Fabio Arpe: non ci sarà recessione! Anzi, il periodo attuale è denso di opportunità per la manifattura italiana…

di Laura Magna ♦︎ Visione ottimista e controcorrente del banchiere fondatore di Arpe Group. Secondo lui, le tragiche vicende che accadono nell’Europa orientale potrebbero anche portare opportunità per la nostra economia. Ci sono segnali di spostamento della domanda verso l’Italia, che viene dirottato dall’Est vicino e lontano, perché i costi di trasporto, soprattutto dall’Asia, sono diventati proibitivi. Annullato anche il vantaggio del minor costo del lavoro in quelle aree

Abbiamo l’occasione di tornare a essere la prima manifattura d’Europa. Le tragiche vicende che accadono nell’Europa orientale, se si osservano dal punto di vista economico, possono anche portare a vedere delle opportunità per la nostra economia. A sostenerlo, non prima di aver esposto la sua ferma condanna all’aggressione di Putin all’Ucraina, è Fabio Arpe, banchiere di lungo corso, la cui storia nel mondo della finanza inizia nel gruppo Imi alla fine degli anni Ottanta.

«Ci sarà un rallentamento dell’economia in Europa, ma credo  che l’Italia sarà il Paese che anche nel 2022 e nei prossimi anni crescerà di più nel Continente». Nel 2012 Arpe ha fondato una società di advisory dedicata alla piccola industria: si chiama Arpe Group ed è stata definita da noi di Industria Italiana qui la “Mediobanca delle pmi”. Il suo è dunque un osservatorio privilegiato sul cuore dell’industria italiana. E da questo punto di osservazione vede industrie che hanno un portafoglio ordini stracolmo che non si vedeva da anni e semmai la difficoltà è di esaudirli per la carenza di materie prime.







Fabio Arpe, ceo Arpe Group

«Si tratta – dice Arpe – del segnale dello spostamento della domanda verso l’Italia, che viene dirottato dall’Est vicino e lontano, perché i costi di trasporto, soprattutto dall’Asia, sono diventati proibitivi e annullato il vantaggio del minor costo del lavoro in quelle aree; non solo, il rischio geopolitico di un mondo che si dividerà in due aree, sono tali che l’industria pesante del centro Europa guardi con maggior tranquillità a un paese di trasformazione come l’Italia che a paesi molto lontani in cui è difficile calcolare il costo della commessa a causa del costo dell’energia e sono soggetti a dei rischi geopolitici che prima non venivano messi in conto; paesi che erano quindi molto più competitivi di noi; quindi di fatto molti ordini di “semilavorati” che prima venivano inviati in paesi molto lontani, oggi tornano ad essere dirottati sull’Italia.»

Le previsioni di Confindustria? Forse troppo pessimistiche

I timori della recessione sono stati comunicati dal centro industria di Confindustria il 9 aprile: la stima è di un calo della produzione industriale italiana a marzo (-1,5%), dopo il rimbalzo statistico di febbraio (+1,9%). «Le dinamiche inedite dei prezzi delle commodity, con particolare riferimento al rincaro del gas naturale che esibisce tassi di variazione a 4 cifre (+1217% in media nel periodo del conflitto sul pre-Covid) e quello del Brent, che è a 3 cifre (+104%), misurano l’ordine di grandezza dello shock di offerta che sta colpendo l’attività economica italiana ed europea. Indici di sentiment sull’attività imprenditoriale e di fiducia, in flessione a marzo, preannunciano rilevanti ripercussioni sull’effettiva capacità di tenuta delle imprese nei prossimi mesi».

Dati di CSC sulla produzione industriale italiana a febbraio e marzo 2022

Nel primo trimestre 2022, quindi, il CSC stima una diminuzione della produzione industriale di -2,9% rispetto al quarto trimestre del 2021, che inciderà negativamente sulla dinamica del Pil. Infatti la crescita del Pil attesa da Confindustria è dell’1,9% nel 2022 e dell’1,6% nel 2023.

Per il 2022 Confindustria prevede un aumento del Pil dell’1,9%,

Due sistemi a confronto: il mondo libertario vs il mondo autotitario

«Occorre fare una premessa – continua Arpe. Ci sono due sistemi a confronto, uno è quello del blocco democratico e libertario di cui fa parte l’Europa e  gli Usa e l’altro è il sistema Russia-Cina dove non vige lo stesso genere di libertà di espressione a noi consentita. A questo secondo blocco appartengono oltre Russia e Cina anche  la Corea del Nord,  la Bielorussia ecc». I russi e i cinesi  parlano apertamente di nuovo ordine mondiale. «La Russia ha invaso uno Stato sovrano che era indipendente dal 1992 e questo crea un “prima e in poi”, una cesura tra quella parte di mondo che chiude 40 milioni di persone a Shanghai per 80 mila casi di covid, cosa chiaramente impensabile in Italia, e un mondo dove la libertà di espressione è un valore fondamentale. Non è la lotta tra capitalisti e comunisti degli anni 60 , ma uno scontro di come si intende il sistema di Governare i propri popoli».

Nelle settimane già trascorse la guerra stessa ha dimostrato, secondo Arpe, che fosse infondato il rischio di un attacco Nato alla Russia vista la sua inerzia a intervenire militarmente e di questo tutti se ne sono resi conto.. Quello che è emerso è che oggi l’Europa orientale e l’est in generale vengono percepiti  come aree politicamente più a rischio, e questo porta a guardare con maggior attenzione all’Italia che è un grande paese manifatturiero ma lontano dai luoghi dove si consumano queste tragedie. A questo si aggiunge che il costo del trasporto dei manufatti dall’estremo oriente è meno competitivo visto che il costo del loro trasporto è aumentato a dismisura, mentre un paese di trasformazione vicino al centro Europa come l’Italia soffre meno dell’aumento del costo del trasporto».

«Esiste quindi un vantaggio per l’Italia non adeguatamente sottolineato e che andrebbe colto: tornare ad essere il primo punto di riferimento per le industrie del centro Europa.. L’Italia è geograficamente più alla portata ed è un Paese del blocco occidentale, stabile sul fronte geopolitico. Oltre a possedere un’industria trasformativa di eccellenza ed avere sbocco sul mare».

Il tema dell’energia? Un problema  non insormontabile per l’Italia

E il tema dell’energia? L’Italia importa dalla Russia il 40% del gas che viene usato anche per alimentare le aziende energivore: con l’embargo proclamato dalla Commissione europea le conseguenze potrebbero rivelarsi tragiche. «Un problema che può essere risolto», risponde Arpe. «Per Draghi è facile andare in Algeria e creare un Tap fino all’Italia, per la Germania un po’ meno. Non solo. Il fabbisogno energetico in Italia nel 2021 è stato di 328 miliardi di Kw, e i campi fotovoltaici in attesa di autorizzazione hanno una capacità produttiva di 100 miliardi di kw  e sono tutti incagliati nella burocrazia. Basterebbe fare come nel caso del ponte di Genova; attualmente sono bloccati da ambientalisti burocrazia ecc; se si desse un rapido via libera alla loro installazione si avrebbe un’altra boccata di ossigeno che altri  paesi con diversa insolazione non si possono permettere riducendo il problema energetico».

Insomma, gli ordini arrivano in Italia per evitare il rischio geopolitico ma anche per sopperire all’aumento dei prezzi degli altri paesi causati dagli aumenti della bolletta energetica. «Era già successo in parte con la rottura delle supply chain con il Covid che aveva scatenato un’ondata di reshoring». Per dirla in termini più semplici siamo di fronte a un possibile ribaltamento della situazione precedente: con la globalizzazione eravamo i più cari del mondo come costi di produzione,  oggi torniamo a diventare competitivi: «Se prima produrre in Vietnam costava un terzo che produrre in Italia, oggi il costo del trasporto è così elevato che la situazione è cambiata. Senza considerare che l’Italia difficilmente verrà coinvolta in una guerra e il suo rischio geopolitico è molto basso».

L’Italia, potrebbe ritornare ad essere un perno fondamentale per l’economia Europea

Le conseguenze di quanto detto sono che l’Italia «sarà il Paese che crescerà di più in Ue anche nel 2022 perché tornerà a essere strategico per tutti. E non è un caso che nessuno in commissione europea dica oggi che dobbiamo stare attenti al rapporto debito pil: «senza dubbio assisteremo a un rallentamento del commercio globale, a una frenata della crescita globale ma per gli italiani sarà un gioco a somma maggiore di zero. Con tutto il mio disprezzo per le vicende bellicose, da homo economicus non posso non rilevare la grande opportunità da cogliere. Noi siamo un paese di trasformazione, abbiamo lo sbocco al mare, ci siamo scontrati dopo la caduta del Muro di Berlino con le produzioni dell’Europa dell’Est e della Cina che ci hanno schiacciato con il minor costo del lavoro. Ma adesso che l’est diventa potenzialmente instabile e il costo del trasporto aumenta a dismisura, l’Italia torna a essere strategica, anche per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo e vicina all’Africa che ha le materie prime. Insomma, è un’opportunità da non perdere», conclude Arpe.














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