Ma che cosa se ne fanno davvero le aziende italiane di Microsoft Azure?

di Marco de’ Francesco ♦ La piattaforma cloud di software e servizi è stata annunciata dal colosso di Redmond come una rivoluzione, ed è al centro del recente riassetto organizzativo, che in Italia ha visto anche la nomina del nuovo ceo Silvia Candiani. Sicuramente cambia la vita di chi lavora in e per Microsoft. Ma le aziende italiane che se ne fanno? A che cosa serve veramente? Abbiamo cercato di capirlo.

Una piattaforma cloud di software e di servizi per consentire alle aziende di essere più efficaci e di avvalersi di avanzate innovazioni tecnologiche, dall’intelligenza artificiale alla gestione della produzione. Si chiama Azure ed è il prodotto di punta di Microsoft, che da un quarto di secolo è la maggiore software house del mondo (90 miliardi di ricavi, 21 di utile, 500 di capitalizzazione, 114mila dipendenti).







La nuova Microsoft attorno ad Azure

Lo scorso luglio, il ceo Satya Nadella ha annunciato che intorno ad Azure ci sarebbe stata una nuova Microsoft, che avrebbe cambiato la sua organizzazione e la sua ragion d’essere per diffondere Azure. Una rivoluzione, con importanti effetti per chi lavora in Microsoft e, soprattutto, per le decine di milioni di imprese clienti, alle quali viene promessa la possibilità di fare cose importanti e complesse con un prodotto modulare (tanti “mattoncini”), più semplice degli altri da usare e a costi relativamente contenuti, anche perché erogato “a consumo” in modalità Cloud. L’annuncio ha portato a una riorganizzazione e un rilancio della maggiore software house del mondo, producendo in tutti i Paesi anche un rimescolamento degli organigrammi. Anche in Italia è stato varato un riassetto organizzativo, come Industria Italiana ha riferito a suo tempo e si può trovare qui. La recente nomina del nuovo country ceo Silvia Candiani, di cui Industria Italiana ha dato conto qui, va letta in questa luce.

Satya Nadella, CEO Microsoft
Il mercato ha risposto bene

Dopo questo annuncio, la parola Microsoft non sarà più sinonimo di Windows e Office, i due software che hanno permesso la terza rivoluzione industriale. No. Microsoft è ora sinonimo di Azure. Una rivoluzione, subito premiata dal mercato: il quarto trimestre fiscale di Microsoft, chiuso il 30 giugno, ha visto un aumento delle entrate del 13% – sino a quota 23,31 miliardi di dollari rispetto ai 20,61 dello stesso periodo del 2016. Il gigante di Redmond ha riferito che il reddito netto è più che raddoppiato: da 3,1 miliardi di dollari (39 centesimi per azione) per l’ultimo trimestre dell’anno scorso a 6,51 miliardi (83 centesimi) per lo stesso periodo del 2017. Quanto al segmento intelligent cloud, i ricavi sono aumentati di 723 milioni di dollari (+ 11%). In particolare, l’aumento è stato guidato dall’incremento delle revenue di Azure, un balzo pari al 97%. Quasi un raddoppio. Nel complesso, nell’anno fiscale 2017 il fatturato di Microsoft è cresciuto ancora: le vendite hanno raggiunto 89,9 miliardi di dollari, in rialzo del 5,4% rispetto agli 85,3 del 2016.

Moioli
Fabio Moioli, Direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia

Azure e la quarta rivoluzione industriale

Insomma, buon per Microsoft e, magari, per chi ha deciso di investire sul suo titolo. Ma il resto del mondo, come ne viene toccato? Insomma che cosa è davvero Azure? A che serve? Come cambia la vita di aziende, fabbriche, banche? E in Italia quali impatti potrebbe avere sul tessuto di piccole e medie imprese? Pochi media si sono posti queste domande, e quasi nessuno ha trovato delle risposte concrete. Noi di Industria Italiana ci siamo cimentati nell’impresa. Quanto alle risposte giuste, ce le ha date Fabio Moioli, Direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia, una realtà da oltre 850 dipendenti, per due terzi a Milano e per il resto a Roma.

Silvia Candiani, nuovo AD Microsoft Italia

Uno strumento per tutti

Si diceva della volontà di Microsoft, la più grande software house del mondo, di porsi come enabler globale in vista della quarta rivoluzione industriale, e cioè come veicolo di innovazione 4.0 per aziende di tutti i settori. Focalizzandosi sulla clientela business (e su un network di partner pari a 64mila imprese) il colosso americano ha individuato in Azure (anche in forma ibrida) il proprio cavallo di battaglia. In effetti Azure sembra uno strumento adeguato al fine che si vuole conseguire. Non solo perché si tratta di una piattaforma su cloud flessibile (permette l’allocazione di nuove risorse con l’evoluzione del business) e aperta (consente l’utilizzo di tecnologie già operative in azienda), quanto perché, come vedremo, consente all’azienda di realizzare il proprio progetto tecnologico e digitale “prelevando” dal sistema componenti già precostituite. Questi elementi costituiscono unità definite, e quindi hanno lo stesso valore, qualitativo e quantitativo, a prescindere dalle dimensioni dell’utilizzatore.

In pratica, sia la Nasa che una Pmi possono attingere allo stesso serbatoio tecnologico, circostanza onestamente inimmaginabile solo qualche anno fa. In questo senso, si può parlare di “democratizzazione”, quanto a nuove risorse disponibili nel settore per le aziende. Va peraltro sottolineato che si tratta di soluzioni già testate da Microsoft; pertanto, cambiamenti in corso non comportano il reset e la riconfigurazione del sistema che si vuole realizzare. In aggiunta giova ricordare che Azure è frutto di grandi investimenti in sicurezza, privacy e compliance; dispone di una tecnologia in grado di rivelare all’azienda i dati di cui ha bisogno e i risultati che si possono ottenere con l’analisi; ancora, è progettato per favorire lo sviluppo rapido di applicazioni. Consente una rapida configurazione dei servizi. Infine, come si vedrà, con il cloud si paga in base all’utilizzo effettivo: circostanza che permette anche alla piccola azienda di portare avanti, in base alle proprie risorse, il proprio progetto innovativo.

 Infrastructure as a Service

Veniamo ora alla definizione che di Azure dà Moioli: «Tecnologia fondante di Microsoft per la trasformazione digitale». Definizione che si declina prendendo in considerazione tre dimensioni della piattaforma – tre diversi livelli di tecnologia, ciascuno corrispondente a soluzioni specifiche per le imprese. Anzitutto, secondo Moioli «sotto il profilo tecnologico puro, Azure è un’infrastruttura cloud, e quindi può rimpiazzare la capacità di calcolo e di storage di computer e data center aziendali; e può realizzare questa sostituzione in modo più efficiente, anche in termini di scalabilità e costi».

Secondo Moioli «questo è il primo livello, generalmente definito “Infrastructure as a Service”  (IaaS; la risorsa informatica fornita è un hardware virtualizzato)». In pratica oltre alle risorse virtuali in remoto, vengono messe a disposizione anche risorse hardware, quali server, capacità di rete, sistemi di memoria, archivio e backup. In genere, la caratteristica dello IaaS è che le risorse vengono conferite su richiesta nel momento in cui l’utente ne ha bisogno. Con Azure l’azienda sceglie il linguaggio, il carico di lavoro e il sistema operativo. Può optare tra più macchine virtuali: Linux, Windows Server, SQL Server, Oracle, IBM e SAP; e ciò in vista di un’ampia gamma di soluzioni di calcolo e dello sviluppo di applicazioni.

Ciò significa anche che si possono continuare ad usare tutte le tecnologie che si adoperano in azienda o a livello professionale. Per esempio, secondo Microsoft «Azure consente di eseguire carichi di lavoro SAP HANA (un sistema di gestione di basi di dati colonnare: memorizza i dati delle tabelle come sezioni di colonne di dati piuttosto che righe di dati; e in memory: il data base management system gestisce i dati nella memoria centrale; Ndr) più corposi rispetto a qualsiasi provider di servizi cloud». Sempre secondo l’azienda, Azure combina le prestazioni di un supercomputer con la scalabilità del cloud, in base alle esigenze. E permette di tenere sotto controllo il budget con fatturazione a costi ridotti basata sui minuti: l’utente paga infatti solamente ciò che consuma, senza gravosi investimenti iniziali.

 Platform as a service

La seconda dimensione di Azure è detta “Platform as a service” (Paas). «È un livello più elevato – continua Moioli – grazie al quale Azure abilita e velocizza la realizzazione di soluzioni di qualsiasi tipo». Tecnicamente, il Paas è una categoria di servizi di cloud computing: si riferisce ad una piattaforma che consente ai clienti di sviluppare e gestire applicazioni senza la complessità di costruire e mantenere l’infrastruttura tipicamente associata allo sviluppo e al lancio di un’app.

I “mattoncini”

«Per intenderci – continua Moioli – prima di novità come quella rappresentata da Azure, un progetto tecnologico per una azienda doveva essere sviluppato, in tutto e per tutto e nei particolari, attorno al disegno del cliente. Si partiva da zero, con il supporto di decine di sviluppatori. Con Azure, invece, si può disporre di una infinità di soluzioni tecnologiche già pronte – veri e propri “mattoncini” (ad esempio un algoritmo particolare, una certa capacità di processare dati, un modulo per gestire il blockchain) che consentono di sviluppare il progetto dell’azienda organizzando elementi già a disposizione. Questi “mattoncini” – che hanno “dimensioni” diverse – si possono “prelevare” dal Cloud. Facciamo un esempio: una azienda intende realizzare un dispositivo per la comunicazione tra operatori e macchine. Non è necessario, con Azure, scrivere l’algoritmo di cognitive service che riconosca la lingua italiana; se ne preleva uno già pronto che permette alla macchina di comprendere il parlato».

La nuova sede di Microsoft a Milano
Sicurezza e privacy

Sempre secondo Moioli, grande rilievo viene attribuito da Microsoft al tema della sicurezza in ambiente cloud: «Per tutta l’informatica presente in azienda, infatti, responsabile è l’azienda stessa; se invece l’impresa utilizza Azure, la sicurezza è compito di Microsoft, che peraltro dispone di mezzi imponenti: il colosso di Redmond è in grado di fare, in materia, investimenti quantitativamente inaccessibili anche alla grande industria. La ragione è che chi investe in un servizio cloud deve poter fare affidamento sul fatto che i dati dei clienti siano al sicuro, che la privacy dei dati sia protetta e che la proprietà dei dati e il controllo su di essi non siano in discussione – sapendo cioè che verranno usati solo in modo coerente alle aspettative.

Perciò la sicurezza e la privacy sono integrate nella piattaforma Azure, anche grazie ad un processo detto Security Development Lifecycle (SDL, definito dall’azienda come «un processo di sviluppo che consente agli sviluppatori di creare software più sicuri e di soddisfare i requisiti di conformità alla protezione, riducendo i costi»), che risponde alle esigenze dell’azienda in ogni fase dello sviluppo – dalla pianificazione al lancio. Anche l’aggiornamento relativo alla tutela dei dati, a carico di Microsoft, è davvero importante, perché la mancata applicazione della normativa e dei requisiti di conformità potrebbe determinare multe pesanti a carico dell’impresa».

 

Lef Pordenone
Azure elemento integrante dell’attività produttiva alla LEF di Pordenone
Software as a service

La terza dimensione corrisponde al livello più alto, detto Software as a service. Tecnicamente, si tratta di un servizio cloud grazie al quale i consumatori possono accedere ad applicazioni software via Internet. «Stiamo parlando di soluzioni già finite che il cliente può utilizzare senza ulteriori sviluppi – spiega Moioli -; esempi comuni sono la posta elettronica, i calendari e gli strumenti di produttività, come Microsoft Office 365. Tramite Azure, l’azienda può noleggiare applicazioni sofisticate, relative al CRM (Customer Relationship Management, la gestione delle relazioni con i clienti), all’ERP (Enterprise Resource Planning, la pianificazione delle risorse d’impresa; sistema che integra tutti i processi di business rilevanti di un’azienda, dalle vendite agli acquisti alla contabilità) e alla gestione di documenti. Anche qui, si paga in base all’uso; e così queste app complesse e avanzate diventano abbordabili anche per aziende che non dispongono delle risorse per acquistare, distribuire e gestire l’infrastruttura e il software necessari allo scopo».

Le altre soluzioni Azure

Oltre a tutte le possibilità già definite (quanto a sistemi operativi, a sviluppo delle applicazioni e all’utilizzo di soluzioni finite), Azure offre una gamma vastissima di soluzioni per l’utente: quelle per il marketing digitale (c’è una piattaforma che avvia e aggiorna rapidamente il sito di marketing dell’azienda in base al comportamento degli utenti, ai commenti e suggerimenti dei clienti e alle iniziative della concorrenza); quelle per l’e-commerce (anche qui una piattaforma che permette di analizzare il traffico nel sito e i tassi di conversione da esplorazione ad acquisto per definire offerte speciali e nuovi prodotti in base al comportamento dei clienti); quelle di business intelligence (struttura che secondo l’azienda ottimizza le risorse, monitora l’accesso a dati e asset, migliora la sicurezza e la conformità e fornisce una soluzione di business intelligence progettata per soddisfare le esigenze dell’azienda); quelle per la migrazione Cloud (qui c’è un set di soluzioni complete, che consentono anzitutto di individuare gli investimenti ottimali.

«In poche ore – afferma l’azienda – gli strumenti automatici per l’individuazione valutano la configurazione del carico di lavoro, permettendo di ottenere un piano di valutazione dettagliato per favorire una transizione senza problemi».
E poi consentono di pianificare le esigenze tecniche e aziendali per effettuare con successo la migrazione. Si segnala la possibilità di ridurre i costi dello spostamento con Azure Hybrid, soprattutto nel caso in cui si tratti di pochi carichi di lavoro); quelle per il blockchain (metodo in via di sviluppo che permette ad aziende, settori e organizzazioni pubbliche di effettuare e verificare quasi istantaneamente le transazioni, uniformando i processi aziendali, abbattendo i costi e riducendo le frodi. Il sistema è caratterizzato dalla sicurezza crittografica; Ndr); quelle relative a Dynamics (linea di pianificazione delle risorse aziendali e di gestione dei rapporti con i clienti; qui Azure consente di riunire servizi di database, ERP, business intelligence, infrastruttura e calcolo; Ndr) e tante altre.

Fermo immagine dal sito Microsoft Azure
Il marketplace online

È disponibile anche un marketplace online di applicazioni e servizi, che peraltro consente a startup e fornitori di software indipendenti di offrire le proprie soluzioni a clienti di Azure in tutto il mondo. Azure Marketplace è un ricco catalogo di migliaia di prodotti e soluzioni end-to-end, tra cui applicazioni software certificate, open source, oltre a componenti aggiuntivi e dati. È aggiornato di continuo dai tecnici di Microsoft. Si tratta, come si diceva, sia di software cloud sviluppato da Microsoft che dai partner. Alcune soluzioni sono gratuite; per altre, il pagamento è legato all’utilizzo; altre ancora, sono sotto licenza. «Ci sono diverse categorie – spiega Moioli -: compute, networking, storage, web e mobile, databases, intelligence e analytics, e tante altre». Si tratta di soluzioni pronte per l’uso, che non comportano faticose configurazioni. Due o tre clic, e si procede. È tutto molto pratico, molto immediato.

Ma, nella pratica, come si fa a scaricare la soluzione di interesse? Il deployment può essere richiesto su questa pagina; altrimenti si può effettuare una ricerca sul portale di Azure. Va sottolineato che anche coloro che non dispongono di un account possono visualizzare le risorse; e che qualora si volesse ottenere un account Azure, questo non solo è gratuito, ma è possibile ottenere un credito di 200 dollari per provare qualsiasi servizio. La società specifica che i dati della carta di credito vengono utilizzati ai fini della verifica dell’identità dell’utente; ma che non gli verrà addebitato alcun importo fino a quando questi non decida di creare una sottoscrizione.

Per esempio, tra le app disponibili, Cloud Supervisor Azure, che fornisce ai sottoscrittori un monitoraggio dettagliato di tutte le impostazioni di configurazione relative alla sicurezza. Ora, visto che c’è un marketplace collegato ad un colosso globale, ci sarà sviluppo di software anche in Italia? «Appunto perché Azure è una piattaforma aperta – chiarisce Moioli – mi attendo un incremento nel numero dei partner e degli sviluppatori. Ma poi, con Azure, anche chi non ha un’estrazione tecnologica vera e propria può implementare soluzioni significative».

Microsoft car
Microsoft MCVP, al servizio dell’ industria automobilistica
Una soluzione..su strada: “Microsoft Connected Vehicle Platform”

Ci sono soluzioni particolari, tra quelle connesse a Azure. Una è MCVP. Con “Microsoft Connected Vehicle Platform”, la multinazionale di Redmond aiuta l’industria di comparto a creare autovetture collegate combinando IoT, analisi dei dati, strumenti di produttività e infrastruttura cloud globale. La piattaforma consente infatti alle case automobilistiche di integrare nel veicolo un complesso sistema di servizi: ad esempio, si può migliorare l’esperienza del guidatore utilizzando i dati di telemetria, sia inviando avvisi di manutenzione predittiva che utilizzando la funzionalità “Trova la mia auto”.

Inoltre la piattaforma consente di mantenere gli utenti connessi a servizi come Skype e Cortana, controllati a voce per evitare incidenti; ancora, è possibile aumentare la sicurezza e le prestazioni dell’auto fornendo informazioni stradali e ambientali in tempo reale, sia al conducente che al sistema di guida. Infine, sono previsti servizi dinamici di localizzazione e tanto altro. «È la piattaforma per le auto del futuro – afferma Moioli – e include un numero davvero considerevole di soluzioni già assemblate, per così dire. La casa automobilistica deve solo procedere con gli opportuni adattamenti».

Gli investimenti per lo sviluppo dell’ A.I.

È noto, peraltro, che Microsoft ha riposto grande rilievo nell’intelligenza artificiale, per lo sviluppo della quale ha previsto importanti investimenti. Lo stesso Nadella ha affermato che la nuova visione strategica passa «per un cloud intelligente e per un edge (architettura orizzontale posizionata in prossimità dell’utente finale) ricco di intelligenza artificiale». Nell’ultima relazione annuale per l’anno fiscale 2017 si cita più volte l’AI, mentre in quella precedente il termine e la sigla non erano presenti.

Ora, secondo l’azienda, ovunque si trovino i dati, Azure aiuta a sbloccarne le potenzialità: consente la rapida creazione di applicazioni intelligenti usando sia le tecnologie e gli strumenti preferiti dal cliente che le funzionalità di AI (Artificial Intelligence). Per esempio, la API (in italiano: interfaccia di programmazione di un’applicazione) Servizi Cognitivi consente di creare app con algoritmi potenti complete di funzionalità intelligenti, come il rilevamento delle emozioni e del sentiment, il riconoscimento visivo artificiale e quello vocale o infine la comprensione del linguaggio.

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Azure Stack

Si diceva di una maggiore focalizzazione di Microsoft sui clienti business. Va in questa direzione il recente lancio di Azure Stack, estensione di Azure pensata per allargare il raggio d’azione delle aziende al cloud ibrido, sistema che unisce elementi di cloud privato e pubblico. In pratica, consente di ricreare una infrastruttura cloud all’interno di un datacenter privato, in alternativa a soluzioni on premise o alla migrazione completa nella nuvola. È possibile elaborare i dati localmente in Azure Stack e quindi aggregarli in Azure per altre analisi. Secondo Microsoft questo scenario combina gli aspetti migliori dell’edge computing e del cloud computing per ottenere valore di business precedentemente inaccessibile. Sempre secondo Microsoft, una piattaforma ibrida aiuta gli utenti a implementare la strategia cloud più velocemente, trovando la soluzione ottimale per la loro attività.

E si è già sottolineata l’importanza di una spesa oculata, coerente con l’utilizzo. «D’altra parte, la spesa in tecnologia di aziende leader digitali e sul mercato, quelle tendenzialmente più profittevoli, è di poco superiore alle altre. Queste aziende spendono i propri soldi meglio, in modo diverso» – afferma Moioli. In effetti si legge in “The Digital Business Divide. Analyzing the operating impact of digital transformation” (Marco Iansiti, Karim Lakhani; Harvard Business School) che le aziende digital leader hanno una spesa media in IT del 3,5% sul fatturato, contro quella del 3,2% delle aziende laggards (“in ritardo”). La differenza non la fa lo 0,3%, ma la qualità della spesa. Il fatto è che «le organizzazioni leader hanno maggiori probabilità di disporre di una strategia globale di acquisizione dati e di differenziarsi dai concorrenti sulla base della loro piattaforma di dati. Questa differenza di strategia significa che gli utenti dell’azienda hanno maggiori probabilità di avere accesso a un insieme coerente di metriche aggiornate per il processo decisionale; e evidenzia che l’organizzazione è in grado di generare previsioni sulla propria attività grazie ai dati raccolti».

 

Microsoft Pillars
Schema dei 4 pilastri che reggono le operazioni digitali, da “The Digital Business Divide. Analyzing the operating impact of digital transformation”

Quattro pilastri attorno ai quali vanno costruite le operazioni digitali

Secondo gli autori «le operazioni digitali vanno costruite intorno a quattro pilastri. Il primo è l’interazione con i clienti e la gestione delle relazioni, che ora possono sfruttare le piattaforme di dati e analisi nuove per stringere rapporti e creare opportunità. Il secondo è la produzione, la fornitura di prodotti e servizi: si tratta di gestire le operazioni interne e l’ecosistema di partner e collaboratori esterni – sempre più cruciale ed esteso. Il terzo è la creazione e la consegna dei prodotti; qui si tratta di unire un mix personalizzato di ingegneria, gestione dei prodotti, scienze dei dati, obiettivi di ingegneria tradizionale, risorse di progettazione e economia. Il quarto è infine la gestione del capitale umano, che si concentra sul reclutamento, lo sviluppo e l’abilitazione dei lavoratori informatici, fornendo processi e sistemi per potenziarne l’attività con gli strumenti necessari. I leader digitali hanno raggiunto capacità più robuste in tutti e quattro i pilastri».

Secondo Moioli, Azure fornisce tutto ciò che serve ad una azienda per realizzare una trasformazione digitale attorno a questi quattro pilastri: «Un numero considerevole di soluzioni pre-integrate, la possibilità di creare app in modo semplice e veloce e di gestirle in modo proattivo, e grandi potenze di calcolo in gioco per elaborare una quantità rilevante di dati. Inoltre, rispetto al passato prossimo dei supersoftware customizzati, c’è la possibilità di produrre modifiche senza testare l’intero sistema daccapo».

Fabio Santini, a capo della nuova struttura One Commercial Partner

La ristrutturazione interna di Microsoft

Al fine di conseguire gli obiettivi descritti, la multinazionale ha avviato infine una profonda ristrutturazione interna, che non ha riguardato solo i piani alti degli Headquarters, con il rinnovamento quasi totale del senior leadership team, ma ha comportato una seria riorganizzazione delle divisioni vendite e marketing. Si è scelto di dar vita ad una nuova divisione strategica, la One Commercial Partner – con l’obiettivo di consolidare la relazione con i partner e di promuovere la trasformazione digitale in tutti i segmenti di mercato in cui lavorano i clienti. In Italia, alla guida della nuova struttura è stato nominato Fabio Santini, che dipende direttamente dall’ad Silvia Candiani. Al contempo, come già descritto da Industria Italiana, sono stati studiati nuovi sistemi di vendita (ogni membro del team dedicato di Microsoft può ricevere un compenso fino al 10% del valore del contratto annuale con il partner in caso di alienazione congiunta di soluzioni qualificate dei partner basate su Azure) e sono stati stanziati investimenti per 250 milioni di dollari per spingere i partner su Azure.

 














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