Boccia e Dal Poz duri contro il governo “anti-industriale”

Vincenzo Boccia - presidente di Confindustria - e Matthieu Jehl - ad Arcelor Mittal Italia - durante l'assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto|Alberto Dal Poz
L'ex Ilva, ora stabilimento ArcelorMittal Italia di Taranto

di Marco de’ Francesco ♦︎ Dall’assemblea di Federmeccanica tenuta nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto, i pesanti rilievi di Confindustria e della federazione sindacale della metalmeccanica contro l’esecutivo che, con il Decreto Crescita, intende azzerare lo scudo legale previsto per chi porta avanti il piano di risanamento ambientale dell’impianto siderurgico

Da una parte l’associazione degli industriali e la federazione sindacale dell’industria metalmeccanica, dall’altra l’esecutivo. I rapporti tra le prime due e il governo pentastellato non sono mai stati brillanti: molti bassi e pochi alti. Ma la vicenda dell’ex-Ilva di Taranto ha di sicuro finito per approfondire la lacerazione. Mentre si teneva l’assemblea generale di Federmeccanica – denominata “Acciaio Impresa” e tenuta proprio nella più grande acciaieria d’Europa – Montecitorio approvava il Decreto Crescita, ora in attesa di conferma al Senato, che di fatto azzera lo scudo penale e amministrativo previsto nel 2017 per chi si fosse preso carico della situazione ambientale dello stabilimento siderurgico. La multinazionale ArcelorMittal, il gigante dell’acciaio che ha investito più di un miliardo di euro per fare dell’impianto un modello a livello continentale, non ci sta: senza tutele non è possibile gestire lo stabilimento, dice. E i vertici di Confindustria e Federmeccanica, Vincenzo Boccia Alberto Dal Poz, si schierano dalla sua parte. Non si cambiano le regole in corso d’opera. Altrimenti, si finisce per dissuadere gli stranieri che intendono investire da noi. E Dal Poz coglie la palla al balzo per stilare una lista di rilievi da far pervenire al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.







 

Alberto Dal Poz – presidente di Federmeccanica -, Vincenzo Boccia – presidente di Confindustria – e Matthieu Jehl – ad Arcelor Mittal Italia – durante l’assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto

Cahiers de doléances

Cominciamo dagli assenti. «Rammarica che gli impegni istituzionali abbiano impedito sia al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di essere  qui con noi» – ha affermato qualche ora fa Dal Poz. «Con la loro presenza – ha continuato – intere filiere istituzionali e industriali del Paese si sarebbero trovate per la prima volta insieme per ragionare sul futuro di questa comunità e di un intero settore industriale». Ma agli assenti si può rimproverare, al massimo, di essere assenti; e poi è chiaro che il rilievo era rivolto soprattutto al primo fra i due personaggi citati. Come si vedrà, Di Maio e l’attuale esecutivo hanno assunto il ruolo, per tutta la giornata, dei “convitati di pietra”. Tanto che si è avuta l’impressione che l’assemblea generale di Federmeccanica e le attività parlamentari relative al Decreto Crescita fossero, in realtà, connesse nella loro espressa e reciproca opposizione. Ma questo è un aspetto che vedremo presto. Comunque, giacché di Di Maio non c’era traccia, Dal Poz – a capo dell’associazione che si occupa delle relazioni con sindacati e enti pubblici e del rinnovo dei contratti nazionali di categoria – si è rivolto al vertice di Viale dell’Astronomia, Boccia, con questa formula: «Ti chiedo di portargli le richieste che l’industria metalmeccanica rivolge al governo». E qui Dal Poz ha iniziato a snocciolare i cahiers de doléances che raccolgono, in teoria, quanto sta a cuore alla federazione. Anzitutto, un tema molto caro a Federmeccanica, quello della formazione. Secondo Dal Poz, «serve un piano nazionale, in proposito: ridimensionare l’alternanza scuola-lavoro è stata una decisione sbagliata. Suggerisci che quando servono i navigator significa che è già troppo tardi: è molto meglio dare subito la giusta istruzione ai nostri giovani. Non lo dice Federmeccanica ma i fatti: il 48% delle aziende non trova i profili che servono oggi e domani sarà anche peggio». Si ricorderà che Federmeccanica, qualche mese fa, aveva lanciato una petizione online. Si chiamava Più Alternanza. Più formazione ed era reperibile sul sito della federazione. Dal Poz nell’occasione aveva affermato che «conoscenza, sapere e competenza sono le infrastrutture immateriali fondamentali per un Paese 4.0. Abbiamo chiarito che con il sistema duale l’impresa diventa un po’ scuola e la scuola si apre all’impresa. Per il buon funzionamento occorrono processi strutturati, impiego di risorse materiali e immateriali, flessibilità e capacità di adattamento di ogni attore. Tutor aziendali e Insegnanti hanno bisogno di un continuo aggiornamento e deve essere reso sistematico il confronto tra Scuole, Imprese e centri di ricerca. Tutto questo richiede un supporto normativo, amministrativo ed economico. Alla fine, la petizione è stata firmata da oltre 20mila persone». La verità, però, è che il governo era rimasto perfettamente impermeabile e refrattario alle richieste. Comunque sia, la formazione non esaurisce l’attuale lista. «Chiedi un drastico abbattimento del cuneo fiscale, a partire dalla tassazione del lavoro, precisando che le coperture non vanno create a debito ma intervenendo sulla spesa improduttiva. Abbattere le tasse sul lavoro è vera giustizia sociale». Inoltre, sempre secondo Da Poz, «il Paese deve mettere in campo una politica industriale con interventi economici, per il lavoro e per l’istruzione».

Alberto Dal Poz – presidente di Federmeccanica – durante l’assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto

La rottura fra governo, Federmeccanica e Confindustria

In realtà, si stava giocando un’altra partita. O meglio: considerati i rapporti tra l’associazione degli industriali e Federmeccanica da una parte e l’esecutivo dall’altra, forse il verbo giusto è “consumando”. Proprio mentre si teneva la assemblea, giungeva la notizia della approvazione, alla Camera, del Decreto Crescita. Sul provvedimento, era stata posta la Fiducia. Ora la questione è nelle mani di Palazzo Madama. Ieri l’altro, però, era stata proprio una norma contenuta nel decreto in discussione a creare sconcerto. Riguarda, appunto, lo stabilimento di Taranto, la ex-Ilva. Com’è noto, a causa di questioni ambientali, l’enorme impianto, il più grande d’Europa, è sotto sequestro dal 2012. Il piano ambientale del 2017 è stato progettato, fanno presenta da Arcelor Mittal, attuale proprietario indiano-franco-ispanico, per risolvere «problemi di lunga data» e per trasformarlo in un impianto europeo siderurgico europeo all’avanguardia, con le tecnologie più avanzate. Attualmente la multinazionale, che ha un fatturato di 76 miliardi di dollari e 209mila dipendenti in giro per il mondo, sta realizzando a Taranto una gigantesca copertura, per evitare la diffusione di polveri nocive. L’investimento è di oltre 1,15 miliardi di euro.

Lavori nello stabilimento Arcelor Mittal Italia

Il Piano ambientale prevedeva l’esclusione della responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario e dell’acquirente. Il Decreto Crescita, invece, limita l’esonero della responsabilità. Se il Decreto Crescita sarà confermato al Senato, lo scudo per i dirigenti di Arcelor Mittal terminerà il 6 settembre. Per l’azienda, «così non è possibile gestire il risanamento dei luoghi e lo stesso stabilimento». Per il Mise, l’azienda era al corrente delle modifiche da febbraio. Comunque sia, l’ad Matthieu Jehel qualche ora fa a Taranto l’ha messa così: «Noi vogliamo produrre in Italia, ma è cambiato il quadro giuridico che aveva caratterizzato i nostri accordi con il governo. E non si tratta di immunità penale, ma di tutele legali». Secondo Dal Poz, «un Paese che non rispetta gli impegni perde di credibilità. Così si va contro chi investe in Italia e contro le reali necessità del Paese». Secondo il presidente uscente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo, «bisogna difendere il diritto di fare impresa e il rispetto dei patti».

Alberto Dal Poz – presidente di Federmeccanica -, Vincenzo Boccia – presidente di Confindustria -, Monsignor Santoro,  Matthieu Jehl – ad Arcelor Mittal Italia –  e Vincenzo Casareo – presidente uscente di Confindustria Taranto – durante l’assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto

La posizione di Boccia

Secondo Boccia, mettendo insieme gli indizi si raggiunge una sola conclusione: si intende portare alla paralisi l’industria italiana. Il presidente non si riferisce solo alla questione della fiducia e dei patti disattesi; in modo più lato individua il pericolo nel «parlare del salario minimo senza sapere chi lo paga, o di scala mobile sapendo che indebolirebbe la produttività». Occorre, dice Boccia, una politica con il senso del limite. Tornare al realismo che ha ispirato la Costituzione. Afferma di condividere in pieno le preoccupazioni espresse da Dal Poz. Anzi, al governo ricorda una frase di Eduardo De Filippo: “Essere scaramantici è da ignoranti, ma non esserlo porta male». È ormai rottura totale tra Confindustria e Federmeccanica da una parte e l’esecutivo dall’altra. Il fatto è che, secondo Boccia, c’è chi coltiva obiettivi politici lontani dall’economia reale. Il futuro, per Boccia, si costruisce sul presente, e non sempre il cambiamento è in positivo.

Platea Assemblea Generale Federmeccanica a Taranto














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