Il nuovo cobot di Yaskawa: più maneggevole e… muscoloso

di Marco de' Francesco ♦︎ Il mercato dei robot collaborativi cresce in maniera costante ma rimane ancora un segmento di nicchia. La multinazionale giapponese dell'automazione, fatturato di 4 miliardi, ha deciso di cambiare approccio: il cobot non è una commodity, ma uno strumento tutto nuovo per migliorare i compiti nel pick&place, nel controllo qualità, nell'avvitamento, nell'assemblaggio e nello stampaggio a iniezione. Parla il managing director di Yaskawa Italia Paolo Poletti

Payload raddoppiato (a quota 20 kg) per il cobot Hc20xp di Yaskawa Electric Corporation, multinazionale giapponese dell’automazione da 4 miliardi di dollari di fatturato. La soluzione è coerente con il nuovo trend dei costruttori di questi bracci sensorizzati che interagiscono con gli operatori in spazi condivisi: aumentare il carico utile, per estendere la gamma delle applicazioni industriali. Yaskawa Italia, la filiale nel Belpaese, ha invece dato vita ad una apposita Academy per la clientela, e ha definito una strategia per pilotare le vendite lontano dall’automotive.

Quanto alla prima iniziativa, risponde all’esigenza di istruire le aziende a proposito della divisione dei compiti tra cobot e operatore. Perché le imprese possano guadagnare in flessibilità e produttività occorre che al primo siano affidate tutte le incombenze routinarie, e al secondo gli incarichi più creativi. Ciò comporta una riorganizzazione dei processi, che non va improvvisata. Nell’Academy, appositi simulatori ricreano l’ambiente di lavoro dove operano sia l’umano che la macchina.







Quanto alla strategia, da sempre l’automotive è stata il principale terreno di impiego di robot e di soluzioni per l’automazione. Ma le quattro ruote hanno sempre più un andamento aleatorio e imprevedibile. Pertanto, Yaskawa Italia punta sulla general industry. Di tutto ciò abbiamo parlato con il managing director di Yaskawa Italia Paolo Poletti

 

Cobot Yaskawa con payload raddoppiato e centralità della formazione per la clientela

  1. I Cobot di Yaskawa

il managing director di Yaskawa Italia Paolo Poletti

I robot collaborativi presentano sostanziali differenze rispetto a quelli industriali, che hanno tempi ciclo ridottissimi e che sono progettati per operare in modo autonomo in gabbie di sicurezza. I cobot, invece, collaborano con gli umani in “celle” di lavoro condivise, e cioè in spazi composti da attrezzature e strumenti necessari ad un operatore formato per svolgere la sua attività nel contesto di un flusso produttivo. Dotati di sensori di movimento e di quelli per rilevare la forza impressa, nonché di telecamere e sistemi anticollisione, sono studiati per contenere il pericolo di urti con gli umani. Fin da 1989 Yaskawa dispone di una filiale che si occupa di robotica, Motoman. Lo stabilimento è in America, nell’Ohio, e ha 500 dipendenti; i robot industriali che produce, sia a sette assi che alcuni a doppio braccio a 15 assi, si occupano in particolare di saldatura ad arco, movimentazione dei materiali, assemblaggio, pittura, imballaggio e pallettizzazione. Di questi Yaskawa ne ha installati 400mila in giro per il mondo. Motoman ha sviluppato software specifici, in grado di sincronizzare fino a otto robot con una sola unità.

Ora Motoman produce anche cobot, a sei assi e con sei sensori integrati, e con un’area di lavoro da 1,2 metri a 1,7 metri.  Il passaggio ai cobot è stato, in un certo senso, uno step naturale. Si trattava di conquistare nuovi segmenti di mercato. «All’inizio – ha affermato Poletti – i nostri cobot erano di continuo comparati, dalla clientela, a quelli di Universal Robots, principale costruttore mondiale di robot collaborativi. L’azienda danese realizza buoni prodotti, e svolgeva un marketing molto “aggressivo”; inoltre, aveva adottato una politica di prezzi contenuti. Non era facile competere. Poi, lo sviluppo a livello europeo di una normativa più dettagliata sulla sicurezza dei cobot ha portato anche UR ad un riallineamento a livello commerciale, e così i nostri modelli sono recepiti bene».  Attualmente, Yaskawa è il nono produttore mondiale di cobot, in una classifica guidata da Universal Robots. Prima di Yaskawa si piazzano, nell’ordine di vendite, Fanuc, TechMan, Rethink Robotics, Aubo, ABB, Kawasaki e Kuka. Yaskawa precede però Precise Automation, Siasun, Stäubli e altri.     

 

  1. Un mercato di nicchia

I cobot di Yaskawa sono coerenti con il nuovo trend dei costruttori di questi bracci sensorizzati che interagiscono con gli operatori in spazi condivisi: aumentare il carico utile, per estendere la gamma delle applicazioni industriali

Secondo l’agenzia Research and Markets di Dublino, il mercato globale dei cobot raggiungerà nel 2027 quota 11 miliardi di dollari, rispetto ad un valore attuale di 800 milioni. Ci sono buone ragioni, in effetti, perché ciò accada. Anzitutto, i cobot costituiscono il 4.0 a portata di piccolo imprenditore. Il fatto è che per i grandi apparati robotizzati di medie e grandi industrie, con tutti i loro sottosistemi, occorrono risorse e competenze difficilmente reperibili in piccole realtà. Con i cobot, invece, c’è la possibilità, per le piccole aziende, di colmare il divario tra la produzione artigianale e quella automatizzata. La programmazione è semplificata. Ad esempio, con i cobot di Yaskawa, questa operazione può essere compiuta anche senza utilizzare la tastiera e senza scrivere righe di codice. Con l’applicazione EasyTeach si può guidare il cobot con le mani, spostando il braccio su alcuni punti di riferimento nello spazio fisico, che vengono memorizzati. Quanto alla configurazione, è molto rapida e agevole. Estrazione, imballo e montaggio sono quelli di strumenti “out of the box”. I requisiti di riposizionamento sono molto ridotti. Quanto al ritorno dell’investimento, i cobot costano normalmente tra i 20mila e i 40mila euro, meno dei robot industriali, e sono fra le tecnologie che, grazie al piano Transizione 4.0, godono di un credito di imposta del 50%. Per tutti questi motivi, oggi i cobot rappresentano un fattore anticiclico: nel 2019, a fronte del brusco calo delle vendite globali dei robot industriali (dovuto ai guai dell’automotive, naturale mercato di sbocco), i cobot hanno fatto registrare un incremento dell’11%.  

Ciononostante, i cobot rappresentano circa il 3% delle vendite di tutti i robot. Riusciranno ad emergere da un contesto di nicchia? Secondo Poletti, «il problema è che i cobot sono talora percepiti come una commodity, come un prodotto da acquistare on the shelf». Non va bene. «Occorre che le aziende prendano consapevolezza delle potenzialità dei robot collaborativi, che sono progettati per svolgere task diversi da quelli dei modelli tradizionali». Non è banale individuare con precisione il ruolo del cobot nel contesto della cooperazione con le persone. Se si intende utilizzarlo per operazioni che possono essere svolte dai robot tradizionali, è una scelta perdente, «perché – ha sottolineato Poletti – in nessun caso i secondi possono essere superati in termini di tempi-ciclo». L’idea è quella di inserire i cobot in contesti  che consentano ad un tecnico di liberarsi di incombenze ripetitive per svolgere un insieme di attività significative, anche attinenti a questioni di cui non si era mai occupato – allora l’azienda guadagna in flessibilità e produttività. Si tratta, dunque, di ripianificare i processi. Questo implica anzitutto una analisi approfondita delle attività di fabbrica, per valutare quali attività routinarie possono essere trasferite al cobot e quali mansioni richiedano intelligenza e creatività, e che quindi debbano essere attribuite all’umano. Al cobot vanno assegnati, in genere, compiti specifici, nell’ambito del pick&place, del controllo di qualità, dell’avvitamento, del carico e scarico prodotti, dello stampaggio a iniezione, dell’assemblaggio.

 

  1. Una Academy per istruire le aziende sull’uso dei Cobot

«Solo a seguito di un grande cambiamento culturale – ha affermato Poletti – i cobot diventeranno davvero importanti in azienda». Pertanto l’attività formativa è diventata parte della strategia di crescita di Yaskawa Italia.  «Abbiamo la nostra Academy – ha continuato – una struttura in cui abbiamo pesantemente investito e che ci permette di offrire un’adeguata formazione per tutte le applicazioni e ogni livello di conoscenza, grazie a una proposta che combina corsi in aula ed esperienze pratiche, sempre mirate alle specifiche esigenze di ciascun operatore. Non a caso, l’area Academy comprende una serie di isole tematiche e quattro simulatori che ricreano l’ambiente delle celle di lavoro dei robot. Siamo anche diventati un ente formatore, quanto alla normativa Iso9000 Ea 37, dunque possiamo erogare servizi di formazione finanziata. Disponiamo di elevate competenze, e pertanto ci siamo recentemente certificati. Peraltro, siamo convinti che la formazione non sia solo una questione aziendale, dunque collaboriamo anche con le scuole: è in quel contesto che i ragazzi imparano a conoscere e applicare i robot, è lì che capiscono che questi non li priveranno del lavoro, ma anzi consentiranno loro di averne uno». A catalogo Yaskawa dispone di 14 corsi diversi per programmare e manutenere robot e cobot; in base alle esigenze della clientela se ne realizzano su misura relativi ad applicazioni specifiche basate sul software Yaskawa. Ce ne sono per principianti e per i profili avanzati. Durante la pandemia, peraltro, sono stati tenuti webinar online.

 

  1. Il successo? (Anche) questione di payload

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Aura Comau: 2,8 metri di sbraccio per 170 kg di payload

Ma veniamo al problema del payload. In generale, le industrie lamentano la scarsa capacità di questi strumenti quanto a peso dei componenti da manipolare. Di norma, i cobot sono studiati per sollevare oggetti fra i cinque e i dieci kg. Dietro, ci sono ragioni di sicurezza; ma la manifattura chiede un salto in avanti, per incrementare il numero delle applicazioni. Passo che è possibile soltanto a seguito di ricerca che allinei l’aumento del payload con gli standard di safety. Di qui il più grande collaborativo di Yaskawa della serie Hc, Hc20xp. Un monobraccio di 140 kg di peso, 6 assi, applicabile a soffitto, muro e pavimento: ha un carico utile di 20 kg. Ciò è stato possibile grazie alla tecnologia Power and Force Limiting, che reagisce immediatamente alle forze esterne, proteggendo i lavoratori; e ad altri avanzamenti nella tecnica anti-lesioni. Sensori di coppia a doppio canale in tutte le articolazioni costantemente monitorano la forza per reagire rapidamente e in sicurezza al contatto. È caratterizzato da un design molto arrotondato, e le utility a braccio passante nascondono il cablaggio, riducendo i rischi di impigliarsi o interferenze con altre apparecchiature.

Il cobot ha un ingombro ridotto e un cabinet leggero: è studiato per fabbriche con layout ad alta densità.  È peraltro equipaggiato per un uso continuo in ambienti umidi o soggetti a schizzi. Realizzato in fusione di alluminio per una maggiore durata, l’Hc20xp può essere utilizzato anche in ambienti sanitari in cui è necessario pulire o lavare. Il grasso alimentare è incluso come standard, consentendo l’uso in contesti in cui esiste la possibilità di contatto accidentale con gli alimenti. Hanno abbracciato la politica dell’alto payload anche altre aziende: si pensi a TX2touch-90 Power di Stäubli, sempre 20 kg ma con un raggio d’azione un po’ più ridotto rispetto al modello di Yaskawa, pari a 1,45 metri; o a H2515 di  Doosan Robotics, che ha una portata di 1,5 metri e un carico utile di 25 kg; o ancora a  GCR20-1100 di Siasun, che ha un payload di 20 kg ma un range of motion di 1,1 metri. Il campione, però, è Aura di Comau: 2,8 metri di sbraccio per 170 kg di payload.   

 

Yaskawa Italia dallautomotive alla general industry

Delle 23 filiali europee, la più importante in termini di fatturato è quella italiana, che rappresenta nel Belpaese le divisioni Robotica e Drives, Motion & Controls del gruppo, ed è presente dal 1994 operando con le sedi di Orbassano (Torino), Buccinasco (Milano) e Modena. In foto lo stabilimento di Orbassano

I clienti di Yaskawa Italia sono prevalentemente system integrator e costruttori di macchine utensili. Quanto ai primi, «la nostra azienda lavora anche per i grandi Tier 1 dell’automotive». Questi sono grandi imprese multinazionali, estere e italiane, produttori di sistemi funzionali che si collocano al vertice della catena di fornitura, con stabilimenti collocati in prossimità degli stabilimenti del costruttore. Vendono pertanto i propri prodotti direttamente alla testa della filiera. Gli esempi più noti sono l’Italo-inglese Marelli, e la francese Faurecia. «In Italia, ci riferiamo ai Tier 1 legati a Fca. È sempre stato, l’automotive, un mercato rilevante, per noi. Ma ora la nostra strategia è quella di pilotare le vendite verso la general industry, svincolandoci gradualmente dalle quattro ruote».  Ci sono più motivi che hanno portato il management a prendere questa direzione. Anzitutto l’automotiveè un’industria che corre molto velocemente, con grandi numeri. Non è semplice, per una filiale, tenere il passo.

In secondo luogo, la vendita dei robot industriali per questo settore è diminuita fortemente, negli ultimi due anni. Il mercato dell’auto è ciclico, e ora sta attraversando la fase della pente calante. La crisi del diesel e la pandemia hanno complicato parecchio una situazione che manifestava già sintomi di grande debolezza. Infine, in Italia Fca ha sempre auto un fornitore di automazione, Comau, il colosso italiano della robotica per anni nel perimetro del Lingotto; non fa tuttavia parte della fusione con Psa, che ha di recente dato vita al gigante Stellantis, ma sarà quotato in Borsa. Peraltro Comau ha un proprio robot collaborativo, Aura; e da luglio 2019 ha iniziato a progettare e implementare le linee di produzione del primo veicolo full electric di Fca, la Nuova 500Ma che significa, per Yaskawa Italia, general industry? «Anzitutto, va detto che sono nel portafoglio della nostra divisione Drives, Motion & Controls i due fra i più grandi costruttori in Europa di macchine per lavorare il legno; e poi, puntiamo sulla palletizzazione, sul food&beverage, sul farmaceutico, e su altri generi di macchine utensili. Noi peraltro siamo riconosciuti come leader nei robot di saldatura, sia ad arco che a spot; certamente queste competenze sono e sono state utilizzate nel settore automotive, ma trovano applicazioni anche tantissimi altri ambiti, ad esempio nei mezzi agricoli, nelle porte blindate e nei sostegni dei cantieri edili».

 

La meccatronica al cubo degli inventori del termine meccatronica

Il termine “meccatronica” è stato coniato da Yaskawa. Esattamente dall’ingegnere Tetsuro Mori, nel lontano 1969, quando l’azienda ha fatto domanda per la registrazione del marchio, avvenuta con successo nel 1971. Successivamente la società lasciò il termine libero da vincoli legali e venne di uso comune a livello globale. «Agli inizi, si trattava di mettere insieme la meccanica e l’elettronica, visto che la rivoluzione informatica non era neppure agli a esordi. Noi d’altra parte siamo un’azienda basata sulla tecnologia, e in particolare sulla robotica, sul controllo di movimento e sulla conversione di potenza. Gradualmente, per noi la meccatronica è diventata qualcosa di diverso».

Ora per Yaskawa significa soprattutto i³-Mechatronics, dove contano le tre “i”: integrazione, intelligenza e innovazione. Alla meccatronica classica si sono aggiunte l’IoT, l’AI, e i Big Data. In buona sostanza, si stratta di un sistema in grado di raccogliere i dati di processo in un database scalabile, e di analizzarli real time. Le informazioni sono visualizzate in una dashboard, la Yaskawa Cockpit. Quindi, lo stato di ogni macchina è mappato, e i dati sono trasferiti al Mes e all’ErpSi realizza la manutenzione predittiva. «Sì. Grazie al software che utilizza l’intelligenza artificiale e il machine learning. Tutte le informazioni sulla corrente, sulla coppia, sulla temperatura, che erano già disponibili, ora, correlate tra di loro, servono a questo fine. Inoltre, in Italia abbiamo sviluppato una nostra versione “lite” di questo software chiamata MotoAppsMaintenance Pass, che consente di rispondere efficacemente anche ad applicazioni meno demanding, riducendo la complessità: è una versione semplice, leggera e fruibile. Avverte l’azienda quando è tempo di intervenire, o di chiamare l’assistenza tecnica esterna. Peraltro, non è necessario aggiungere sensori alle macchine».

 

Yaskawa, storia e prospettive per lanno in corso  

  1. La multinazionale dell’automazione e la filiale (italiana) campione di incassi

A livello produttivo, per l’Europa, Yaskawa conta molto sul nuovo stabilimento a Kočevje, in Slovenia. Inaugurato a giugno 2019 dopo due anni di costruzione ed un investimento di circa 25 milioni di euro, l’impianto si è aggiunto a quelli in Giappone e Cina con l’obiettivo di soddisfare circa l’80% della domanda europea di robot Motoman. In foto lo stabilimento sloveno

Yaskawa Electric Corporation (株式会社安川電機) ha una lunga storia: l’azienda è stata fondata da Keiichiro Yasukawanel 1915. Attualmente, con 15mila dipendenti, è quotata all’indice azionario Nikkei 225, e ha sede a Kitakyushu, nella prefettura di Fukuoka. Nasce con i motori elettrici. Poi, l’attività si è estesa ai drive & motion, agli azionamenti elettrici, agli inverter, agli interruttori, alla strumentazione per l’interfaccia uomo macchina, alle soluzioni energetiche sostenibili (tecnologia per le turbine eoliche e altro), al software e, come già detto, ai robot. Progetta e costruisce sistemi automatizzati, e cioè ad esempio impianti chiavi in mano robotizzati per la pressopiegatura, per la saldatura ad arco e per quella a punti. È dunque una multinazionale dell’automazione per la manifattura.

La produzione è realizzata prevalentemente in Giappone, come d’altra parte la ricerca e sviluppo. In Europa, gli headquarter sono in Germania, in due sedi: una a Monaco di Baviera, cui fanno capo le attività legate ai robot; l’altra a Francoforte, che si occupa dei tanti altri prodotti che abbiamo visto. A livello produttivo, per l’Europa, Yaskawa conta molto sul nuovo stabilimento a Kočevje, in Slovenia. Inaugurato a giugno 2019 dopo due anni di costruzione ed un investimento di circa 25 milioni di euro, l’impianto si è aggiunto a quelli in Giappone e Cina con l’obiettivo di soddisfare circa l’80% della domanda europea di robot MotomanDelle 23 filiali europee, la più importante in termini di fatturato è però quella italiana, che rappresenta nel Belpaese le divisioni Robotica e Drives, Motion & Controls del gruppo, ed è presente dal 1994 operando con le sedi di Orbassano (Torino), Buccinasco (Milano) e Modena. «La nostra importanza nel gruppo è cresciuta soprattutto a seguito dell’acquisizione da parte di Yaskawa Italia della business unit Factory Automation di Zf Italia, filiale locale del gruppo Zf Friedrichshafen, operazione avvenuta dopo 25 anni di partnership strategica nella vendita di componenti drive & motion». Ora il fatturato di Yaskawa Italia, che dispone di un personale pari a 75 dipendenti, è attorno ai 40 milioni.

 

  1. Un 2021 di ripresa, ma i livelli pre-Covid saranno raggiunti nel 2022

Il 2020 è stato un anno difficile per Yaskawa: in Europa, dove si stima un calo del turnover del 25%, e soprattutto in Italia, dove la caduta è presumibilmente ancora più importante. Dal momento che la società è giapponese, il bilancio si chiuderà il 28 di febbraio. Quel giorno, l’entità del danno sarà contabilizzata. Quanto al Belpaese «le decisioni del governo hanno avuto un impatto non trascurabile: siamo stati l’unico stato a chiudere importanti comparti della manifattura, ad aprile; e dal momento che i nostri clienti non erano operativi, noi che lavoriamo nel mondo B2B abbiamo sperimentato un crollo verticale del fatturato, prima dell’estate. Ha pesato molto il fatto che la robotica ha come principale mercato di riferimento l’automotive, che era di fatto paralizzato. Poi, abbiamo assistito ad una ripresa, che si è fatta particolarmente robusta a settembre, con una buona soddisfazione da parte nostra. Da ottobre la dinamica è nuovamente cambiata in peggio». Nel mondo, invece, Yaskawa ha recuperato grazie al buon andamento del mercato cinese. Quanto all’anno in corso, per Poletti sarà un anno di crescita; ma i livelli del 2019 saranno recuperati solo nel 2022.














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