Ex-Ilva, Arcelor-Mittal annuncia il congedo da Taranto

La mossa della maggioranza M5S-Pd, quella che ha privato il management della multinazionale dello scudo penale previsto tre anni fa, rischia seriamente di mettere in ginocchio 5mila lavoratori

L'Ilva di Taranto

Arcelor-Mittal annuncia l’addio all’Italia. La multinazionale indiano-franco-ispanica saluta tutti sbattendo la porta. La cordata che ha rilevato l’Ilva, Am InvestCo che fa capo a AM, ha notificato ai commissari straordinari dell’azienda di Taranto che intende rescindere il contratto. Era nell’aria, e va sottolineato che Arcelor-Mittal opera nel pieno diritto: il contratto che ha siglato due anni fa contempla la sua possibilità di ritirarsi nel caso in cui lo Stato ponga in essere nuove leggi incompatibili con il piano di risanamento ambientale che l’azienda si è impegnata a realizzare. È esattamente ciò che è accaduto giorni fa, quando la maggioranza M5S-Pd decise, in una riunione di maggioranza al Senato, di cancellare definitivamente lo «scudo» penale e amministrativo previsto nel 2017 per chi si fosse preso carico della situazione ambientale dello stabilimento siderurgico.  Grazie a questa mossa, ora la situazione è pesantissima: l’ex-Ilva vale l’1% del Pil italiano ed è strategica per i settori del Bianco e dell’automotive; è difficile che lo Stato trovi i soldi per risanare il sito; sono seriamente a rischio 5mila posti di lavoro.

La reazione dei sindacati







Scrive il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivolgli su twitter: «Capolavoro di incapacità politica ferma il risanamento ambientale e innesca bomba sociale. Inaccettabile che paghino i lavoratori. Il Governo ripari immediatamente il pasticcio che ha combinato».  Sempre sullo stesso social, la Fiom Cgil rende noto che «i patti vanno rispettati e l’atteggiamento del governo su Arcelor-Mittal è irresponsabile. L’esecutivo deve risolvere la questione garantendo i posti di lavoro e reddito a tutti i lavoratori coinvolti». E ancora: «Taranto e l’Italia non possono pagare il prezzo di un contenzioso infinito. Il Governo faccia i passi necessari».

Le ragioni di Arcelor-Mittal: un addio in soli 30 giorni

Si legge in una nota della multinazionale dell’acciaio che «l’accordo prevede che, nel caso in cui una nuova legge influisca sul piano ambientale per l’impianto di Taranto in modo da compromettere materialmente la capacità di gestirlo o di attuare il suo piano industriale, la Società ha il diritto contrattuale di recedere dal contratto. Con effetto dal 3 novembre 2019, il Parlamento italiano ha rimosso la protezione legale necessaria affinché la Società attui il proprio piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso. Inoltre, le decisioni emesse dal tribunale penale di Taranto vincolano i Commissari straordinari di Ilva a completare determinate prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 – un termine che gli stessi Commissari hanno ritenuto impossibili da rispettare – in caso contrario l’altoforno numero 2 verrà chiuso. Tali prescrizioni dovrebbero anche essere ragionevolmente e prudenzialmente applicate agli altri due altoforni dello stabilimento di Taranto. L’arresto renderebbe impossibile per la Società attuare il suo piano industriale, gestire l’impianto di Taranto e, in generale, eseguire l’Accordo».

La reazione del governo

A quanto se ne sa, si è tenuta al ministero dello Sviluppo economico una riunione dei ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo), Giuseppe Provenzano (Sud), Sergio Costa (Ambiente). Sarebbe emerso che secondo loro non ci sono le ragioni giuridiche per la rescissione del contratto da parte di Arcelor-Mittal.














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