Tim, WindTre, Vodafone: da sherpa del traffico internet a co-creatori dell’ecosistema edge-cloud

di Piero Macrì ♦︎ Le telco stanno diventando cloud provider: connettività edge-cloud per favorire la produttività industriale. Ma per un ritorno degli investimenti Tim e WindTre chiedono nuove regole. L'appello al'UE per affrontare il tema del fair share e l’interconnessione tra data center e punti di accesso. Il punto di vista del prof di PoliMI Antonio Capone

Intelligenza artificiale, realtà virtuale, IoT Industriale, metaverso, cybersecurity, data analytics. Il futuro dell’industria 4.0 richiede connettività edge-cloud. «È una sfida che non è stata ancora compresa dai decisori politici. Da anni parliamo di investimenti per la trasformazione digitale del paese, per favorire la produttività manifatturiera, ma la digitalizzazione richiede una connettività avanzata», afferma Antonio Capone, professore del dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano e massimo esperto di telecomunicazioni. «Rischiamo di essere in ritardo. La competizione viaggia veloce. Germania e Francia hanno compreso la posta in gioco e stanno sostenendo nuovi piani di investimento», aggiunge Capone. Reti edge-cloud, quindi, come fondamento per un’economia digitale, strade virtuali ad alto scorrimento dove far viaggiare i dati che abilitano la creazione di una nuova produttività per il sistema paese. A livello globale l’anello debole è l’Europa.

«Cina e Stati Uniti ci superano. I loro progetti sono di gran lunga più avanzati dei nostri», dice Capone. Tim, WindTre, Vodafone, Fastweb. Per dare ossigeno al digitale occorre mettere le telco nella condizione di fare nuovi investimenti, che sono ingentissimi, e predisporre gli interventi per modernizzare l’intera infrastruttura. La questione centrale è l’interconnessione tra data center e punti di accesso che gestiscono la terminazione finale responsabile del traporto del traffico a casa del cliente. La nuova dimensione applicativa, 4.0 o 5.0, scegliete voi la denominazione preferita, deve essere sostenuta da connettività a banda ultralarga, alimentata da reti mobili 5G, sicure, ultraveloci e a bassa latenza, e dalle reti in fibra. Un ecosistema tecnologico che va implementato all’interno di un’architettura di comunicazione basata su macro e micro data center. Insomma, se non vogliamo essere esclusi dalle opportunità che nascono dalla nuova economia digitale, locale e globale, è bene darsi una mossa e agire per proteggere il nostro futuro digitale.







Quest’ultimo non può che nascere dall’integrazione tra telco e cloud, un matrimonio che si basa su nuovi modelli di business che nascono dalla separazione tra reti e servizi. Quale il ruolo delle tlc e dei public cloud provider nel nuovo scenario edge-cloud? Lo scenario è complesso e le telco tornano a fare pressione rivendicando il “fair share”, quello che, dal loro punto di vista, è “l’equo contributo” che le piattaforme digitali devono pagare ai fornitori dei servizi di telecomunicazione in quanto generatori di traffico dati sulle reti di banda ultra larga. L’appello arriva da 20 gruppi delle tlc tra cui Tim e Vodafone, BT, Orange e Deutsche Telekom, i cui ceo hanno firmato una lettera rivolta alle autorità europee in cui chiedono una legislazione che affronti il tema del fair share. «Serve un contributo equo e proporzionato da parte dei principali generatori di traffico ai costi delle infrastrutture di rete che dovrebbero costituire la base di un nuovo approccio”, si legge nell’appello, firmato, tra gli altri, dall’ad di Tim, Pietro Labriola, dalla ceo di Vodafone, Margherita Della Valle e dall’ad di WindTre, Gianluca Corti

Tim, WindTre, Vodafone, Fastweb. Da sherpa del traffico internet a co-creatori del nuovo ecosistema digitale edge-cloud

In questi 20 anni di esistenza del cloud, inteso come possibilità di ottenere capacità elaborativa, memoria, sistemi operativi, data base management systems e applicazioni sotto forma di servizio, il mercato ha premiato pochi player, i cosiddetti public cloud provider (Amazon, Google e Microsoft in primis), che detengono gran parte delle quote di mercato disponibili. In altre parole, il traffico è generato dagli hyperscaler ma l’interconnessione con gli utenti finali avviene attraverso l’infrastruttura di accesso degli operatori di telecomunicazioni.

Il business delle telco è progressivamente surclassato dai webscaler, che operano secondo una logica over the top (Ott). Per essere più competitive le tlc hanno più opzioni: fungere da intermediari nell’erogazione di servizi degli hyperscaler; creare proprie cloud; attivare servizi diversificati per l’ottimizzazione del consumo in una logica di quality of service; introdurre servizi di security integrata con livelli di sicurezza any place, any device

Questi ultimi sono, quindi, gli intermediari del cloud, i veri sherpa del traffico IP: svolgono un servizio essenziale e imprescindibile di connettività, ma il loro business è progressivamente surclassato dai webscaler, che operano secondo una logica over the top (Ott). Per essere più competitivi le tlc hanno più opzioni: fungere da intermediari nell’erogazione di servizi degli hyperscaler; creare proprie cloud; attivare servizi diversificati per l’ottimizzazione del consumo in una logica di quality of service; introdurre servizi di security integrata con livelli di sicurezza any place, any device. Insomma, avere reti in grado di differenziare livelli di servizio in funzione delle applicazioni.

Separazione della rete, un modello di business non più rinviabile. Ma per un ritorno degli investimenti Tim e WindTre chiedono nuove regole

Pietro-Labriola, ad di Tim

Nel D-Day di Tim con l’incontro dei giorni scorsi tra i vertici di Vivendi e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, per discutere della cessione di NetCo, l’ad del colosso tlc, Pietro Labriola, è tornato a parlare della separazione della rete. Intervenuto al “ComoLake 2023-Next Generation Innovations”, Labriola ha osservato che «molti vedono quest’operazione come una cosa nuova rispetto al passato ma lo è perché siamo abituati a logiche e stereotipi del passato. Quello che Tim sta cercando di fare non è diverso da quello che fa Wind. Nel nostro caso fa rumore perché siamo considerati un incumbent», ha aggiunto. Come ha sottolineato Alessio Butti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio per l’Innovazione, «separando la rete dai servizi si facilita la creazione di un mercato paneuropeo e la creazione di operatori paneuropei». Secondo Butti quest’operazione «consentirà di superare la politica commerciale datata, che non consente di garantire un’evoluzione tecnologica necessaria». Per Labriola, «nel settore delle tlc servono regole nuove per quanto riguarda il ritorno degli investimenti. E occorre farlo velocemente». Regole uguali per tutti, compresi gli Ott, ha precisato il top manager, ammonendo che se non accade il settore corre il rischio di scomparire. Sulla stessa lunghezza d’onda, l’ad di WindTre, «Gli over the top devono contribuire all’infrastrutturazione, afferma Corti. Solo sulla nostra rete il 65% del traffico proviene da piattaforme social o streaming».

Il collo di bottiglia di un’architettura di rete tradizionale per applicazioni di nuova generazione? La velocità di trasferimento dati sulla lunga distanza

Il docente di telecomunicazioni al Politecnico di Milano Antonio Capone

Quale, quindi, il ruolo delle tlc nella creazione di infrastruttura edge-cloud? «Tutti stanno realizzando propri data center e nodi reti per accesso ultimo miglio, più o meno evoluti più o meno distribuiti, per erogare servizi di prossimità, non necessariamente in cloud, perché questi data center serviranno anche per ospitare potenza computazionale delle aziende che vorranno esternalizzare propri data center, spiega Capone, secondo il quale il percorso verso l’edge cloud è un’evoluzione tecnologica naturale. «Il modello cloud che ha dominato in questi anni è stato basato sulla concentrazione di server internet in pochi data center a livello mondiale e in pochi data center a livello nazionale e regionale. Un modello che solleva problemi di prestazioni poiché la banda tra utente finale consente una velocità massima di bit al secondo in funzione della rete disponibile. Il collo di bottiglia è il limite dovuto alla latenza, ovvero ai tempi di trasferimento dati tra punto di consegna e data center. In questi casi l’unico modo per avere latenze basse, dell’ordine dei millisecondi, è avvicinare i server al cliente», dice Capone.

Non c’è cloud senza telco e non c’è telco senza cloud. L’interdipendenza che nasce dalla nuova architettura edge-cloud

Quanto appena descritto spinge verso la creazione di micro data center di prossimità per dare vita un’architettura di comunicazione edge-cloud. Ma non basta avere la disponibilità di server di accesso. Come dice Capone «Li si deve dotare di tutta una serie di servizi associati alle piattaforme digitali hyperscaler, che devono essere intermediate da infrastruttura di nuova generazione. Le telco – aggiunge il professore del Politecnico – non hanno la capacità di sviluppare i servizi che risiedono su Google Cloud, Aws o Microsoft».

La maggioranza dei servizi applicativi sono oggi distribuiti tramite le piattaforme cloud dove risiede la logica di servizio. Nello specifico, in un’architettura edge computing, il servizio viene erogato attraverso uno step intermedio tra il server e il client, ossia con l’interruzione del flusso di traffico in periferia, creando un punto di ingresso nel dominio della rete telco in cui possano essere collocate funzionalità di servizio e logiche applicative, allo scopo di garantire prestazioni adeguate

Ecco, quindi, il senso delle partnership, con data center di proprietà delle telco che interfacciano hyperscaler abilitanti i più diversi servizi applicativi. Insomma, nel nuovo mondo delle architetture avanzate a supporto di un’economia digitale esiste una completa interdipendenza tra business tlc e cloud. In altre parole, non c’è cloud senza telco e non c’è telco senza cloud poiché né gli uni né gli altri sono nella condizione di sviluppare autonomamente l’intero stack tecnologico hardware e software dell’edge-cloud. «Gli hyperscaler non ci pensano proprio a investire nella nuova architettura distribuita, dice Capone. Non è loro core business ma non avrebbero nemmeno la capacità per gestirla. Questo compito lo lasciano alle tlc che, di converso, non hanno la capacità di essere alternativi agli hyperscaler e si trovano nella condizione di investire per creare reti ottimali, software defined, intelligenti, in grado di interfacciare il mondo cloud. L’operatore può sfruttare propri data center per proporre in parallelo qualcosa di molto specifico, aggiunge Capone, ovvero consentire alle aziende di migrare la capacità di calcolo attualmente allocata on-premise. E’ la logica dell’esternalizzazione dei costi tipica della digitalizzazione moderna. Ma in questo caso non parliamo di cloud, sono servizi di hosting che interessano applicazioni tradizionali».

L’ecosistema digitale per lo sviluppo e system integration dei nuovi servizi applicativi

Margherita Della Valle, ceo di Vodafone (Fonte: LinkedIn)

Come abbiamo visto, la stragrande maggioranza dei servizi applicativi sono oggi distribuiti tramite le piattaforme cloud dove risiede la logica di servizio. Nello specifico, in un’architettura edge computing, il servizio viene erogato attraverso uno step intermedio tra il server e il client, ossia con l’interruzione del flusso di traffico in periferia, creando un punto di ingresso nel dominio della rete telco in cui possano essere collocate funzionalità di servizio e logiche applicative, allo scopo di garantire prestazioni adeguate. In questo senso si può dire che i servizi edge adottano un modello di cloud ibrido, dove il cloud di servizio e quello della piattaforma di comunicazione, collaborano per la creazione di una nuova generazione di servizi. Se consideriamo che oggi i servizi sono creati tramite Api (Application Programming Interface) ed Sdk (Software Development Toolkit) offerti da cloud provider come Google, Aws e Azure, possiamo immaginare che, nell’immediato futuro, nuovi e più ricchi servizi possano essere realizzati integrando le Api e gli strumenti offerti dal telco, in particolare sui sistemi di ultima generazione. Il modello di servizio, quindi, tende a trasformarsi da un approccio hybrid cloud, dove le piattaforme dei cloud provider e quelle dei telco cooperano nell’ottica di fornire funzionalità sempre più ricche per lo sviluppo di nuove soluzioni.

 

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 9 ottobre 2023)














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