Automazione e tecnologie abilitanti: in Sps si spiega che cosa cambia post Covid

di Marco Scotti ♦︎ Il Coronavirus impone nuove scelte e nuove esigenze di business: le soluzioni prospettate dal competence center Made, da Kuka, Sew-Eurodrive, Sap e Hp. La fiera Sps diventa virtuale in attesa di tornare nel 2021. Fabrizio Scovenna, presidente Anie Automazione: «Nel 2019 settore in discesa di oltre l’1%. Per il 2020 saremo stati bravi se limiteremo il tracollo tra l’8 e il 9%»

«Dal 2009 al 2018 il settore dell’automazione è cresciuto in maniera costante e robusta, lo scorso anno si è invece chiuso con un calo superiore all’1% e con la frenata a sorpresa della meccatronica. E il 2020 rimane un’incognita ancora tutta da decifrare, anche se dovrebbe chiudersi in calo dell’8 o 9%». Il presidente di Anie Automazione, Fabrizio Scovenna, prova a mettere insieme i dati già “preconsuntivati” del 2019 e le prime tendenze risontrabili in questo semestre del 2020, segnato ovviamente dalla pandemia da Coronavirus. L’occasione per farlo è l’evento “Dialoghi Digitali tra tecnologia e innovazione”, organizzato da Sps Italia nell’ambito del ciclo di incontri “We Love Talking”. Un appuntamento divenuto per cause di forza maggiore virtuale ma che ha messo a confronto tutti gli attori del mondo dell’innovazione: le aziende, i competence center, i sindacati e le istituzioni.

Con molti punti interrogativi sugli strascichi che il Coronavirus lascerà sul mondo produttivo italiano, ma con la certezza che alcune dinamiche che sono state inaugurate – prima fra tutte lo smart working – potranno diventare un paradigma anche per il futuro senza che questo significhi un calo del business. Anzi, per certi versi molti degli operatori concordano nel fatto che il lavoro agile cui sono stati costretti quasi tutti gli italiani abbia aumentato notevolmente la produttività. Bisognerà, ovviamente, testare a regime queste novità, magari non confondendo lo smart wokring con l’iperconnessione continua. Ma la strada è tracciata. Anche in ottica supply chain, ad esempio, che dovrà trasformarsi diventando più resiliente e capace di reggere l’urto di profondi shock come una pandemia. Via libera a un reshoring “ragionato”, in cui la tecnologia supporta il ritorno degli stabilimenti vivino agli impianti di distribuzione.







Anche gli appuntamenti tradizionali del settore hanno dovuto cambiare pelle. Sps, ad esempio, ha deciso di annullare del tutto l’edizione 2020, quella del decennale, per virtualizzarla, rendendo la tre giorni di settembre un hub digitale aperto a tutti. L’appuntamento con la fiera fisica è, invece, rimandato al 2021. «Sps Italia – ci spiega l’amministratore delegato di Messe Frankfurt Italia – ha dovuto cambiare passo in questi dieci anni. Ci siamo trasformati seguendo il continuo divenire dell’industria. Per orientarci in modo corretto ci siamo rivolti ai nostri espositori e, con loro, abbiamo deciso di darci appuntamento al 2021, in modo da mantenere inalterato il senso della fiera per l’additive manufacturing, la robotica e il digitale. Nei giorni in cui si sarebbe dovuta svolgere Sps, dal 28 al 30 settembre, daremo il via ai “Digital Days”, un hub digitale attivo 365 giorni all’anno che integra la visita in fiera e che rappresenta un contenitore per sostenere i visitatori, integrando fisico e virtuale».

 

Il futuro dell’automazione

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Fabrizio Scovenna, presidente Anie automazione

La cancellazione dell’appuntamento 2020 della Fiera di Sps testimonia come la pandemia da Coronavirus abbia congelato tutte le attività produttive da marzo in poi. Gli effetti devono ancora essere calcolati, anche se un’idea inizia a definirsi. «Per quanto concerne i dati di questi primi tre mesi – chiosa Scovenna – abbiamo chiesto agli associati il cosiddetto “sentiment”: il 63% si attende un calo, il 4% stabile e il 33% in crescita. Per il 25% del campione la diminuzione sarà nell’ordine del 10%. La sensazione è che il secondo trimestre possa essere ancora peggio del primo perché aprile è stato un mese di chiusura totale e maggio di parziale ripartenza. In questo caso, due terzi degli intervistati si attende un calo, il 20% conta di tenerlo stabile e il restante 13% di incrementarlo. Infine, abbiamo provato a fare una stima dell’anno: se non dovessero esserci ulteriori scossoni, contando di riuscire a recuperare parzialmente nella seconda metà del 2020, potremmo riuscire a evitare una chiusura in negativo a doppia cifra, attestandosi tra il -8 e il -9%».

Secondo Anie automazione alcuni settori sono ovviamente andati meglio di altri già in questi primi sei mesi: in particolare, hanno retto alimentare e farmaceutico, mentre altri hanno acccusato molto più pesantemente l’impatto del lockdown. Gli Oem hanno avuto problemi significativi con la logistica e questo ha determinato un brusco calo dei fatturati. Cercando gli aspetti positivi, invece, bisogna considerare come le modalità operative da remoto non siano andate in conflitto con la produttività, anzi in qualche modo abbiano aiutato le aziende a sopravvivere durante la chiusura del Paese. Certo, ora serve urgentemente una spinta decisa sui temi dell’innovazione e del digital divide.

 

Il 2019 dell’automazione

Il tracollo ormai certo causa Covid non deve però ingannare: il comparto dell’automazione aveva già iniziato a rallentare lo scorso anno. Una dinamica fisiologica che segue un decennio, dal 2009 in poi, che aveva visto una crescita costante con l’eccezione del 2012, anno di una lieve frenata. Secondo Anie Automazione, dunque, il 2019 si è chiuso in calo dell’1,1%, con l’export ancora in positivo e il mercato domestico più in difficoltà. «Soffermandoci solo sulle categorie che tracciamo – ci spiega Scovenna – il calo è più spinto: -2,3% anno su anno, un dato oltretutto in miglioramento visto che i primi sei mesi presentavano una flessione del 2,7%. A sorpresa ha rallentato la meccatronica, in particolare brushless e servoazionamenti. Sostanzialmente piatte le vendite di plc, molto bene Scada, malissimo i wifi industriali. La Lombardia rimane l’area più robusta, con il 30% del totale, ma il nord-est registra performance migliori, mentre l’Emilia Romagna è stata più in sofferenza. Per quanto riguarda i canali di mercato, sono stazionari gli Oem e i system integrator, molto in calo gli end user. Infine, per quanto concerne i settori: benino meccanica alimentare e packaging, un po’ meglio il metallo, handling e logistica. Questi cinque settori, da soli, compongono il 50% del totale».

Intervista con Fabrizio Scovenna, country manager italiano di Rockwell Automation e presidente di Anie Automazione, che ci parla delle strategie della multinazionale americana e del futuro del comparto

Un competence center all’epoca del Coronavirus

 

Marco Taisch, presidente del Made e professore al Politecnico di Milano

La pandemia ha anche toccato le attività dei competence center. I principali hub di innovazione per le piccole imprese avevano quasi tutti completato la stesura dei bandi e l’assegnazione della prima tranche di contributi. La pandemia ha rallentato – ma non fermato – il processo. «Abbiamo deciso – ci spiega Marco Taisch, presidente del Made – di andare avanti con le tradizionali attività di un competence center. Abbiamo messo a disposizione 1,5 milioni con il primo bando e stanno partendo oltre 20 progetti. Abbiamo poi voluto allargare lo spettro dell’offerta facendo principalmente due cose: dare supporto alle imprese durante il Covid con uno sportello informativo dedicato alla ripartenza. E abbiamo puntato sulla formazione, allestendo due tipi di webinar: quelli dedicati ai white e blue collar e quelli più strategici, rivolti agli executive, per provare a parlare del futuro e del “new normal”».

L’enorme punto interrogativo che rimane è quale sarà l’eredità di questa pandemia. In termini economici e produttivi, ma anche in termini di abitudini lavorative e trasformazioni della supply chain. «La tecnologia digitale ha dimostrato di essere un grande alleato – prosegue Taisch – e ha addirittura sorpreso, in positivo, molte aziende che hanno visto aumentare, invece che decrescere, la produttività. Applicando lo smart working all’industria ci siamo accorti che il capo reparto non ha più bisogno di stare tutto il girono a contatto con la sua squadra, può seguire da remoto le operazioni, minimizzando le occasioni di contatto e riducendo le possibilità di contagio. Il secondo trend che osserviamo è quello dei servizi da remoto, grazie ai quali si possono guidare operatori inesperti. È stata un’esigenza della pandemia, perché eravamo tutti chiusi in casa, ma le aziende si sono accorte che si possono fare i collaudi da remoto. Ci aspettiamo un’esplosione di questi servizi, con un incremento del 100% nei prossimi quattro anni».

 

Le tecnologie innovative sono anche flessibili

Alberto Pellero, Director Strategy & Marketing Robotics di Kuka

Un’ulteriore riprova di come il Covid-19 abbia costretto le aziende a ripensare i modelli di business e le strategie, intervenendo però su una trasformazione già in atto, è data dal fatto che alcune imprese hanno iniziato a utilizzare la robotica sempre più in un’ottica di servizio. È il caso di Kuka, che ha adattato i propri Agv alla sanificazione degli ambienti e i propri robot industriali a svolgere funzioni ospedaliere. «Il Covid – ci spiega Alberto Pellero, Director Strategy & Marketing Robotics di Kuka – ci ha mostrato l’importanza della robotica industriale applicata ad altri impieghi. Non dimentichiamo che lo scorso anno ne sono stati venduti 380mila, contro i 420mila dell’anno prima e i 300mila del 2016. Insomma, un trend positivo nonostante lo scivolone dello scorso anno che è dipeso da due eventi principali: i dazi Usa-Cina e la decrescita dell’automotive che, da sola, vale il 50% del complessivo. I robot collaborativi, invece sono ancora pochi, l’1-2% del totale e potremo arrivare al 5% solo se alcuni di essi andranno a sostituire robot industriali. Le applicazioni veramente collaborative sono molto poche, anche perché la produzione richiede velocità, elemento non compatibile coi cobot a causa delle specifiche tecniche che ne regolano il comportamento con una persona a fianco”. Non mancano però esempi di utilizzo efficiente della robotica collaborativa: da Ima, che dal 2015 ha avviato un progetto di sviluppo per sostituire gli operatori che montavano i rulli sulle proprie macchine di packaging, a Lamborghini, che per l’avvitatura sotto scocca sfrutta un sistema mobile e robotizzato collaborativo».

 

La nuova supply chain

Davide Ferrulli , Country Manager, 3D Printing – Italy presso HP

La grande trasformazione del mondo industriale era già in atto prima ancora che il Covid-19 si abbattesse sul globo. La catena distributiva, ad esempio, doveva tenere conto di nuove necessità, di un magazzino di dimensioni più contenute e della possibilità di sfruttare la stampa additiva per produrre in real time i pezzi necessari. «Per anni – ci spiega Marco Taisch – abbiamo progettato supply chain estese e globali che dovevano essere lean e ridurre i costi. Domani invece cercheremo di renderle resilienti, in modo che possano riconfigurarsi di fronte a eventi improvvisi garantendo la sopravvivenza della filiera. Saranno più corte e costringeranno a rilocalizzare gli stabilimenti vicino agli impianti. Il reshoring, da questo punto di vista, può essere la risposta giusta supportato dalla tecnologia, in modo da contenere i costi del riportare la produzione in Paesi con un prezzo della manodopera più elevato».

Proprio la stampa additiva, dunque, diventa cardine della trasformazione della supply chain, come ricorda Davide Ferrulli, Country Manager della Divisione 3D di HP Italia. «La caratteristica principale – ci spiega – della produzione digitale è di non necessitare di attrezzature particolari: basta un file 3D e una stampante. L’emergenza ha mostrato l’utilità della manifattura additiva. In 24 ore si è riusciti a fornire gli oggetti richiesti dagli ospedali, con una supply chain distribuita che ci ha reso in grado di continuare a produrre velocemente ed in quantità importanti. Ci hanno dato una mano i nostri clienti e quei player con nomi di richiamo che hanno attirato l’attenzione dei media. Abbiamo accorciato la supply chain, condividendo un file, come nel caso delle maschere di Decathlon. Ma bisogna ricordare che non è sempre la soluzione a ogni male, si sceglie di produrre in maniera additiva se ci sono dei benefici o dal punto di vista dei costi o della personalizzazione. Non bisogna pensare all’Additive Manufacturing come ad una soluzione per produrre oggetti che sono pensati per essere prodotti con metodo sottrattivo».

 

Human to machine: che cosa cambia?

Giorgio Ferrandino, General Manager di Sew-Eurodrive

La digitalizzazione della produzione e l’interazione tra umani e Agv, inoltre, consente anche di ridurre i tempi medi di consegna. Come ci racconta Giorgio Ferrandino, General Manager di Sew-Eurodrive, il rapporto tra uomo e macchina permette di aumentare la variabilità dei prodotti e di ridurre i tempi di consegna. «Siamo passati da tre settimane a 8 giorni, e ora l’obiettivo è di arrivare a cinque. Bisogna sempre avere un contesto chiaro di riferimento. Nel ragionare su nuovi obiettivi di business abbiamo potuto coinvolgere i nostri operai per ridisegnare i processi di una fabbrica digitale. Gli Agv, ad esempio, possono assumere una posizione, in altezza, che vada incontro alla fisicità della persona che ci lavora, agevolando i compiti degli operai stessi. L’importante è non percepire mai un rapporto di contrapposizione tra l’uomo e l’automazione, ma piuttosto di integrazione. Ad esempio, uno degli elementi fondamentali per capire la qualità di un assemblato motoriduttore è percepire il rumore: non c’è macchina al mondo che saprà mai farlo, serve l’uomo».

Il rapporto tra uomo e macchina cambia anche nella gestione dell’impianto stesso. Non più uno stabilimento “passivo”, ma una smart factory in cui l’interazione costante tra l’utente e la tecnologia diviene il valore aggiunto per la produzione. Per ottenere le migliori performance possibili serve anche uno strumento gestionale che consenta al dialogo di essere sempre proficuo. È il caso di Sap, che svolge questo compito «da quando i concetti di Industria 4.0 sono diventati una tendenza» come ci spiega Giacomo Coppi, Digital Supply Chain and Manufacturing Leader di Sap Italia. Alla base di tutto, i dati, che consentono, in un momento complesso come quello attuale, di «reagire alla volatilità dei mercati, differenziare la componente di prodotto e servizio da fornire, facilitare la mission che è sempre più elemento determinante nelle scelte di acquisto del cliente finale».

 

Più robot significa più occupazione

Marco Bentivogli, Segretario Generale Fim-Cisl

Più tecnologia significa anche rinverdire la polemica un po’ stucchevole sui “robot che ruberanno i posti di lavoro”. La verità è che, soprattutto in un momento di grande discontinuità come una pandemia, l’accelerazione tecnologica è inevitabile. Le imprese si sono ritrovate improvvisamente più vulnerabili anche a causa di una catena di forniture e sub-forniture eccessivamente Cino-centrica. Il lockdown ha costretto a ripensare il concetto di fabbrica e di luogo di lavoro. E l’adozione delle tecnologie 4.0 sarà fortissima. «Ma questo – ci spiega il segretario generale della Fim-Cisl Marco Bentivogli – non si traduce in disoccupazione: quanti più robot sono installati in un Paese, quanto più basso è il tasso di senza lavoro. Questo perché la robotica impone una visione del futuro in cui le professioni vengono riorganizzate. Ci deve però essere un gigantesco piano di reskilling delle persone, serve un diritto soggettivo alla formazione. La robotica e l’intelligenza artificiale consentono di produrre enormi risparmi nell’ambito dei materiali, e quelle risorse vanno reinvestite. Certo, è svilente vedere che il nostro Paese metterà sul piatto 48 milioni contro gli 1,5 miliardi della Francia e i 3 miliardi della Germania. In cima alla classifica c’è la Cina che sta investendo moltissimo. Nella fabbrica iperconnessa la distanza tra le persone sarà ampliata. Tutti temi che necessitano di un nuovo pensiero del lavoro. Però sono pessimista: perché vedo che la gente sta regalando dati sui social network per poi lamentarsi di app come Immuni».

 

Contro gli algoritmi bisogna essere “tuttologi”

Giulio Xhaet, partner di Newton

I nuovi spazi che il Covid ha imposto di tracciare modificano anche i tempi di lavoro. Secondo Giulio Xhaet, partner di Newton, «ci sembra che abbiamo ancora più tempo a disposizione, ma in realtà è sempre calato. Altra questione è quella delle competenze: basta con il mito del multitasking, bisogna sapersi specializzare e saper fare più cose. Chi sviluppa una competenza iperspecialistica, infatti, diventa sostituibile dagli algoritmi, mentre la collaborazione con le macchine si riesce a costruire in maniera corretta solo se si è “più furbi” di loro, come nel caso del cosiddetto link learning».

 

Sps diventa virtuale, ma tutto torna “normale” nel 2021

Sps Italia, la fiera per l’automazione e il digitale, ritornerà con il tradizionale appuntamento nel 2021. L’annuncio del posticipo avviene in accordo con espositori e partner. A guidare la scelta di rimandare l’incontro “in presenza”, c’è innanzitutto la priorità di organizzare un evento che garantisca la sicurezza dei partecipanti. Per accompagnare espositori e visitatori verso la prossima edizione, Sps Italia si completa nel frattempo di una nuova identità digitale. L’impegno infatti, negli ultimi mesi, si è concentrato nella realizzazione di una piattaforma di matchmaking per supportare la filiera fino alla riapertura.

Giacomo Coppi, Digital Supply Chain and Manufacturing Leader di Sap Italia

“Sps Italia Contact Place” sarà un luogo virtuale per lo scambio di contenuti e di contatti per il settore e vivrà di particolari momenti di ascolto come gli Sps Italia Digital Days: una tre giorni di formazione e networking in rete che dal 28 al 30 settembre, in quelli che sarebbero stati i giorni di fiera, inaugurerà la piattaforma e trasporterà la community dell’automazione in una dimensione digitale. A garanzia del funzionamento di questo progetto è il Dna della manifestazione che, grazie ai suoi espositori, offre una rappresentazione completa dell’automazione industriale, del digitale, della robotica e dell’additive manufacturing.

L’idea è quella di offrire un hub dell’automazione industriale 365 giorni l’anno. Un luogo virtuale per scoprire e contattare tutte le aziende di automazione, amplificatore delle opportunità della fiera, per consolidare le relazioni in una dimensione digitale che non esclude, ma anzi integra la visita agli stand. Attraverso Sps Italia Contact Place sarà possibile accedere a contenuti live e on-demand di ps Italia e delle aziende partner.














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