Tutti i retroscena e le prospettive dell’acquisizione di Ast da parte di Arvedi

di Marco de' Francesco ♦︎ Intervista a Carlo Mapelli, tra i massimi esperti siderurgici. L'operazione è positiva per il sistema industriale italiano. Il Gruppo siderurgico cremonese realizzerà prodotti in acciaio con alto valore aggiunto e difficili da reperire sul mercato: quelli indispensabili per la meccanica, e altri settori del manufacturing. Quanto ai tedeschi di ThyssenKrupp, mollano la presa da Terni dopo essersi portati a casa i gioielli più preziosi

Cosa si cela dietro la vendita di Acciai Speciali Terni dalla tedesca Thyssenkrupp al gruppo Arvedi? «È un’operazione che mette d’accordo tutti i protagonisti, ma il vantaggio strategico sta tutto dalla parte dell’Italia in quanto Paese» – afferma Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano ed esperto di siderurgia. L’industria nostrana, per Mapelli, ne uscirà rafforzata. Sarà più resiliente. Quanto al gruppo cremonese fondato da Giovanni Arvedi, non si sa se sia un “affare” o meno, perché il prezzo dell’aggiudicazione non è stato reso noto e il closing dell’operazione avverrà entro nove mesi. Però, l’acquisizione della realtà umbra, che fattura 1,7 miliardi di euro, darà vita ad un player di dimensioni continentali, con più di 7 miliardi di euro di revenue – in grado di misurarsi alla pari con gli altri campion europei: Ssab, Outokumpu, Voestalpine e Salzgitter.

Inoltre, «il gruppo diventerà più competitivo, perché l’acquisizione comporta verticalizzazioni e l’estensione della gamma di prodotto» – afferma Mapelli. In riferimento alle prime, l’acciaio di Terni potrà essere destinato a lavorazioni secondarie per realizzare prodotti ad alto valore aggiunto. In rapporto al ventaglio di articoli in portafoglio, Arvedi produrrà quasi i tutti i modelli esistenti di piani in acciaio inossidabile, diventando necessariamente un punto di riferimento per il mercato.







Quanto al sistema-Italia, trarrà, come si diceva, un beneficio indiscutibile dall’operazione: il Belpaese è un importatore netto di acciaio, benché sia il secondo player europeo. Questo espone a rischio la manifattura, che può essere sfavorita da prezzi stabiliti all’estero in chiave competitiva. Almeno i prodotti a più alto valore aggiunto e quelli più ricercati devono essere realizzati in Italia. «Sono proprio quelli che intende fare Arvedi» – dice Mapelli.

Zincatura – Acciaieria Arvedi. Per il sistema paese l’operazione ha un significato strategico di rilievo. Se sei un Paese manifatturiero come l’Italia, e se vuoi sostenere settori come la meccanica, l’alimentare e il biomedicale, non puoi non avere dei produttori siderurgici interni, perché altrimenti per l’acciaio dipendi dal prezzo determinato da altri Paesi, che possono anche agire in chiave competitiva e metterti in difficoltà

Quanto infine al gigante dell’acciaio dell’Essen, 29 miliardi di fatturato (2020) e oltre 100mila dipendenti, abbandona Terni «perché ha già preso quello che doveva prendere» – afferma Mapelli. Una volta trasferiti in Germania i gioielli dell’Ast, e cioè le linee che fabbricano il prodotto di maggior valore aggiunto – un particolare lamierino elettromagnetico – non aveva alcun interesse per la piccola realtà umbra, che è difficilmente integrabile nella filiera nazionale tedesca di comparto. Tutto questo secondo Mapelli, che abbiamo intervistato.

D: Tutti i commentatori hanno descritto l’acquisto di Ast da parte del gruppo Arvedi come un’operazione importante. Ma, se ciò è vero, perché ThyssenKrupp ha venduto? Perché liberarsi di un asset di rilievo?

R: Per due motivi strettamente collegati l’uno all’altro. Anzitutto, perché avevano già preso tutto quello che interessava loro. Le linee di fabbricazione del lamierino elettromagnetico a grani orientati – un prodotto ad altissimo valore aggiunto destinato ai trasformatori di grande potenza o ai motori elettrici ad alta efficienza – sono state trasferite in Germania. A seguito di questa operazione, Terni aveva perso significato strategico per ThyssenKrupp, che è impegnata in una complessa ristrutturazione. Inoltre il colosso di Essen ha dimostrato, in questi anni, di non riuscire a gestire adeguatamente realtà diverse da quelle della propria filiera nazionale: non c’è stata quell’integrazione che sarebbe stata auspicabile, soprattutto per ThyssenKrupp. Di qui la vendita.

 

D: Quale significato ha per il gruppo Arvedi, l’acquisto di Ast?

R: È un rafforzamento strategico significativo e forte. Anzitutto a livello dimensionale: con l’acquisto, il gruppo Arvedi supera le 6,5 milioni di tonnellate di acciaio – peraltro realizzato con forni elettrici, in largo anticipo sulla visione europea di una produzione siderurgica “green”. Quindi Arvedi diventa un gruppo protagonista a livello continentale, e lo fa in linea con le politiche di Bruxelles, circostanza sempre più importante sul mercato. Ma soprattutto, con Ast si mettono in moto una serie di meccanismi destinati ad incrementare la competitività di Arvedi.

 

D: Quali sono questi meccanismi che aumenteranno la competitività di Arvedi?

Acciai Speciali Terni. L’acquisizione è un rafforzamento strategico significativo e forte. Anzitutto a livello dimensionale: con l’acquisto, il gruppo Arvedi supera le 6,5 milioni di tonnellate di acciaio. Ma soprattutto, con Ast si mettono in moto una serie di meccanismi destinati ad incrementare la competitività di Arvedi

R: Si pensi alle sinergie interne: una parte dei prodotti di Ast può essere verticalizzata, e cioè destinata a lavorazioni secondarie che si svolgono in impianti di laminazione o di trattamento termico che Arvedi ha, ad esempio, in Liguria e in Friuli Venezia Giulia. Acciai che prima Arvedi comprava da Terni vengono, con questa operazione, “internalizzati” per realizzare prodotti finiti con valore aggiunto assai più rilevante. E poi, con l’acquisto, Arvedi completa la propria gamma: non solo metalli al carbonio, ma anche piani in acciaio inossidabile. Anzi, di questi ultimi Arvedi produrrà circa il 90% dei modelli esistenti sul mercato, diventando un punto di riferimento nel contesto continentale.

 

D: Sarà anche un affare, per Arvedi?

R: Questo dipende dal prezzo di acquisto, che però non è stato divulgato.

 

D: Il governo dice di aver seguito con attenzione la vicenda. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha reso noto che l’aggiudicazione rappresenta un tassello importante per la valorizzazione e il rilancio dell’acciaio italiano.  D’altra parte il Belpaese è il decimo player globale, e il secondo europeo, dopo la Germania. La siderurgia dà lavoro a 33.400 persone, inserite in una filiera molto articolata: produzione di acciaio e prima trasformazione, centri servizio, distribuzione, commercio di rottame e ferroleghe, taglio e lavorazione della lamiera, utilizzatori.  E ha ricavi per quasi 60 miliardi di euro. Che significato ha l’operazione di Arvedi per il sistema-Paese?

Il titolare del ministero dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti

R: Un significato strategico di rilievo. Se sei un Paese manifatturiero come l’Italia, e se vuoi sostenere settori come la meccanica, l’alimentare e il biomedicale, non puoi non avere dei produttori siderurgici interni, perché altrimenti per l’acciaio dipendi dal prezzo determinato da altri Paesi, che possono anche agire in chiave competitiva e metterti in difficoltà. Ora, è evidente che l’acquisto di Ast da parte di Arvedi risolve solo parzialmente il problema, visto che la domanda di acciaio del Belpaese supera largamente l’offerta nazionale: siamo comunque importatori netti. Ma è un passo nella giusta direzione: possiamo concentrarci su prodotti difficili da reperire all’estero e su quelli ad alto valore aggiunto. Dal punto di vista del sistema-Paese, è quest’ultimo il senso dell’operazione di Arvedi.

 

R: Arvedi è parte di un gruppo che nel 2018 faceva 4 miliardi di fatturato. Basta l’acquisto di Ast per farne una realtà di dimensioni europee?

R: Lo è già. Nonostante il Covid, il gruppo quest’anno sta producendo 4,5 milioni di tonnellate d’acciaio, vendute in media a 1.110 euro ciascuna. È possibile, dunque, che il fatturato arriverà a circa cinque miliardi di euro – e ciò a prescindere dall’acquisto di Ast, il cui closing arriverà d’altra parte entro il primo semestre 2022. Possiede già le dimensioni dei maggiori player continentali. Come la Svedese Ssab, che fa acciaio alto-resistenziale (nel 2020 ha fatto registrare revenue per sei miliardi di euro; Ndr); o come la finlandese Outokumpu (5,6 miliardi di euro; Ndr); i come l’austriaca Voestalpine (11,2 miliardi di euro; Ndr) o infine come la tedesca Salzgitter (7 miliardi di euro, ma con un calo del 17% rispetto al 2019; Ndr). È questa la concorrenza che Arvedi affronta oggi, ed è quella che fronteggerà domani, quando l’aggiudicazione sarà definitiva.

 

D: E non c’è una concorrenza cinese in Europa, e quindi anche per Arvedi?

Interno dell’Acciaieria Arvedi. Tramite l’operazione, una parte dei prodotti di Ast può essere verticalizzata, e cioè destinata a lavorazioni secondarie che si svolgono in impianti di laminazione o di trattamento termico che Arvedi ha, ad esempio, in Liguria e in Friuli Venezia Giulia

R: Il gigante cinese da solo produce più della metà dell’acciaio mondiale. L’Unione europea ha posto dazi al prodotto asiatico, realizzato per lo più senza preoccupazioni ambientali e con aiuti di Stato. Ma anno dopo anno il Paese del Dragone segna nuovi record, e non ci sono razionali motivazioni per pensare che in futuro questo trend possa cambiare. Tuttavia, l’acciaio cinese è più generico e a buon prezzo di quello che realizza Arvedi.

D: Giorgetti ha anche reso noto di aver accolto con favore che la proprietà passi a un gruppo italiano e di auspicare che questo si traduca anche in uno sviluppo dell’area industriale e in una tutela per tutto il territorio interessato. Quali sono gli ostacoli che Arvedi dovrà affrontare per rendere Ast più competitivo?

R: Anzitutto, si tratta di migliorare l’efficienza produttiva e di rifocalizzare, a seguito di una analisi approfondita, gli obiettivi commerciali relativi ad alcuni prodotti. Ma non ci sono, sotto questi due profili, delle criticità particolari da affrontare: si tratta di realizzare dei miglioramenti, e Arvedi ha indubbiamente tutte le competenze tecnologiche, manageriali e culturali per poter intraprendere senza problemi la strada giusta. Non ho dubbi sulla circostanza che questi aggiustamenti saranno realizzati in tempi relativamente brevi. Piuttosto, c’è un importante problema logistico da affrontare, una questione che potrebbe contenere le ambizioni di crescita dell’area industriale ternana.

 

D: Qual è il problema logistico che si deve affrontare a Terni?

Acciai Speciali Terni sezione fucine

R: Terni non è in una posizione geograficamente favorevole, perché è lontana dai porti e perché viabilità verso il Nord Italia è insufficiente. Con i primi si esporta all’estero, con la seconda si raggiungono i grandi clienti nazionali, che si trovano per lo più dall’Emilia-Romagna in su. Naturalmente, si tratta di problemi infrastrutturali che non possono essere risolti dall’azienda. Se davvero il governo auspica uno sviluppo dell’area industriale di Terni, dovrebbe pensare a risolvere la questione dei collegamenti, che altrimenti rappresenteranno sempre una spina nel fianco dell’industria locale.














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