Best Workplaces for Blue Collar 2023: le migliori aziende industriali in cui lavorare. Al top La Marzocco, Andriani e Algeco

di Barbara Weisz ♦︎ Leadership consapevole, virtuosa, inclusiva. Organizzazioni che coinvolgono in cambiamenti e processi innovativi. Più autonomia, ergonomia degli spazi di lavoro. Sono i risultati che emergono dalla seconda edizione della sezione dedicata alla manifattura della classifica di Great Place to Work Italia. La top ten 2023: La Marzocco, Andriani, Algeco, Vimec, Gruppo Sapio, Sirmax Italia, Master, Lati Industria Termoplastici, Ard Raccanello, Cantiere del Pardo. Ne parliamo con Beniamino Bedusa

In inglese si dice walk the talk, passare dalle parole ai fatti. Per gli operai, una cultura aziendale basata sul benessere dei dipendenti e un capo che effettivamente porta avanti questo valore è uno degli aspetti che maggiormente contraddistinguono un luogo di lavoro di successo. Insieme alla capacità di ascolto della leadership e a quella dell’azienda di coinvolgerli nell’organizzazione, anche ascoltandone proposte e idee.

Sono i risultati che emergono dalla classifica Best Workplaces for Blue Collar 2023 di Great Place to Work Italia, giunta alla seconda edizione, che Industria Italiana anticipa in esclusiva. Avvicendamento in testa alla classifica, quest’anno vince La Marzocco (produzione macchine da caffè), che l’anno scorso era seconda, seguita da Andriani Società Benefit (innovation food), che si era aggiudicata la precedente edizione. Sul terzo gradino del podio una new entry, Algeco (noleggio e vendita container e moduli prefabbricati). Seguono Vimec (produzione montascale e soluzioni per la mobilità), Gruppo Sapio (gas industriali), Sirmax Italia (materie plastiche), Master (serramenti), Lati Industria Termoplastici (materiali termoplastici), Ard Raccanello (sistemi vernicianti per l’edilizia) e Cantiere del Pardo (cantieristica navale). A fare la differenza, sottolinea Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia, «non sono le dimensioni aziendali, o il settore di attività. Fra le migliori organizzazioni troviamo produttori di barche, macchine da caffè, idrogeno. La caratteristica fondamentale è la capacità dell’azienda di ascoltare, e anche di mettersi in discussione».







Best Workplaces for Blue Collar 2023 come detto è la seconda edizione di questa classifica dedicata alle imprese particolarmente virtuose secondo gli operai che ci lavorano, ma continua ad avere un primato nel mondo, nel senso che l’Italia è l’unico paese in cui viene pubblicata (Great Place to Work è una multinazionale che lavora in 97 paesi nel mondo). «Siamo partiti dalla volontà di ascoltare le persone forse meno ascoltate, i blue collar appunto, che però sono la spina dorsale dell’economia italiana e del Made in Italy – spiega Bedusa -. Hanno un ruolo complesso, non accedono allo smart working, è più difficile per l’azienda motivarli. Quindi, abbiamo pensato fosse importante identificare le aziende che invece riescono a farlo. Abbiamo interpellato più di 8mila operai di 46 organizzazioni. E abbiamo trovato realtà eccellenti, in cui oltre il 75% dei blue collar sono contenti del proprio luogo di lavoro, un livello di soddisfazione superiore di 23 punti rispetto a quello registrato nelle altre aziende analizzate». Vediamo nel dettaglio i risultati dell’analisi.

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Nei best workplaces si riduce il gap nel Trust Index fra operai e impiegati



Il primo fattore chiave riguarda la percezione diversificata del clima lavorativo tra gli operai e gli impiegati. In generale, nelle aziende, il clima di fiducia è più alto fra gli impiegati che non fra gli operai. Questo avviene anche nelle dieci aziende vincitrici, ma la differenza nel Trust Index (l’indice proprietario di Great Place to Work su cui si basano le classifiche) tra i Blue Collar e chi lavora negli uffici è comunque di soli sette punti percentuali a favore degli impiegati, mentre nelle altre aziende la forbice si allarga a 18 punti.
Il gap dunque è inferiore, ma esiste. Significa che anche in queste aziende eccellenti su questo aspetto c’è ancora da lavorare? «C’è da lavorare in qualsiasi organizzazione – sottolinea Bedusa -. Devo dire che l’operaio, in media, ha una serie di svantaggi strutturali rispetto all’impiegato: basti pensare agli orari o di lavoro, o al work-life balance, che negli ultimi anni riveste un ruolo più rilevante rispetto al passato. Ma fra le Best Workplaces for Blue Collar ci sono casi in cui gli operai sono più positivi dei white collar. Per esempio, nella valutazione del prodotto, sulla domanda “credo che i nostri clienti valuterebbero positivamente il servizio che offriamo loro”, sono più positivi rispetto agli impiegati. Perché lavorando in produzione hanno una maggior coscienza del prodotto e paradossalmente sono ambassador più forti che rispetto agli impiegati negli uffici».

Trust Index (l’indice proprietario di Great Place to Work su cui si basano le classifiche) tra i Blue Collar e chi lavora negli uffici è di soli sette punti percentuali a favore degli impiegati, mentre nelle altre aziende la forbice si allarga a 18 punti. Fonte Best Workplaces for Blue Collar

Si può dire che impiegati e operai abbiano anche priorità ed esigenze diverse da soddisfare? «Sicuramente i blue collar, che vivono maggiormente lo spazio aziendale, hanno molta più attenzione a questi aspetti: lo spogliatoio, il camice, il parcheggio, il piano ricreativo, lo spazio caffè. E questi sono spesso elementi che le aziende curano maggiormente nelle sedi centrali che non negli stabilimenti. E poi c’è il tema base della flessibilità: ormai gli impiegati ce l’hanno nella maggior parte dei casi, gli operai no. Però le aziende con una leadership orientata all’ascolto e all’innovazione, possono costruire nicchie di flessibilità» anche per i blue collar, che vengono molto apprezzate. Andriani prevede attività di supporto alla genitorialità e al ruolo di cura, l’orario della palestra aziendale è organizzato in modo tale che la possano utilizzare anche gli operai, che fanno i turni. C’è attenzione a tutti gli aspetti legati all’ergonomia della fabbrica: regolazione della temperatura, illuminazione. In Algeco i magazzinieri hanno flessibilità be per gestire le pause caffè e la pausa pranzo, e si organizzano i turni autonomamente.
«Un altro elemento, ancora più incredibile – prosegue il presidente di Great Place to Work Italia riferendosi sempre alla riduzione del gap nel Trust Index fra impiegati e operai -, alla riguardo la domanda sull’adattamento rapido ai cambiamenti organizzativi sono più ottimisti del 4%. Quindi, nonostante sia difficile, le aziende best hanno messo in discussione l’attività legata a modalità di lavoro e innovazione».

Fra le Best Workplaces for Blue Collar ci sono casi in cui gli operai sono più positivi dei white collar. Per esempio, nella valutazione del prodotto, sulla domanda “credo che i nostri clienti valuterebbero positivamente il servizio che offriamo loro”, sono più positivi rispetto agli impiegati. Perché lavorando in produzione hanno una maggior coscienza del prodotto e paradossalmente sono ambassador più forti che rispetto agli impiegati negli uffici. Fonte Best Workplaces for Blue Collar

L’innovazione piace ai Blue Collar

Innovazione a La Marzocco macchina del caffè

Il report sottolinea come nelle aziende best i processi di innovazione vengono gestiti attraverso la comunicazione e il forte coinvolgimento di tutti i livelli organizzativi, costruendo una forte base di consenso e sostegno anche nella popolazione che normalmente più subisce questi processi, e così il cambiamento diventa patrimonio delle persone che lavorano ai processi produttivi, in un’ottica di miglioramento continuo.

Lo dimostra anche il fatto che in queste aziende c’è una percentuale del 13% superiore che nelle altre nella percezione della popolazione operaia di avere opportunità di partecipare al processo innovativo.

La Marzocco, ad esempio, ogni anno in occasione della festa di Natale premia le migliori idee dei dipendenti, che possono riguardare un nuovo formato, o un miglioramento del processo di produzione, o l’utilizzo di nuovi strumenti. Un operaio ha avuto l’idea, poi realizzata, di modificare il processo di packaging, alzando la macchina da caffè con una gru per imballarla, invece che effettuare l’operazione con dei carrelli.
Il rapporto virtuoso con l’innovazione passa quindi attraverso la possibilità per i blue collar di avere più flessibilità e autonomia lavorativa, formazione, sviluppo di nuove competenze. E una maggior propensione all’ascolto del management e in generale dell’organizzazione.

Best Place to Work Workplaces for Blue Collar. La top ten 2023: La Marzocco, Andriani, Algeco, Vimec, Gruppo Sapio, Sirmax Italia, Master, Lati Industria Termoplastici, ARD Raccanello, Cantiere del Pardo. Fonte Best Workplaces for Blue Collar

 

La centralità i dei valori e la coerenza della leadership



Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia

Nei Best Workplaces for Blue Collar il 72% degli operai dichiara che i propri leader rappresentano appieno i valori dell’azienda, +15 punti rispetto agli operai delle altre aziende. E ritengono questo il fattore di soddisfazione più importante, mentre nelle altre aziende prevalgono altri elementi (parità di trattamento a prescindere dal ruolo, benessere psicologico). In sintesi, viene apprezzata una cultura di leadership consapevole e virtuosa. Come si concretizzano in pratica queste caratteristiche? «Vuole dire leader capaci di ascoltare le persone anche in catene produttive complesse, capaci di mettere in discussione quello che stanno facendo, di raccontare ai dipendenti perché fanno una cosa e quale impatto le loro azioni hanno sull’azienda, dove va l’azienda. Di condividere la strategia aziendale, anche se è lontana da loro – spiega Bedusa. Poi ci vogliono skill più personali, come la capacità di essere aperti, disponibili all’ascolto, e far recepire un non controllo continuo sul lavoro. Questo permette un arricchimento dell’esperienza di lavoro da parte dell’operaio».

Su quest’ultimo punto c’è un dato interessante: la soddisfazione per il rapporto con i responsabili e la possibilità di fare un buon lavoro senza essere continuamente controllati registra una differenza di 13 punti rispetto alle altre aziende analizzate. Naturalmente, le aziende best hanno sempre attenzione anche agli aspetti più tradizionali legati al rapporto di lavoro: compensi, benefit, strumenti di welfare aziendale. La cosa interessante è che fra benefit, clima aziendale, senso di appartenenza, non c’è una precisa gerarchia nelle preferenze espresse. «Le aziende hanno storie, territori e culture diverse – conclude Bedusa. Non c’è una gerarchia, ma un impatto univoco. Il fatturato di queste imprese è aumentato del 6,4% in più rispetto alle altre, il turnover volontario è più basso del 2,4%. Questo per noi di Great Place to Work è un mantra: garantire alle persone un posto di lavoro positivo. Non decoroso, ma positivo. Non è solo un discorso di etica aziendale, è un valore economico. Aumento di fatturato e turnover più basso sono fattori economici. Una persona che esce costa all’azienda il 50% del proprio costo», perché bisogna impiegare risorse per il processo di nuove assunzioni e formazione.

Alla domanda sull’adattamento rapido ai cambiamenti organizzativi gli operai sono più ottimisti del 4%. Quindi, nonostante sia difficile, le aziende best hanno messo in discussione l’attività legata a modalità di lavoro e innovazione. Fonte Best Workplaces for Blue Collar

Il metodo per la classifica Best Workplaces for Blue Collar 2023

La classifica si basa su quattro indicatori:

  • Media Trust Index dei Blue Collar: è un indice proprietario di Great Place to Work, rappresenta il valore medio delle risposte positive al questionario di clima aziendale, misurando quindi il clima di fiducia in azienda
  • si basa su cinque pillar: credibilità (comunicazione, competenza, integrità), rispetto (sviluppo professionale, coinvolgimento, cura), equità (equità del trattamento, imparzialità, giustizia), orgoglio (lavoro individuale, gruppo di lavoro, immagine aziendale), coesione (confidenza, accoglienza, collaborazione)
  • differenza di percezione tra Blue Collar e White Collar;
  • percentuale di risposte ottenute dagli operai: misura quanto la parte produttiva pesa sul totale della popolazione aziendale.

Sono state considerate solo le aziende dei settori produttivo/manifatturiero e dell’edilizia. Il settore più rappresentato è quello alimentare (23%, fra food e beverage), seguito dalla chimica (14%).
La molla fondamentale di Great Place to Work, sottolinea Bedusa, «è ascoltare tutti. A differenza di altre aziende, noi vogliamo sempre ascoltare tutti. Qualche impresa sottoposta al test ci chiedeva di non ascoltare la produzione, o il retail». Il presidente di Great Place to Work Italia ha fortemente voluto questa classifica dedicata ai blue collar, consapevole dell’importanza di ascoltare una platea di «lavoratori più difficili da motivare, ma più arricchente, parlano di cose concrete, con grande trasparenza». Molto spesso, quando si parla di aziende e di organizzazione interna, ci si riferisce ai white collar. «Invece in Italia la parte produttiva ha un ruolo chiave. È assurdo sottovalutarla».
Le modalità di ingaggio per compilare il report e la classifica possono essere diverse nell’interpellare i blue collar. «A volte si tratta di lavoratori che non usano mail, quindi usiamo metodologie diverse, come un QR code, in modo da incentivare tutti a rispondere alla survey. Mettiamo anche cartelli, comunicazioni visive, per raggiungerli. Alla fine, gli operai sono entusiasti di essere ascoltati. La chiave è l’ascolto. In aziende anche positive ma senza ascolto (magari perché nelle hr non ci sono abbastanza persone, oppure il business è più orientato ai processi), il livello di soddisfazione è più basso».

 

La soddisfazione per il rapporto con i responsabili e la possibilità di fare un buon lavoro senza essere continuamente controllati registra una differenza di 13 punti rispetto alle altre aziende analizzate. Fonte Best Workplaces for Blue Collar

Le dieci aziende Best

La Marzocco: sede nel Mugello, per la precisione a Scarperia, nella provincia di Firenze, ha quasi cent’anni di storia (nata nel 1927, si chiamava Officine Fratelli Bambi). Produce macchine da caffè sia per uso domestico sia per i bar e il settore della ristorazione. Negli anni ’90 entra nel mercato americano, e nel ’95 Piero Bambi vende le quote ai distributori USA. La strategia aziendale di HR si può riassumere con l’espressione People and Culture, due valori fortemente interconnessi fra loro. Un esempio di come viene messa in pratica: tutti i dipendenti, operai inclusi, fanno corsi di formazione sul caffè, per essere in sintonia con il core business dell’azienda, e sanno utilizzare le macchine da caffè.

Interno del plant di Andriani: ha nove linee di produzione e 15 di confezionamento, ed esporta in 50 nazioni

Andriani Società Benefit: è una società relativamente giovane, nasce nel 2009, fondata dall’omonima famiglia, a Gravina di Puglia, dove ancora oggi c’è il quartier generale. Partendo dalla tradizione pugliese della pasta fatta in casa, punta fin da subito sul cosiddetto innovation food, con materie prime di alta qualità, soprattutto cereali e legumi. Oggi ha nove linee di produzione e 15 di confezionamento, ed esporta in 50 nazioni. La parola chiave nella gestione della forza lavoro è wellbeing, che viene preferita al welfare perché esprime il concetto di stimolare il benessere sul lavoro. La sede aziendale è progettata intorno ai concetti di ergonomia, collaborazione, open. Fra i fiori all’occhiello, un ristorante aziendale con nutrizionista e chef.

Algeco: fondata nel 1955 in Francia, sviluppa costruzioni prefabbricate, che oggi rappresentano il core business. La sede principale italiana è in Umbria, a San Gemini, in provincia di Terni. I concetti chiave per comprendere la strategia nei confronti delle persone sono: benessere, sicurezza, condivisione, accessibilità, informalità, riscontro. Fra le iniziative rilevanti, il progetto Kaizen, con che mira all’eccellenza operativa attraverso il miglioramento continuo.

Vimec: azienda emiliana fondata nel 1980, realizza montascale e soluzioni per la mobilità della persona, fa parte del gruppo svedese Investment AB Latour, lavoro di squadra e clima aziendale sono fra i valori portanti in materia di HR.

La sostenibilità ad Algeco

Gruppo Sapio: azienda monzese con oltre 100 anni di storia, fondata nel 1922, produce gas industriali e medicinali, fornisce tecnologie, è attiva anche nel settore medicale. Fra i valori centrali la sostenibilità anche intesa come benessere e sicurezza dei dipendenti, e l’innovazione.

Sirmax Italia: fondata nel 1964 a Isola Vicentina (Vicenza), attiva fin dall’inizio nei materiali termoplastici, ha 13 impianti in cinque paesi del mondo (Italia, Polonia, Stati Uniti, Brasile e India). A Cittadella (Padova) dove si trova la sede centrale, ha una Palazzina della Tecnologia, un polo tecnologico di ricerca e sviluppo in collaborazione con l’Università di Padova. Parola chiave nelle risorse umane, Proximity, ovvero vicinanza che si estende a tutti gli attori coinvolti nell’azienda e tutela e promuove il valore delle persone.

Master: dal 1986 progetta e realizza accessori e componentistica per serramenti in alluminio a Conversano, in Puglia, provincia di Bari, è presente in 58 paesi del Mondo. Innovazione, valorizzazione delle persone, collaborazione, sono fra i valori del dna dell’impresa.

Lati Industria Termoplastici: fondata a Vedano Olona nel 1945, produce termoplastici per uso ingegneristico, è alla seconda generazione di imprenditori, fra i valori centrali l’impatto positivo sull’ambiente, il benessere dei dipendenti, lo sviluppo del territorio.

Ard Raccanello: fondata nel 1939 a Padova, produce e distribuisce prodotti vernicianti per l’edilizia, è presente in più di 30 paesi nel mondo, innovazione e qualità nel dna, sostenibilità ambientale e centralità delle persone fra i valori portanti.

Cantiere del Pardo: cantiere navale di Forlì, dal 1973, ha appena festeggiato i 50 anni di storia, coniuga tradizione artigianale, nuove tecnologie, e sostenibilità, il codice etico definisce il contributo professionale delle persone in un clima di lealtà e fiducia reciproca come il principale fattore di successo di un’azienda.














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