L’incertezza dei lunghi siderurgici italiani fa soffrire costruzioni e automotive

di Laura Magna ♦︎ Si tratta di semilavorati di acciaio in forma di barre, travi, tondi, usati per l’industria edilizia e dell’auto. Il consumo interno ha perso 5 milioni di tonnellate, mentre i prezzi sono aumentati di oltre 300 euro la tonnellata dall’invasione dell’Ucraina. Ori Martin: diventare più flessibili per rispondere a picchi e cali di domanda. Alfa Acciai: approccio on-off e filiera sostenibile. E in futuro…

In equilibrio dinamico, per restare sulla cresta d’onda dell’incertezza. Così vive l’acciaio italiano, al centro del disordine mondiale e in cerca di un nuovo ordine. Una situazione che si protrae da ormai oltre due anni, dall’inizio della crisi pandemica a cui oggi si somma quella ucraina. Tutti cigni neri che hanno avuto impatto sulle catene di approvvigionamento, sui prezzi delle materie prime e sulla bolletta energetica. Sono in forte sofferenza, nella siderurgia, soprattutto i prodotti lunghi, ovvero i semilavorati di acciaio in forma di barre, travi, tondi, usati per l’industria delle costruzioni e per l’automotive.

Nei prodotti lunghi operano alcune eccellenze italiane per lo più concentrare nel bresciano: da Duferco Italia, conglomerata europea con due anime (energia e acciaio, da cui fattura globalmente intorno agli 8 miliardi, dei 15 complessivi, di cui all’Italia ne fanno capo circa 3). Duferco ha il suo fulcro nei lunghi, nel laminatoio di San Zeno, che diventerà il più importante ed efficiente di Europa e dove si sta posando il forno di preriscaldo. A Ori Martin che nel laminatoio di Ospitaletto (già Ferrosider Spa), produce laminati mercantili, barre tonde e quadre, oltre 200 tipi di acciaio per l’automotive. Ad Alfa Acciai che ha sede centrale sempre nel bresciano e produce barre, vergella e billette destinate in prevalenza al mercato edile







Costruzioni e acciaio sono due settori che dopo la lunga stasi pandemica avevano ripreso quota nel corso del 2021. E oggi sono costrette a tirare di nuovo il freno a mano per via di bollette energetiche in volo e di nuove carenze di componenti e materie prime. Questo, insieme a una contrazione violenta dell’offerta – per via della guerra in Ucraina – ha causato un balzo nei prezzi che erano già aumentati vertiginosamente nei due anni precedenti. In questo momento i prezzi sono statici: ma non è una buona notizia, si è semplicemente arrestata la domanda di acciaio. Senza considerare la bolletta energetica: nel 2022 la sola metallurgia bresciana – dove si concentra la produzione dei lunghi – pagherà una bolletta energetica di 1,2 miliardi di euro contro i 250 milioni del 2019 (le stime sono di Confindustria Brescia).

 

Le due velocità dei lunghi: produzione in aumento dal 2010 ma consumo interno in crisi

I lunghi di acciaio crescono in termini di produzione dal 2010 più dei piani e dell’acciaio in generale. E aumentano la propria quota sui mercati internazionali. Ma il consumo interno soffre: ha perso circa 5 milioni di tonnellate e nel 2020 ha avuto il peggior andamento dal 2009, con una riduzione del 18% in dieci anni. È un quadro e due velocità quello che traccia Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, nel corso di un evento online. «Ci sono alcuni elementi chiave da sottolineare – dice Ferrari – nella tendenza di lungo periodo l’Italia è esportatore netto e mostra nel lungo termine un saldo sempre positivo che oscilla tra 1,5 e 2,5 milioni di tonnellate circa. Il fattore che oggi richiama l’attenzione è il prezzo: tra marzo 2020 e marzo 2022 hanno mostrato andamenti turbolenti e nelle settimane della guerra ucraina sono letteralmente schizzati: il tondo è aumentato in cinque settimane di 333 euro la tonnellata; le travi di 392; i laminati mercantili di 314; la vergella da trafila 309». Il rottame è salito di circa 50 euro la tonnellata, e quello turco in particolare ha fatto un balzo a quota 660 dollari alla tonnellata. Le ultime cinque settimane sono state cruciali per i coils a caldo e la lamiera da treno che hanno visto aumenti rispettivamente di 414 e 762 euro per tonnellata dopo che il prezzo era già aumentato nei due anni precedenti di circa 900 e oltre 1200 euro.

Il fattore che oggi richiama l’attenzione è il prezzo: tra marzo 2020 e marzo 2022 hanno mostrato andamenti turbolenti e nelle settimane della guerra ucraina sono letteralmente schizzati: il tondo è aumentato in cinque settimane di 333 euro la tonnellata; le travi di 392; i laminati mercantili di 314; la vergella da trafila 309

Ed è un trend che non si arresterà nel breve termine, secondo Emanuele Norsa, Kallanish, società di consulenza specializzata in materie prime e acciaio. Non si arresterà «perché la domanda è crescente e l’offerta era già scarsa, prima del blocco delle forniture dal Mar Nero che continuerà a mantenere i prezzi alti». La guerra di Ucraina ha fatto schizzare in maniera improvvisa e imprevista anche il tondo in Nord Europa, a circa 1260 dollari la tonnellata. Forse si tratta, precisa Norsa, «di un passo in avanti, in un trend già ascendente, da cui sarà difficile fare marcia indietro».

La domanda di lunghi di acciaio è crescente e l’offerta era già scarsa, prima del blocco delle forniture dal Mar Nero che continuerà a mantenere i prezzi alti». La guerra di Ucraina ha fatto schizzare in maniera improvvisa e imprevista anche il tondo in Nord Europa, a circa 1260 dollari la tonnellata

 

Ori Martin: «Dovremo avere la capacità di diventare molto più flessibili per rispondere ai picchi ed ai cali di domanda»

Barre ridotto Ori Martin. Ori Martin produce acciai speciali destinati alle diverse applicazioni principalmente del settore automotive (bulloneria, molle sospensione, barre di torsione, componenti dello sterzo e della trasmissione), meccanica, energia e costruzioni

Secondo Roberto de Miranda, membro del Comitato esecutivo di Ori Martin, difficilmente si assisterà a un ritracciamento, ma l’incertezza determinata dalla guerra impedirà anche grossi balzi in avanti dei prezzi, che si muoveranno in un ambito laterale per almeno un mese. Ma gli aumenti già incassati hanno determinato un abbattimento della marginalità: «veniamo da un 2021 difficile sotto questo punto di vista, con un Ebitda basso per i nostri standard», dice Miranda. Basso per un campione nazionale nell’elettrosiderurgia che viene già da un 2020 in calo (con fatturato a 460 milioni e ebitda a 45, in progressivo calo dal 2019 che aveva segnato ricavi per 583 milioni (+1,5% sul 2018) e l’ebitda passato a 72 milioni dagli 84 dell’anno precedente. Che sia uno specialista degli acciai speciali – quelli a più elevata marginalità – a rilevare tali numeri non dice nulla di buono per la siderurgia italiana. Ori Martin produce acciai speciali destinati alle diverse applicazioni principalmente del settore automotive (bulloneria, molle sospensione, barre di torsione, componenti dello sterzo e della trasmissione), meccanica, energia e costruzioni. «L’aumento dei costi però ci costringe a scaricare sul consumatore finale… ma i cantieri chiudono o rallentano proprio per questi maggiori costi e cala domanda: un circolo vizioso che non promette nulla di buono».

E nel frattempo anche l’automotive, dopo il 2021, ha di nuovo rallentato per la carenza di componenti e la domanda langue. «Siamo in una fase attendista sul mercato, e noi dovremo avere la capacità di diventare molto più flessibili per rispondere ai picchi ed ai cali di domanda». Per recuperare terreno il gruppo ha già razionalizzato la propria struttura rilevando il 100% delle quote di Sapes, di Ori Martin Deutschland e di Ori Martin France; e il 70% di Trafileria Lariana Drawing Steels e di Lariana Annealing Steels. E ha implementato una complessa strategia green, che comprende l’approvvigionamento di elettricità da fonti rinnovabili, il riutilizzo di fumi caldi per la produzione di energia, e la costruzione di un ossigenodotto per evitare emissioni di anidride carbonica. E sta spingendo sull’automazione per avanzare sul fronte della digitalizzazione e sul tracciamento dei rottami di ferro.

Ori Martin in numeri

Soluzioni per abbattere la bolletta energetica

Ori Martin vergella. La strategia green dell’azienda comprende l’approvvigionamento di elettricità da rinnovabili, il riutilizzo di fumi caldi per la produzione di energia, la costruzione di un ossigenodotto per evitare emissioni di co2

«Il contratto di acquisto dell’energia con la formula del Ppa – dice de Miranda – ci sta aiutando a non soccombere sotto gli aumenti energetici. Non sono state invece sufficienti le misure prese dal governo, molto lontane da quelle messe a disposizione dei nostri competitor europei». Il nucleare che è di per sé una buona alternativa, richiede una politica decennale e nel frattempo «è necessario programmare l’attività giorno per giorno e per limitare le conseguenze dei rincari energetici non abbiamo altro modo che fermare gli impianti in alcune ore della giornata, ma tenendo presente che dobbiamo rispettare i contratti con i clienti: il prezzo dell’energia ci condiziona più di quello del rottame».

Il costo dell’energia impatta pesantemente il circolante, per il ciclo di pagamento delle bollette energetiche è più stretto di quello dei fornitori richiesto ai clienti per il saldo delle fatture. «Ciononostante – ha detto De Miranda – noi non blocchiamo gli investimenti programmati e soprattutto quello sul nuovo laminatoio di Ospitaletto perché vogliamo restare competitivi».

 

Alfa Acciai: «Per mantenere l’equilibrio sulle onde, ci vuole un approccio on-off. Che diventerà strutturale nel nuovo assetto della siderurgia»

Processi Alfa Acciai. La società bresciana da metà anni ‘50 è cresciuta per linee sia interne sia esterne fino a contare oltre 1.100 dipendenti, e a vantare una capacità produttiva complessiva di 2,5 milioni di tonnellate all’anno di acciaio e laminati

Ma è la quotidianità il tema del momento, anche per Alfa Acciai, altra società bresciana che da metà anni ‘50 è cresciuta per linee sia interne sia esterne fino a contare oltre 1.100 dipendenti, e a vantare una capacità produttiva complessiva di 2,5 milioni di tonnellate all’anno di acciaio e laminati. Controllato dalla holding Siderurgica Investimenti, il gruppo ha diversi siti produttivi: oltre che a Brescia, a Catania con le Acciaierie di Sicilia e a Vicenza, Catania e Udine, con Ferroberica, il maggiore operatore italiano e secondo in Europa nella presagomatura e assemblaggio del tondo per cemento armato per opere strutturali. La bresciana Tecnofil, infine, tra le più importanti trafilerie d’Europa, completa a valle la filiera produttiva della vergella. «Ci muoviamo come surfisti – dice il direttore generale di Alfa Acciai Giuseppe Cavalli – dobbiamo leggere i dati mutevoli che ci riguardano e provare a cavalcare l’onda in cerca del punto di equilibrio per non cadere ed essere travolti». E per non essere travolti è necessario lavorare anche a soluzioni strutturali. La prima riguarda la dimensione: «Creare una filiera basata sulla sostenibilità è fondamentale: raggiunge la dimensione di scala corretta è cruciale per poter mantenere l’equilibrio», afferma Cavalli. Che si attende nel breve termine «uno scenario on-off , per l’energia, per le materie prime, per la domanda. Accendersi e spegnersi come ci ha insegnato la pandemia non vuol dire la fine del mondo. L’importante è riuscire a conservare un equilibrio dinamico che ci consenta di non soccombere nei momenti di calo e di essere pronti al recupero appena si presenta l’occasione».

Processi Acciaierie di Sicilia

Per Cavalli «i mercati sono profondamente incerti ma le attese dei più sono per ulteriori rialzi, soprattutto dei coils». E gran parte dell’incertezza deriva dalla Russia, «grande consumatore di prodotti ad alto valore aggiunto come auto, elettrodomestici, ed esportatore di materie prime. La ruota russa continuerà a girare nonostante le sanzioni: bisognerà vedere però se il suo perno resti in Europa o si sposti in Cina, nel qual caso sarà l’Ue a doversi occupare del tema dell’autarchia». Anche nel campo dell’acciaio. Dove, in particolare nel settore dei lunghi è passata da un’overcapacity ad uno shortage di materiale, dal momento che si è chiuso il rubinetto dei semilavorati che permetteva di mantenere altissimo l’output. «Un altro tema rilevante – dice Cavalli – è l’ampliamento della forchetta tra il prezzo del rottame e quello dell’iron ore che dipende dallo spostamento delle produzioni verso metodi più sostenibili, come il forno elettrico. È una via obbligata ma che non può prescindere, per essere realmente efficace, da un cambiamento di paradigma complessivo: l’economia deve diventare circolare, industrializzata e sostenibile, e perché ciò avvenga va pensata una politica industriale dell’acciaio europeo».














Articolo precedenteFondo Rilancio Startup (Cdp Venture Capital Sgr) investe 1 mln di euro sulla start-up Contents
Articolo successivoCohesity riconosciuta come “Leader” e “Outperformer” tra i 12 vendor nel report di GigaOm






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui