I veri numeri dell’Ilva e la politica che dovrebbe finalmente starne fuori

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Veduta dello stabilimento dell'ex Ilva, ora ArcelorMittal Italia

di Luigi Dell’Olio ♦ Parla l’economista Riccardo Gallo, che svela cifre finora rimaste sconosciute. Nel 2016 l’Ilva ha prodotto e venduto 5,8 milioni di tonnellate di acciaio, utilizzando il 50% della capacità produttiva. Fatturato di 2,2 miliardi, 14 mila dipendenti, 600 milioni di costo del lavoro, ebitda negativo per 600 milioni. E su Calenda e Clini…

«Se davvero si vuole uscire dall’impasse che sta caratterizzando da troppo tempo l’Ilva, è meglio che la politica si tiri fuori, a cominciare dal Governo». È una posizione netta quella di Riccardo Gallo a proposito del complesso siderurgico di Taranto, che stenta a trovare una definizione dopo la stagione dei Riva. Gallo, ultimo vicepresidente dell’Iri, a lungo docente di Economia industriale, in passato all’Università dell’Aquila e ora alla Sapienza (facoltà di ingegneria), ha una lunga esperienza anche come risanatore e commissario di aziende in crisi, il che gli consente di guardare alla vicenda Ilva con una prospettiva a 360 gradi.

 







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Riccardo Gallo, ex vicepresidente Iri, docente all’ Università La Sapienza

Lo stato dell’ arte

Nei giorni scorsi, infatti, è ripreso il tavolo negoziale, che dovrà aggiornarsi ancora. Bisogna trovare una soluzione che eviti lo spegnimento. Per il momento non sembra essere dietro l’angolo la sintesi tra due opposte esigenze: la tutela della salute, oggetto del ricorso al Tar da parte di Regione Puglia e Comune di Taranto, e quella dello sviluppo e dell’occupazione, rivendicati dalla cordata aggiudicataria della gara (il consorzio Am InvestCo Italy) e da una parte dei sindacati. Intanto un passo in avanti è stato compiuto con l’avvio del cantiere funzionale alla copertura dei Parchi primari all’interno dello stabilimento.

 

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Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano

 

Tutto questo mentre Ilva continua a perdere commesse importanti. Due anni fa è arrivata la prima botta, riguardante la commessa per il gasdotto Tap, pari a un controvalore di 450 milioni di euro per 520 mila tonnellate di tubi, commessa conquistata da Salzgitter Mannesmann e Corinth Pipeworks. I tubifici oggi sono fermi e clienti come Snam (che sta assegnando due lotti per 8.500 tubi) non si possono più servire, come in passato, degli impianti di Taranto. Secondo fonti sindacali riportati dal Sole 24 Ore, Fincantieri non riceverebbe riscontri (l’ultima fornitura è di giugno dell’anno scorso) e comprerebbe all’estero. Si sono smarrite le tracce di un cliente storico come Daewoo e Fca avrebbe scelto per Giulia e altre vetture di rifornirsi da Arcelor Mittal. E non sono gli unici casi.

 

 

Screenshot-2017-12-12 Saipem ( saipem_official) • Foto e video di Instagram(1)
I tubifici Ilva sono fermi e vanno perse commesse importanti

 

Peraltro, mentre Ilva langue, nel 2017 la produzione di acciaio made in Italy è tornata a crescere, (vedi Industria Italiana) superando la soglia dei 24 milioni di tonnellate. E ulteriori prospettive positive sono previste per il 2018, delle quali si avvantaggeranno soprattutto gli altri produttori, a cominciare da Arvedi. Merito soprattutto dell’economia mondiale, che è in forte crescita, insieme con la domanda di infrastrutture.

 

 

Situazione critica in fabbrica
Nel 2017 la produzione di acciaio made in Italy è tornata a crescere

 

”Ilva: ma quale asset strategico?„

D. Professore, all’apparenza non si vede via d’uscita da questa vicenda, sebbene tutte le parti in causa riconoscano il valore strategico di questo complesso industriale per l’economia italiana?

R. Rifiuto il concetto di asset strategico: si tratta di una definizione utilizzata da chi vorrebbe mandare avanti anche le aziende fortemente deficitarie, quelle che accumulano perdite su perdite, che poi scaricano sui cittadini-contribuenti. Neanche le più recenti pubblicazioni di economia industriale sono riuscite a tradurre in lingua anglosassone l’idea di settore strategico. È un retaggio del socialismo reale, estraneo alla cultura del mercato. Nel caso della siderurgia, si vorrebbe dimostrare che l’acciaio laminato piano in Italia è indispensabile per alimentare gli impianti di carrozzeria di Fca, che sennò chiuderebbero. Falso. Fca per molto tempo si è approvvigionata di acciaio laminato in Cina, a prezzi inferiori a quelli di Taranto.

D. Di strategicità si parla anche a proposito di Alitalia, per cui lo Stato continua a rimetterci nella convinzione che l’ex-compagnia di bandiera contribuisca a favorire gli arrivi di turisti nella Penisola…

R. Anche questo è falso. Ci sono tante altre compagnie che portano da noi turisti da ogni angolo del mondo a tariffe inferiori a quelle dell’Alitalia. I politici evidentemente non lo capiscono, sono rimasti indietro. Però quando hanno voluto far comprare ad Alitalia la AirOne che stava fallendo come se invece fosse stata florida, dirottando una barca di soldi delle banche nelle tasche di Toto, il proprietario di AirOne, i nostri politici hanno parlato di strategicità, di collaborazione pubblico-privato e altre balle simili. Una vergogna. Tutti gli italiani conoscono nomi e cognomi, ma sono stanchi, nemmeno gli elettori del M5S si sono scandalizzati quando nel corso di un dibattito gli ho urlato quei nomi e cognomi.

 

 

Altoforno dell'Ilva di Taranto
Altoforno dell’Ilva di Taranto

”Il governo deve starne fuori„

D. Questo su Alitalia, ma sull’Ilva con chi ce l’ha in particolare?

R. Con i ministri che si impicciano di questioni non attinenti al loro mandato e così finiscono con aggravare la situazione. Per andare sul concreto, mi riferisco all’ex-ministro all’Ambiente Corrado Clini che nel 2012 decise lui quali impianti tenere in funzione e quali chiudere, e all’attuale ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, che ha negato alla cordata acquirente dell’Ilva un tavolo di mediazione, come invece era dovere suo e interesse dei lavoratori.

D. Ritiene che sia questo approccio a impedire la ricerca di una sintesi tra le posizioni delle parti in causa?

R. Contribuisce certamente a non favorire l’avvicinamento. Il Governo deve starne fuori anche perché la legge non dice che il commissario straordinario debba rispondere ai desiderata dell’esecutivo, dice invece che deve contemperare i diritti dei creditori e dei lavoratori. Insomma il commissario non è un esecutore delle indicazioni del governo. Invece sappiamo che i commissari più ossequiosi poi ricevono incarichi aggiuntivi e li sommano ai precedenti: una promozione che può far sorgere dubbi sulla loro indipendenza. Non va bene . Produrre solo il 50 per cento significa imbarcare perdite che mangiano il capitale messo.

 

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Corrado Clini, Ministro dell’ Ambiente nel governo Monti

 

D. Dunque come se ne esce?

R. Per l’Ilva io ho fatto un po’ di conti. Per legge le società in amministrazione straordinaria non devono depositare i bilanci in tribunale, così non li pubblicano nemmeno. In base alle poche informazioni diffuse dai commissari, io ho ricostruito il bilancio dell’Ilva a fine 2016 e tra poche settimane lo farò per quello a fine 2017. So anche stimare i conti a regime per il prossimo triennio.

D. Quali sono i numeri che ha ricavato?

R. Nel 2016 l’Ilva ha prodotto e venduto 5 milioni e ottocentomila tonnellate di acciaio grezzo e, così facendo, ha utilizzato la capacità produttiva per appena il 50 per cento. Il fatturato netto è stato pari a 2 miliardi e 200 milioni. I dipendenti sono stati pari a 14 mila, il costo del lavoro ha sfiorato i 600 milioni, l’Ebitda (margine operativo lordo) è risultato negativo per 220 milioni. Questo significa, secondo le mie stime, che il margine operativo netto sia stato negativo per oltre 600 milioni. In assenza di proventi straordinari, la perdita netta dell’esercizio dev’essere stata superiore a 600 milioni. Per raggiungere l’equilibrio della gestione economica dell’attività operativa, nel 2016 l’Ilva avrebbe dovuto sfruttare gli impianti al 130 per cento, un assurdo. E però, produrre solo il 50 per cento significa imbarcare perdite che mangiano il capitale messo da soci.

D. E per il futuro?

R. Siccome il risanamento ambientale implica lavori pluriennali che fermano una parte degli impianti e comprimono lo sfruttamento degli impianti, la cordata acquirente subirà emorragie stratosferiche di capitali di rischio. Fosse solo per questo, merita rispetto.

 

Ilva, panoramica dello stabilimento

”Clini e Calenda non hanno capito l’entità dei problemi economico-industriali„

D. E che c’entrano Clini e Calenda? Forse non dovevano imporre la bonifica ambientale?

R. Clini e Calenda sono due ottimi tecnici, ma hanno dimostrato di non capire l’entità dei problemi economico-industriali. Anni fa io feci pubblicamente la previsione che i Riva avrebbero lasciato le fabbriche in mano a Clini, perché questi dettava in modo arrogantello quali impianti fermare, per quanto tempo, dopo quanto farli ripartire, eccetera. Glielo dissi in un dibattito televisivo e lui rispose che io ero un bravo economista, ma certo non un tecnico. Per non cadere nella trappola del litigio, non gli risposi che io sono laureato in ingegneria chimica e insegno Economia industriale nel Dipartimento di Ingegneria chimica, Materiali e Ambiente della Sapienza… Oggi non saprei nemmeno dove andare a cercarlo per ricordargli la cosa e per dirgli che la storia come succede spesso mi ha dato ragione.

 

Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo
Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo

D. E Calenda?

R. Prima dell’apertura di un tavolo ministeriale, capita sempre che la parte imprenditoriale per ampliare i margini di trattativa drammatizzi la base di partenza, preannunciando cassa integrazione o licenziamenti. I sindacati lo sanno e mantengono la calma. Il ministro è chiamato a svolgere una mediazione in condizioni rese più difficili, ma media, trova un punto di equilibrio, non si innervosisce. Invece Calenda il 9 ottobre 2017 ha annullato il tavolo perché la cordata acquirente dell’Ilva aveva indurito la proposta sul contratto dei lavoratori. Sono passati 4 lunghi mesi, l’Ilva ha imbarcato ulteriori perdite per qualche centinaio di milioni, ci rimetteranno lavoratori, creditori, fornitori. Le pare che Calenda sia stato saggio, sia stato politico? A me pare di no. Quarant’anni fa un Donat Cattin mica avrebbe reagito così. Io dico che Calenda ha una fortissima personalità, che in campo internazionale rappresenterebbe bene gli interessi italiani, ma sull’Ilva ha fatto perdere quattro mesi di tempo.

”Della bonifica ambientale si deve occupare l’autorità regionale e locale competente in salute, non un ministro„

D. Insomma, il governo non dovrebbe tutelare l’ambiente?

R. Al contrario, il risanamento dell’ambiente a Taranto è un must, ma se ne deve occupare l’autorità regionale e locale competente in salute, non un ministro rampante che da Roma detta non so quali condizioni operative a un impianto e all’altro, a un socio o a un altro. Il presidente Gentiloni è preoccupato, ammonisce a non far scappare i nuovi soci, e  secondo me ha ragione da vendere.














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