Renault: prima la fusione con Nissan, poi tutto su Fca

di Chiara Volontè ♦︎ Mentre si inizia a prefigurare il post-Ghosn, l’azienda francese vuole accelerare sull’incorporazione di Nissan prima di lanciarsi nel tentativo di fusione con Fca

Che qualcosa bollisse in pentola era ormai chiaro. Nei giorni scorsi John Elkann era apparso tropo sicuro nel bocciare senza appello la possibilità di una fusione con Psa-Citroen, tanto da far pensare a molti che la vera offerta, quella “a cui non si può dire di no”, dovesse ancora arrivare. Ora sembra che questa possibilità stia prendendo corpo: Renault vorrebbe riavviare i colloqui con Nissan – ad oggi partner d’eccezione del colosso automotive francese – per arrivare a una fusione entro l’anno prossimo.







 

John Elkann all’inaugurazione dell’ impipanto dedicato a Giovanni Agnelli alla Maserati di Grugliasco

 

Poi, una volta raggiunta una dimensione da gigante (si parla di 50 miliardi di euro tra Nissan, Renault e Mitsubishi) si potrebbe lanciare un tentativo di integrazione con Fca. Secondo il Financial Times, però, questa mossa potrebbe essere complicata da mettere in piedi in breve tempo: infatti, nonostante una quota di auto prodotte intorno alle 5 milioni di unità, Fca ha una capitalizzazione di una ventina di miliardi, non esattamente un boccone facile da mangiare. Se, però, l’ipotesi dovesse andare in porto, assisteremmo alla creazione di un colosso capace di competere con gli altri due big del mercato automotive, ovvero Volkswagen e Toyota, campioni del comparto e leader delle quote di mercato.

«Le aggregazioni – afferma Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl – sono fondamentali ma non bisogna subirle ed auspichiamo che siano almeno paritarie. Quello delle aggregazioni è un tema delicato che stiamo seguendo con molta attenzione. Abbiamo sempre condiviso l’idea di una aggregazione che renda Fca più forte verso il mercato dell’Asia e capace di andare più velocemente verso la transizione elettrica. Aver portato Fca – ha concluso Bentivogli – ad una situazione in cui genera utili ed ha azzerato i debiti consente all’azienda di avere un ruolo da protagonista nel settore dell’auto».

Sullo sfondo, inoltre, bisognerà comprendere il ruolo del governo francese, che detiene il 15% del capitale di Renault ma con diritti di voto doppi. Senza contare che, con la nomina a presidente di Jean-Dominique Senard appare sempre più evidente il desiderio del board franco-nipponico di discontinuità con il passato e con la gestione di Carlos Ghosn, gran capo del marchio arrestato a Tokyo lo scorso anno e “dimissionato” dalla società per lo scandalo dei compensi. Un’uscita resa meno dolorosa dall’assegno staccato: secondo i beneinformati, Ghosn avrebbe diritto a una buonuscita da 40 milioni e uno stipendio annuo di 4,4 milioni con l’incarico di presidente onorario.

 

L’ex presidente di Renault Carlos Ghosn

 

In attesa di capire se si tratti di voci reali o invece prive di fondamento, rimane evidente la necessità, nel comparto dell’automotive, di diminuire il numero di player e di aumentare le dimensioni. Le sfide all’orizzonte sono numerose: da un lato il progressivo depauperamento del tessuto manifatturiero europeo (entro il 2030 meno del 5% della produzione mondiale avverrà nel Vecchio Continente); dall’altro la necessità di puntare su diverse partite, dall’auto a guida autonoma ai nuovi sistemi di alimentazione. Senza contare il problema del diesel, divenuto improvvisamente il capro espiatorio delle emissioni mondiali.














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