Meccatronica e aerospazio: decolla la space economy made in Emilia Romagna

di Laura Magna ♦︎ La Regione ha perseguito una politica industriale che potenzia il tessuto imprenditoriale locale: Dallara, Curti, Mae i nomi più noti. Così ha vinto 5 degli 8 progetti nazionali del bando Asi e potrà eseguire sperimentazioni all’Iss. I programmi Aphrodite, Hype, Drain Brain 2.0 e Spacespinning

Il polo aerospaziale dell’Emilia Romagna diventa più forte. Le Università e gli enti di ricerca della regione hanno fatto il pienone nell’ambito del bando dell’Agenzia Spaziale Italiana per “Ricerche e dimostrazioni tecnologiche sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) – Vus3: Iss4Exploration”, vincendo 5 degli 8 progetti nazionali finanziati (per un valore complessivo di 3,2 milioni di euro). Progetti che prevedono di eseguire prove e sperimentazioni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (Iss), la piattaforma in orbita terrestre bassa a 400 km dalla crosta terrestre, dedicata alla ricerca scientifica.

L’Iss è al centro della rivoluzione della space economy che a partire dagli anni ’60 è stato campo della guerra fredda tra Usa e Russia. E che negli ultimi anni da arena della geopolitica lo spazio è diventata terreno delle imprese private, che grazie alla tecnologia che ha abbassato i costi di ingressi possono giocare la propria parte. In un comparto che nel mondo vale, secondo Space Foundation, tra i 350 e i 450 miliardi di dollari e che Morgan Stanley, nel report “Space: Investing in the Final Frontier” stima possa raggiungere i mille miliardi nel medio termine.







Ma i progetti assegnati alle Università emiliane sono un risultato importante per l’Italia, dopo quello conseguito dal Piemonte, dove a Torino, dallo scorso ottobre è operativo l’Esa Business Incubation Centre Turin, che ha la missione di supportare l’avvio e lo sviluppo di almeno 65 startup della space economy nei prossimi 7 anni. Nel caso dell’Emilia Romagna, la vittoria dei bandi dell’Asi dà ragione della politica industriale ad hoc che da qualche anno vede la Regione lavorare per potenziare un know how che è presente nel tessuto industriale locale, fatto di pmi meccatroniche in grado di costruire sensori, propulsori, componenti. Dallara, Curti, Mae sono i nomi più noti. L’obiettivo della strategia regionale è ora integrare queste aziende nella filiera Fly.er creata all’interno del Clust-ER regionale Mech che è esclusivamente dedicato ai temi dell’aeronautica e dell’aerospazio. Di recente, sempre su impulso regionale, è stato fondato anche un Forum Strategico per la promozione della filiera dell’aerospazio, che si è riunito per la prima volta lo scorso 17 dicembre e ha come primo obiettivo quello di mappare la filiera.

un network di geni che possono aumentare la resistenza cellulare alle radiazioni – progetto Hipe

La Regione partecipa grazie alle sue eccellenze nel settore dell’Università e della ricerca a programmi nazionali e internazionali (Mirror Gov-Sat-Com, Mirror Copernicus, I-Cios, Nereus). E, dulcis in fundo, nel 2021 ha siglato con l’Aeronautica Militare un accordo per integrare il sistema regionale della ricerca e dell’innovazione con la filiera space economy e la creazione di un presidio regionale a Houston, nello Stato del Texas, per la gestione delle attività spaziali che funzioni da liason tra le aziende italiane e quelle americane.

Insomma, quella dell’aerospazio è un’industria strategica per l’Emilia-Romagna. «La filiera dell’aerospazio rappresenta per l’Emilia-Romagna un nuovo posizionamento strategico – commenta Vincenzo Colla, assessore allo sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione della Regione Emilia-Romagna – non a caso abbiamo inserito questo settore nella nuova strategia di specializzazione intelligente e abbiamo istituito un Forum con l’obiettivo di fare analisi e progettazione di sistema e non perdere le occasioni di finanziamento sia nazionali, tra cui il Pnrr, sia europee. L’ottimo risultato dei nostri Atenei premia l’alto livello e qualità di studio, ricerca e progettazione in questa regione, che si somma alla forte specializzazione nel settore dell’aerospazio di alcuni gruppi industriali e istituti di ricerca, con una grande qualità che irradia tutta la filiera, dove spicca un patrimonio di piccole e medie imprese eccezionali”.

Il progetto Spacespinning, in collaborazione con l’azienda Argotec per portare per la prima volta nello spazio una macchina da elettrofilatura che permetterà di fabbricare direttamente sulla Stazione Spaziale nanomateriali per applicazioni avanzate, in particolare per la rigenerazione dei tessuti biologici danneggiati e la cura delle ferite

Tornando al bando Asi, in questi giorni verranno finalizzati i contratti e poi gli assegnatari avranno 36 mesi per strutturare i progetti e salire a bordo dell’Iss. Al centro dei finanziamenti, esperimenti scientifici e tecnologici in microgravità, nonché sperimentazioni di soluzioni operative per la vita e l’esplorazione dello spazio, in diversi ambiti scientifici, dalla medicina ai nanomateriali. In particolare, l’Università di Bologna si occuperà di due progetti: Aphrodite, per analizzare i fluidi biologici dell’equipaggio e verificare eventuali alterazioni del sistema immunitario in assenza di gravità. E Spacespinning, in collaborazione con l’azienda Argotec per portare per la prima volta nello spazio una macchina da elettrofilatura che permetterà di fabbricare direttamente sulla Stazione Spaziale nanomateriali per applicazioni avanzate, in particolare per la rigenerazione dei tessuti biologici danneggiati e la cura delle ferite.

All’Istituto nazionale di Fisica nazionale (Infn) e in particolare al suo laboratorio regionale per il trasferimento tecnologico, TTLab il compito, con il progetto Iris, di realizzare a terra e utilizzare in orbita innovativi rivelatori di radiazione ionizzante, indossabili, ultraleggeri e in grado di trasmettere in tempo reale la dose di radiazione ricevuta personalmente da ogni membro dell’equipaggio impegnato in missioni spaziali. Un primo passo per superare il principale ostacolo alle missioni e alla permanenza su Marte, che è appunto la forte presenza di radiazioni.

Il professor Zamboni con Samantha Cristoforetti, che ha sperimentato in orbita la prima versione di Drain Brain

Alla sezione di Bologna dell’istituto il compito invece di ridurre la pericolosità delle radiazioni cosmiche aumentando la resistenza dei tessuti biologici in uno stato di ibernazione. In particolare sarà studiata la reazione di cellule della retina all’interno di un bioreattore progettato appositamente per la sperimentazione. Il progetto si chiama Hype. Infine, l’Università di Ferrara si è aggiudicata il tema Drain Brain 2.0: successore dell’esperimento di UniFe eseguito nel 2015 da Samantha Cristoforetti, ha l’obiettivo di sviluppare un collarino dotato di sensori in grado di rilevare i segnali circolatori del cosiddetto “asse cuore-cervello” degli astronauti a bordo. Ciò consentirà di aumentare il periodo di permanenza nello spazio oltre i 6 mesi attuali, aprendo la strada a viaggi più impegnativi come quelli su Marte.

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 19 gennaio 2022)














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