Il ruolo strategico del Chief Financial Officer, che presidia (anche) la digital transformation

di Marco Scotti ♦︎ Il cfo è sempre più tech e business partner del ceo. Tramite analisi rapida dei dati prende decisioni mirate, ottimizza i costi, aumenta la flessibilità finanziaria, gestisce il cash-flow e mitiga i rischi. Vediamolo all'opera nei casi di Ag88Holding, Euronics, Bnp Paribas Personal Finance (Findomestic), Riso Gallo, Zurich Italia assicurazioni, Car Glass

Da contabile evoluto a stratega aziendale incaricato (anche) della digital transformation: è l’evoluzione del ruolo del Chief Financial Officer, tanto che, in molti casi, succede che il Cio (Chief Information Officer) o il Cto (Chief Technology Officer) riportano a lui. O, addirittura, che i ruoli di Cfo e Cio coincidono nella stessa persona. Se n’è parlato nel corso di una tavola rotonda a porte chiuse organizzata da Comunicazione Italiana con il supporto di Hpe come sponsor e “Virgilio” tecnologico e l’importante testimonianza di sei aziende: Ag88Holding, Euronics, Bnp Paribas Personal Finance (nota in Italia col marchio Findomestic), Riso Gallo, Zurich Italia assicurazioni, Car Glass. Conduttore dell’incontro il direttore di Industria Italiana Filippo Astone. Lato Hpe hanno parlato Sergio Crippa e Corrado Lissoni. Oggi nuovi modelli di innovazione basati su intelligenza artificiale e machine learning possono accelerare i processi decisionali e di pianificazione. Ed è grazie a un’analisi rapida dei dati che è possibile prendere decisioni mirate, per ottimizzare i costi, aumentare la flessibilità finanziaria, gestire il cash-flow e mitigare i rischi.

«Ci confrontiamo con un tema che si potrebbe chiamare il Cfo 4.0 – spiega Filippo Astone – Un tempo il Cfo era colui che forniva i dati sui flussi finanziari. Ora che i dati sono belle che pronti in pochi secondi, il Cfo è chiamato a dare indicazioni strategiche su come usarli. Su come modificare le strategie dell’azienda in base a quei dati». Oltre a questo, stiamo andando verso un mondo completamente as a service, e cioè quasi tutti i prodotti – dalle automobili alle capacità elaborative di potenti server – vengono venduti con canone di affitto mensile o a consumo, che comprende tutte le garanzie e le attività necessarie per farli funzionare. La stessa Hpe ha dichiarato, nella persona del ceo Antonio Neri, che entro il 204 diventerà una società al 100% as a service. «Siccome la servitizzazione è un tema fortemente finanziario, la figura del Cfo acquisisce ulteriore centralità per il suo ruolo nella costruzione delle modalità contrattuali e finanziarie da proporre al cliente – chiosa Astone – E per svolgere questa attività, il Cfo deve utilizzare i dati forniti dall’ict aziendale». E il direttore finanziario, sempre in un’ottica “as a service”, dovrà quindi incanalare i flussi finanziari in modo diverso da prima: non più per pagare un bene, ma per scaglionarne l’addebito nelle diverse rate mensili.







In altre parole, se si organizzano i flussi finanziari in modo corretto si può decidere come, quando e quanto far pagare i servizi dell’azienda organizzata in modalità “as a service”. Per questo motivo le strategie aziendali sono decisamente nelle mani del direttore finanziario. Per Sergio Crippa di Hpe: «Il cliente compra un prodotto nella forma di un servizio che gli consente di ottenere il suo diritto di uso in base alle necessità del momento. Se un’azienda vuole rimanere sul mercato, deve fare in modo che il suo prodotto diventi un servizio, e per questo le occorrono dati». Grazie all’innovazione tecnologica e l’adozione di paradigmi moderni come il cloud, hybrid workplace, ora i Cfo hanno l’opportunità di espandere il raggio d’azione della funzione finanziaria nelle imprese. In quest’ottica, Hpe ha presentato Greenlake (che approfondiremo meglio in coda a questo articolo) una soluzione che abilita le aziende a utilizzare i propri workload e i propri dati in modalità cloud ibrida, indipendentemente dalla loro collocazione nel cloud, in un data center on premise o nell’edge, il tutto con un modello economico pay-per use.

Antonio Neri, ceo di Hpe

Hpe, che vanta 10 anni di esperienza sul modello pay-per-use, fornisce questi servizi in più di 50 Paesi, tanto che ha già contratti in essere per più di 3 miliardi di dollari, con una soddisfazione del cliente elevatissima (> 90% di retention). «Ma non basta – prosegue Crippa – è naturale che conoscere le abitudini del cliente permette di garantire un servizio migliore e un vantaggio competitivo rispetto agli altri. Ma per poter servitizzare, serve anche imparare a cambiare completamente la considerazione che si ha dell’intero processo produttivo. Dall’industrializzazione all’acquisto delle materie fino all’It, tutto deve essere riletto in un’ottica “as a service”». Questa impostazione può a sua volta abilitare altri discorsi: le tematiche di gestione del cash flow, del provisioning, dell’abilitazione di logiche relative al pay per use o pay as you grow.

«Cambiano gli strumenti finanziari come Opex e Capex. Tutte tematiche, insomma, che danno al Cfo ruoli che prima erano appannaggio del Cio. Per questo motivo, oggi, ci rechiamo dai direttori finanziari delle aziende clienti per raccontare le nuove frontiere. Tutto questo – ci spiega Corrado Lissoni di Hpe – si traduce nel fatto che oggi il Cfo è sempre più un business partner del ceo, è un punto di riferimento per i progetti di trasformazione. Questo lo vediamo anche nella nostra attività quotidiana: non c’è più il concetto di server o di storage, ma di consumo di dati. Noi accompagniamo le aziende nella costruzione di un pacchetto It adeguato alle loro esigenze. È un cambio epocale che noi abbiamo suggellato con l’annuncio che dal 2022 saremo interamente “as a service”». Ma ora veniamo ai casi aziendali.

 

Agf88 Holding porta in cloud tutte le informazioni

Interno del plant di Agf88 Holding. Per migliorare i processi, Agf88 Holding si è posta come obiettivo quello di avere tutte le informazioni sul cloud, riducendo il passaggio di dati sul server

Stiamo vivendo il passaggio non banale da un Cfo con la matita dietro l’orecchio che tiene i conti a un direttore finanziario 4.0, che deve presidiare un sistema di digitalizzazione che gli consenta di essere il copilota dell’azienda. Agf88 Holding è uno dei più importanti player nel mondo beauty&make up, con un fatturato intorno ai 160 milioni di euro. «Siamo una multinazionale tascabile – ci spiega Christian Guerra, group Cfo & Cio dell’azienda – e il 70% del fatturato viene fatto all’estero. Il mio ruolo è anche quello di responsabile dell’area informativa e questo mi “costringe” ad avere anche delle soft skill per ascoltare le varie anime dell’azienda. Devo conoscere tutti i processi e capire quali sono le esigenze delle diverse aree e a quali dare priorità. In passato il ruolo del Cfo era per il 95% fatto di costruzione di report, di tabelle, oggi invece la percentuale si ribalta: con il dato disponibile con uno schiocco di dita servono processi che girino come un orologio svizzero, bisogna che il direttore finanziario sia portatore di una logica realmente innovativa, di strategie che arrivino sulla scrivania del proprietario o degli azionisti di riferimento».

Per migliorare i processi, Agf88 Holding si è posta come obiettivo quello di avere tutte le informazioni sul cloud, riducendo il passaggio di dati sul server. Al contempo ha automatizzato tutta la parte della fatturazione, sia attiva che passiva, inserendo sistemi che permettono di ridurre e minimizzare tutto ciò che non porta valore aggiunto per la proprietà.

 

In Euronics il cfo orchestra (anche) la supply chain

Interno store Euronics. In azienda, la funzione It si collega con tutti i comitati di direzione, dal momento che l’intera gestione della supply chain è stata affidata al Cfo

Cambiando completamente settore, c’è anche quello dell’elettronica di largo consumo. Euronics è uno dei player più importanti del settore. In azienda, la funzione It si collega con tutti i comitati di direzione, dal momento che l’intera gestione della supply chain è stata affidata al Cfo.

«Per la funzione finance – ci spiega il direttore finanziario dell’azienda, Ferdinando Chianese – passano tutti i processi. Ma per un’impresa tradizionale come la nostra la vera sfida è stata quella di cambiare la cultura aziendale che si basava su diversi silos. Abbiamo quindi deciso di accorpare la supply chain, l’amministrazione e il customer care, e abbiamo cercato di unire le funzioni esistenti in modo da creare un ecosistema più efficiente. Il nostro mantra è che il dato deve essere subito disponibile, congruo e governato da chi gestisce tutti i progetti».

 

Bnp Paribas Personal Finance investe in Api e con l’It rende smart le funzioni aziendali

In Bnp Paribas Personal Finance le applicazioni di core banking sono ancora “intatte” e non toccate da una profonda trasformazione tecnologica

Nel mondo bancario le applicazioni legacy sono ancora molto presenti. In questo specifico comparto il ruolo di Cfo è ancora rimasto ancorato a logiche tradizionali, a causa della complessità delle tematiche che animano i diversi comparti. «Le applicazioni di core banking – ci spiega Filippo Martini, deputy head of risk, Southern & Central Europe, Benelux Bnp Paribas Personal Finance, conosciuta in Italia con il marchio Findomestic – sono ancora “intatte” e non toccate da una profonda trasformazione tecnologica. Abbiamo un sistema core nei vari Paesi e poi ci occupiamo delle tecnologie dell’ultimo miglio perché è la soluzione ideale quando si hanno delle aziende che non sono del tutto avanzate dal punto di vista tecnologico. Abbiamo investito molto sugli Api per lasciare il più possibile intatto il resto delle applicazioni core della banca. Nessun grande istituto di credito ha mai pensato di cambiarle, si tratterebbe di fare uno stravolgimento enorme. La funzione It, però, ci è venuta incontro dandoci dei piccoli “pezzetti” da attaccare alle singole funzioni aziendali per renderle smart. Oggi tutto il mondo bancario funziona così, ma credo che ci troviamo alla vigilia di un grande cambiamento nella gestione delle funzioni».

Tecnicamente un’Api, interfaccia di programmazione di un’applicazione, è un insieme di comandi formalizzati che consentono alle applicazioni software di comunicare tra loro in modo uniforme e di sfruttare i servizi di base per creare servizi incentrati sul cliente. Le Api, concetto lanciato dalla software house Salesforce nel 2000, sono uno dei maggiori fattori abilitanti di innovazione in ambito bancario e finanziario, e su di loro si basa il concetto di open banking e larga parte del mondo Fintech. L’open banking è il processo con cui le banche condividono i dati dei clienti con aziende o app di terze parti in modo sicuro e in tempo reale, al fine di dar vita a nuovi servizi innovativi, utili e sempre più personalizzati. Ad esempio, grazie alle Api i clienti possono utilizzare lo smartphone per pagare nei negozi o vedere quanti soldi spendono ogni mese per fare la spesa. Un’evoluzione potrebbe arrivare dall’applicazione della norma Bcbs239 di Basilea, una norma “radar” che disciplina la qualità del dato. «Imporrà un lavoro sul dato – prosegue Martini – che poi probabilmente porterà anche benefici sui fronti del miglioramento dell’esperienza del cliente, della qualità dei servizi erogati e dei processi interni».

 

Riso Gallo: la digitalizzazione per ottimizzare il rapporto con la Gdo

Emanuele Preve, managing director Cfo di Riso Gallo

A essere stata toccata in maniera più evidente dal cambiamento in atto, per quanto riguarda un’azienda come Riso Gallo, è sicuramente la parte commerciale. Questa, infatti, lavorando a stretto contatto con la Gdo si deve trovare nella complessa situazione di dover considerare sconti e premi di fine anno che devono essere tenuti a mente per avere un dato corretto relativo al bilancio.

«L’integrazione di tutte queste informazioni – ci spiega Emanuele Preve, managing director Cfo dell’azienda – deve assicurare una corretta collaborazione interna e con la grande distribuzione organizzata. Ma questo non è sempre facile o immediato. Un ulteriore tassello che stiamo portando avanti è quello della completa digitalizzazione delle fatture passive, con il caricamento automatico in Sap. Per quanto riguarda la gestione dei budget e degli investimenti utilizziamo il software Click mentre Business Object è lo strumento che abbiamo adottato per svolgere la reportistica». In Riso Gallo, il Cio riporta al Cfo.

 

Zurich: trasformare la lettura delle esperienze in una logica di tipo predittivo

In Zurich stanno innovando il business model, per fornire agli agenti strumenti digitali avanzati. È un esempio la firma digitale, i pagamenti da remoto: tutte operazioni effettuate direttamente dai clienti che permettono di non perdere il grosso valore aggiunto che è la relazione diretta

I cambiamenti nel modo di affrontare la contabilità vengono mostrati in tutta la loro forza dirompente dal mondo assicurativo. Fino a qualche anno fa, infatti, le agenzie di assicurazione beneficiavano di un flusso di cassa rovesciato, per cui prima incassavano il premio e poi pagavano il sinistro. Ma da una decina di anni la situazione si è ribaltata: bisogna ritrovare la redditività nel core business del comparto, cioè la vendita delle polizze.

«Mutualizziamo i rischi – ci spiega Domenico Quintavalle, Cfo/country chief financial officer Zurich Italia – Zurich Insurance Group – perché tante persone sottoscrivono delle polizze per assicurare degli eventi possibili, ma noi dobbiamo trovare redditività anche tramite il margine di contribuzione sui singoli rami assicurativi. Il che significa che bisogna trasformare una lettura delle esperienze in una logica di tipo predittivo. Zurich incassa 3,5 miliardi di premi tra ramo danni e ramo vita con 1,5 milioni di clienti. Ma siamo molto dipendenti dalla presenza degli agenti assicurativi che hanno una relazione diretta con il cliente. Fortunatamente questi sono stati considerati servizi essenziali anche durante la pandemia, ma è logico che un business model come questo necessita di una forte innovazione. Il problema è però fornire agli agenti strumenti digitali avanzati. È un esempio la firma digitale, i pagamenti da remoto: tutte operazioni effettuate direttamente dai clienti che permettono di non perdere il grosso valore aggiunto che è la relazione diretta. Il nostro è un business in evoluzione che mantiene anche un forte valore sociale in prospettiva futura».

 

Car Glass: inserire tutte le varianti per rendere il business prevedibile

Car Glass ha sviluppato delle applicazioni che consentono di analizzare serie storiche: per provare a rendere più prevedibile il business, l’azienda cerca di inserire tutte le possibili variabili

Rimanendo sempre nell’ambito assicurativo, ma spostandosi “dall’altra parte della barricata”, c’è il tema di chi ha come core business la sostituzione dei cristalli auto soprattutto rapportandosi con le compagnie di insurance. «Avere sotto lo stesso cappello la gestione finanziaria e quella informatica rende più agevola la gestione dei Kpi e del dato in sé che viene impiegato per le analisi. Abbiamo circa 17mila referenze – ci spiega Paolo Galli, Cfo di Car Glass – di cristalli auto, ma dobbiamo garantire i servizi entro 48 ore. Gli ordinativi, però, hanno tempi di consegna di circa sei mesi. Per questo abbiamo sviluppato delle applicazioni che ci consentono di analizzare serie storiche. Ma il tema si fa ancora più complesso quando viene lanciato un nuovo modello di auto: è difficile prevedere a prescindere quante macchine saranno vendute. Per questo, per provare a rendere più prevedibile il nostro business, cerchiamo di inserire tutte le possibili variabili. I nostri principali clienti sono le compagnie di assicurazione, con cui abbiamo accordi chiamati “a prezzo medio”. Per 12-24 mesi eseguiamo qualunque tipo di intervento al prezzo definito».

Perché questo meccanismo funzioni, però, è fondamentale conoscere le dinamiche del mercato per fare il prezzo in maniera più corretta possibile e cercare di capire se si stanno perdendo o guadagnando soldi. Ad esempio dal punto di vista territoriale: se una compagnia aumenta le polizze in una determinata città bisogna vedere come il prezzo medio influirà sui conti: se crescono a Brescia, che è la provincia con il parco auto più di valore, allora ci sarà un problema di redditività, se aumentano a Torino, invece, ci sarà un vantaggio.

 

Da Petrone Group l’intelligent data matching  automatizza i processi

In Petrone Group il primo settore aziendale a essere stato interessato dalle tecnologie è quello della tesoreria. I Big Data consentono e consentiranno di creare scenari previsionali che possono essere sempre più evoluti

Un comparto chiamato pesantemente in causa dalla pandemia è stato, ovviamente, quello farmaceutico. In questo caso aziende come Petrone Group (holding diversificata con circa mezzo miliardo di giro d’affari, dalla logistica farmaceutica alla produzione di farmaci attraverso Pierrel, dalle farmacie ai centri estetici) si sono concentrate nell’utilizzo delle tecnologie per efficientare i processi. «Noi – ci spiega il Group Cfo Vittorio Cirucci – lavoriamo principalmente con il mondo delle farmacie, che hanno diverse complessità e molti dati da gestire. Abbiamo quindi utilizzato tecnologie innovative di intelligent data matching per automatizzare i processi e abbinare gli incassi alla fatturazione, mentre prima era un processo manuale. Stiamo anche unendo una parte di risk management perché abbiamo dei Kpi che permettono di monitorare il rischio frode attraverso l’analisi all’interno dell’azienda».

Appena entrato in azienda, qualche anno fa, Cirucci, per presiedere meglio alla riorganizzazione della sua area, estremamente strategica, ha cumulato le funzione di Cfo con quelle di Cio. Poi, circa un anno fa, è arrivato un Cio a tempo pieno, che ancora si coordina strettamente con Cirucci. Il primo settore aziendale a essere stato interessato dalle tecnologie è quello della tesoreria. I Big Data consentono e consentiranno di creare scenari previsionali che possono essere sempre più evoluti. Tre anni fa è stato implementato un Erp di gruppo, Sage, che consente di uniformare tutte le applicazioni. Per quanto concerne la definizione dei budget e degli investimenti, Petrone Group impiega il software Click. Infine, tornando alla tesoreria, l’azienda impiega Piteco, parte del gruppo Dedagroup di proprietà della famiglia Podini, per svolgere le operazioni necessarie al controllo e all’efficientamento di conti e kpi.

 

Hpe GreenLake: è il cliente a definire le sue necessità

GreenLake è una soluzione che abilita le aziende a utilizzare i propri workload e i propri dati in modalità cloud ibrida, indipendentemente dalla loro collocazione nel cloud, in un data center on premise o nell’edge, il tutto con un modello economico pay-per use. Ma GreenLake quindi va oltre il pay-per-use tradizionale, dando la possibilità al cliente di definire le sue necessità con un maggiore livello di astrazione. Se con il sistema tradizionale si pagava per esempio in base alla potenza di calcolo e alla quantità di storage impegnate, con GreenLake si possono scegliere i workload in modo più specifico. Dal private cloud al Sap Hana, dai Big Data all’High Performance Computing, fino al recentissimo “5G as a service”, per ogni workload esistono formule specifiche e specifiche misure.

Hpe GreenLake in numeri. Hpe ha 4 miliardi di dollari di contratti in essere su GreenLake, suddivisi su oltre mille clienti che operano in più di 50 Paesi diversi

«Non è solo una forma di pagamento, che è solo uno dei numerosi vantaggi – spiegano in Hpe – Per esempio, un altro vantaggio è che diamo la stessa customer experience del cloud. È possibile integrare una serie di servizi – di progettazione, di gestione dell’infrastruttura – e quindi, pur rimanendo on premise, il cliente può in qualsiasi momento dimenticare le problematiche di gestione dell’ambiente. Questa è la linea di evoluzione che abbiamo dato a GreenLake nel momento in cui sono nate le opportunità hybrid cloud. I clienti ormai sono sul cloud, ma non tutte le applicazioni sono portate su cloud, il mondo IT è ibrido. Nel 2017 grazie all’acquisizione di Ctp (Cloud Technology Partners) e nel 2018 di Red Pixie che vantano un’esperienza importante in termini di competenze, abbiamo portato i principali brand a livello mondiale sul cloud e sviluppato tutta una serie di strumenti per aiutarli a capire quali sono i costi per andare sul cloud. Sulla base di questa esperienza abbiamo poi costruito una serie di soluzioni che abbiamo inserito in GreenLake. In questo momento GreenLake in Hybrid Cloud è un’evoluzione di GreenLake che dà un’ulteriore possibilità ai nostri clienti di poter gestire ambienti cloud o ambienti on premise nello stesso modo. Perché alcune applicazioni magari le terranno on premise per motivi di sicurezza, di non portabilità, per tutta una serie di motivi. Ma avranno la stessa esperienza, come se il data center on premise fosse sul cloud»














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