Atom, l’azienda che… fa le scarpe all’industria

di Laura Magna ♦︎ Dal distretto meccano-calzaturiero di Vigevano fino a Shanghai, ormai a tutti gli effetti centro mondiale delle scarpe: è il lungo viaggio dell'impresa guidata da Giovanni Gaia che serve colossi come Nike e Adidas. E per arginare i danni dal Covid l'unica strada è stata quella di diversificare la produzione, destinandola anche ad altre industry come l'automotive e l'oil&gas. Per il futuro, Atom punta sull'automazione

Se c’è una cifra caratteristica della meccanica italiana è la sua resilienza, la capacità di adattarsi ai cambiamenti di contesto senza subire danni (ma anzi rafforzandosi). Non fa eccezione Atom, azienda di Vigevano che produce macchine per il settore delle calzature e che ha saputo superare – innovando – le turbolenze del settore di riferimento. Un settore colpito oggi dalla pandemia e negli ultimi venti anni da importanti cambiamenti nell’offerta del prodotto calzatura (forte crescita del segmento sneaker a svantaggio della calzatura classica, e dalla guerra dei prezzi di produzione innescata dall’Oriente. Lo ha fatto diventando innanzitutto un interlocutore unico per tutte le fasi del processo calzaturiero, dal design della scarpa, alla sua trasformazione in prodotto finito. Ma anche «diversificando in settori diversi, come l’auto e l’oil&gas. E mettendo in essere una produzione a Shanghai, al servizio dei colossi delle sneakers. E abbracciando la tecnologia con un approccio sostenibile», sintetizza a Industria Italiana il presidente Giovanni Gaia.

Così dal piccola officina di manutenzione degli inizi, Atom è diventata oggi la testa di un gruppo industriale che comprende Shoemaster, che progetta sistemi Cad/Cam per il design e la produzione di calzature; AtomMB, specializzata nella costruzione di macchine per il montaggio delle scarpe; e Main Group, azienda padovana che progetta tecnologie per lo stampaggio a iniezione e sistemi per l’automazione. Ed è una realtà di riferimento mondiale nella produzione di sistemi di taglio e di stampaggio di componenti per l’industria calzaturiera: fortemente orientata all’export (che vale circa il 70% del fatturato) con cinque stabilimenti produttivi nelle aree di Vigevano, in Veneto e in Cina, una dozzina di filiali distributive sia nei mercati occidentali che in quelli asiatici, una dimensione occupazionale di circa 500 addetti, tra diretti e indotto, e un fatturato di gruppo intorno ai 100 milioni di euro (dati 2019).







 

Il distretto calzaturiero di Vigevano

Giovanni Gaia, ad Gruppo Atom

Il contesto in cui la storia ha inizio è determinante. A Vigevano e nei 13 comuni limitrofi della provincia di Pavia ha sede il più antico distretto industriale della Lombardia sorto intorno alla produzione di calzature. Non solo scarpe ma anche, appunto, le macchine per costruirle, come spesso accade in Italia. Sia la produzione calzaturiera sia quella dei relativi macchinari si caratterizzano per elevati standard qualitativi e forti quote destinate all’esportazione.

Ma il settore meccano-calzaturiero vigevanese in sé ha subito negli ultimi due decenni un forte ridimensionamento per effetto delle due spinte negative già citate di concorrenza e prezzi: la reazione è stata di focalizzare la produzione sulle fasce di qualità elevata e sul comparto dei macchinari, ovvero le cose che sappiamo fare meglio e che sono più difficili da imitare e dunque delocalizzare. Le aziende che producono tecnologie per calzature, pelletteria e conceria sono 350 in Italia e impiegano 4mila addetti secondo Assomac, l’associazione di categoria afferente a Federmeccanica. Intorno a Vigevano – e nelle Marche – si concentra la maggior parte di quelle specializzate in Assomac e Assomac; mentre in Toscana e Veneto hanno sede principalmente i costruttori di macchine per conceria. Atom nasce, in questo contesto, nel 1946 come società tra tre giovani ragazzi di belle speranze, attorno alle cui famiglie ancora oggi si concentra l’assetto proprietario. «In quegli anni Vigevano era il distretto calzaturiero più importante d’Italia. Noi siamo entrati nel mercato per fare assistenza sulle tecnologie che all’epoca erano tedesche o Usa e in questa attività abbiamo imparato a fare le macchine. È un percorso tipico di tutte le fabbriche meccano-calzaturiere. Nel tempo siamo cresciuti e ci siamo evoluti».

 

Rotta su Shanghai, dove si è spostata la fabbrica mondiale delle scarpe

Atom, azienda di Vigevano che produce macchine per il settore delle calzature, ha saputo superare – innovando – le turbolenze del settore di riferimento. Un settore colpito oggi dalla pandemia e negli ultimi venti anni dall’emergere di offerte di maggior successo, come quella delle scarpe sportive, e dalla guerra dei prezzi di produzione innescata da Oriente. Lo ha fatto diventando innanzitutto un interlocutore unico per tutte le fasi del processo calzaturiero, dal design della scarpa, alla sua trasformazione in prodotto finito

Nel 2000 ha aperto una fabbrica cinese a Shanghai, «non a caso perché il 90% delle calzature mondiali sono oggi prodotte nella grande Cina. E anche nel post Covid sarà così», dice Gaia. E il reshoring di cui tanto si parla? «La guida potrà restare in Occidente in termini di tendenza moda e nicchie, ma la produzione resta lì. I grandi produttori di scarpe hanno ogni convenienza a continuare a operare in quell’area del mondo per questioni di costi bassi e logistica avanzata e non vedo come questo assetto possa cambiare nel breve medio termine. A Vigevano le scarpe non si fanno più, salvo piccole nicchie di produzione di alta qualità. I numeri non sono più in Occidente e chi produce tecnologie deve  confrontarsi sui mercati dove si fanno i numeri». Avendo fatto bene i conti in effetti Atom oggi serve direttamente o indirettamente tutti i maggiori produttori di scarpe del mondo: non fa nomi il presidente, ma presumibilmente il riferimento è a colossi come Nike ad Adidas.

 

La diversificazione ha permesso di limitare i danni dei lockdown sui conti

In quanto produttore di tecnologia per la filiera della moda che è stata tra le più colpite dai lockdown della pandemia, Atom ha subito nel 2020 un forte ridimensionamento nella prima parte dell’anno, però con un deciso recupero nella seconda metà. «Ci sono molte incognite su cosa succederà nei prossimi mesi e, al momento, l’obiettivo è archiviare l’anno con un calo di fatturato intorno al 20%. La maggior flessione c’è stata nel core business, ma abbiamo compensato con le altre aree di business su cui abbiamo diversificato nel tempo». Una strategia intrapresa venti anni fa per «mitigare l’andamento oscillante del nostro settore trainante. La diversificazione è stata guidata dalle stesse tecnologie, è legata al fatto che i nostri prodotti per il settore core, configurati con i dovuti aggiustamenti si adattano anche ad altri settori». Per esempio, una delle macchine chiave di Atom, il tavolo di taglio automatico, che nasce per tagliare le componenti della calzatura, riconfigurato per diversi materiali flessibili sintetici e semi-ridigi sintetici, si può usare anche per tagliare le guarnizioni nell’automotive e nell’oil & gas. «Le calzature rappresentano ancora l’80% del business, ma nel 2020 le quote si sono modificate, com’è ovvio, e abbiamo lavorato di più per altri settori essenziali come appunto quelli del medicale, del packaging, dell’oil&gas». E in questo modo tutto sommato la perdita complessiva è stata contenuta.

 

L’innovazione del modello di business in chiave green come valore aggiunto

Atom è diventata la testa di un gruppo industriale che comprende Shoemaster, che progetta sistemi Cad/Cam per il design e la produzione di calzature; AtomMB, specializzata nella costruzione di macchine per il montaggio delle scarpe; e Main Group, azienda padovana che progetta tecnologie per lo stampaggio a iniezione e per l’automazione

«L’innovazione per noi è connaturata nel business – continua Gaia – e abbiamo integrato nei nostri prodotti e sistemi le tecnologie dapprima meccaniche, a seguire elettroniche e informatiche, facendo quindi ulteriori passi in avanti in termini di modello di business». Nello specifico Gaia si riferisce al fatto che il settore moda e abbigliamento – che è ancora destinatario principale dei prodotti di Atom – sia responsabile del secondo maggior contributo alla produzione di CO2 e del secondo maggior consumo di acqua dolce al mondo.

Inoltre impiega circa un sesto di tutta la forza lavoro mondiale, pur rappresentando una frazione molto inferiore del Pil globale. «Se ne possono dedurre due considerazioni e due conseguenti sfide economiche e tecnologiche – dice Gaia – la prima considerazione è che la produttività del lavoro (per l’80% costituito da manodopera femminile) è molto inferiore alla media degli altri settori; la seconda è che l’attuale modello di produzione, distribuzione e consumo è insostenibile dal punto di vista ambientale».

 

L’automazione per riprendere a crescere in Italia e in Europa

Le sfide conseguenti sono quindi da un lato liberare progressivamente, tramite l’automazione e l’intelligenza artificiale applicate a tutti i processi produttivi e distributivi, migliaia di lavoratori da attività a bassa produttività e in alcuni casi a rischio di esposizione a malattia; dall’altro adottare logiche di recupero, riciclo e riutilizzo, lungo tutta la filiera, anche qui con un deciso utilizzo di nuove tecnologie complementare a una maturazione culturale di tutti gli attori del settore, sia sul lato offerta sia sul lato domanda.

Le sfide di Atom conseguenti sono da un lato liberare progressivamente, tramite l’automazione e l’intelligenza artificiale applicate a tutti i processi produttivi e distributivi, migliaia di lavoratori da attività a bassa produttività e in alcuni casi a rischio di esposizione a malattia; adottare logiche di recupero, riciclo e riutilizzo, lungo tutta la filiera, anche qui con un deciso utilizzo di nuove tecnologie coordinato con una maturazione culturale di tutti gli attori del settore, sia sul lato offerta sia sul lato domanda

Su entrambi i fronti la pandemia ha impresso una pesante accelerazione. I vincoli posti da molti governi mondiali alla mobilità delle persone e all’apertura dei punti vendita hanno forzato l’utilizzo di mezzi di comunicazione digitali non solo a valle, con l’e-commerce, ma anche a monte, su tutta la filiera di fornitura, supporto e manutenzione dei sistemi produttivi.

«Le nostre macchine sono costrette a diventare rapidamente intelligenti e a dotarsi di sensori e di sistemi di comunicazione per consentire la manutenzione e il controllo da remoto, e ad associarsi a robot per effettuare le operazioni più pesanti e pericolose», dice Gaia. Questi stessi sensori e robot consentono di avere dati molto più precisi, prevedibili e tempestivi sull’efficienza dei processi produttivi, ma anche di «avviare il percorso verso il progressivo recupero, riciclo e riutilizzo di materali oltre che verso l’efficientamento energetico e la maggior sicurezza e comfort per gli operatori, non più chiamati a lavorare direttamente con le proprie mani su processi produttivi spesso defatiganti e, come in alcuni casi avviene nei Paesi dove la protezione dei lavoratori non è ancora arrivata ai livelli delle moderne economie occidentali, potenzialmente rischiosi per la salute e la sicurezza», conclude Gaia. Cavalcare con convinzione questa trasformazione è anche la possibile fonte di vantaggio competitivo per le imprese italiane ed europee: solo così, «differenziandoci quindi da chi vuole trascinarci a combattere sul terreno del solo prezzo -a scapito della qualità, della trasparenza e della sostenibilità- potremo avviare un ciclo di innovazione e di crescita per il Paese e per l’Unione Europea».














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