La fusione nucleare potrebbe cambiare la Storia. Ma intanto vale 1,6 miliardi per la filiera di aziende fornitrici, come Ansaldo Nucleare, Fincantieri, Asg e…

di Marco Scotti ♦︎ Lo studio della fusione coinvolge filiere science- based: altissima intensità di conoscenza e innovazione, sinergia tra ricerca (di base e applicata) e industria, prospettiva di lungo-lunghissimo termine, ruolo fondamentale dell’attore pubblico, relazione pubblico-privato. L’Università di Genova in collaborazione con l’Associazione Italiana Nucleare, ha appena lanciato un'iniziativa dedicata alla valorizzazione della filiera italiana che partecipa alla catena del valore della fusione, anche considerando l’effetto del trasferimento tecnologico dai centri di ricerca all’industria e le opportunità economiche per il territorio.

I requisiti delle 51 aree sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla guida tecnica Isin

Un piano d’investimenti complessivi da 21 miliardi di euro, di cui 1,6 direttamente per l’Italia e la filiera industriale di aziende che lavorano al progetto. Ecco perché – in attesa di una disruption storica che avverrà fra almeno vent’anni – la fusione nucleare può essere “the next big thing” per il nostro Paese. D’altronde è il Sacro Graal dell’industria energetica: imprimere un’accelerazione del progresso tecnologico per rendere accessibili nuove fonti di approvvigionamento a più basso impatto ambientale e con costi più contenuti. La fusione termonucleare, alternativa pulita all’ormai abbandonata fissione, è un progetto sviluppato su base internazionale che vede l’Italia tra i protagonisti con aziende come Ansaldo Nucleare e Fincantieri. Si tratta di Iter (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor), che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale, in grado di produrre un plasma di fusione con più potenza rispetto alla potenza richiesta per riscaldare il plasma stesso.

Oltre ai nomi già citati saranno coinvolti soggetti istituzionali come Enea e aziende ad altissimo tasso d’innovazione come la Asg della famiglia Malacalza. Il progetto è stato avviato nel 2006 e il suo impatto è di estremo rilievo. Iter è un reattore deuterio-trizio in cui il confinamento del plasma è ottenuto in un campo magnetico all’interno di una macchina denominata Tokamak. La costruzione è in corso a Cadarache, nel Sud della Francia, ad opera di un consorzio internazionale composto da Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India, Corea del Sud. Nel nostro Paese verrà avviato il DTT, un progetto speculare in tandem tra Ansaldo Energia ed Enea che avrà un valore di circa 600 milioni di euro e 1.500 occupati. L’Italia è coinvolta principalmente nella progettazione e costruzione del sistema di sospensione magnetica, tramite il Consorzio RFX del sistema di riscaldamento tramite iniettore di neutri per fusione e del condotto di scarico dell’elio.







Circa il 60% dei contratti industriali del valore dei bandi per componenti ad alto contenuto tecnologico per la costruzione di Iter è stato aggiudicato da aziende italiane. Inizialmente il progetto prevedeva l’accensione del Tokamak (la cosiddetta ignizione del Primo Plasma) per il 2019, a un costo complessivo di costruzione stimato di 10 miliardi di euro. Nel 2009 i costi di costruzione sono stati rivisti al rialzo a 15 miliardi di euro, con un costo operativo di circa 290 milioni di euro all’anno (al cambio del 2010) una volta che il Tokamak sarà a regime. Il budget complessivo è stato fissato a 21 miliardi. Inoltre il 16 giugno 2016 il Consiglio Direttivo di Iter ha annunciato ufficialmente che la previsione iniziale per la data di ignizione del Primo Plasma è da spostarsi in avanti a più di 5 anni, indicando il dicembre 2025 quale data più realistica. Il 17 novembre 2016 il Consiglio Direttivo ha annunciato che gli esperimenti di fusione deuterio-trizio veri e propri inizieranno solo a partire dal 2035. La durata operativa dell’impianto è prevista in circa 20 anni e si prevede che, già dal 2037, l’impianto inizierà la fase di disattivazione, della durata prevista di 5 anni. Per presentare lo stato di avanzamento dei lavori, nelle scorse settimane è stato anche organizzato un convegno.

Iter (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor) si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale, in grado di produrre un plasma di fusione con più potenza rispetto alla potenza richiesta per riscaldare il plasma stesso

La fusione termonucleare

Lo studio della fusione coinvolge filiere science- based: altissima intensità di conoscenza e innovazione, sinergia tra ricerca (di base e applicata) e industria, prospettiva di lungo-lunghissimo termine, ruolo fondamentale dell’attore pubblico, relazione pubblico-privato. La ricerca può, quindi, supportare lo sviluppo di una chiara visione strategica in questa direzione e orientare azioni future di coordinamento e collaborazione. A questo scopo l’Università di Genova in collaborazione con l’Associazione Italiana Nucleare lancia una iniziativa dedicata alla valorizzazione della filiera italiana che partecipa alla catena del valore della fusione, anche considerando l’effetto del trasferimento tecnologico dai centri di ricerca all’industria e le opportunità economiche da queste generate sul territorio. E per valorizzare una filiera, bisogna in primo luogo mapparla: sapere che cosa rappresentano le aziende coinvolte, come si muovono, quali strategie e investimenti hanno in programma. Le filiere di piccole e e medie imprese innovative, manifatturiere e tecnologiche sono il punto di forza dell’industria made in Italy e vanno valorizzate con il massimo sforzo. Per questo il progetto piace particolarmente a Industria Italiana. Non a caso, il convegno di lancio dell’iniziativa (dal quale sono tratte, rielaborandole, la maggior parte delle informazioni contenute in questo articolo) ha visto la partecipazione della nostra rivista come media partner e il direttore Filippo Astone come moderatore. A presentare la ricerca il presidente di Ain Umberto MinopoliSilvia Bruzzi, professore associato di management all’Università di Genova. Entrambi saranno protagonisti di dettagliate interviste ad hoc.

Il progetto Unige-Ain si articola in diverse fasi: la prima è quella di mappatura della filiera italiana, individuando i soggetti (industriali e non) che operano nel campo della fusione e che partecipano alla catena del valore. La seconda si compone di una survey tramite questionario (da somministrare ai soggetti individuati) in modo da misurare indicatori economici e dimensionali di tali realtà e da approfondire l’impatto dei progetti legati alla fusione in termini di innovazione, sostenibilità e competenze. Seguono interviste ai principali stakeholders per cogliere le direttrici della strategia per la fusione. Ultima fase, lo sviluppo, sulla base dei risultati della survey, di focus per proporre “case-study” come “best practices” per la filiera stessa. La valorizzazione della filiera è, inoltre, intesa a promuovere la sua partecipazione alle opportunità alla stessa indirizzate/indirizzabili sul mercato italiano ed internazionale nel prossimo futuro.

Lo studio della fusione rientra nell’ambito del filone di studio dei settori e delle filiere science- based: altissima intensità di conoscenza e innovazione, sinergia tra ricerca (di base e applicata) e industria, prospettiva di lungo-lunghissimo termine, ruolo fondamentale dell’attore pubblico, relazione pubblico-privato

Il progetto Iter

Iter è un reattore deuterio-trizio in cui il confinamento del plasma è ottenuto in un campo magnetico all’interno di una macchina denominata Tokamak. La costruzione è in corso a Cadarache

Iter (il cui avviamento è previsto nel 2026) è un tassello importante della roadmap che la Commissione Europea persegue per arrivare ad un impianto dimostrativo di produzione di energia elettrica da fusione (Demo) intorno al 2050. Come detto, il progetto Iter può contare su un budget di 20 miliardi di euro: sul totale delle attività già assegnate, le aziende italiane si sono già aggiudicate il 20% degli ordini. Strettamente collegato alla realizzazione del reattore Tokamak di Iter è la realizzazione della macchina Dtt (Divertor Test Tokamak), la cui costruzione è stata avviata nel sito Enea di Frascati con un budget di circa 600 milioni di euro. La partecipazione alla realizzazione di Iter e del Dtt, come anche al successivo sviluppo di Demo, rappresenta un’occasione importante per un’affermazione dell’industria italiana nel settore degli impianti a fusione.

La fusione nucleare rappresenta un settore ad alto contenuto di innovazione, che in Italia ha visto convergere grandi aziende e piccole e medie imprese. Nel complesso, solo il 35% dei soggetti imprenditoriali coinvolti ha un consolidato background nucleare: ciò dimostra che questa catena del valore ha grande capacità attrattive per imprese ad alta tecnologia. Uno studio del 2018 realizzato dalla Commissione europea stimava l’impatto di Iter sull’economia continentale in 4,8 miliardi di euro e in 34.000 posti di lavoro nel periodo compreso tra il 2008 e il 2017. La stima saliva a 15,9 miliardi e a 72.400 posti di lavoro per gli anni tra il 2018 e il 2030. Inoltre lo studio evidenziava un impatto knowledege-centered, legato alla possibilità di sfruttare le innovazioni tecnologiche in altri ambiti, con la conseguente creazione di reti sinergiche tra le imprese.

Il ruolo dell’Italia

Il nostro è uno dei Paesi che sta maggiormente contribuendo con la sua filiera alla costruzione di Iter. A questo si aggiunge una rivalutazione del nucleare di ultima generazione a supporto della transizione energetica. Si può dire senza timore di smentita che in Iter pulsa un cuore italiano perché molta della tecnologia necessaria è fornita da aziende e ingegneri nucleari italiani che lavorano nel sito di Iter localizzato nel sud della Francia. Cinque settori del Vacuum Vessel, la camera di vuoto del reattore, come pure i grossi magneti capaci di assicurare il confinamento magnetico del plasma nella camera stessa sono in produzione da parte di aziende italiane.

Saranno coinvolti soggetti istituzionali come Enea e aziende ad altissimo tasso d’innovazione come la Asg della famiglia Malacalza

L’industria nostrana sta offrendo il suo altissimo contributo nelle attività di montaggio e di avviamento dell’impianto, qualificandosi per la capacità di assicurare la qualità del prodotto. Oggi all’interno del Tokamak e nell’assemblaggio della macchina le aziende italiane hanno acquisito ordini di rilievo che le rendono protagoniste assolute anche nelle attività di costruzione. In particolare i principali player sono Ansaldo Nucleare nell’assemblaggio e Fincantieri nei montaggi d’impianto.

Il “New Clear”, un supporto alla transizione energetica green, e il ruolo di Ansaldo Energia

Luca Manuelli, ceo Ansaldo Nucleare

Entro la fine del secolo la domanda di energia sarà triplicata a causa dell’aumento della popolazione, ma anche dell’incremento dell’inurbazione e di una maggiore richiesta di energia da parte dei paesi emergenti. Per questo motivo è fondamentale riuscire a trovare forme di approvvigionamento energetico alternative agli idrocarburi. Ansaldo Energia sta giocando un ruolo fondamentale nel progetto di “New Clear” direttamente e attraverso la sua controllata Ansaldo Nucleare. In particolare, la seconda ha contribuito alla realizzazione di Jet, la più grande macchina a fusione localizzata ad Abingdon nel Regno Unito; al Tokamak di Enea a Frascati, operativo dal 1989. E soprattutto ha realizzato e disegnato prototipi per l’impianto Iter. Proprio per quanto concerne Iter, il Gruppo Ansaldo Energia è attualmente coinvolto nell’ideazione dei componenti chiave come il divertore o la camera di vuoto; il design della zona di raffreddamento delle acque; la produzione dei settori della Vacuum Vessel; la produzione dei prototipi dei divertori. «Ansaldo Nucleare – ci spiega Luca Manuelli, ceo della società – ha sviluppato significative capacità e competenze in merito. Inizialmente esse sono state principalmente legate al waste management per la riqualificazione a green field delle aree, poi con l’ingresso in Iter. Sono 30 anni che portiamo avanti contributi alla fase d’impostazione e oggi siamo uno degli attori più importanti per la costruzione del reattore Tokamak. Ci siamo candidati a essere uno dei principali partner per far diventare la fusione nucleare, tra il 2040 e il 2050, un vero e proprio game changer».

All’interno del New Clear, oggi il nucleare rappresenta in Europa una fonte che produce il 25% dell’energia complessiva, quasi il 47% di quella green, dà lavoro a un milione di persone e produce 500 miliardi di pil. In Italia il nucleare rimane “brutto, sporco e cattivo” e invece potrebbe essere impiegato in molte industry come fonte di approvvigionamento energetico. In Francia, ad esempio, si sta puntando su piccoli reattori nucleari, delle dimensioni di container, che Bruxelles valuta di ammettere tra i progetti verdi nell’ambito del piano Next Generation Eu. E anche l’Italia, per bocca del ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, potrebbe essere della partita. «Gli small modular reactors sono un business estremamente interessante in cui Ansaldo ormai da anni ha iniziato a sviluppare la tecnologia. Si tratta di reattori con una potenza più limitata, con meccanismi di sicurezza passiva che possono mitigare tutti i rischi della produzione e di gestione delle scorie. Sta avendo un’enorme accelerazione perché c’è grande interesse a investire in questa nuova tecnologia. Noi lo stiamo facendo insieme a Enea per Alfred, in un progetto di un dimostratore tecnologico promosso dall’Ue in Romania».

Iter è un progetto sviluppato su base internazionale che vede l’Italia tra i protagonisti con aziende come Ansaldo Nucleare e Fincantieri e che avrà una ricaduta positiva sul nostro tessuto industriale

Asg, l’azienda della famiglia Malacalza che produce magneti superconduttivi

Davide Malacalza, presidente Asg, impresa con un giro d’affari intorno ai 40 milioni, specializzata nella produzione di magneti superconduttivi

Tra le aziende coinvolte nel progetto Iter c’è anche Asg della famiglia Malacalza. Si tratta di un’impresa ad altissimo tasso d’innovazione, con un giro d’affari intorno ai 40 milioni, specializzata nella produzione di magneti superconduttivi. «Siamo attivi in Iter – ci spiega Davide Malacalza, numero uno dell’azienda – già dal 2010 per la realizzazione dei magneti superconduttivi. Abbiamo prodotto bobine poloidali in sito e bobine toroidali per le quali è stato necessario allestire una fabbrica ad hoc al porto di La Spezia in modo da poterle trasportare poi a Cadarache. Attualmente abbiamo una trentina di persone in Francia che sta sviluppando la produzione.

In futuro vorremmo estendere i campi di applicazione della tecnologia superconduttiva anche ad altri settori industriali come l’aeronautica, i trasporti o un comparto molto energivoro come la mettallurgia». Asg è nata in seno ad Ansaldo Energia e ha poi rilevato la fabbrica di lavatrici della Sangiorgio, cambiando completamente modalità di lavoro. Inizialmente i campi di applicazione erano quelli della siderurgia poi, progressivamente , si è deciso di cambiare e di spingersi verso la superconduttività. Oggi l’obiettivo è incidere direttamente sulla materia, investendo nella produzione di nuovi materiali.

Il progetto di ricerca di Ain e Università di Genova

Come detto, la partnership tra i due enti a dato vita a un progetto di ricerca che vuole indagare la filiera nucleare italiana di fronte alle opportunità della fusione e della rivoluzione green. Il primo tassello, che si è svolto tra il 1° marzo e il 15 aprile di quest’anno, è stato rappresentato dalla mappatura della filiera italiana che partecipa alla catena del valore della fusione, da monte fino a valle, individuando i soggetti – indusrtriali e non – che operano nel campo della fusione, a partire da Ansaldo Nucleare, dai suoi partner e dai soci dell’Associazione Italiana Nucleare.

Circa il 60% dei contratti industriali per la costruzione di Iter sono stati aggiudicati da aziende italiane

Seconda tappa, dal 1° aprile al 31 maggio, lo svolgimento di una survey tramite questionario online da somministrare ai soggetti individuati in modo da misurare indicatori economici e dimensionali di tali realtà e da approfondire l’impatto dei progetti legati alla fusione in termini di innovazione, sostenibilità e competenze. Terzo punto, sempre dal 1° aprile al 31 maggio: interviste a soggetti specifici per cogliere le principali direttrici della strategia per la fusione. Quarto passaggio, dal 1° al 30 giugno: sviluppo, sulla base dei risultati della survey e attraverso interviste approfondite, di case-study da proporre come best practice della filiera, individuando le imprese in modo da rappresentare tutte le fasi della catena del valore. Infine, a partire dal 1° luglio, condivisione delle principali evidenze con gli stakeholder.














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