Intelligenza artificiale: competizione o coopetizione con quella umana?

di Piero Formica* ♦︎ Le IA liberano gli umani da compiti tediosi e ripetitivi e possono amplificare le loro abilità. Ma come la vogliono implementare le imprese? Spingendo sull'automazione per sostituire le persone o affiancandole? E ancora, le macchine svilupperanno una coscienza autonoma? Il dibattito è acceso

Il paesaggio dell’intelligenza umana (IU) e dell’intelligenza artificiale (IA) mostra una successione di sporgenze e rientranze. Tra IU e IA ci può essere competizione o coopetizione. La competizione è un gioco finito, con un vincitore e un perdente. Chi morde vince. Gli asiatici raffigurano la competizione come un serpente velenoso e noi come una sporgenza che reca dolore. Nella coopetizione convivono comportamenti cooperativi e competitivi tra le parti in campo. Nel gioco della coopetizione il successo di una parte non implica che le altre perdano; ci possono essere più vincitori. La coopetizione spinge gli attori ad annodare legami di fiducia al di fuori del gruppo d’appartenenza. Nella cultura dell’Estremo Oriente il gioco della coopetizione è rappresentato da un otto rovesciato, simbolo dell’infinito. Noi lo raffiguriamo come una rientranza che dà sensazione di sicurezza e tranquillità. Il paesaggio è una festa visiva che si apprezza comprendendone gli elementi. Qui ne rappresentiamo alcuni riferiti al lavoro.

Il lavoro umano peggiora se sottomesso alle macchine intelligenti oppure, facendo leva su di esse, muta per soddisfare il bisogno dell’essere umano di mettere a frutto le proprie potenzialità sviluppando competenza e comprensione. Il filosofo Daniel Dennett ha marcato la distinzione tra l’una e l’altra. La competenza concerne l’operare in modo efficace per raggiungere gli obiettivi prefissati. La comprensione va oltre il raggiungimento del traguardo. Comprendere implica la capacità di cogliere le ragioni sottostanti al risultato. Riuscire a costruire modelli mentali su come funzionano le cose contribuisce ad essere flessibili per adattarsi a risolvere problemi in circostanze nuove.

Con il progresso accelerato dell’intelligenza artificiale, la comprensione gioca un ruolo fondamentale

L’algoritmo (un procedimento di calcolo esplicito e descrivibile con un numero finito di regole che conduce al risultato dopo un numero finito di operazioni, cioè di applicazioni delle regole), pretende di essere la nuova divinità che rimpiazzerà la creatività umana nelle più svariate forme del lavoro. Al contrario, l’essere umano dotato di comprensione vuole magnificare la propria libertà e capacità di creare servendosi della tecnologia.

Con le macchine che apprendono, all’automazione dei muscoli subentrerà una sorta di automazione del cervello? È acceso il dibattito sulle implicazioni etiche del robot biomorfico e sulle macchine così perfezionate da sviluppare autonomamente comprensione e determinazione il cui impatto potrebbe aumentare o ridurre la portata delle capacità umane.

L’ascesa dell’intelligenza artificiale è un’occasione per riflettere sul lavoro come attività combinaroria del saper come Fare, Pensare, Immaginare e Comprendere. Uno stare insieme che richiede familiarità con la filosofia. Il pensiero filosofico porta a riflettere sull’evoluzione della tecnologia, da indirizzare non verso la sostituzione delle persone, ma per collegarle tra loro in modi completamente nuovi.

Gli esseri umani e le macchine possono collaborare fruttuosamente per amplificare le loro diverse abilità e minimizzare i rispettivi difetti

Le macchine utilizzate per automatizzare compiti pericolosi o ripetitivi per gli esseri umani li liberano per farli concentrare su lavori più qualificati e creativi. Alla formula inflessibile dell’IA subentra la flessibilità degli umani di larghe vedute che riuscendo a cogliere istintivamente tutti i lati contrastanti di un problema arrivano al cambiamento inaspettato.

Il robot aspira a scalare le posizioni lavorative, impegnandosi in compiti sempre meno ripetitivi e sempre più sfidanti. È un’ambizione che si cerca di tradurre in realtà, elevando il robot dal ruolo servile di macchina allo status di soggetto indipendente con un elevato potenziale per affrontare problemi che attualmente richiedono troppo tempo per essere esplorati dall’uomo. Di conseguenza, i ricercatori umani hanno più tempo libero per pensare in modo creativo senza dover fare le cose in fretta.

Schema di addestramento del Llm di OpenAI. Al contrario delle intelligenze umane, quelle artificiali hanno bisogno di enormi quantità di dati per essere addestrare. E se il training non è adeguato, i risultati sono pessimi.

L’IA non raggiunge la complessità del pensiero umano per quanto riguarda l’astrazione e la generalizzazione. La precisione è relativamente facile da automatizzare. La rilevanza non è scontata. Dobbiamo pensare a come vengono ricevuti i contenuti ed è qui che l’intelligenza artificiale fatica. Le reti neurali artificiali sono limitate nella loro capacità di generalizzazione. In altre parole, mentre un umano può riconoscere le varianti di un oggetto o un concetto basandosi su caratteristiche generali, un modello di intelligenza artificiale richiede dati molto specifici per operare correttamente. Inoltre, l’IA va addestrata in maniera adeguata pena risultati pessimi.

La cognizione umana è guidata da una logica causale basata sulla teoria che è diversa dall’enfasi dell’intelligenza artificiale sulla previsione basata sui dati. Le teorie consentono la generazione di nuovi dati, osservazioni e sperimentazioni. C’è, dunque, da riflettere sull’attitudine degli umani a teorizzare, così potendo arrivare a spiegare perché certe cose accadano ed a esporle con scritti (storie) o a viva voce.

Due interrogativi inquietanti

Il robot Optimus di Tesla.- Con le macchine che apprendono, all’automazione dei muscoli subentrerà una sorta di automazione del cervello? È acceso il dibattito sulle implicazioni etiche del robot biomorfico e sulle macchine così perfezionate da sviluppare autonomamente comprensione e determinazione il cui impatto potrebbe aumentare o ridurre la portata delle capacità umane.

Nelle imprese che sviluppano e implementano l’intelligenza artificiale è forte la tentazione di favorire in modo schiacciante l’automazione (sostituzione delle persone) rispetto al rendere le persone più produttive aumentando la loro creatività mediante l’IA. Compiti innovativi assegnati agli esseri umani saranno promossi dai leader tecnologici e/o dalle istituzioni? Ci sono volute importanti riforme politiche per cambiare la direzione del progresso tecnologico in Gran Bretagna durante la rivoluzione industriale.

Un altro interrogativo è se le macchine riusciranno a sviluppare coscienza, volontà autonoma ed empatia. Con le macchine che apprendono, all’automazione dei muscoli subentrerà una sorta di automazione del cervello? È acceso il dibattito sulle implicazioni etiche del robot biomorfico e sulle macchine così perfezionate da sviluppare autonomamente comprensione e determinazione il cui impatto potrebbe aumentare o ridurre la portata delle capacità umane.

Mentre incombe il pericolo della meccanizzazione dei comportamenti umani, Kazuo Ishiguro, lo scrittore giapponese premio Nobel per la letteratura, s’immagina Klara, il robot umanoide, protagonista di Klara e il Sole, che possiede sentimenti umani; è un’amica artificiale che ama ed è amata.

Nel 19mo secolo, l’arte molto contribuì a suscitare tra la gente comune meraviglia e interesse per la tecnologia del vapore. Nei primi decenni di quel secolo, James Bard fu il più noto ritrattista dei primi battelli a vapore. A confronto di quelle della prima rivoluzione industriale, le tecnologie oggi emergenti non si traducono in scene di lavoro e immagini della vita quotidiana dall’impressione visiva altrettanto nitida. Più che a rappresentare la realtà, siamo sfidati a cogliere le emozioni suscitate dalla pervasività di tecnologie le cui interpretazioni restano le più varie.

 

 

* Piero Formica, Professore di Economia della Conoscenza, è Thought Leader e Senior Research Fellow dell’Innovation Value Institute presso la Maynooth University (Irlanda) e professore presso il MOIM—Open Innovation Management, Università di Padova. Il professore ha vinto l’Innovation Luminary Award 2017, assegnato dall’Open Innovation Strategy and Policy Group sotto l’egida dell’Unione Europea “per il suo lavoro sulla moderna politica dell’innovazione”. Nel 2024 ha ricevuto il Premio Magister Peloritanus, rilasciato dall’Accademia Peloritana dei Pericolanti, fondata dall’Università di Messina nel 1729, “per l’innovazione e l’imprenditorialità”. Questi i suoi libri più recenti: One Health: Transformative Enterprises, Wellbeing and Education in the Knowledge Economy (2023), Sciencepreneurship: Science, Entrepreneurship and Sustainable Economic Growth (2023), entrambi pubblicati da Emerald Publishing Group, e Intelligenza umana e intelligenza artificiale: Un’esposizione nella Galleria della Mente (2024), Edizioni Pendragon.

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