Civitavecchia fa rotta sulle nuove Autostrade del Mare

Veduta aerea del porto di Civitavecchia
Veduta aerea del porto di Civitavecchia

di Claudio Barnini ♦ Civitavecchia punta sulle Autostrade del Mare in chiave europea. E si prepara a rivitalizzare l’area portuale. Come anticipa a Industria Italiana Stefano Cenci, delegato di Unindustria per l’Autorità portuale

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto incentivi per il settore del trasporto nel nostro Paese. Tra queste c’è il cosiddetto “marebonus”, dove per una migliore intermodalità ferroviaria e dei porti (attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, istituzione, avvio e realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci, miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia) sono stati previsti per le annualità 2016/2018 complessivi 138,4 milioni di euro: 45,4 milioni  nel 2016, 44,1 milioni nel 2017 e 48,9  nel 2018. Insomma, qualcosa si muove anche per mare. Ma quale sviluppo è dunque lecito attendersi da questo settore? E soprattutto quanto? Il Lazio ad esempio ci crede molto.







Presidio marino

Unindustria, l’associazione che riunisce gli industriali di Roma, Latina, Viterbo, Rieti e Frosinone infatti già da oltre un anno ha aperto una propria sede a Civitavecchia, come presidio per un territorio sempre più competitivo sul fronte dell’economia del mare e legato al porto turistico e allo sviluppo della zona commerciale. Come ribadito più volte dallo stesso presidente Maurizio Stirpe, l’apertura della sede di Civitavecchia conferma l’importanza del progetto Economia del Mare, che abbiamo individuato come driver di crescita fondamentale per rendere il Lazio ancora più competitivo, creando le condizioni per generare ulteriore ricchezza per tutto il sistema produttivo con significative ricadute occupazionali. I grandi margini di crescita del movimento delle merci e le conseguenti possibilità di sviluppo di impor tanti attività retroportuali, la costituzione della zona franca aperta, sono tra i motivi principali dell’impegno di Unindustria su Civitavecchia, che da porto commerciale legato a traffici regionali sta diventando hub internazionale come dimostra la scelta di Fca di attivare una linea diretta dal porto di Civitavecchia per Halifax e Baltimora per il trasporto di autovetture prodotte nello stabilimento di Melfi”. Del resto l’industria della regione punta fortemente sul mare, sulla manifattura e sulla riconversione dell’edilizia verso la realizzazione di grandi infrastrutture e verso la rigenerazione urbana come driver di sviluppo per tutto il Lazio.

Nave per il trasporto di container
Nave per il trasporto di container

Primi passi

Nei mesi scorsi è stato presentato uno studio (Civitavecchia: città-porto, linee guida per un piano strategico di sviluppo) che ha l’obiettivo di predisporre un’analisi strategica delle potenzialità dell’area retroportuale di Civitavecchia e della costituzione e organizzazione della Zona franca Doganale–Porto di Civitavecchia. Lo stesso Cenci ha spiegato che il progetto prevede la trasformazione di 127 ettari di terreni oggi agricoli in un’area al servizio del porto dove allocare insediamenti per attività produttive e legate ai traffici portuali. Nell’area dovrebbero, ad esempio, svilupparsi le attività legate all’automotive, visto che da Civitavecchia si imbarcano le auto di Fca prodotte per gli Stati Uniti o tutti i prodotti e le attività commerciali legate al traffico container.

Alla luce di tutto questo abbiamo chiesto a Stefano Cenci, delegato di Unindustria per l’Autorità portuale, a che punto è la situazione.

Domanda. Quanto la cosiddetta Autostrada del Mare può contribuire al rilancio economico e turistico nel nostro Paese, e nel Lazio in particolare?

Risposta. Le autostrade del mare, così come pensate dalla Commissione europea, erano una possibile soluzione per ridurre il traffico su strada all’interno dell’Unione Europea sostituendolo, laddove possibile, con la modalità marittima, caratterizzata da un minor impatto ambientale e in grado di generare minori costi generalizzati del trasporto. La necessità stessa di introdurre questo nuovo tipo di infrastruttura derivava dalla congestione delle principali arterie del trasporto stradale che hanno generato una crescita esponenziale delle esternalità del trasporto su gomma, sia merci che passeggeri, mettendo in evidenza la necessità di un riequilibrio modale tramite l’utilizzo di una nuova “infrastruttura” in grado di deviare parte del traffico sulla modalità marittima.

D. Quindi sostituiranno i camion sulle autostrade?

R. Sarebbe tuttavia riduttivo ritenere che l’interesse per le Autostrade del Mare sia ancora limitato alla necessità di trovare un’alternativa al trasporto su gomma. Vi sono altri motivi che chiamano i governi nazionali a un impegno diretto in questo ambito, quali la promozione della sostenibilità generale dei trasporti per aumentarne l’efficienza e migliorare le connessioni facilitando parallelamente il rilancio delle zone periferiche ed il rafforzamento della coesione tra le aree economiche e geografiche dell’Unione. La Commissione Europea e i governi nazionali dagli anni Novanta fino a oggi hanno elaborato numerosi Piani e Programmi che hanno orientato l’evoluzione delle AdM e stanziato risorse ingenti per favorirne l’implementazione. In Italia il progetto autostrade del mare è stato incentivato a partire dal 2002 soprattutto tramite la politica dei cosiddetti ecobonus, ovvero incentivi offerti per ridurre i costi del trasporto combinato marittimo. In applicazione ad una specifica azione di politica europea, con il programma Marco Polo, vengono inoltre erogati finanziamenti agli armatori per incentivare l’implementazione di nuovi collegamenti.

D. Qual è la situazione sul mercato?

R. Dei collegamenti offerti dai diversi operatori sono pochi quelli in netta concorrenza tra loro e, dove si presentino più compagnie sulla stessa tratta o su tratte simili, queste offrano per lo più un servizio Ro-pax, per il quale la competizione avviene per lo più nel periodo estivo e principalmente dal punto di vista del servizio passeggeri più che su quello dedicato alle merci. I terminal portuali impegnati nel traffico nazionale sono suddivisi in alcune tipologie differenti di terminali, normalmente destinate a traffico misto merci-passeggeri.

D. Ma le infrastrutture sono sufficienti?

R. Manca uno snodo ferroviario all’interno dei terminal e la maggior parte delle banchine utilizzate per l’attività Ro-Ro, o Ro-pax, non è dedicata a tale tipologia di traffico, bensì è in uso congiunto con altre attività dei differenti terminalisti. Proprio a ciò è legata la difformità di dimensioni dei vari terminal sia in termini di piazzale sia in termini di lunghezza delle banchine o di profondità dei fondali. Insomma, le AdM necessitano di un’ulteriore sforzo per l’implementazione della loro struttura.

Veduta aerea del porto di Civitavecchia
Veduta aerea del porto di Civitavecchia

D. E davvero un’urgenza?

R. Un dato certo da cui partire è che le reti Ten-T sono a tutt’oggi considerate fondamentali per accelerare l’integrazione politica e sociale, poiché riducono le distanze (non solo fisiche) tra le tante comunità coinvolte nell’Unione. I corridoi europei dovrebbero servire infatti ad abbattere le barriere di divisione e ad avvicinare i Paesi periferici. La commissione Trasporti del Parlamento europeo ha approvato la relazione sullo sviluppo della rete trans-europea dei trasporti e la stessa Commissione ha definito, con maggior attualità e puntualità, quelli che sono divenuti gli obiettivi strategici ed inderogabili dei Paesi membri i quali devono orientare i loro sforzi per creare e gestire “reti essenziali” articolate su corridoi in grado di sostenere volumi elevati di traffico di passeggeri e di merci attraverso reali combinazioni multimodali, regole comuni e sinergie internazionali. Si tratta delle arterie dei trasporti nel mercato unico europeo per lo sviluppo del quale dal 2014 al 2020 l’Unione Europea investirà fino a 26,25 miliardi di euro.

D. Quanto pesano in questa strategia le Autostrade del mare?

R. Giocano un ruolo significativo. In una visione logistica intermodale dovrebbero favorire lo sviluppo della navigazione anche su rotte brevi e garantire l’interconnessione delle flotte con gli approdi marittimi, le vie navigabili interne e più in generale con quella che viene definita la “rete globale”. Ma, se come accennato, le AdM nascono per sottrarre i camion dalla strada al fine di contenere gli impatti negativi generati dall’uso intensivo del trasporto su gomma in termini di inquinamento, congestione e sicurezza, gli spostamenti da trasferire dalla strada al mare sono quelli con una percorrenza superiore a 500 chilometri. Tali spostamenti in termini assoluti rappresentano una quota marginale del trasporto pesante su strada, poiché riguardano solo il 3% del totale.

Navi da crociera a Civitavecchia
Navi da crociera a Civitavecchia

D. In questo quadro gioca anche l’impatto ambientale.

R. Gli impatti ambientali, sociali ed economici di questo segmento di traffico sono decisamente più rilevanti rispetto a quelli generati dai trasporti di corto raggio. Dal punto di vista degli impatti negativi e dei consumi energetici, 1 tonnellata di merce trasportata per 600 chilometri genera impatti negativi e consumi energetici circa sei volte superiori a quelli necessari per trasportare la stessa quantità per uno spostamento di soli 100 chilometri. È opinione condivisibile pertanto che il segmento di traffico delle lunghe percorrenze rappresenta un fattore di criticità rilevante, ma anche un mercato potenziale importante per le soluzioni di trasporto intermodale (combinato marittimo e terrestre) che possono essere competitivi con il tutto-strada. Nel traffico nazionale le connessioni tra regioni del Nord e del Sud rappresentano una quota rilevante di tale segmento. Quindi, il collegamento Nord-Sud costituisce il mercato potenziale intorno al quale costruire una politica efficace di sostegno al combinato marittimo in grado di promuovere linee Ro-Ro realmente sostitutive al tutto-strada (combinato marittimo alternativo).

D. Che cosa bisogna fare per ottnere questi vantaggi?

R. Sarebbe necessaria la creazione di reti in grado di attirare volumi di carico, cercando attivamente la cooperazione con le altre modalità di trasporto attraverso una più concreta collaborazione tra le varie imprese operanti nella catena logistica, in un quadro di scelte strategiche volte a favorire mirati interventi infrastrutturali e politiche di incentivazione economica che escano fuori dalla semplice logica degli incentivi diretti a sostenere i maggior costi. Tutto ciò richiede l’impegno costante e concreto di un attore istituzionale autorevole e capace di interpretare, da una parte, le indicazioni provenienti dal mercato, dall’altra, gli obiettivi comunitari.

D. Ci vuole una politica industriale, insomma.

R. Una programmazione mirata alla realizzazione di soluzioni logistiche e infrastrutturali è indispensabile per rendere il trasporto marittimo a corto raggio più competitivo rispetto al trasporto su strada su un segmento di mercato maggiore di quello attuale.Il settore dei traffici Ro-Ro/Ro-pax e delle Autostrade del Mare rappresenta l’anello di congiunzione tra la filiera marittima e portuale e il settore dell’autotrasporto. Ed il potenziale è evidente se si considera che l’Italia è leader mondiale per la flotta traghetti Ro-Ro. Da sola (secondo i dati di Confitarma aggiornati a fine 2011) rappresenta oltre il 12% del tonnellaggio mondiale della categoria. In effetti, con 180 navi (tra Ro-Ro cargo e Ro-Ro passeggeri) per 1,27 milioni di tonnellate di portata, il naviglio ferry d’Italia è al primo posto nel mondo, seguito da Giappone, Svezia, Finlandia e Grecia. Un approccio mirato al consolidamento delle Autostrade del Mare dovrebbe prevedere l’introduzione di alcune misure prevalentemente volte alla: diminuzione dei tempi di attesa e velocizzazione di sbarco/imbarco, minimizzazione dei tempi di traversata, fruibilità degli accessi stradali, ferroviari e alle infrastrutture portuali, riduzione delle tariffe dei servizi di trasporto marittimo a corto raggio, standardizzazione delle caratteristiche e delle tipologie dei veicoli impiegati nel trasporto delle merci.

D. Un’Autostrada del Mare che funzioni vuol dire soprattutto grande intermodalità anche in futuro. Quale sostegno dalle tecnologie possiamo attenderci?

R. Il concetto di intermodalità si fonda su un orientamento nettamente favorevole del trasporto ferroviario e marittimo. Il ministero dei Trasporti ha adottato nel 2014 il Piano di Azione Nazionale sui Sistemi Intelligenti di Trasporto che tra i suoi obiettivi persegue l’introduzione di sistemi Its dedicati alla logistica e al trasporto delle merci, intensificando e stimolando l’intermodalità e la comodalità dei trasporti, sia a livello nazionale che a livello internazionale, attraverso la fruizione dei corridoi di trasporto riconosciuti a livello europeo.

Stefano Cenci
Sefano Cenci

D. Qual è il ruolo dei porti in questo contesto?

R. I porti devono poter garantire la continuità e la l’interoperabilità dei servizi Its riconosciuti a livello europeo permettendo lo snellimento delle procedure amministrative, la fluidificazione della circolazione nei pressi delle aree intermodali al fine di evitare perdite di tempo nelle congestioni e ridurre gli impatti ambientali, la minimizzazione dei tempi di attesa e di stoccaggio della merce, il raccordo dei diversi attori (autotrasportatori, operatori logistici, gestori delle infrastrutture) mediante la piattaforma telematica nazionale per la gestione delle informazioni connesse al trasporto merci e dei relativi documenti elettronici, il tracking e tracing dei mezzi e dei carichi per il trasporto di merci pericolose, l’utilizzo di protocolli standard ed architetture Its aperte e interoperabili per garantire lo scambio dati efficiente tra i soggetti coinvolti in ambito portuale e la creazione di servizi a valore aggiunto.

D. Ma siamo sicuri che non si crei un gigantesco ingorgo?

R. La capacità del sistema europeo dei trasporti è strutturalmente sottoutilizzata: le statistiche dimostrano che un quarto di tutti i camion viaggiano vuoti e che i veicoli restanti sono caricati in media solo al 57% del loro carico massimo. In particolare, sulle corte distanze circa il 50% dei veicoli viaggia a vuoto, mentre sulle lunghe distanze il coefficiente di carico dei veicoli mediamente raggiunge il 65-70%. È una situazione che genera maggiore congestione sulle arterie stradali e autostradali, con conseguente aumento dell’insicurezza della circolazione e degli incidenti che vedono coinvolti i veicoli adibiti al trasporto delle merci. Dobbiamo, quindi, porci il duplice obiettivo, da un lato, di favorire al massimo il riempimento dei rimorchi e degli autocarri, e, dall’altro, di ridurre i tempi di attesa al carico e allo scarico, identificando strumenti in grado di instaurare forme di collaborazione “orizzontale” fra autotrasporto, operatori logistici e gestori delle infrastrutture portuali, interportuali, ferroviarie e aeroportuali, attraverso i rispettivi sistemi informativi. Nell’ambito dei sistemi Its sono sempre più numerose iniziative private che rispondono a particolari modelli di business. Occorre in quest’ambito che il porto stesso incentivi lo sviluppo di partnership pubblico privato in grado attrarre capitali privati per iniziative che pur orientate al profitto rispondano ad esigenze della collettività portuale. Tutto ciò individuando e promuovendo forme di collaborazione pubblico e privato.

Un'immagine d'epoca: il porto di Civitavecchia nel 1964
Un’immagine d’epoca: il porto di Civitavecchia nel 1964













Articolo precedentePer la nuova Hpe la manifattura = analisi dei Big data
Articolo successivoKpmg: l’industria è protagonista degli m&a






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui