Abb: l’energia del futuro sarà digitale

di Renzo Zonin ♦︎ Non basta usare le rinnovabili per essere sostenibili. L’Europa ha fissato per i prossimi tre decenni traguardi ambiziosi in fatto di sostenibilità ambientale e uso di energie rinnovabili, e il Pnrr italiano si muove nella stessa direzione. Ma senza l’apporto delle tecnologie digitali, quello che è un traguardo difficile potrebbe diventare irraggiungibile. Se ne parla nei Transformation Talks, un ciclo di webinar organizzati da Abb e Innoveas/Confindustria Bergamo

Usa, Europa e altri Paesi occidentali hanno varato da tempo piani di sostenibilità ambientale, basati sull’uso sempre più ampio delle fonti rinnovabili per la produzione dell’energia, al posto dei combustibili fossiliIn Italia, l’attuale governo sembra aver preso la palla al balzo confezionando un Pnrr che si muove seguendo fedelmente le linee di pensiero europee. Il Piano prevede quasi 60 miliardi destinati alla «rivoluzione verde e transizione ecologica», circa 25 per le infrastrutture per la mobilità sostenibile e circa 40 per innovazione e digitalizzazione. Molti dei soldi destinati alla cosiddetta “rivoluzione verde” quindi andranno nel settore energia, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili per traghettare il Paese verso un futuro di fonti rinnovabili, nel quale le emissioni di CO2 saranno solo un brutto ricordo. Parliamoci chiaro, questo obiettivo è molto, molto difficile da raggiungere nei tempi prospettati (riduzione significativa delle emissioni entro il 2030, impatto zero nel 2050). Sia a livello europeo sia, ancora di più, a livello italiano. Ma, parafrasando Kennedy in uno dei suoi più famosi discorsi, “abbiamo deciso di eliminare le emissioni di CO2 non perché è facile, ma perché è difficile”.

L’unica possibilità per riuscirci passa per le tecnologie digitali. Sistemi di controllo capaci di farci risparmiare energia, di spostarla dove serve davvero, di immagazzinarla per i momenti di maggiore richiesta. Si tratta di creare una “smart-grid”, una griglia intelligente che gestisca sia le grandi centrali sia l’autoproduzione di un impianto casalingo, l’accumulo di acqua in un bacino idroelettrico come l’uso della batteria dell’auto per alimentare il computer di casa. Una rete con decine di migliaia di punti di produzione, e forse milioni di punti di accesso, un progetto IoT estremamente vasto e complesso, che dovrà sfruttare l’intelligenza artificiale sia per predire i consumi, sia i livelli di produzione di centrali fotovoltaiche ed eoliche.







 

Per le Pmi italiane può essere un’opportunità

Gianluca Lilli AD ABB SpA

La strada della sostenibilità è obbligata per tutte le aziende, grandi e piccole. Di recente il fondo BlackRock ha annunciato che non investirà più su aziende che non abbiano un piano industriale all’insegna della sostenibilità ambientale. E non lo fa per coscienza ecologica: semplicemente, ha valutato che entro pochi anni le aziende i cui prodotti non saranno considerati “verdi” dai consumatori, perderanno quote di mercato in favore di aziende percepite come più “ecologiche”.

Tutto fa pensare che in Italia succederà lo stesso. E allora le nostre aziende devono cominciare a porsi delle domande: come riduco la mia impronta ambientale? Come abbasso i consumi, le emissioni, l’uso di materiali inquinanti? Con quali soldi lo faccio? E soprattutto, come lo faccio sapere al mio cliente? A queste e altre domande sull’argomento hanno cercato di dare risposta alcune aziende intervenute a un ciclo di webinar organizzati da Abb in collaborazione con Confindustria Bergamo, che sta lavorando sul progetto europeo Innoveas, e con il contributo di PoliMI e di Imq. Il ciclo, intitolato “Transformation Talk”, consta 5 incontri ed è possibile iscriversi gratuitamente a questo link

Abb è fra le aziende che hanno già iniziato questo tipo di percorso, e può quindi essere una valida guida per chi è alla ricerca di lumi – non per niente il suo impianto di Dalmine è fra i pochi “LightHouse Plant” del Cluster Fabbrica Intelligente, quelle fabbriche modello dove vengono messi in pratica appieno i concetti di Industria 4.0. Per le Pmi, insomma, potrebbe trattarsi semplicemente di osservare quanto è stato fatto ed, eventualmente, scalare verso il basso le soluzioni trovate.

«Siamo un’azienda con una lunga storia di innovazione tecnologica, – ha detto Gianluca Lilli, ad di Abb Italia, introducendo i temi della giornata – ma già da alcuni anni abbiamo affiancato all’innovazione, come altri pilastri della nostra strategia, la sostenibilità e la digitalizzazione. Tra l’altro, il Pnrr si basa sugli stessi temi, e per noi è un piacere condividere le esperienze che abbiamo fatto con chi vuole rivedere la propria strategia in ottica digitale e di sostenibilità».

 

Il progetto Innoveas

Olivo Foglieni, vp di Confindustria Bergamo

C’è un progetto europeo dedicato ad accrescere la consapevolezza delle Pmi sui temi dell’efficientamento energetico. Del resto, non solo l’Italia è un Paese di Pmi: se ci allarghiamo all’Unione, scopriamo che il 99% delle aziende sono Pmi (23 milioni), e che due dipendenti su tre lavorano in una Pmi. Sensibilizzare queste aziende all’efficienza energetica è quindi prioritario.

«Innoveas è un progetto europeo, inserito nel programma Horizon 2020 – ha detto Olivo Foglieni, vp di Confindustria Bergamo – con un budget di 2 milioni di euro, che vede la partecipazione di 10 partner di diversi Paesi dell’Unione. Mira ad accrescere la consapevolezza delle Pmi sul tema dell’efficienza energetica e in particolare sull’implementazione degli audit energetici. Questi ultimi sono spesso visti come qualcosa a cui sfuggire, mentre pochi comprendono che essi potrebbero generare ricchezza per l’azienda in quanto possono rilevare errori grossolani che spesso capita di fare e che creano sprechi di energia e aumento dei costi».

Come partner del progetto, Confindustria Bergamo sta contribuendo alla sensibilizzazione delle imprese, e sta lavorando ad attività formative in favore delle Pmi del territorio, comprendenti formazione in aula e presso le aziende stesse, organizzazione di webinar e produzione di video. Maggiori informazioni su Innoveas si trovano nella pagina web del progetto, sul sito di Confindustria Bergamo.

 

Enel, l’efficienza vista da un grande produttore di energia

Antonio Dentini, Head of Global Procurement Governance and Suppliers Management in Enel,

Secondo Antonio Dentini, Head of Global Procurement Governance and Suppliers Management in Enel, «è la nostra missione fornire a tutti energia rinnovabile, prodotta nel rispetto delle persone (salute, sicurezza) e dell’ambiente. Tutti, a partire dalle grandi aziende, abbiamo la responsabilità di capire quali conseguenze provocano le nostre azioni sul pianeta e sugli altri, e di contribuire a ridurre questo impatto. Quindi per noi è importante prendere degli impegni, tanto che abbiamo comunicato i nostri obiettivi di riduzione degli impatti fino al 2030 e puntiamo entro il 2050 a raggiungere la parità, ovvero l’annullamento delle emissioni. Stiamo anche ragionando sulla possibilità di arrivare prima a questo risultato».

Secondo Dentini, se tutte le aziende hanno chiaro l’impatto delle emissioni del proprio stabilimento, quelle cosiddette di “Scopo 1”, pochi sanno che l’energia che usano ha un proprio impatto (in questo caso parliamo di “Scopo 2”), che può essere più o meno elevato a seconda che si tratti di energia prodotta da fonti fossili o rinnovabili. E ancora più lontana è la percezione degli impatti di Scopo 3, downstream o upstream. Per esempio quando compro un macchinario creo degli impatti upstream: minerale di ferro viene estratto, raffinato, la macchina costruita e trasportata, e poi ci sono le attività di esercizio, manutenzione, fine vita…  e ancora, il mio prodotto genererà impatti di Scopo 3 downstream quando verrà usato: se produco automobili, l’acquirente usandole produrrà CO2. «Rendere le aziende consapevoli di questi impatti è la cosa più difficile da far capire, ed è lo scoglio principale su cui dovremo misurarci» spiega Dentini.

Francesco Starace, ceo di Enel

Ma come sta procedendo Enel per ridurre le sue emissioni? «Per Enel ridurre le emissioni di Scopo 1 è abbastanza facile, abbiamo un piano di spegnimento per i prossimi anni, abbiamo edifici che stiamo ammodernando per renderli efficienti, ma il problema è lo Scopo 3. Nel bilancio di sostenibilità dobbiamo dichiarare le emissioni e da quest’anno anche gli impegni di riduzione. Sapendo che una volta completata la transizione da fossile a rinnovabile, il nostro Scopo 1 sarà abbattuto. Negli stabilimenti entrerà corrente rinnovabile, quindi lo Scopo 2 delle aziende clienti si abbasserà. Rimane lo scoglio dello scopo 3: nel momento in cui decidiamo di comprare qualcosa, ci rendiamo responsabili di cosa succede al pianeta per produrre, operare e fare il fine vita di quell’acquisto». 

Per questo Enel nelle sue gare d’acquisto premia non solo chi può garantire costi, tempi e qualità, ma anche chi sa dare tutto ciò in modo sostenibile. Colui sa valutare gli impatti, chi ha un piano per la loro riduzione, chi li ha già abbassati ha un vantaggio, quindi vince la gara e diventa partner per il futuro. Perché fare tutto ciò? «Noi vendiamo corrente a 70 milioni di clienti nel mondo. Clienti informati che possono dire “perché comprare da Enel se c’è un altro fornitore che a pari prezzo, o anche a prezzo poco superiore, ha un impatto minore sul pianeta?”» Anche il mercato finanziario è molto sensibile a queste cose e si sente più tranquillo nel finanziarti se vede che hai un progetto sostenibile.

Alla fine, il messaggio è chiaro. «Se lavorate su questi temi, e anche voi cominciate a chiedere ai vostri fornitori che vi sappiano dire qual è la loro carbon footprint, voi e loro diventate più forti, se acquisite una certificazione carbon footprint diventate più forti. Se attivate studi lifecycle assessment di ciò che entra nel vostro stabilimento, e vi siete posti il problema del fine vita, diventate più forti. Quindi il brand diventa più forte, e il mercato finanziario vi vede più forti. Oggi, se vedete aumentare il valore di un’azione di un’azienda quotata anche se non sta aumentando le vendite, è perché il mercato comincia a riconoscere gli sforzi sulla sostenibilità. È perché fra un po’ tutto quello che faremo ci ricadrà addosso, se non ci poniamo il problema di farlo in modo sostenibile».

 

Un esempio da Abb: l’impianto faro di Dalmine 

Fabio Golinelli, Advanced process & technology manager Abb

Lo stabilimento di Dalmine è uno dei primi Lighthouse Plant accreditati dal Mise. È dunque un dimostratore reale di tutte le soluzioni digitali di Industria 4.0, ma anche delle soluzioni digitali Abb per il mercato. Fra gli obiettivi dello stabilimento c’è quello di supportare le Pmi, e in particolare far crescere i fornitori di Abb.

«Il Lighthouse Plant ha una chiara roadmap per un ulteriore sviluppo della digitalizzazione, non fine a sé stessa ma basata su obiettivi strategici – spiega Fabio Golinelli, Advanced process & technology manager Abb –  Abbiamo deciso che la nostra fabbrica del futuro deve essere affidabile, eficiente, adattabile, sostenibile e attrattiva per i nostri clienti che vengono in fabbrica a vedere la produzione, ma anche per il personale che lavora all’interno (abbiamo un impianto di climatizzazione alimentato dal fotovoltaico posto sul tetto) e attrattiva per i giovani talenti, che oggi difficilmente vogliono andare a lavorare in fabbrica».

Fra le tematiche in essere dello stabilimento troviamo i flussi autonomi (con robot Agv), i robot collaborativi, grandi progetti sul mondo big data e analytics per la manutenzione predittiva e la qualità predittiva. «Stiamo affrontando il mondo virtual factory e digital twin, tutto il mondo sostenibilità e la digital supply chain, con il programma di crescita della filiera». L’esperienza di trasformazione del sito iniziò nel 2008, con una visita in Giappone per studiare il “modello Toyota”,  seguita dalla messa a punto di un modello di lean manufacturing, teso a eliminare gli sprechi per evitare di digitalizzarli. La seconda fase partì nel 2015, dopo aver studiato in Germania il modello Industria 4.0, che portò al programma di automazione avanzata e digitalizzazione. 

Stabilimento Abb Dalmine

Fra i risultati di questa esperienza di studio, personalizzazione e applicazione di nuovi modelli di produzione c’è Energy and Asset Manager, un software che esegue il controllo remoto dei consumi e monitora lo stato degli impianti. Il programma permette di creare dashboard di controllo navigabili da browser, dove creare grafici per vedere i consumi di tutte le linee produttive nell’arco della giornata, eventuali sprechi, prevederli e anticiparli. In base ai dati raccolti dai 78 dispositivi connessi è possibile prevedere i consumi nelle prossime ore e giorni, e anticipare i problemi. Infine si può vedere da ogni punto della fabbrica lo stato attuale dei dispositivi, quando sono attivi, quando comunicano, e se tutto è ok e funziona correttamente. E quali sono stati i benefici concreti di queste innovazioni? Golinelli ne cita due: «Il primo è legato al controllo da remoto degli impianti, con un forte risparmio sui costi operativi. Ora il manutentore non è più costantemente in giro per l’impianto a controllare le macchine, ma esce solo su allarme. Il secondo è legato al monitoraggio dei consumi energetici, che ha prodotto un risparmio sulla bolletta del 20%».

Insomma, se applicato in modo corretto, il discorso della sostenibilità genera più guadagni che costi. Guadagni sia in termini monetari, con risparmi sulle bollette, maggiore efficienza e minori sprechi in produzione, sia in termini di immagine aziendale, che consentirà di porsi in modo convincente di fronte sia a un pubblico di clienti esigenti e responsabilizzati, sia di investitori lungimiranti. Dopo tutto, forse forse conviene davvero.














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