Messe Frankfurt in Italia ha molti motivi di cui andare… Fiera

di Marco de' Francesco ♦︎ La multinazionale tedesca ha scelto di puntare con ancora più decisione sul nostro Paese. Merito di una manifattura in espansione capace di attirare l'attenzione di tanti operatori stranieri. Mentre per Formnext, Automechanika e Hypermotion... Ne abbiamo parlato con Detlef Braun, che è nel board della società

«Più fiere in Italia». Più eventi in settori che interessano entrambe le economie, quella del Belpaese e quella tedesca. Perché l’Italia, nel trade fair, conta. Sia per la qualità e il design dei prodotti presentati dagli espositori – che costituiscono una forte attrattiva per i visitatori – che come mercato. Per allargare il ventaglio delle esposizioni, Messe Frankfurt intende ricorrere a collaborazioni, acquisizioni e alleanze strategiche con operatori italiani. Insomma, la fiera di Francoforte si sta guardando attorno. È una notizia di rilevo, visto che il gruppo fattura 733 milioni di euro e offre un menù di manifestazioni tecniche tailor-made in giro per il mondo: è il colosso del settore. In Italia è presente da 20 anni ed è nota soprattutto per Sps Italia, evento dedicato all’automazione digitale per l’industria. Nel 2020 l’evento parmense, alla decima edizione, sarà arricchito da un vasto spazio dedicato alla manifattura additiva. Queste anticipazioni sulla “strategia italiana” di Messe Frankfurt sono state rese da Detlef Braun, che è nel board della multinazionale. L’occasione, un’intervista a latere dell’ottava edizione del Fimi, il “Forum Internazionalizzazione Made in Italy”, organizzato da Messe Frankfurt Italia giorni fa a Milano.

 







Messe Frankfurt diviene ogni anno più grande e globalizzata. Quali sono secondo Lei gli elementi più importanti della strategia dell’azienda per la sua crescita mondiale?

Detlef Braun, membro del board esecutivo di Messe Frankfurt

Siamo presenti in 191 Paesi, e cioè nella quasi totalità degli stati riconosciuti: la nostra capacità di penetrazione nei più diversi contesti globali non ha eguali nel mondo. Credo che la chiave del nostro successo consista soprattutto nei nostri brand flagship: fiere come Heimtextil Frankfurt, Automechanika Frankfurt, Ish Frankfurt. Sono stati progettati e realizzati in patria, proprio a Francoforte, e poi internazionalizzati con l’obiettivo di sviluppare nuovi mercati nei Paesi emergenti. Così, abbiamo dato vita a una rete mondiale di eventi coordinati, sia da un punto di vista geografico che della tempistica, per evitare dannose sovrapposizioni. I brand flagship sono 18, e sono attinenti a questi settori: consumer goods; costruzioni; sicurezza; tecnologie dell’ambiente; quelle del cibo; tessile; elettronica e automazione; manifattura; mobilità e logistica; entertainment, media e industria creativa. In questi comparti Messe Frankfurt mette in campo più format. Ad esempio, quanto alla mobilità, il portafoglio contempla non solo Automechanika e Materials Handling, ma anche Raillog Korea; Scalex; e Hypermotion. I brand flagship contano per l’80% del fatturato globale di Messe Frankfurt. La nostra priorità è quella di gestirli in modo sostenibile e professionale.  

 

Ci sono altri Paesi strategici dove vorreste organizzare fiere? 

Per noi, il Paese più importante resta la Germania; segue la Cina, lì dove stiamo sperimentando la crescita maggiore. Tuttavia, ci stiamo focalizzando verso Stati che fino a qualche anno fa avremmo definito emergenti, come l’India, la Russia e il Sud Africa. Le prossime aperture internazionali saranno in quest’ultimo Paese e in un’economia matura e consolidata, quella del Regno Unito. Peraltro, stiamo guardando con interesse ai Next Eleven, quei Paesi che una ricerca di Goldman Sachs identifica come i più promettenti per gli investimenti e per lo sviluppo. Insomma, quelli che correranno di più – sebbene siano molto diversi gli uni dagli altri e si trovino ad un livello differente di progresso. Gli Undici sono la Corea del Sud, l’Indonesia, l’Iran, le Filippine, il Pakistan, il Bangladesh, l’Egitto, la Nigeria, il Vietnam, la Turchia e il Messico. Ai nostri occhi, sono gli ultimi due quelli particolarmente attraenti. Ora stiamo valutando la situazioni; agiremo quando ci sentiremo pronti per il lancio.

 

Quanto conta l’Italia per Voi, sia come luogo dove organizzare fiere che come tessuto industriale?

Sps Parma edizione 2018

L’Italia conta per noi secondo due profili. Anzitutto, quello della qualità, quello che riguarda gli espositori del Belpaese. Nelle nostre fiere, anche a Francoforte, il design industriale e il tessile italiani non solo sono molto ammirati, ma rappresentano un valore aggiunto per i nostri eventi. Infatti, costituiscono una fortissima attrattiva. I cinesi, per esempio, sono in crescita da ogni punto di vista; ma non possono certamente paragonarsi agli italiani per il design. In secondo luogo, per noi l’Italia è un mercato importante. Sps Italia, la fiera dell’automazione, nel 2020 sarà alla decima edizione, visto che la prima si è tenuta nel 2011: la versione italiana è seconda solo a quella di Norimberga. A maggio, peraltro, Sps ospiterà un vasto spazio realizzato da Formnext dedicato all’addictive manufacturing, una delle tecnologie più interessanti in termini di mercato. Sia Formnext (che si occupa appunto di stampa 3D) che Sps sono espressione di Mesago, società specializzata in mostre e conferenze su vari temi tecnologici e al contempo azienda appartenente al gruppo Messe Frankfurt.

 

L’Italia è caratterizzate da un tessuto industriale frammentato in una miriade di aziende: quanto incide la dimensione sulla partecipazione agli eventi internazionali? E se ciò costituisce un problema, è superabile?

Francesca Selva, Vice President Marketing and Events Messe Frankfurt Italia

Dal nostro punto di vista non costituisce un ostacolo. Si pensi che il 95% delle aziende tedesche che partecipano ai nostri eventi è costituito da piccole e medie imprese. Alcune, come d’altra parte molte italiane, hanno dimensioni davvero contenute; soprattutto nei settori del tessile e del consumer goods. Ma queste sono le società più motivate a partecipare alle fiere: sono quelle che sentono il bisogno di conoscere buyer professionali di livello globale – per crescere, per fare un salto di qualità. Ecco, il nostro mestiere consiste nel far incontrare, grazie alle nostre piattaforme, aziende e compratori qualificati.

 

Dunque quali sono i principali vantaggi per una Pmi italiana nel partecipare alle vostre fiere internazionali?

Noi possiamo fornire loro soprattutto una cosa: un accesso reale al mondo del mercato globale. Un tempo le fiere erano fatte per vendere; ora servono per conoscere le persone giuste, per entrare nel giro utile. Per questo, come dicevo, stiamo osservando nuovi mercati come quelli dei Next Eleven: dobbiamo lavorare in prospettiva, e prendere in considerazione i Paesi più promettenti per gli espositori.

 

Avete una strategia particolare per le Pmi italiane?

Abbiamo una strategia per l’Italia, anzitutto. Vogliamo lanciare nuove fiere, in diversi settori. Pertanto, siamo molto aperti a cooperazioni e ad alleanze strategiche con operatori locali del settore fieristico. Ci stiamo guardando attorno. Stiamo anche valutando la possibilità di acquisizioni. I progetti li faremo nei settori di comune interesse per l’industria italiana e tedesca. Quanto invece agli espositori italiani nelle nostre fiere, per i motivi che ho spiegato, ne vorremmo il maggior numero possibile. Sta a noi: la nostra offerta deve essere sempre più attrattiva e convincente.

 

Come sta cambiando Messe Frankfurt? Come si immagina la fiera tra 10 anni?

Donald Wich, ad Messe Frankfurt Italia

Cambiano anzitutto le richieste degli espositori. Perché stanno avanzando nuove generazioni di imprese e di imprenditori, soprattutto se provenienti da Paesi non europei. Siamo qui per un evento che riguarda l’India; ecco, in quel sub-continente metà della popolazione ha meno di 25 anni. Su 1,3 miliardi di persone, 650 milioni non hanno passato il quarto di secolo. E dispongono di skill e competenze molto diverse da quelle di li ha preceduti; hanno molto a che fare con la tecnologia e con il digitale. Ecco, i giovani imprenditori vogliono un’interazione personale importante con i buyer internazionale. Non si accontentano di conoscerli; chiedono relazioni forti. E già questo cambia il nostro lavoro: dobbiamo creare relazioni qualificate. Quanto a noi, saremo sempre gli stessi, e cioè la più importante piattaforma di eventi per l’internazionalizzazione che il mondo conosca. Cambieranno il format e i contenuti, perché parte del successo, nel nostro campo, è dovuto alla capacità di adattarsi ai tempi.














Articolo precedenteFincantieri, la sfida globale passa per tecnologia e sostenibilità
Articolo successivoIndia, da slumdog a… millionaire. Crescita record del 6%






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui