Acciaio Inox: la Cina fa paura. Le ricette anti-crisi di Cogne Acciai Speciali ed Euroacciai. Con siderweb

di Laura Magna ♦︎ Se l'avanzata della Cina nella produzione di acciaio inox sembra inarrestabile, l'Italia si difende in Europa. Secondo siderweb l’import è in forte calo dal 2022 e l’export in discesa libera dal 2018: i sintomi della crisi ci sono tutti. Secondo Federacciai sono poco più di una decina le siderurgie italiane che producono inox. I casi di Marcegaglia Specialties, Abs, Acciai Speciali Terni, Lucchini. Le ricette anti-crisi di Andy Vuillermin (Cogne Acciai Speciali) e Alessio Tommasini (Euroacciai)

L’industria siderurgica resta trainante per il paese: con un fatturato di circa 66 miliardi di euro (nel 2022, in crescita del +15,8% rispetto al 2021) resta il secondo produttore dell’UE

La Cina? Ora dà filo da torcere all’Europa anche sull’acciaio a valore aggiunto, come l’inox. Ed è un vero problema, soprattutto per l’Italia, le cui aziende siderurgiche sono riconosciute a livello globale per la qualità dei loro prodotti. E proprio su prodotti a elevate prestazioni, come gli inossidabili, possono fare la differenza. L’industria siderurgica resta trainante per il paese: con un fatturato di circa 66 miliardi di euro (nel 2022, in crescita del +15,8% rispetto al 2021) resta il secondo produttore dell’UE, alle spalle della Germania e prima della Francia, e il primo produttore d’acciaio con forno elettrico, più sostenibile come chiede il regolatore.

Marcegaglia Specialties, Abs, Acciai Speciali Terni, Lucchini La Cogne, Euroacciai: le siderurgie italiane inossidabili

Marcegaglia Specialties ha registrato un fatturato superiore ai 5,5 miliardi di euro.

Riusciremo a conservare questi numeri? Forse sì, se si guarda alle aziende, produttrici di acciai speciali, che continuano a investire in innovazione e sviluppo, ma anche in sostenibilità e che hanno la capacità e la flessibilità di cambiare e adattarsi al contesto che muta. È il caso de La Cogne Acciai Speciali, uno dei maggiori produttori mondiali di acciai speciali e di acciai inossidabili lunghi per l’industria che, sotto la guida del ceo Massimiliano Burelli ha realizzato un miliardo di euro di fatturato e si sta verticalizzando a monte e virando su clienti dell’aerospazio, settore in forte crescita. Ed è il caso di Euroacciai, produttore bresciano più di nicchia (127 milioni di euro il fatturato), che fornisce materiale principalmente per il settore della posateria e gli elettrodomestici, vede segnali incoraggianti all’orizzonte del mercato, per dirla con Alessio Tommasini, amministratore delegato e direttore commerciale. Entrambe le aziende presentano bilanci inossidabili, in crescita anche nel 2022 (ultimo dato disponibile). Lo vedremo più avanti, raccontando le visioni dei loro vertici (raccolte nel corso di un webinar di siderweb).







In totale sono poco più di una decina le siderurgie italiane che producono inox, secondo Federacciai. Tra queste, Marcegaglia Specialties, parte dell’omonima holding che ha un fatturato superiore ai 5,5 miliardi di euro. A inizio 2023 il gruppo ha completato la più grande acquisizione della sua storia: il 100% di tutte le principali società della divisione prodotti lunghi in acciaio inossidabile della finlandese Outokumpu, per un valore di 228 milioni di euro. Oggetto dell’acquisto cinque impianti distribuiti tra Europa e Stati Uniti, inclusa un’acciaieria a forno elettrico per acciai speciali a Sheffield (Uk), dove si trovano l’impianto di laminazione di vergelle e l’impianto di produzione di barre. A questi, si aggiungono l’impianto per la produzione di barre a Richburg (Usa); l’impianto di laminazione a caldo di vergelle e l’impianto di produzione di fili trafilati a Fagersta (Svezia). Unità che hanno chiuso il 2022 con un fatturato complessivo di quasi 1 miliardo e 300 milioni di euro e che contano circa 650 dipendenti.

Gruppo Arvedi è il colosso italiano della metallurgia e siderurgia, con un fatturato di 7,7 miliardi.

Nel settore degli inossidabili lavora anche Arvedi, che nel settembre 2021 ha acquisito Acciai Speciali Terni da Thyssenkrupp: il gruppo ha chiuso il 2022 con ricavi di 7,7 miliardi (di cui 1,7 miliardi facenti capo a Ast) e un risultato netto di 640 milioni di euro. Abs Acciaierie Bertoli Safau, la divisione steelmaking del Gruppo Danieli, è un altro esempio eccellente di produttore di inossidabili: il gruppo complessivamente (a giugno 2023) ha segnato un fatturato di 4,10 miliardi di euro dai 3,6 miliardi dell’anno precedente, con il margine operativo lordo (Ebitda) salito del 18% a 423,9 milioni. Abs ha trainato questi numeri con una performance eccezionale. Anche grazie all’impianto super tecnologico per la produzione di vergella in acciaio speciale e di qualità, il Quality wire rod 4.0 (Qwe) inaugurato nel 2021 negli stabilimenti di Cargnacco, provincia di Udine e con una produttività annua di 500 mila tonnellate a velocità massima di 400km/h. Grazie a questa produzione Abs è tra le poche industrie internazionali in grado di offrire l’intero range dimensionale. E ancora Lucchini, attivo nella produzione di componenti ferroviari di alta qualità (ruote, assili, cerchioni e sale montate per tutte le applicazioni) e forgiati, fusi e acciai per utensili per diversi settori industriali, ha chiuso l’esercizio 2022 con l’utile in crescita del 53%, a 38 milioni di euro e con fatturato a 529 milioni di euro, – 13% sul 2021.

I sintomi della crisi in Europa

Quando parliamo di acciaio inox parliamo di vergelle, barre, lamiere con elevate resistenza e flessibilità e vasto impiego nell’automotive (in tubi di scarico, parti del motore, componenti del telaio e dettagli estetici), in edilizia, in elementi strutturali, come travi, colonne e pilastri, nonché in applicazioni decorative e architettoniche, come corrimano, ringhiere, rivestimenti e facciate. Nell’industria dell’energia, in turbine, scambiatori di calore, tubazioni e serbatoi. Ma anche nell’industria alimentare e farmaceutica (per attrezzature di lavorazione e confezionamento), nell’elettronica (per componenti elettronici), nei trasporti (per treni, navi e aerei). I sintomi della crisi, nell’ambito del mercato europeo dell’acciaio inox, ci sono tutti. «L’import è in forte calo dal 2022: questo è il segnale di un calo di domanda. Ma l’export che è in discesa libera dal 2018 indica una perdita di competitività», così il responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, Stefano Ferrari, nel corso del già citato webinar, da cui sono tratti tutti gli interventi di questo articolo.

Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb.

«Sta succedendo per l’acciaio inox quanto già accaduto per l’acciaio tout court: il peso dell’Europa nel mondo si sta riducendo – continua Ferrari – La sua quota per volumi è passata dal 17% del 2015 al 10% del 2023. Siamo sui minimi produttivi dell’ultimo decennio. Questo valore, insieme al calo dell’import e del consumo interno, e a quello dell’export non lasciano adito a dubbi: siamo in crisi». Una crisi di quale entità? I numeri aiutano a definirla: nel 2023 l’import europeo ha segnato un calo del 33,6%, a 1,75 milioni di tonnellate (-32% sul 2018). I piani hanno ceduto il 56%, i lingotti hanno perso il 2% e i lunghi il 18%. In crescita solo il rottame (+32% a 422mila tonnellate). L’export è calato meno anno su anno (- 6%), ma comunque è sotto del 30% rispetto al 2018. I piani hanno perso il 9,6%, i lunghi l’11,5%; il rottame è salito del 6% e del 15% i lingotti (ma su volumi esigui, circa 63mila tonnellate). Il principale esportatore verso l’Ue è l’India, con una quota in crescita dal 13,7% del 2018 al 16,4% del 2023. Seguono Taiwan, Cina e Indonesia, ma con quote in calo. Crescono nel periodo Corea, Turchia e Vietnam, Paesi questi ultimi «da tenere sotto osservazione» secondo Ferrari.

Nel 2023 l’import europeo ha segnato un calo del 33,6%, a 1,75 milioni di tonnellate (-32% sul 2018).

Produzione, un mondo spaccato a metà: l’Europa cede e la Cina cresce

Nel 2023 la produzione mondiale di acciaio inox è salita del 4,6% rispetto all’anno prima, arrivando a 58,4 milioni di tonnellate.

Secondo i dati diffusi dalla worldstainless, nel 2023 la produzione mondiale di acciaio inox è salita del 4,6% rispetto all’anno prima, arrivando a 58,4 milioni di tonnellate, valore simile a quello del 2021 (58,1 milioni). Nel 2022, la bilancia si era fermata a 55,8 milioni. «Sono due i Paesi che stanno spingendo, gli unici che negli ultimi 6 anni hanno avuto il segno più: Cina e Indonesia – evidenzia Ferrari – Il resto del mondo è stabile o in calo». È un mondo spaccato a metà: la Cina continua a crescere (+12,6%); il resto frena (-6,5%). «L’Europa lo scorso anno ha perso il 6,2% di output, cioè 400mila tonnellate, fermandosi sotto i 6 milioni di tonnellate (5,9 milioni). È un calo di ben il 20% rispetto al 2018 (-1,5 milioni di tonnellate), mentre la Cina ha guadagnato il 40% e l’area “altri paesi” il 27%, spinta dall’Indonesia».

Il principale esportatore verso l’Ue è l’India, con una quota in crescita dal 13,7% del 2018 al 16,4% del 2023.

E l’Italia?

Per quanto riguarda l’Italia, «il mercato è fragile e i prezzi tengono solo grazie all’aumento dei costi, più che alla domanda del mercato». E c’è una bruttissima notizia: nel 2023 la bilancia commerciale con i Paesi extra Ue è stata negativa (-249mila tonnellate). A pesare il calo dei prodotti piani (-259mila tonnellate) e del rottame (-65mila tonnellate). L’Italia è invece esportatrice netta di lingotti, vergella e barre.

Si tratta però di «un dato falsato dal calo di quasi il 50% dell’import da paesi terzi, il che conferma la debolezza del mercato interno», precisa l’esperto. Quanto ai prezzi dell’inox sul mercato nazionale, lo Stainless Steel Index (l’indice di siderweb che condensa l’andamento dei prodotti finiti in acciaio inox in Italia) è in calo costante dai massimi toccati nel 2022. In particolare, le quotazioni delle lamiere 2mm a freddo Aisi 304, dopo il picco di 6 euro/kg del 2022, sono scese a 3,2 euro/kg nel 2023. Quest’anno il prezzo è stato stabile, tra 2,65 e 2,80 euro/kg. «Tuttavia, nonostante il calo del 55%, le quotazioni restano ancora superiori alla media degli anni precedenti di qualche centinaio di euro alla tonnellata».

La Cogne Acciai Speciali: la ricetta anti-crisi è la verticalizzazione a monte e il focus sull’aerospazio

Andy Vuillermin, il direttore commerciale di Cogne Acciai Speciali.

Ed è forse su questo dato positivo che si innestano i buoni risultati delle aziende italiane eccellenti. Che non a caso intravedono una ripresa all’orizzonte. «Credo che ci siano i presupposti per un possibile aumento del prezzo, anche se non elevatissimo – così il direttore commerciale di Cogne Acciai Speciali Andy Vuillermin – vedo la possibile forbice di crescita compresa tra i 25 e i 75 euro la tonnellata, ma potrebbe anche essere superiore. Questo perché, dopo un 2023 non brillante, il 2024 si è aperto in maniera soddisfacente e avevamo già fatto un budget in crescita del 15% su tutta la nostra gamma di prodotti. Attendevamo una ripresa rispetto al secondo semestre dello scorso anno. Per ora la domanda è altalenante ma siamo vicini al termine della lunga fase di destoccaggio che ha caratterizzato il 2023. Inoltre, stanno arrivando sul mercato progetti interessanti che potrebbero ravvivare le richieste». Cogne Acciai Speciali che ha sede ad Aosta e oltre mille dipendenti, nel 2022 ha fatturato circa un miliardo di euro: un bilancio che è stato il migliore di tutta sua storia centenaria e che ha portato a 100 milioni il margine operativo lordo e a 35 milioni l’utile netto. Controllata al 70% dal gruppo taiwanese Walsin Lihwa, dopo un’acquisizione in Svezia e una in Gran Bretagna, Cogne Acciai Speciali ha puntato di nuovo i fari sull’Italia, acquistando a inizio anno il 65% del suo principale fornitore di rottame inox e leghe di nichel, la bergamasca Com.Steel Inox (che produce circa 150 mila tonnellate all’anno e fattura 150 milioni). In questo modo il gruppo intende verticalizzarsi a monte e riempire la capacità produttiva inespressa del 30%, oltre ad attuare una forma di produzione interamente circolare.

«Abbiamo fatto 4 acquisizioni negli ultimi 16 mesi – dice il manager – Operazioni molto diverse tra loro, ma tutte con lo stesso obiettivo: creare diversi livelli di sinergie infra-gruppo. La strategia principale che ci muove è la verticalizzazione, come nelle ultime due operazioni, l’acquisizione della Com.Steel sul fronte del rottame e della Mannesmann Stainless Tubes per diversificare la gamma di prodotti e quindi il rischio. Le conosciamo entrambe bene, perché erano uno fornitore e l’altro cliente per forniture di barre e billette da foratura. Avevamo spazio produttivo sull’acciaieria e verticalizzando il prodotto andremo a saturare la nostra capacità di produzione con gli evidenti benefici che questo comporta in termini di economia di scala». L’80% della produzione resta concentrata in Italia, il restante è invece delocalizzato in Asia e Usa: il che dà all’azienda valdostana una visione d’insieme del mercato globale e fa dire a Vuillermin che «i macro trend in corso in Asia e Usa potrebbero contribuire alla crescita dei prezzi internazionali».

L’export è calato meno anno su anno (- 6%), ma comunque è sotto del 30% rispetto al 2018.

«Devo dire – prosegue il manager – che la stabilità del nostro mercato è stata data anche dal fatto che abbiamo deciso di focalizzarci maggiormente su prodotti specialties che ci consentono di avere una domanda più costante e di soffrire meno quando i prezzi delle commodity scendono più del rottame, come è successo nel 2023. Anno in cui il rottame in controtendenza è aumentato attorno ai 100 euro la tonnellata: un fenomeno nuovo che stiamo cavalcando». Quanto ai settori, Cogne sta puntando in maniera decisa sull’aerospaziale (+10% in due anni), un comparto che – a differenza di automotive e costruzioni che tirano il freno – ha ampie prospettive di crescita e dove la competizione principale si gioca ancora tra produttori europee e americane.

Euroacciai: domanda in ripresa, ma la necessità di utilizzare rottame (che scarseggia) rischia di ingessare il mercato

Alessio Tommasini, amministratore delegato e direttore commerciale di Euroacciai.

Euroacciai è un’azienda di Brescia specializzata nella commercializzazione di laminati piani in acciaio inox, con un fatturato che nel 2022 è ammontato a 127 milioni di euro. L’azienda si è nel tempo dotata di una complessa struttura produttiva finalizzata al taglio “a misura” del laminato piano, partendo da coil madre proveniente dall’acciaieria, a partire dai quali dagli attuali impianti si ottengono nastri a misura di svariate larghezze, lamiere a misura, quadri a misura, dischi, lamiere e nastri satinati e spazzolati scotch-brite. Uno dei settori storici di riferimento è quello della produzione di articoli casalinghi in acciaio inox, come ad esempio pentolame e posateria. Ma il mercato di sbocco comprende anche altri settori merceologici per molteplici e differenti produzioni, come lavelli, pompe ad immersione, articoli di tranciatura, carpenteria leggera, attrezzature zootecniche, tubi inossidabili, autocisterne, fusti birra e molto altro. La linea di spazzolatura dell’acciaio, tra le ultime lavorazioni introdotte, ha aperto anche a clienti che si occupano della fabbricazione di elettrodomestici, piani cottura, banchi bar, grandi impianti e simili. Alessio Tommasini, amministratore delegato e direttore commerciale di Euroacciai vede segnali di risveglio nel mercato, dopo un primo bimestre 2024 complesso, risveglio che si manifesta sia in termini di domanda sia in termini di prezzi. «Rispetto a un inizio di anno caratterizzato da una domanda bassa, stock alti e tensione sui prezzi, la situazione è in miglioramento – dice Tommasini – Dai primi di febbraio la domanda è in ripresa, come dimostrano i rialzi, seppur lievi, richiesti da parte di molte acciaierie europee: aumenti dovuti per lo più agli incrementi del rottame, in particolare per la categoria 304 che ha registrati updside fino a 150 euro la tonnellata. La necessità di un maggior utilizzo del rottame come materia prima principale per perseguire le logiche di sostenibilità delle acciaierie, seppur coerente con gli obiettivi del net zero, rischia di ingessare il mercato perché scarso rispetto alla domanda dei produttori. Malgrado un output in contrazione, si verifica l’aumento del prezzo del rottame che ricade sui prodotti».

A questa tensione sui prezzi si sono sommati quelle geopolitiche sul Mar Rosso e gli scioperi in Spagna e Finlandia che a un operatore piccolo come Euroacciai hanno creato difficoltà logistiche per il rifornimento e hanno reso necessaria ana «rimodulazione delle consegne – dice Tommasini – Le richieste di aumento da parte dei produttori non hanno portato finora a rincari di pari entità sui prezzi alla distribuzione, ma il settore dovrà prima o poi recuperare le spese sostenute negli scorsi mesi e che dovrà sostenere nei prossimi mesi». Secondo Tommasini, «ci sono moltissime eccellenze nei centri di servizio italiane e aziende produttrici molto solide, ma la marginalità soffre a causa dell’affollamento. La concorrenza richiede ai distributori una ristrutturazione per rispondere con maggiore puntualità alle esigenze e alle problematiche derivanti dal cambio di paradigma ambientale, le difficoltà nel reperimento del materiale e i problemi legati alle tensioni geopolitiche».














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