Ilva: la battaglia tra ArcelorMittal e l’Italia s’infiamma

Scontro a 360° sia sui tavoli che nella causa civile pendente a Milano. L’innesco è stata la presentazione del piano 2020-2023 ArcelorMittal per Ilva che prevede 4.700 esuberi, di cui 2.891 già nel 2020

Vincenzo Boccia - presidente di Confindustria - e Matthieu Jehl - ad Arcelor Mittal Italia - durante l'assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto|Alberto Dal Poz
L'ex Ilva, ora stabilimento ArcelorMittal Italia di Taranto

Nel nuovo piano industriale di ArcelorMittal sarebbero previsti 4.700 esuberi (più i 1.912 addetti oggi in Amministrazione straordinaria che, in maniera implicita, rifiuta di assorbire), di cui 2.891 già nel 2020, con l’organico dell’ex Ilva che passerebbe dai 10.789 occupati del 2019 ai 6.098 del 2023. È questa la cifra indicata dall’ad italiana dell’azienda Lucia Morselli nel corso del tavolo al Mise, lo scorso mercoledì. Lo stesso piano prevede un aumento dei volumi di produzione dagli attuali 4,5 milioni di tonnellate di acciaio ai 6 milioni dal 2021.

 







Le reazioni

Un piano che ha fatto alzare dal tavolo le parti e fatto dire al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Lo respingiamo e lavoreremo come durante questo negoziato agli obiettivi che ci siamo prefissati col signor Mittal e che il signor Mittal si è impegnato personalmente con me a raggiungere, e ci riusciremo».

Il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte

 

Ben più dure le risposte del sindacato. Per Maurizio Landini sgretario generale Cgil: «Quello di ArcelorMittal non è un piano industriale ma di chiusura», e per Annamaria Furlan segretaria generale della Cisl: «Per noi rimane valido l’accordo firmato un anno fa. Non ci sono condizioni per aprire il confronto per un nuovo accordo. Non siamo disponibili a lasciare sul tappeto nemmeno un lavoratore.»

Il segretario generale della CGIL Maurizio Landini. By Ivan Crivellaro

 

Quale Ilva nel futuro

Se la questione esuberi è centrale essa diventa ancora più cogente quando si guardi alle proposte del nuovo piano industriale in vista del 2023, quando verrà spento l’altoforno 2 (fine 2022) e attivato un forno elettrico ibrido in grado, secondo l’azienda, di garantire 1,2 milioni di tonnellate di acciaio “pulito”.

Il nuovo forno elettrico ad arco “Eaf” ha una soluzione “ibrida” di caricamento (in parte rottame e in parte ghisa liquida) e la sua predisposizione per essere caricata con il preridotto (riduzione del ferro con idrogeno). ArcelorMittal prevede, oltre la produzione di 1,2 milioni di tonnellate di acciaio grazie alla nuova fornace, altri 4,8 milioni di tonnellate che arriveranno dagli altoforni. Il totale, quindi, si assesterà a 6 milioni: un livello produttivo che i franco-indiani contano di raggiungere dal 2021 con gli altoforni 1, 2 e 4. ArcelorMittal prevedeva di sfornare questo tonnellaggio nel 2019, ma invece si fermerà a 4,5 milioni. Il prossimo anno ora afferma di assestarsi tra le 5-5,5 milioni di tonnellate.

Ma Stefano Patuanelli, ministro per lo Sviluppo economico ha controbattuto: «…il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, con forni elettrici e altri impianti ecosostenibili per arrivare a una produzione di 8 milioni per tutelare livelli occupazionali».

Resta dunque drammaticamente aperta la specializzazione produttiva e la dinamica degli investimenti necessari nel futuro dell’Ilva.

 

Intanto a Milano

A Milano è intanto in corso la causa civile tra Arcelor Mittal e l’ex Ilva. In nuovo piano di Arcelor è arrivato come una bomba. Vediamo perché.

Nell’udienza del 27 novembre era stato messo un punto fermo, davanti al giudice Claudio Marangoni, nella causa civile tra Arcelor Mittal e l’ex Ilva. Il gruppo franco-indiano, tramite il suo ad Lucia Morselli, aveva garantito “il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva“, impegno fondamentale per raggiungere un accordo sul contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti che la multinazionale aveva chiesto di sciogliere con un atto che, invece, i commissari dell’ex Ilva ritengono “illegittimo“.

Con la presentazione del nuovo piano di Mittal il quadro è cambiato: secondo fonti qualificate, i commissari dell’ex Ilva ritengono che le affermazioni del gruppo sugli esuberi siano da ritenersi ritenute assolutamente inaccettabili, senza giustificazioni e improponibili, poiché se si potrebbe trattare sulla revisione degli accordi presi, non si può mettere in discussione il caposaldo dell’aspetto occupazionale. Un anno fa circa, infatti, Arcelor Mittal,vincendo la gara e firmando il contratto, si è impegnata a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10 mila posti di lavoro e a pagare, in caso contrario, una penale di 150 mila euro per ogni lavoratore lasciato a casa.

I commissari hanno dunque depositato un ricorso cautelare d’urgenza. Il giudice ha rinviato il procedimento al prossimo 20 dicembre per consentire alla “trattativa” di “svolgersi sulla base delle intese e degli impegni assunti”.

 














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