Kpmg: l’industria è protagonista degli m&a

di Laura Magna ♦ Brembo, Intepump, Campari, Lavazza, quali sono le fabbriche che hanno i numeri per aggredire i concorrenti stranieri

L’Italia ha la febbre da M&A. Ed è l’industria manifatturiera la punta di diamante di questa rinnovata passione per fusioni e acquisizioni. Che nel resto del mondo è in leggera frenata rispetto a un 2015 brillante. Dall’inizio del 2016 il mercato dell’M&A globale ha registrato una contrazione del 7,7% rispetto allo scorso anno e quello europeo ha registrato un calo del 7,9%. Lo rileva Kpmg che, invece, nota come il nostro Paese si sia mosso in controtendenza, chiudendo i primi tre messi dell’anno con operazioni straordinarie per un controvalore di 20 miliardi, rispetto agli 11 dello stesso periodo di un anno fa. E, dato ancora più interessante, per la prima volta da prima della crisi la parte del leone, ovvero del predatore, l’ha fatta l’Italia verso l’estero, con 9,1 miliardi transitati in quella direzione. “La maggiore operazione in assoluto, che vale 6,9 miliardi è stata realizzata da Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli che ha acquisito la compagnia di riassicurazione statunitense PartnerRe”, dice a industriaitaliana.it Max Fiani, partner di Kpmg. “Si segnalano poi le offerte di Lavazza sulla francese Carte Noire e l’acquisto da parte del gruppo Gavio, nelle autostrade, della brasiliana Primav Infraestrutura”. Ancora, in questo primo scorcio di anno, Tod’s ha fatto shopping in Francia con Roger Vivier e Salini negli Usa dove si è accaparrata The Lane Construction Corporation. “La pipeline è ancora molto ricca”, continua Fiani, “solo per citare operazioni che stanno per chiudersi, nel settore industriale c’è Campari su Gran Marnier e EiTower su Inwit. Senza considerare i bid di matrice bancaria (Bpm-BancoPopolare e Pioneer-Santander sull’asset management, ndr) e le operazioni estero su Italia. C’è molto fermento, lo stesso che è ricominciato a respirarsi dal 2012, e c’è anche qualche significativa novità rispetto agli ultimi anni”.







Fonte: Kpmg
Fonte: Kpmg

Da preda a predatrice

La prima è, appunto, il ritorno dell’Italia nel ruolo di predatrice. La seconda è l’aumento delle operazioni in settori diversi da quelli che tradizionalmente dominavano la scena, ovvero finanziario e grandi industrie a partecipazione pubblica. Ora i protagonisti sono le multinazionali dell’industria, più o meno tascabili, che hanno fatto della crescita per linee esterne la loro regola. Nomi come Brembo, Intepump, Ima, ma anche i serial shopper, Campari, Luxottica, Autogrill. Per lo più autori di miriadi di piccole operazioni, in un contesto in cui la dimensione continua a essere un limite tutto italiano. “Quanto a numero di operazioni” precisa Fiani, “in testa c’è la manifattura con il 30% del totale e a seguire i beni di consumo, al 29%. Ma se guardiamo al controvalore, il peso dell’industria si riduce al 12% e quello dei consumer al 15%”.

Headquarters di Brembo, vicino a Bergamo
Headquarters di Brembo, vicino a Bergamo

Macché straniero

Non che l’Italia sia stata mai ferma, sia chiaro: contrariamente alla leggenda secondo cui il nostro Paese sia da sempre svenduto allo straniero e preda indifesa ci sono evidenze di una certe attività, lenta ma costante, in senso inverso. Il problema è che si tratta di un mercato sottile, fatto di giocatori che compiono azioni minime e i deal piccoli non vengono intercettati dalle statistiche, come conferma la stessa Kpmg. Così, ciò che si vede è sempre solo la punta di un iceberg. Non solo. “Il numero di medie aziende da 50 a 300 milioni in grado di fare acquisizioni all’estero è ancora limitato ed è necessario aumentare questa pattuglia sparuta”, suggerisce Fiani.

Lavazza ha acquisito Carte Noire
Lavazza ha acquisito Carte Noire

Una pattuglia che si presta di più a subire? Più o meno. Il movimento in senso contrario, cioè i bid estero su Italia, vale nel primo trimestre 2016 5,9 miliardi. Chi ha comprato chi? Oltre al mega-deal Heidelberg su Italcementi, si fa notare l’acquisto della farmaceutica Poli Group Holding da parte della spagnola Almirall; della Prime European Therapeuticals, nella chimica per prodotti pharma, da parte della Usa Albany Molecular Research; della dot.com Engineering da parte di un’altra americana, la Mic Bidco, jv tra Apax e Nb. Un movimento che può essere definito in maniera miope predatorio, ma che invece testimonia la forte attrattività della nostra industria che nel capitale estero trova spesso linfa vitale e la possibilità di vendere i propri prodotti e le proprie eccellenze a platee del tutto nuove. “Il grande trend degli ultimi quattro anni è stato dell’estero che compra in Italia” conferma Fiani “tutte le operazioni dello scorso anno sopra il miliardo sono di questo tipo: ChemChina su Pirelli, Vivendi su Telecom, Dufry su World Duty Free, Cyberonics su Sorin. Un trend che ha sostenuto in un mercato piccolo la crescita, ma che ha visto anche per la prima volta nuovi attori, come la Cina, sorpassare i tradizionali acquirenti del Belpaese, ovvero Francia, Usa, Svizzera, Giappone”.

Fonte: Kpmg
Fonte: Kpmg

Un bilancio positivo

Nel 2015 queste operazioni avevano pesato per 32 dei 55 miliardi complessivi, distribuiti su 577 deal. “In generale, il 2015 è stato un anno particolarmente positivo”, continua Fiani. “Certo, siamo lontani dai valori pre-crisi, ancora più o meno a un terzo, ma lontani anche dall’annua orribili chiuso a 20 miliardi, il 2010”. Perché l’M&A è in ripresa, nonostante un’economia ancora fragile e una fiducia volatile? Le ragioni sono diverse e non necessariamente industriali. Lo scorso anno l’avvio è stato innescato innanzitutto da tassi eccezionalmente bassi che hanno permesso alle aziende e ai compratori in generale di utilizzare una leva finanziaria particolarmente conveniente e quindi agire in maniera più aggressiva sui prezzi di offerta. Il tutto all’interno di un generale buon andamento delle Borse in un clima di rinnovata fiducia.

Fonte: Kpmg
Fonte: Kpmg

Il costo del Qe

Nel 2016 il mercato ha assunto un modo molto più turbolento, ma ci sono ancora tutte le ragioni in campo per ritenere che lo shopping proseguirà. Il caso di scuola sono gli Usa, come rileva uno studio di Intermonte Advisory. “Guardando al mercato americano, che è il primo esperimento di Qe in fase ormai di conclusione” spiega Guglielmo Manetti, il dg della società di consulenza di Intermonte. “Riteniamo che l’effetto collaterale del crollo del costo del denaro sia stato certamente il fortissimo aumento delle operazioni straordinarie: delisting, fusioni, offerte pubbliche di acquisto e acquisizioni varie. Ci aspettiamo pertanto una accelerazione dello stesso trend anche in Europa”.

Chi sale e chi scende

Dunque, in tutto il Vecchio Continente, con l’Italia al centro, le attese sono alte. Ma non tutte le nostre Pmi sono adatte a essere protagoniste nell’M&A. Innanzitutto ci sono settori più consoni e sono quelli che grazie all’impulso che verrà dal programma di acquisti della Bce, esteso a tutti i corporate bond eccetto quelli bancari, avranno maggiore capacità di indebitamento: consumi non ciclici, industriali, farmaceutici e servizi in genere. Lo studio di Intermonte Advisory ha provato a identificare nel dettaglio le società quotate con i fondamentali da M&A. L’universo di analisi sono i gruppi con capitalizzazione di mercato compresa tra 4,6 e 200 miliardi. E i parametri osservati essenzialmente tre: il flottante che più è alto più, in teoria, rende la società contenibile; la generazione di cassa degli ultimi tre anni che è misura della bontà del business model e il rapporto debito su Ebitda che è invece una dimensione della solidità e della sostenibilità del debito aziendale.

Fonte: Kpmg
Fonte: Kpmg

L’analisi non tiene conto delle reali intenzioni di partecipare a M&A da parte del management ma alla fine individua una serie di società con tutti i numeri giusti in potenza: al primo posto c’è Esprinet, gruppo dell’elettronica seguito dal retailer Ovs e da due produttori di beni a cavallo tra consumo e lusso, Moleskine e Safilo. La prima industria meccanica è Biesse, sesta, ma quasi a pari merito ci sono poi le multinazionali tascabili. Saes Getters, nei componenti elettronici; Saras nella raffineria; il produttore di elettrodomestici De’ Longhi e poi i sistemi frenanti di Brembo; la farmaceutica Recordati; Danieli e Interpump nella siderurgia. Un esercito che, se fosse tutto in campo, farebbe del nostro Paese il compratore per eccellenza.merger














Articolo precedenteCivitavecchia fa rotta sulle nuove Autostrade del Mare
Articolo successivoModelleria Brambilla alla conquista del Far East






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui