Le regole europee sono sempre più ferree e costose: che fine farà la siderurgia italiana?

di Marco de' Francesco ♦︎ Il polo bresciano dell’acciaio nel 2022 ha fatturato 12 miliardi, mentre la componentistica auto (che dipende dalla siderurgia ) 6,5. L’impatto delle politiche ambientali UE: tassa sul carbonio, crediti CO2, rottame alla Turchia. Le difficoltà dell’automotive: dipendenza dall’Asia per l’acciaio. Ma con le elezioni europee del 9 giugno il green deal potrebbe cambiare… Mai da soli! A Confindustria Brescia. Con Giovanni Marinoni Martin (Ori Martin), Franco Gussalli Beretta (Fabbrica d’Armi), Antonio Gozzi (Duferco), Filippo Schittone (Confindustria Brescia), Roberto Vavassori (Brembo), Paolo Streparava (Gruppo Streparava), Guido Guidesi (Regione Lombardia), Francesco Franceschetti (Marfran). E le europarlamentari Patrizia Toia (Pd) e Isabella Tovaglieri (Lega)

La Ori Martin di Brescia

«L’Unione Europea origina dalla Ceca, dalla comunità del carbone e dell’acciaio; e la siderurgia italiana ha attraversato molte sfide. Ora l’Eu ci chiede quella della transizione energetica. Non intendiamo sottrarci e siamo pronti ad investire; a patto però che il sistema comunitario ci tuteli in questo cambio epocale. Perché con l’attuale regolamentazione rischiamo una sola transizione: quella verso la desertificazione industriale». Parole di Giovanni Marinoni Martin e cioè di un importante esponente dell’industria di comparto: è il presidente del settore metallurgia, siderurgia e mineraria di Confindustria Brescia nonché vicepresidente dell’importante gruppo siderurgico (con sede a Brescia) Ori Martin. E parole pronunciate nel corso dell’evento “Mai da soli! L’Europa e l’industria sostenibile. Confronto fra gli imprenditori del Settore metallurgia, siderurgia e mineraria”, organizzato qualche giorno fa da Confindustria Brescia nel contesto del ciclo di appuntamenti “Sette ottavi”. Nel corso dell’appuntamento, cui hanno partecipato personalità dell’industria ma anche della Regione Lombardia e dell’Europarlamento, sono in effetti emerse problematiche derivanti dall’impatto di norme Eu di stampo “green” sul mondo dell’acciaio.

Quali problematiche? Si pensi soltanto ai crediti di carbonio (Ets): le aziende ne ottengono un certo numero gratuitamente e altri devono essere acquistati. Ciascun credito permette di emettere una tonnellata di CO2. I crediti sono però oggetto di speculazione dei fondi, e pertanto rivenduti alle industrie ad un prezzo più caro di quello di partenza. Ma le norme e i regolamenti “sotto accusa” sono diversi; sono tutti accomunati, secondo quasi tutti i relatori all’evento, dall’essere stati pensati trascurando gli effetti sulla manifattura, e soprattutto sui settori hard-to-abate come la siderurgia. Peraltro, gli effetti di queste norme “rimbalzano” direttamente su un altro settore, l’automotive, e soprattutto sulla componentistica auto, che si serve dei prodotti dell’acciaieria.







Ma perché la discussione sui problemi dell’acciaio e sull’impatto delle regole europee nasce a Brescia? «In questa provincia la metallurgia riguarda 135 aziende con 12 mila dipendenti: è una delle due componenti importanti del nostro tessuto industriale, e quindi economico-sociale» – ricorda il presidente di Confindustria Brescia Franco Gussalli Beretta. Qui le torrette evaporative fanno parte del paesaggio; e qui hanno sede o operano grandi gruppi come Ori Martin, Feralpi, Duferco Italia Holding, Ferriera Valsabbia, Alfa Acciai, Eural Gnutti, Metra, Iro, Raffmetal. In breve, il polo bresciano primeggia in Italia, anche per fatturato: nel 2022 (primo anno dopo il Covid) la siderurgia locale ha fatto registrare quasi 12 miliardi (dati del Centro Studi Siderweb) davanti a Milano (8,5 miliardi) e Mantova, a quota 6,8 miliardi. Anche l’automotive ha una forte presenza: la filiera bresciana della componentistica è composta da 250 aziende che con 18mila addetti fatturano 6,5 miliardi di euro. Fra le aziende di spicco, il Gruppo Streparava.

E perché se ne parla adesso? Perché il 9 giugno 2024 si tengono le elezioni europee. «Sulla scorta di nuove parole che stanno entrando nel dibattito continentale, come competitività e indipendenza strategica, questa data potrebbe rappresentare un momento di revisione del Green Deal (insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione europea con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050) che deve senz’altro puntare all’ambiente ma anche tenere conto di altri fattori strategici, in modo tale che l’Eu sia regista dello sviluppo manifatturiero dei Paesi aderenti. In questo scenario Confindustria deve essere capace di dialogare con la politica europea, offrendo progettualità e strumenti» – afferma il direttore generale di Confindustria Brescia Filippo Schittone.

Feralpi forni a induzione. In linea con la strategia Esg e il piano di investimenti straordinari, Feralpi prosegue il proprio impegno per ridurre l’impronta ambientale. Tra le recenti realizzazioni, spicca la sostituzione del forno di riscaldo a gas metano con nuovi forni a induzione, una tecnologia all’avanguardia basata sull’energia elettrica. Tale innovazione rappresenta una delle più recenti implementazioni nello stabilimento di Lonato del Garda, consentendo l’eliminazione delle fonti fossili attraverso l’elettrificazione di questo specifico processo

L’impatto delle regole europee sull’acciaio

  1. La questione della normativa Cbam

Cbam è un acronimo che sta per Carbon Border Adjustment Mechanism. È un meccanismo europeo di aggiustamento che applica una tassa sul carbonio alle importazioni nel territorio comunitario di alcune categorie di beni realizzati in Paesi extra Eu. Tecnicamente, ci sono due finalità importanti: da una parte si intende favorire una produzione extra Eu che rispetti gli stessi standard ambientali di quella realizzata nell’Unione; dall’altra si vuole ridurre il rischio che le imprese si trasferiscano in Paesi con normative ambientali più lasche per evitare gli oneri legati alle emissioni di carbonio. Quali gli effetti sulla siderurgia europea e italiana? Anzitutto i costi per le aziende europee attive nell’importazione di rottami, ferramenta, metallo sono destinati ad aumentare. Ma non solo. Secondo Giovanni Marinoni Martin l’attività di riduzione della “divergenza del carbonio” con il Cbam non si realizza: «Noi abbiamo un’Europa che da una parte dice agli operatori siderurgici che devono diminuire le emissioni, e li costringe pertanto a spese enormi; dall’altra non vede ciò che entra nel Continente; nel senso che sono oggetto di valutazione all’ingresso solo i semi-lavorati, ma non i pre-finiti. Ma poi, in generale il Cbam non funziona: non è detto che se arriva in porto la barra d’acciaio, il funzionario doganale sia in grado di riconoscerla in quanto prodotto finito o non finito. Se invece della barra arriva poi un prodotto stampato, non si paga più niente. Insomma, sono regole ben strane. Bisognerebbe essere molto più attenti a ciò che arriva in Europa». Per il presidente di Federacciai al terzo mandato, nonché numero uno del gruppo Duferco (che è attivo nell’acciaio e nell’energia, e che nel 2022 ha fatturato 44 miliardi di dollari) Antonio Gozzi poi, la Cbam, imponendo alle aziende europee di tracciare le attività di fornitori lontani, oltre che produrre sovra-costi per le prime e grandi mal di testa per gli imprenditori, può aprire la strada ad una falsa documentazione.

Giovanni Marinoni Martin è un importante esponente dell’industria del comparto siderurgico: è il presidente del settore metallurgia, siderurgia e mineraria di Confindustria Brescia nonché vicepresidente dell’importante gruppo siderurgico (con sede a Brescia) Ori Martin. Secondo lui, con l’attuale regolamentazione dell’Ue si rischia una sola transizione: quella verso la desertificazione industriale
  1. La questione delle quote del carbonio, oggetto di speculazione da parte dei fondi

Si citava il sistema Ets (Emission Trading System), e il fatto che alla fine di ogni anno, le aziende devono rendere abbastanza crediti per coprire le loro emissioni; se hanno inquinato più del previsto, possono acquistarne di aggiuntivi da altre aziende che ne hanno in surplus. Si diceva che il problema è che si consente alla grande finanza di intervenire in questo meccanismo, incrementando i costi per le aziende – che nel caso delle acciaierie sono molto sostenuti. «Si pensi che il potente fondo BlackRock (società di investimento con sede a New York. Vanta un patrimonio totale di circa 9.420 miliardi di euro al 2023), specula su questi crediti, che all’industria costano di più. Ma perché dobbiamo essere condizionati da queste manovre? Perché dobbiamo pagare 70 ciò che costerebbe 30?» – afferma Gozzi. Sempre secondo Gozzi, la questione è stata portata in Europa, ma questa ha risposto che «non si possono escludere le banche dal sistema».

Processi Alfa Acciai, tra i principali produttori italiani ed europei di acciaio per cemento armato e vergella
  1. La questione del rottame, alimento della acciaieria secondaria ed elemento cruciale dell’economia circolare

Com’è noto, la “siderurgia secondaria” è il processo di produzione di acciaio che utilizza rottami metallici come materia prima principale, in contrasto con la siderurgia primaria che impiega minerali di ferro. Con il termine “rottame” ci si si riferisce ai materiali metallici di scarto, come ad esempio l’acciaio proveniente da demolizioni o dalla produzione industriale. In pratica, da una parte il rottame è l’unico alimento del ciclo secondario, e di conseguenza è sempre più prezioso, dall’altra gioca un ruolo fondamentale in termini di economia circolare: riduce la necessità di estrarre nuove materie prime e contribuisce alla sostenibilità ambientale. Nonostante ciò, non si è mai riusciti a far riconoscere dall’Eu il rottame come “materia prima critica”, oggetto di una tutela particolare. Per Gozzi «il risultato è che quest’anno 20 milioni di tonnellate di questo materiale europeo andranno ai turchi, che lo sovvenzionano a livello statale e poi lo rivendono a prezzi più alti sui mercati europei. Abbiamo lavorato nel 2014 con Antonio Tajani (al tempo commissario europeo per l’industria) e abbiamo ottenuto anche un voto del Parlamento europeo, ma la solita lobby di commercianti tedeschi di rottame ha bloccato tutto, poiché 20 milioni di tonnellate questo materiale rappresentano un business da 120-150 milioni di euro all’anno. Che giudizio dare all’Europa? Negativo: se dovessi dare un voto, darei un 5 o un 4».

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e presidente e amministratore delegato di Duferco Italia Holding. Secondo lui la normativa Carbon Border Adjustment Mechanism, imponendo alle aziende europee di tracciare le attività di fornitori lontani, oltre che produrre sovra-costi per le prime e grandi mal di testa per gli imprenditori, può aprire la strada ad una falsa documentazione
  1. Il costo dell’energia per industrie energivore come la siderurgia

«Il settore siderurgia è connotato da due fattori importanti, le materie prime ed energia; e purtroppo sappiamo che negli ultimi anni entrambi ci hanno fatto soffrire. Alla fine, questa circostanza è il motivo della discussione di oggi» – afferma Franco Gussalli Beretta, presidente e amministratore delegato della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta (azienda legata a doppio filo con la siderurgia) e presidente di Confindustria Brescia. Sugli extra-costi energetici, dovuti per lo più a questioni geopolitiche come il conflitto Russo-Ucraino, a seguito del quale i flussi di metano a basso costo di Gazprom sono stati bloccati, il governo si è attivato con un piano di misure strutturali, l’Energy Release. Questo prevede contratti triennali di somministrazione a prezzi ridotti per clienti finali prioritari (industriali, Pmi, energivori); tuttavia, per impianti di potenza, la tariffa incentivante per Mwh è di 120 euro. Il problema è che queste misure non sono concorrenziali neppure in un contesto continentale: Francia e Germania hanno stabilito un prezzo di 60 euro.

Franco Gussalli Beretta, il presidente e amministratore delegato di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, e presidente di Confindustria Brescia.

Anche l’auto è in difficoltà con la transizione

  1. Il duplice impatto della normativa Cbam su acciaio e automotive

Con l’entrata in vigore della Cbam «si è anche stabilito un décalage nella concessione di quote gratuite per gli altoforni” – afferma Gozzi. «Produrre in Europa costerà un terzo di più rispetto ad oggi, e così gli altoforni europei non reggeranno alla concorrenza di quelli asiatici». Solo che con la siderurgia primaria si realizzano anche pezzi importanti per l’automotive, come quelli da stampaggio profondo. Per cui le quattro ruote europee si troveranno in una condizione di dipendenza dall’Asia quanto ad approvvigionamento di acciaio per le carrozzerie. « È prevalso in Europa un certo estremismo ambientalista – prosegue Gozzi – , per cui i politici preferivano inseguire Greta Thunberg che organizzare vertici sull’industria».

L’attivista Greta Thunberg (Fonte: Wikipedia). Secondo Gozzi, è prevalso in Europa un certo estremismo ambientalista – prosegue Gozzi – , per cui i politici preferivano inseguire Greta Thunberg che organizzare vertici sull’industria
  1. L’auto green e la sua diffusione

In generale in Europa nel 2023 si è assistito ad una crescita delle immatricolazioni; ma i livelli del 2019 sono lontani. «C’entra la transizione green, il passaggio forzoso all’auto elettrica. Questa viene adottata da famiglie benestanti che si possono permettere una terza auto, a parte quelle a combustibile fossile; ecco, una volta saturata questa fascia, non sarà facile convincere persone a basso reddito a comprarne una, forse con incentivi e calo dei prezzi» – afferma il presidente di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e Chief Public Affairs Officer e membro del Board di Brembo (colosso della componentistica) Roberto Vavassori. Ma chi vincerà sui mercati con la transizione green? Favorita la Cina «che venti anni fa costruiva 2 milioni di auto e ora 20, e che soprattutto può utilizzare la leva competitiva dei bassi costi, e quindi dei prezzi contenuti». Occorre, per Vavassori, una politica sui dazi in ingresso per le imprese cinesi: vanno «parificati a quelli che le aziende europee patiscono in Cina».

Pinza freno New G Sessanta di Brembo. Brembo è un’azienda italiana leader del settore nello sviluppo e nella produzione di impianti frenanti per veicoli, tra i maggiori componentisti del nostro Paese
  1. L’impatto della transizione sulla componentistica

Si è citata la filiera bresciana della componentistica; per quella lombarda. invece, i numeri sono questi: più di mille imprese che con 50mila lavoratori realizzano revenue per complessivi 20 miliardi. «Solo che Fit for 55 ha delineato un percorso che non è stato subito virtuoso, anche perché in Italia il 70% delle auto è classificabile tra Euro Zero e Euro Tre. Se si voleva decarbonizzare, in realtà bisognava agire sull’endotermico» – afferma l’amministratore delegato del Gruppo Streparava (di Adro, Brescia: 323 milioni di fatturato nel 2022 con circa 1200 dipendenti – produce componenti sia per il powertrain che per lo chassis) nonché vice presidente di Confindustria Brescia. Per l’industriale l’impatto sulla componentistica ci sarà, «anche perché la filiera non è composta solo da grandi aziende come Streparava, che possono permettersi investimenti importanti: per il 95%, si tratta di Pmi, che faticano a fare lo stesso».

Paolo Streparava, ceo del gruppo Streparava, Vice Presidente Confindustria Brescia. Secondo Streparava, Fit for 55 ha delineato un percorso che non è stato subito virtuoso, anche perché in Italia il 70% delle auto è classificabile tra Euro Zero e Euro Tre. Se si voleva decarbonizzare, in realtà bisognava agire sull’endotermico. Per l’industriale l’impatto sulla componentistica ci sarà, «anche perché la filiera non è composta solo da grandi aziende come Streparava, che possono permettersi investimenti importanti: per il 95%, si tratta di Pmi, che faticano a fare lo stesso
  1. Non giova la rigidità sul fronte della neutralità tecnologica

«Avremmo voluto che i biocarburanti fossero parificati ad altri vettori energetici, ma ciò non ci è riuscito», afferma l’assessore allo Sviluppo economico delle Lombardia Guido Guidesi, in riferimento all’evento di Pamplona. A novembre scorso, nel capoluogo della Navarra si è riunita l’Alleanza delle Regioni Europee dell’automotive, che riunisce 34 Regioni del Vecchio Continente (di cui 9 italiane) che tutte insieme fanno il 34% del Pil comunitario. In questa sede, la Lombardia ha sostenuto le ragioni della neutralità tecnologica: gli obiettivi green dell’Eu possono essere conseguiti con tecnologie diverse rispetto alla sola elettrificazione. «Anzi, la mobilità a impatto zero si raggiunge grazie alla capacità di innovazione delle imprese» – termina Guidesi.

Quello di Duferco è il primo laminatoio in Europa a funzionare a energia totalmente rinnovabile consentirà un risparmio di 28mila tonnellate all’anno di CO2

Una questione ideologica?

Secondo l’europarlamentare e membro della Commissione Itre per l’industria, la ricerca e l’energia Isabella Tovaglieri, «c’è un atteggiamento ideologico nelle istituzioni Eu: tutti i dossier strategici europei sono trattati dalla commissione ambiente; ma la commissione di cui faccio parte, quella sull’industria, non sempre viene interpellata e quando ciò accade, succede a titolo di parere”. In questo modo, «negli ultimi 5 anni si è trasformato il processo di decarbonizzazione in uno di deindustrializzazione». Non così per l’europarlamentare nonché vice presidente della commissione Itre Patrizia Toia. «Cogliendo alcuni limiti e non il valore delle politiche europee si corre il rischio di offrire un’immagine distorta delle attività dell’Eu. L’Europa non vuole distruggere la manifattura, non siamo matti. Se si vuole fare di più per l’industria, però, occorre che l’Europa disponga di un bilancio all’altezza dei compiti. Insomma, occorre più Europa, non meno Europa».

Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia. Secondo Guidesi, la Lombardia ha sostenuto le ragioni della neutralità tecnologica: gli obiettivi green dell’Eu possono essere conseguiti con tecnologie diverse rispetto alla sola elettrificazione

Con le elezioni europee il green deal potrebbe cambiare

Il problema è che di alcune politiche ambientali continentali si fatica a vedere qualche output positivo. «Sono passati ormai quattro anni dal 15 gennaio 2020, giorno in cui è stato presentato il Green Deal Europeo» – ricorda il direttore generale di Confindustria Brescia Filippo Schittone. C’erano evidentemente grandi aspettative, nel mondo dell’industria.

il direttore generale di Confindustria Brescia Filippo Schittone. Secondo Schittone, sulle politiche europee relative alla transizione energetica Confindustria deve essere più presente e parlare con la politica europea, perché senza manifattura non c’è ambiente e non c’è neanche politica sociale

«In soli quattro anni, il mondo è cambiato; anzi, è stato stravolto dagli eventi. Anche le relazioni tra gli Stati Uniti, l’Eu e la Cina saranno fatalmente condizionate dall’esito della guerra tra Russia e Ucraina, comunque andrà a finire. Quanto al Green Deal, quello che si può dire è che è stato scritto con un approccio ideologico e prevalentemente da chi non ha cultura manifatturiera. Ma sempre dopo quattro anni, l’aria sta cambiando. Ci sono germi che stanno entrando nel dibattito: si sente la necessità di integrare elementi di strategia e competitività. D’altra parte, bisogna guardare alla realtà dei fatti: l’Eu è indietro quanto a digitalizzazione, rispetto a Usa e Cina; in termini di prodotto interno lordo, poi, rappresenta ormai i sei decimi di quello americano. Qualcosa non funziona. Anche Confindustria deve parlare con la politica europea, perché senza manifattura non c’è ambiente e non c’è neanche politica sociale» – commenta Schittone. Ci sarà unità di Confindustria su questo fronte? «In Confindustria – termina il vicepresidente zone e settori di Confindustria Brescia Francesco Franceschetti – talvolta la dialettica è diversa, ma il fine è uno e uno solo».














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