».














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