Dal Coronavirus: recessione economica e industriale, soprattutto in Italia

di Filippo Astone ♦︎ La pessima conduzione della crisi e delle notizie aggraverà l'impatto sulla nostra manifattura, già penalizzata dalla riduzione delle esportazioni e dall'interruzione della supply chain globale. In ogni caso, tutta la faccenda provocherà un arretramento dell'economia mondiale

Il Coronavirus avrà conseguenze recessive, che peseranno ancor di più sull’Italia, per via della pessima gestione politica della crisi, che ci ha trasformati negli Untori del mondo, e soprattutto sulla manifattura (da cui dipende direttamente il 20% del nostro pil e indirettamente tra il 60 e l’80%) a causa del calo delle esportazioni (e noi siamo soprattutto un’industria esportatrice) e dell’interruzione della supply chain globale. A ciò si è aggiunta la chiusura di gran parte delle fabbriche del Nord Italia, interrompendo le consegne di manufatti ai clienti, con conseguenze spesso irreparabili. Ne abbiamo già parlato qualche giorno fa qui, e adesso ci ritorniamo sopra con un pezzo della collega Laura Magna qui, che riporta alcuni dati sulla situazione e fa un’analisi in termini di risk management.

Questa situazione economicamente tragica e politicamente degna di una delle peggiori commedie all’italiana, viene rappresentata con efficacia dalla dichiarazione di un economista americano e dalla fotografia del Governatore della Lombardia, il leghista Attilio Fontana, che indossa (male, perché non ne è capace) in diretta Facebook (finora 450mila visualizzazioni, almeno un’altra milionata con le riprese e i rilanci da parte di altri siti) una mascherina per difendersi dal contagio.







La dichiarazione è di Mark Zandi, chief economist di Moody’s Analytics, che il 28 febbraio ha detto alla Stampa: «Se il Coronavirus diventerà una pandemia, provocherà una recessione globale. L’Italia sarà uno dei Paesi più colpiti, perché ha pochissimo spazio di manovra in termini di politica monetaria e fiscale per reagire. L’unica risposta efficace del governo è impegnarsi al massimo ora per contenere il contagio, ed essere trasparente con i propri cittadini, affinché possano prepararsi al meglio per affrontare la crisi».

 

La Lombarda cade in basso: Fontana mascherato

Il Governatore della Lombardia Attilio Fontana indossa la mascherina poiché una sua collaboratrice è risultata positiva al Coronavirus

L’immagine di Fontana mascherato ha fatto il giro del mondo, rendendo ancora più forte e diffusa nel mondo l’immagine di un’Italia pericolosa perché contagiata da una peste inarrestabile. Ciò ha ulteriormente accelerato disdette turistiche e cancellazione di forniture e contatti commerciali. Addirittura, British Airways ha interrotto i voli per il Nord Italia. E perfino il Madagascar ha chiuso gli aeroporti ai voli provenienti dal nostro Paese. Perché Fontana ha fatto una mossa dannosa per i suoi cittadini e degna, a livello estetico, di un brutto film in cui Bombolo e Cannavale tentano di rendersi irriconoscibili? Difficile stabilire se sia pure e semplice mancanza di intelligenza (e di buon gusto) oppure una mera speculazione elettorale per attirare i consensi della popolazione poco istruita, poco intelligente e/o molto emotiva. Il sospetto che ci sia una forte speculazione elettorale è molto forte. La Lega ha tutto da guadagnare nel presentarsi come il difensore della “gente” contro il contagio proveniente dagli stranieri. E una crisi come questa, unita alla recessione, può accelerare la caduta del Governo ed elezioni anticipate che incoronerebbero Matteo Salvini come Presidente del Consiglio. Fontana mascherato è stata la punta più bassa di una gestione della crisi improvvisata e autolesionista a livelli inediti in tutto il mondo.

 

Una pessima gestione della crisi

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana

A due settimane di distanza dai fatti, ci sono ancora tante domande senza risposte. Il virus tende a diventare inefficace lavandosi le mani e a contatto con il calore, tanto che il consiglio dei medici è di usare l’amuchina e bere bevande calde. Era davvero necessario chiudere tutte le regioni del Nord e accelerare la recessione? Oppure la fantasia, l’esperienza e una buona organizzazione potevano suggerire rimedi altrettanto efficaci? Perché negli altri Paesi europei ed occidentali nessuno ha chiuso le fabbriche e noi invece si? Ed è stato saggio chiudere i voli diretti dalla Cina e lasciare aperti tutti gli altri, così che chiunque potesse tornare dal Paese del Dragone facendo scalo in una delle centinai di città del mondo? Non era meglio lasciare aperti i voli diretti (per fare controlli più efficaci) ed obbligare alla quarantena chiunque tornasse dalla Cina? Pare che la mossa della chiusura immediata dei voli dalla Cina sia stata suggerita dal consigliere per la comunicazione Rocco Casalino, che avrebbe così ventilato un vantaggio in termini di consenso. Ecco, altri Paesi occidentali evoluti hanno come spin doctor del premier grandi studiosi, professori di Oxford, Cambridge o del Mit. Noi abbiamo Rocco del Grande Fratello. È stato saggio che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte comparisse in tutte le trasmissioni tv con atteggiamento che pareva quello che di chi si collega dal bunker nel Day After una esplosione nucleare? La lista delle domande potrebbe proseguire ancora, ma ci fermiamo qui perché, a questo punto, il quadro è abbastanza chiaro ed è inutile tediare ancora il lettore. Forse è meglio tornare sugli argomenti industriali e macroeconomici.

 

Il fermo della manifattura italiana: Pirelli, Fca, Giorgio Armani e tantissime pmi

Marco Tronchetti Provera, ceo e vice presidente esecutivo di Pirelli

Gli impatti sulle fabbriche italiane si sono manifestati duramente. Pirelli ha chiuso in Cina due delle sue tre fabbriche mentre per prudenza Italdesign (gruppo Volkswagen) ha annunciato lo stop provvisorio di tutte le attività di produzione in Italia e Giorgio Armani chiuso per una settimana gli uffici di Milano e le sedi produttive che si trovano in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino e Piemonte. Fca, che qualche giorno fa dichiarava la sospensione della produzione della 500L in Serbia perché a corto di componenti, in queste ore ha ottenuto il permesso di entrare nella zona rossa, proprio a Codogno, per recuperare componenti elettronici prodotti dalla Mta Advanced Automotive Solution, mossa che dovrebbe scongiurare il blocco negli stabilimenti italiani.

Ma a pagarne in misura maggiore sono le pmi, per cui la gestione del rischio non è sempre strutturata. Come si è letto recentemente sul Fatto Quotidiano, la Invernizzi Imballaggi di Trezzano Rosa nel milanese, sta riscontrando reali problemi di produzione in quanto non riceve più le scorte di carta. Gli imballaggi dell’azienda milanese sono destinati principalmente a industrie chimico-farmaceutiche e automotive e vengono realizzate solo con carta delle foreste Usa. Ma le navi che dovrebbero caricarla sono ferme nei porti cinesi.

La Quickly-tec di Cinisello Balsamo è una torneria di precisione che da circa un mese on riceve materie prime dalla Cina. Così l’amministratore delegato è stato costretto a importare dagli Usa, dalla Svizzera e dal Giappone. Ma questo ha comportato un aggravio di costi del 10%: sostenibile solo per un breve periodo e se la cosa andrà avanti così, da metà aprile l’azienda sarà in seria difficoltà. Insieme ad altre 15mila piccole imprese che, secondo Confesercenti, rischiano addirittura la chiusura per l’impatto da Coronavirus.

 

Il panico provoca la cancellazione di visite dei buyer esteri

Magneti Marelli in Cina
Magneti Marelli in Cina

Il panico sta cancellando numerose visite di buyer esteri e procrastinando al personale commerciale italiano visite programmate da tempo, come ha fatto notare – in un comunicato diramato proprio lo stesso giorno in cui il leghista Fontana ha indossato la mascherina in diretta Facebook – Federmacchine, la Federazione Nazionale delle Associazioni dei Produttori di Beni Strumentali e loro Accessori invitando le cariche istituzionali a pesare le parole. Dal canto suo Confindustria invita a «un continuo confronto» per arrivare a «decisioni efficaci e condivise per il sostegno delle attività produttive che stanno già subendo ripercussioni molto negative legate all’epidemia».

«Siamo in emergenza economica. L’impatto del Coronavirus sull’economia globale lo sconteremo duramente», aggiunge Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda, che avverte che fermare la Lombardia equivale a fermare «un oltre un quinto del pil italiano e dare un duro colpo a tutta la filiera dell’industria, che rischia di impiegare mesi a recuperare lo svantaggio economico con il resto del mondo».

 

L’effetto sui settori: il caso automotive

Stabilimento Volkswagen a Shanghai

Scrive la Fondazione Italia-Cina che «le multinazionali stanno iniziando a sentire gli effetti di sospensione delle attività e di taglio delle linee di fornitura e approvvigionamento. La decisione del governo cinese di estendere la chiusura delle attività dopo le festività del Capodanno e di cancellare le rotte aeree in entrata e uscita dal Paese ha generato un effetto sulla produzione di beni di consumo, beni high-tech e industria tessile dove la Cina gioca un ruolo centrale nelle catene di approvvigionamento. L’interruzione della produzione in questi settori ha un effetto avverso sia sulle commesse per i ritardi e cancellazioni delle consegne sia sulle materie prime, merci e beni intermedi, obbligando le compagnie a trovare fornitori alternativi».

L’emblema di questa crisi è l’automotive: secondo l’Organization of Motor Vehicle Manufacturers una sospensione della produzione per due settimane comporta la perdita di oltre 1 milioni di veicoli. La China Passenger Car Association stima che nei primi due mesi del 2020 le vendite di auto in Cina subiranno un crollo notevole. La chiusura degli impianti di 11 province (Hubei, Shanghai, Guangdong, Chongqing, Zhejiang, Jiangsu, Anhui, Yunnan, Fujian, Jiangxi and Shandong) che da sole rappresentano due terzi della produzione di veicoli in Cina, secondo le previsioni comporterà un calo delle vendite nel periodo tra gennaio e febbraio tra il -25% e il -30% e probabilmente tale declino delle vendite si rifletterà su tutto l’anno con un calo del -5% e, in particolare, del -20% sulle vendite di veicoli con passeggero in Cina.

Tali difficoltà non sono dovute solamente alla diretta chiusura degli impianti finali di produzione e di assemblaggio di automotive, ma anche dell’intera filiera dei componenti auto per cui la provincia di Hubei è uno dei maggiori centri di produzione. La città di Wuhan, centro della pandemia, ospita numerose aziende produttrici di automotive come il gruppo cinese Dongfeng, la giapponese Honda Motor, la francese Psa Group, l’americana General Motors, la tedesca Bosch e l’italiana Magneti Marelli. Il parco industriale di Wuhan annovera numerosi impianti di assemblaggio e di componentistica per veicoli a motore, tanto che per il 2020, secondo un’altra analisi di Ihs Markit, era prevista una produzione nella sola città di 1,6 milioni di veicoli ovvero il 6% della produzione totale.

 

(ha collaborato Laura Magna)














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