Sotto un albero genovese Microsoft coltiva nuove imprese e intelligenza artificiale

Economic prosperity financial concept as a group of green trees shaped as growing finance pie chart as a metaphor for gradual gains in company stock or competitive wealth success.

di Marco de’ Francesco ♦ In un edificio sotto la lanterna abitano software avanzatissimi. Il building di Digital Tree è sia uno start-up hub che  un innovation center. Sotto lo stesso tetto  Softjam, Mixura, GrowITUp, PoliHub e altri creano, assieme al colosso dell’informatica, il business del futuro. Parla Silvia Candiani

In un mondo in cui i prodotti sono smart, e generano flussi di dati che vanno interpretati per estrarre valore utile in termini di business, le startup innovative sono chiamate a utilizzare e sviluppare complicati algoritmi e nuove tecnologie che elaborano il linguaggio umano e che “sanno ciò che stanno facendo”. Si parla, in via generale, di intelligenza artificiale, che è “imparentata” con il machine learning e con il cognitive computing, legati alla capacità di apprendere autonomamente e di decodificare codici ed idiomi. Ma perché le startup siano poste nella condizione di operare proficuamente, vanno contaminate con realtà già operative.

 







 

È ciò che si sta realizzando a Genova con il progetto Digital Tree, l’Innovation habitat che mette insieme, nello stesso spazio fisico, sotto l’egida del Comune di Genova, il system integrator Softjam, la società di sviluppo strategico Mixura, la piattaforma per lo sviluppo delle startup GrowITUp, Microsoft, il distretto innovativo PoliHub e altri. Tutti hanno deciso di percorrere, a Genova, la stessa strada, e nella stessa direzione. «Perché le aziende – afferma Silvia Candiani, Ceo di Microsoft Italia – hanno capito che il modello di business è cambiato, e che dipende da nuove tecnologie che influenzano sia i processi che i prodotti».

 

Perché l’artificial intelligence è centrale nel Digital Tree

Per definizione l’AI è «una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana». Ma al Digital Tree l’AI è considerata secondo un’accezione più lata. «Perché parliamo di intelligenza artificiale? – afferma la Candiani -: perché con la quarta rivoluzione industriale tutti gli oggetti, dall’auto al frigorifero e grazie a sensori, diventano “smart”, e generano flussi di informazioni. Ad esempio l’auto, quando in movimento, produrrà dati sulla pressione degli pneumatici e sul percorso più breve e più economico; il frigorifero invece, fornirà indicazioni sui prodotti presenti all’interno dell’elettrodomestico e su ciò che manca, provvedendo pertanto alla “lista della spesa”. In questo senso, oggi si parla di “intelligence edge”: le informazioni generate dai sensori collocati sui prodotti vanno raccolte grazie al cloud e analizzate per trarne informazioni utili per il business. Da questo consegue un cambiamento dei modelli di business. Una trasformazione che avviene ora , perché prima non erano disponibili le tecnologie legate al cloud e all’elaborazione dei dati che rendessero tutto ciò possibile».

 

candiani
Silvia Candiani, Ceo di Microsoft Italia
Il cognitive computing e il machine learning

Le startup, come le aziende, sono chiamate ad “impadronirsi” di algoritmi potenti, «capaci di creare intelligenza». Ma cosa si intende per cognitive computing? Secondo Jerzy W. Rozenblit (Professor and Head Dept. of Electrical and Computer Engineering The University of Arizona, in “Cognitive Computing: Principles, Architectures, and Applications”) «è un approccio emergente che si basa su una vasta gamma di lavori di ricerca e sviluppo in Intelligenza Artificiale (AI). Si sforza di fornire metodi per costruire e utilizzare sistemi che “sanno cosa stanno facendo” (Brachman 2002). Dal punto di vista della pratica di modellisti e ingegneri di sistemi, la motivazione principale alla base dell’adozione di metodi cognitivi è quella di supportare meglio la progettazione e l’implementazione di sistemi complessi e intelligenti». Semplificando, si tratta in pratica di piattaforme tecnologiche in grado di apprendere autonomamente (machine learning) e di elaborare il linguaggio naturale dell’uomo.

Alcuni esempi di intelligenza artificiale

Secondo la Candiani, l’AI trova applicazioni immediate, già in uso. «Si pensi al customer-care – afferma -: oggi sono disponibili motori animati dall’intelligenza artificiale, che consentono di attivare un bot (abbreviazione di “robot”, si tratta di programmi diffusi in relazione a molti diversi servizi in rete, con scopi vari, ma in genere legati all’automazione di compiti che sarebbero troppo gravosi o complessi per gli utenti umani) –che risponde alle domande. Questo perché l’agente virtuale comprende il linguaggio delle persone che chiamano ed è in grado di articolare le risposte. In più, l’AI permette di elaborare l’offerta “giusta” per un dato cliente; e questo perché ha la possibilità di capire quale sia il prodotto che clienti “simili” (secondo vari parametri: età, lavoro, gusti, interessi e tanti altri) hanno acquistato in passato e quindi di fare la proposta più coerente. »

L’AI è tra noi

«Credo che non esista un’azienda che non trovi un vantaggio in meccanismi di questo genere, visto che le offerte derivanti da questi processi sono quattro o cinque volte più efficaci di quelle comuni: i clienti sono indirizzati sulle opportunità più rilevanti. Inoltre c’è un altro tema: quello di far lavorare meglio i dipendenti. Abbiamo implementato in alcune aziende la capacità di comprendere, sulla base delle competenze delle persone (rilevate, per esempio, tramite Linkedin), quali siano le carenze rispetto ai profili richiesti dall’evoluzione del settore. Ciò consente di costruire piani di sviluppo personalizzati. Ancora, grazie all’AI si possono sviluppare sistemi predittivi. Per esempio, con Costa Crociere abbiamo realizzato un sistema in grado di pronosticare, sulla scorta di informazioni meteo o di carico e su dati relativi ai viaggi precedenti, il consumo di carburante – e quindi di stabilire quale sia la rotta migliore per ridurlo. Un discorso simile si può fare per gli aerei.

Direi che ormai le aziende puntano molto sull’AI, per cambiare il loro modo di lavorare. Tanto che al mondo 600mila sviluppatori lavorano per creare servizi legati a Microsoft. Ma c’è ancora molto da fare, visto che la domanda è così sostenuta. Tante aziende vogliono migliorare i servizi, ma non dispongono di competenze interne bastevoli. E ora Genova può diventare una città di riferimento quanto a startup che si occupano di AI, visto che si crea, qui, il giusto ambiente di riferimento. Perché c’è bisogno di un ecosistema funzionante, legato all’università e al tessuto industriale locale. Il Pubblico, poi, può diventare un volano di innovazione. E quando parliamo dell’importanza di queste cose, dobbiamo anche ricordare che in Italia, a fronte del 35% di disoccupazione giovanile, mancano 100mila professionisti nel mondo dell’IT».

 

DIGITAL TREE - Vista esterna Viale Cembrano
DIGITAL TREE – Vista esterna Viale Cembrano

L’edificio fisico: la contaminazione e la creazione delle competenze

Anzitutto si tratta di un building fisico, situato in Viale Cembrano, nei quartieri orientali della città di Genova. Secondo i fondatori di Digital Tree, è stato realizzato sull’esempio di modelli di successo all’estero, con particolare riferimento a quelli legati all’università di Aberdeen, in Scozia. «Presidiamo un ambito specifico – afferma Marco Bressani Ceo di Mixura e amministratore di Digital Tree – per essere subito riconoscibili dai nostri interlocutori. Abbiamo, cioè, una chiara identità “verticale”: ci si occupa di artificial intelligence, machine learning e cognitive computing. Ma come è strutturato l’edificio? «Va sottolineato che all’interno del building ci sono già aziende operative sul mercato – continua Bressani -; ad esse possono affiancarsi le start-up, perché è così che si realizza la contaminazione. Esattamente, per quest’ultima c’è uno spazio specifico al piano inferiore, dove si terranno eventi e dove c’è una zona relax. Al piano terreno ha sede l’Academy, che è un vero e propri centro di formazione: serve a generare le competenze. Al primo piano hanno sede Mixura e l’incubatore; al secondo Softjam».

 

Marco Bressani
Marco Bressani, Ceo di Mixura e amministratore di Digital Tree

 

Come funziona

Digital Tree opera sia come startup hub che come innovation center. «Quanto all’hub – afferma Bressani – svolge due funzioni: quella di incubatore e quella di ambito di co-working. Per la prima, sono previsti quattro step: tre mesi di pre-incubazione;sei mesi di incubazione; e poi le attività di “admission & review board” e di “mentors & analyst”. In pratica, in riferimento a queste ultime due, possiamo dire che solo dopo che la startup ha dimostrato di avere le spalle larghe e di essersi strutturata anche da un punto di vista aziendale, viene ammessa al coworking. E cos’è il coworking? Significa avere spazi a disposizione, utilizzare strumenti di smartworking, skype corner e aree di networking. In sintesi, noi forniamo luoghi, strumenti e conoscenze. Ma non finanziamo direttamente la startup, perché si rischia di essere poco obiettivi nei giudizi di valore; per quanto ci riguarda, se non sta in piedi deve chiudere».

 

 

0180202 Launch D3 - Bressani TURSI

 

 

L’innovation center, invece, riguarda sia l’Academy e il “Corporate open innovation”. Quanto a quest’ultimo, si realizza quando le aziende ricorrono anche a risorse provenienti dall’esterno, in questo caso da startup. Quanto alla formazione, Andrea Pescino, Ceo di Softjam Spa e amministratore di Digital Tree, afferma che «già nel primo trimestre 2018 prevediamo eventi formativi sia di livello alto, che più semplici e gratuiti dedicati al territorio; ma anche percorsi che portino a comprendere gli scenari innovativi, aperti a aziende e studenti a partire dalla scuola primaria. Pensiamo anche ad eventi “leggeri”, tipo aperitivi e colazioni durante i quali ci scambieremo idee su vari argomenti». Infine, il Digital Tree dispone di un comitato strategico, uno di ammissione e uno etico.

 

 

DIGITAL TREE - vista interna
DIGITAL TREE – vista interna

 

Le startup innovative, il punto della situazione

Lo stato dell’arte ce lo presenta Stefano Mainetti, Ceo di PoliHub – Innovation district & sturtup accelerator di Milano, il primo distretto in Italia sui temi dell’Industria 4.0 e il design. PoliHub è legato al Politecnico del capoluogo lombardo che, con 43mila studenti, più di 300 laboratori, 1.300 docenti e assistenti, 1.100 studenti di dottorato, è anche la prima università in Italia per numero di brevetti. Cura startup ad alto potenziale focalizzate su tecnologie hardware brevettate, e dispone di un network esteso con le più importanti corporation dello Stivale. Nel 2017 le startup incubate hanno fatturato 6 milioni e raccolto 12 milioni in investimenti. Sono stati incubati 113 progetti: 41 Idee, 47 Startup e 25 Scale-up (società innovativa che ha già sviluppato il suo prodotto o servizio e ha definito il suo business model, per definizione scalabile e ripetibile).

 

stefano mainetti
Stefano Mainetti, Ceo di PoliHub

 

«Secondo l’ultima verifica del 30 giugno 2017, risultano iscritte alla sezione speciale del registro 7.398 startup innovative, in crescita del 24,5% rispetto alle 5.942 rilevate un anno prima. Rappresentano lo 0,46% sul totale delle società di capitali. Il lato positivo è che danno lavoro a 10.262 dipendenti; ma il valore medio della produzione resta molto contenuto: 164mila euro. Mettendo insieme tutti i bilanci del 2016, si arriva alla somma di 773.170.993 euro. D’altra parte, le startup in utile rappresentano solo il 42,7% del totale; e il valore aggiunto di queste ultime per ogni euro di produzione è pari a 0,33 euro». La regione con più startup innovative è la Lombardia (1.693), seguita dall’Emilia-Romagna (808), dal Lazio (719) e dal Veneto (636)».

Un problema è rappresentato dagli investimenti, inconsistenti rispetto a quelli di Paesi più agguerriti. «Gli investimenti internazionali sono a quota 92 milioni – continua  Mainetti – in crescita del 163% rispetto ai 35 milioni del 2016; quelli nazionali sono calati a 169 milioni, dai 181 (– 6,6%) dell’anno precedente. Gli investimenti, però, sono pari a 1,9 miliardi in Germania, a 2,7 in Francia e a 3,2 nel Regno Unito. E il livello di internazionalizzazione delle startup nostrane non è alto: solo il 18% ha clienti internazionali che pesano più del 50% del fatturato. Quanto alle ragioni dietro la scelta dell’Headquarter, la prima (24,6%) è l’ecosistema di supporto; la seconda (14,6%) è la vicinanza la mercato culturale e la terza (14,6%) è la presenza di aziende e distretti industriali. Infine, solo il 38% collabora con aziende consolidate».

 

Microsoft fornisce la “cassetta degli attrezzi”

Nell’operato dell ‘azienda è attivo un concetto di democratizzazione dell’AI. «È nella nostra missione dispensare gli strumenti per realizzare il proprio potenziale – dice la Candiani -. Si tratta di una strategia inclusiva, che non riguarda solo la grande corporation, ma anche le Pmi e le startup. D’altra parte questo concetto è insito nel modo in cui è stato pensato Azure (di cui Industria Italiana si è occupata qui), la nostra piattaforma Cloud, che consente, nella dimensione platform as a service, di scaricare algoritmi per realizzare un progetto di digitalizzazione. I “mattoncini” sono gli stessi, per la Nasa e per l’impresa molecolare. In generale, con il cloud si paga l’utilizzo; e quindi una piccola azienda, che ha pochi utilizzatori, paga assai meno di una grande corporation».

La strategia di Microsoft per raggiungere le piccole imprese

Il gigante Microsoft, nel contesto industriale italiano, polverizzato in minuscole realtà, opera tramite 10mila partner. «Sono specializzati nel cloud – afferma la Candiani – e costituiscono un punto di forza. Noi diamo accesso a tecnologia, formazione, risorse tecniche, incentivi; loro creano le loro soluzioni, il loro business grazie alla nostra tecnologia. Facciamo conto su di loro per l’opera di evangelizzazione capillare sul territorio. Inoltre facciamo attività di webinar, conferenze (digitali e fisiche), perché le aziende prendano consapevolezza dei nuovi trend (cloud, AI, ecc..) e perché capiscano che hanno un bisogno, e che devono trovare un partner che le aiuti a svilupparsi. Noi peraltro possiamo indicare alle aziende quali partner dispongono di certe competenze. C’è un processo di certificazione formale, e quindi conosciamo gli skill dei nostri partner».

 

 

 

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                                         I protagonisti di Digital Tree

SoftJam è un system integrator di Genova che mette a disposizione di aziende in tutto il mondo soluzioni di tecnologia digitale per ottimizzare flussi di lavoro e decisioni strategiche. Ha iniziato nel 1996 come start-up di entusiasti di tecnologie informatiche, per poi diventare anche un’azienda di IT e di soluzioni di business innovative (SoftJam Innovation). Partner di Microsoft Italia, nel 2014 e nel 2017 ha vinto il premio “Microsoft Country Partner of the Year”. Ha sedi a Milano e a Roma.

Mixura si occupa da 30 anni di sviluppo strategico delle aziende. Per esempio, quanto a corporate governance, la società genovese fornisce “manager a tempo”, si occupa del piano industriale, propone percorsi di sviluppo organizzativo, e altro. Quanto a general management, si occupa di business process reengineering (Bpr), un approccio strutturato all’innovazione organizzativa e gestionale orientato al raggiungimento di miglioramenti radicali nelle prestazioni, attraverso il ri-disegno dei processi aziendali. Ma poi si occupa di risorse umane, di internazionalizzazione e di altro.

GrowITup nasce un anno fa nella cornice della collaborazione di lungo corso tra Fondazione Cariplo e Microsoft, volta a sviluppare iniziative concrete a favore dei giovani, grazie all’attivazione di percorsi di formazione specializzata e alla costruzione di nuove opportunità di lavoro. Si tratta di una piattaforma che ha come partner, tra gli altri, Intesa Sanpaolo e Assolombarda. Si intende creare un ponte tra le Industry cardine del Made In Italy e l’ecosistema delle startup più promettenti in ambiti differenti – Food & Agriculture, Fashion & Design, Manufacturing 4.0, Energy & Environment, Financial Services & Insurance, Tourism & Entertainment, Health & WellBeing – puntando a catalizzare un raddoppiamento degli investimenti in startup Italiane ogni anno e ad arrivare ad un miliardo di euro di investimenti entro il 2020.

Microsoft Italia è una realtà da oltre 850 dipendenti, per due terzi a Milano e per il resto a Roma. La casa madre, multinazionale delle tecnologie innovative, invece, non ha bisogno di presentazioni.

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