Blockchain e digital twin per la logistica industriale

di Andrea Ballocchi ♦︎ Progetto anti contraffazione della Links Foundation, per vidimare ogni fase della supply chain. Idea nata in seno alla Commissione Europea. Per arginare un settore criminale, quello dei prodotti falsi, che vale oltre 30 miliardi. L’esempio di Jaguar

La tecnologia blockchain applicata alla logistica

L’innovazione tecnologica come strumento per tutelare le aziende dal rischio contraffazione. Secondo Confcommercio, il danno provocato dall’immissione di falsi prodotti sul mercato è di 30,2 miliardi di euro ed è in costante crescita; tra 2018 e 2019 sono stati sequestrati 413 milioni di prodotti falsi. Un italiano su tre ha acquistato almeno un prodotto contraffatto, solo lo scorso anno. Il danno non è solo economico, ma occupazionale: si stima siano a rischio 197mila posti di lavoro. Per limitare i rischi di contraffazione lungo la filiera vengono in soccorso soluzioni tecnologiche emergenti come il digital twin e la blockchain, combinati in un sistema messo a punto da un team della Fondazione Links (Leading Innovation and Knowledge for Society, fondata dalla Compagnia di San Paolo e dal Politecnico di Torino e attiva a livello nazionale e internazionale nell’ambito della ricerca applicata nel settore della innovazione basata su tecnologie dell’informazione), coordinato dal vice direttore Edoardo Calia.

Sviluppata in forma prototipale nel corso di un evento organizzato dalla Commissione Europea e denominato Blockathon, la soluzione offre il vantaggio di controllare ogni fase della supply chain in modo semplice e preciso. I dati raccolti nelle diverse fasi del trattamento delle merci controllate possono costituire una base preziosa per l’implementazione di servizi a valore aggiunto. La memorizzazione dei dati raccolti in un sistema informativo decentralizzato come la blockchain elimina il problema (molto sentito nel settore) di avere un gestore di servizio che acquisisce una posizione di privilegio per il solo fatto di avere accesso ai dati generati da tutti gli attori della filiera. Utilizzando una struttura alla quale tutti hanno accesso in modo eguale si implementa di fatto una supply chain di tipo collaborativo, trend attualissimo che sarà protagonista di un mercato in continua ascesa: secondo stime di Idc, il valore globale nel 2022 sarà di 260 miliardi di dollari.







 

Digital twin e blockchain anticontraffazione: l’idea nasce a Blockathon

La squadra di Team Links. Edoardo Calia è il primo in piedi a destra

Il modello applicativo, utilizzabile nel contesto industriale per implementare servizi di trasparenza, tracciabilità e anticontraffazione, è nato nel corso di Blockhathon, prima edizione di un hackathon – evento competitivo per esperti d’informatica – organizzato dalla Commissione Europea nel 2018, dedicato espressamente alla sperimentazione di tecnologia blockchain in supporto alla anticontraffazione. «Il nostro progetto – racconta Edoardo Calia – è nato in una competizione che ha coinvolto 11 team provenienti da tutta Europa, che hanno lavorato ininterrottamente per 72 ore con il supporto di mentor provenienti da grandi aziende, operatori di logistica, agenzie doganali e altre importanti realtà». Tra i nomi spuntano quelli di Amazon, Ali Baba, Ibm, Klm/AirFrance cargo, Dogane Francesi, Porto di Rotterdam, Chanel.

«La soluzione che abbiamo proposto partiva dalla generazione dei dati raccolti dalla supply chain utilizzando una soluzione brevettata dalla start-up fiorentina VidiTrust: un Qr Code non duplicabile e quindi garanzia dell’autenticità di un bene che si sposta lungo la supply chain. Come architettura decentralizzata abbiamo scelto IoTA, un progetto che al momento della competizione aveva pochi anni di vita e che è stato pensato per la raccolta di dati e informazioni dal mondo degli oggetti connessi (IoT)», prosegue Calia. Diverse soluzioni emerse nel corso della Blockathon erano basate sul concetto di gemello digitale applicato alla supply chain. Tra questi anche la soluzione presentata da CryproMice, il team italiano risultato vincitore della manifestazione aggiudicandosi due dei premi messi in palio alla Blockathon.

L’idea sviluppata, invece, da Team Links è stata costruita attorno a un sistema di raccolta dei dati riguardanti i beni trasportati. «I dati erano inviati al digital twin dell’elemento tracciato (singolo collo, pallet, container), che quindi si arricchiva nel tempo di tutte le informazioni relative alle diverse fasi logistiche, dall’uscita della fabbrica fino alla vendita in negozio. La caratteristica di affidabilità del dato è ottenuta da una combinazione della certezza di autenticità del QR code scansionato unito all’immutabilità del dato scritto nel distributed ledger». Per garantire l’autenticità del dato all’origine abbiamo utilizzato una soluzione sviluppata e brevettata da VidiTrust, ex spin-off dell’Università di Firenze. Essa si basa sulla generazione di Qr code non riproducibili in maniera fraudolenta (ristampa, scansione e copia ecc.) proprio grazie alla tecnologia progettata, che inserisce all’interno del tag (Qr Code) informazioni immutabili e peculiari». Il QR code così generato, che può essere letto con una fotocamera di uno smartphone di buona qualità, garantisce che ogni prodotto è quello effettivamente uscito dalla fabbrica. Combinando queste tecnologie è stato possibile creare il prototipo di un sistema adatto a conferire trasparenza all’intera supply chain.

 

Blockchain anti contraffazione: come è nato il progetto e l’importanza dei dati

L’idea di progettare un sistema basato sulla blockchain è nata nel 2017 «quando abbiamo cominciato a occuparci di questa tecnologia in uno dei laboratori di ricerca avviati nell’Istituto Superiore Mario Boella – prosegue Calia – Abbiamo iniziato a studiare la tecnologia dei sistemi decentralizzati (denominati tecnicamente Distributed Ledger) scegliendo un sistema specifico denominato IoTA, per noi particolarmente interessante in quanto è stato progettato per supportare la gestione di dati generati dal mondo degli oggetti Internet of Things, uno dei settori di ricerca più sviluppati in Links». IoTA è una criptovaluta focalizzata a fornire comunicazioni e forme di pagamento sicure tra le macchine nel contesto dell’Internet delle Cose. Fondata nel 2015, due anni dopo la capitalizzazione di mercato IoTA ha superato i 12 miliardi di dollari, divenendo la quarta criptovaluta al mondo per capitalizzazione. Numerosi sono i progetti sui quali la Fondazione è impegnata nel settore IoT: tra questi anche uno espressamente dedicato alla digitalizzazione del settore movimentazione merci e trasporti che è stato sperimentato nel porto di Livorno.

Links Foundation in numeri

«Si tratta di un’architettura Dlt (Distributed Ledger Technology) progettata per superare i limiti delle blockchain più note: IoTA offre una elevata velocità di scrittura e approvazione delle transazioni, e non prevede il pagamento di fee per la scrittura dei dati nel sistema distribuito», spiega ancora Calia, che è anche co-founder di iStarter, network che conta oltre cento equity partner e il cui obiettivo è accelerare le migliori startup nate da giovani imprenditori italiani. Il fattore costo è di importanza strategica, considerando la grande mole di dati generati dall’IoT: se si dovesse pagare una commissione per ogni dato memorizzato in blockchain si arriverebbe a costi di servizio inaccettabili. «Quando abbiamo iniziato a studiare la architettura di IoTA, il progetto stava muovendo i suoi primi passi, e questo ci ha consentito di lavorare potendo contare su una collaborazione sinergica con i membri di quella che sarebbe diventata la IoTA Foundation».

Jaguar ha stretto una collaborazione con Iota per remunerare con token i dati forniti dagli utenti. Photo credits jaguar.it

Questa architettura permette anche di remunerare chi contribuisce al funzionamento del sistema immettendo dati prelevati dalla supply chain: nel prototipo sviluppato a Bruxelles era stato previsto anche un sistema di distribuzione equa dei ricavi del servizio, garantendo un riconoscimento a coloro che, mediante la scansione del Qr code, generassero informazioni utili a garantire autenticità del prodotto, trasparenza e tracciabilità. È ciò che ha fatto Jaguar, per esempio, annunciando l’anno scorso di aver stretto una collaborazione con Iota proprio per remunerare con token i dati forniti dagli utenti. La stessa normativa europea GDPR sulla data privacy ha liberalizzato lo sfruttamento delle informazioni degli utenti, purché puntualmente informati.

I dati possono essere raccolti e venduti direttamente, ossia allo stato “grezzo”, o indirettamente ossia associando ad essi uno strato di intelligenza/interpretazione realizzato mediante applicazione di tecnologie di big data analytics. Se il dato in sé ha un valore, la sua interpretazione diventa ancora più preziosa per i decision maker aziendali che ne possono trarre un grande profitto, ottenendo un vantaggio competitivo grazie a decisioni tempestive e più mirate. Il business dei cosiddetti data marketplace, luoghi virtuali dedicati alla gestione e compravendita di dati, è in continua ascesa, la cui caratteristica importante è consentire a chi contribuisce con informazioni preziose di ottenere una remunerazione per questa attività. Un approccio molto differente da quanto avviene oggi in molti contesti nei quali i profitti derivanti dall’utilizzo di dati e contributi forniti dall’utente vengono centralizzati nelle mani di pochi attori, ricompensando gli utenti con il solo (ancorché di valore) accesso gratuito a servizi. Secondo Statista, il mercato dei big data raggiungerà i 103 miliardi di dollari nel 2027: una vertiginosa e rapida ascesa, considerando che nel 2011 valeva 7,6 miliardi.

 

Anticontraffazione digitale: un’idea per la logistica

Digitalizzazione della supply chain tramite IoTA: su ogni prodotto si immagina di applicare un Qr code anticontraffazione. In determinati momenti della storia del prodotto questo codice viene scansionato, raccogliendo sia il dato letto sia le informazioni relative all’operatore (o dispositivo) che ha eseguito la scansione. Tutte queste informazioni, corredate di opportuno timestamp, sono inviate alla rete IoTA, che ospita l’insieme dei gemelli digitali dei prodotti

L’idea messa a punto dai ricercatori della Fondazione Links per la competizione europea si è focalizzata, come detto, su una soluzione per l’anticontraffazione, prevedendo una serie di passaggi per il controllo lungo tutta la catena di fornitura. «La digitalizzazione della supply chain porta con sé diverse complessità. Una di queste è legata al fatto che i beni subiscono una serie di aggregazioni e disaggregazioni durante il passaggio attraverso le diverse fasi della catena: il bene esce dalla fabbrica come oggetto singolo, che poi viene aggregato ad altri in un pallet che, successivamente, può venire inserito insieme ad altri in un container (e il processo si ripete al contrario man mano che ci si avvicina alla destinazione). Dal punto di vista della digitalizzazione, tutti questi passaggi (aggregazioni / disaggregazioni) devono essere in qualche modo codificati e riportati nei digital twin degli oggetti singoli, generando allo stesso tempo il gemello digitale del pallet, o del container, nella fase di aggregazione» rileva Calia.

Il progetto si è sviluppato così: «su ogni prodotto si immagina di applicare un Qr code anticontraffazione. In determinati momenti della storia del prodotto questo codice viene scansionato, raccogliendo sia il dato letto sia le informazioni relative all’operatore (o dispositivo) che ha eseguito la scansione. Tutte queste informazioni, corredate di opportuno timestamp, sono inviate alla rete IoTA, che viene quindi ad ospitare l’insieme dei gemelli digitali dei prodotti». Alla fine del processo logistico il digital twin ha raccolto tutti i dati della storia dei vari passaggi della supply chain di ogni oggetto movimentato; a questo punto, l’utente interessato a scoprire la “storia” del prodotto (trasportatore, agenzia doganale, produttore, acquirente finale) può scansionare il Qr code applicato al prodotto di interesse, e così facendo interrogare il digital twin corrispondente, avendo (se l’interrogazione va a buon fine) la garanzia di autenticità del prodotto.

 

Digital twin anti truffa: il gemello digitale per il controllo di ogni pacco e contenitore

Per limitare i rischi di contraffazione lungo la filiera vengono in soccorso soluzioni tecnologiche emergenti come il digital twin e la blockchain, combinati in un sistema messo a punto da un team della Fondazione Links

Il gemello digitale è di fatto un “contenitore virtuale” destinato a raccogliere dati relativi all’oggetto. «Ai fini della anti contraffazione è importante raccogliere informazioni sulla storia del prodotto dal momento dell’uscita dal magazzino del produttore – afferma il vice direttore di Links – Il digital twin di ciascun prodotto può quindi essere creato in quel momento, e popolato di dati man mano che l’oggetto si sposta lungo la supply chain. Nei momenti di aggregazione di più oggetti in un pallet o container viene creato la replica virtuale di questo contenitore, che viene associato a tutti quelli degli oggetti in esso contenuti. Ne risulta una sorta di “matrioska digitale” che permette di seguire e registrare tutte le informazioni di interesse per la tracciabilità e la verifica di autenticità».

All’interno di un digital twin possono essere contenute tre tipologie di informazioni: la prima comprende le informazioni che non variano nel tempo, come l’anagrafica dell’oggetto; la seconda è costituita da informazioni variabili nel tempo ma con relativa lentezza, per esempio eventi legati al trasporto o, nel caso di un macchinario, informazioni relative a interventi di manutenzione; la terza categoria è costituita dalle informazioni rilevate in tempo reale, con elevata frequenza. A ciascuno di questi tipi di informazioni corrisponde una specifica modalità di trattamento e di gestione: la valutazione di quali dati si desidera memorizzare fornisce elementi importanti per la progettazione della struttura del digital twin. Infine, nel valutare la gestione e l’utilizzo dei dati che si trovano nel gemello digitale occorre considerare che alcuni possono essere condivisi in modo pubblico, mentre altri devono essere considerati riservati. «È importante far comprendere alle aziende che utilizzando l’architettura del digital twin è possibile rispettare e garantire i corretti livelli di privacy e di sicurezza dei dati raccolti. Questi requisiti e funzionalità conferiscono alla replica virtuale una architettura che può essere anche molto complessa, e specifica per ogni ambito cui si applica».

 

Il progetto c’è: ora basta applicarlo

Secondo Confcommercio, il danno provocato dall’immissione di falsi prodotti sul mercato è di 30,2 miliardi di euro ed è in costante crescita; tra 2018 e 2019 sono stati sequestrati 413 milioni di prodotti falsi. Da qui la necessità di limitare i rischi della contraffazione tramite digital twin e la blockchain

Il modello è pronto ed è perfettamente applicabile dal punto di vista tecnico. «Già oggi ci sono operatori preposti alla scansione di codici per la registrazione delle merci. Ciò che manca è il conferimento di queste informazioni in un unico data base, un raccoglitore centrale di tutti i dati provenienti dall’intera supply chain. I motivi della assenza di questo componente è la resistenza che normalmente si riscontra rispetto alla creazione di una entità che diventi sostanzialmente gestore e proprietario di tutti i dati». Ma grazie alla possibilità di utilizzare sistemi pubblici e quindi accessibili a tutti come la blockchain e – più in generale – architetture decentralizzate come i distributed ledger, il problema viene superato. L’uso di questi sistemi potrebbe anzi costituire un fattore incentivante perché le aziende accettino un modello per la condivisione dei dati prelevati dalla catena di distribuzione. «È importante che le aziende comprendano che non occorre rendere visibili tutti i dati a tutti i partecipanti ad una supply chain: possono essere condivisi solo quelli che possono fornire servizi a valore aggiunto a beneficio di tutti», conclude Calia.














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