Italia e Germania: le incognite su due siderurgie leader e intrecciate

di Laura Magna ♦︎ La prima e la seconda manifattura in Europa sono anche due industrie dell'acciaio complementari: le commodity a Berlino, mentre sulle commesse speciali c'è ampio margine di crescita in Italia. Tant'è che il settore pesa per il 12,6% sull'export totale italiano verso la Germania. E infatti i tedeschi scelgono prodotti Made in Italy per l'elevata qualità. Ma chiedono in cambio...

È un patto d’acciaio quello tra Germania e Italia. La prima e la seconda siderurgia d’Europa sono profondamente e stabilmente interconnesse, come d’altronde sono interconnesse le due economie sotto molti punti vista. L’Italia è un grande fornitore di componentistica e semilavorati per le industrie di Berlino, macchine industriali e automotive in particolare. L’acciaio entra in questo stesso calcolo e arriva a pesare per il 12,6% sul totale dell’export italiano verso la Germania (i dati sono della Camera di Commercio italo tedesca, ne abbiamo parlato anche qui). Sul totale dell’export di acciaio verso Berlino, l’Italia ha un valore invece dell’11,5% e se si guarda alla filiera siderurgica “allargata”, ai settori industriali che impiegano sulle linee questi prodotti, il valore di quanto acciaio l’Italia vende in Germania supera il 35%. Ma potrebbe crescere ancora. Purché si punti sui prodotti a elevato valore aggiunto nel settore dei lunghi (quelli che appunto trovano applicazione nelle industrie) e degli inossidabili.

Non c’è invece domanda di prodotti di base di cui la Germania è esportatore netto in tutte le categorie. L’acciaio è stato ed è ancora d’altronde un fondamentale motore dell’economia nazionale tedesca per oltre un secolo. La siderurgia tedesca era il primo player in Europa già alla fine del XIX secolo e nel secondo dopoguerra fu ristrutturata e modernizzata per partecipare con un ruolo di primo piano nella ricostruzione post bellica. È quanto emerso nel corso del webinar di siderweb “Germania: le opportunità per l’acciaio italiano”. Nel corso dell’evento hanno raccontato la loro esperienza sul mercato tedesco anche due produttori italiani, entrambi da anni presenti in loco con sedi fisiche. Si tratta di Feralpi e Lucefin, entrambe nell’area del bresciano. Feralpi, a Lonato del Garda produce acciai per il settore edile, mentre Lucefin, headquarter a Esine, ha il suo focus sugli acciai trafilati inossidabili.







 

I numeri dell’interconnessione italo tedesca nell’acciaio

Ma partiamo dai numeri. Nel 2019 le esportazioni italiane verso la Germania segnavano quota 58,1 miliardi di euro (-0,1% rispetto al 2018) mentre il valore delle importazioni 69,6 miliardi di euro (-0,8% rispetto al 2018). Si trattava di livelli record, seppure in lieve calo anno su anno. Il 2020 ha visto finora invece numeri molto diversi. Fino a ottobre, l’export è ammontato a 46 miliardi e l’import a 49 miliardi con un calo rispetto ai nove mesi del 2019 rispettivamente del 7,2% e del 14,6%. Per quanto attiene al settore dell’acciaio, il dato sulla produzione di acciaio tedesco del 2020 riflette il calo che abbiamo osservato nell’economia nazionale: la Germania ha perso il 5% del Pil nel 2020 e ha aggiornato al ribasso (dal +4,4% al +3%) le stime sulla crescita del 2021, indebolita dalla recrudescenza del virus e dal secondo severo lockdown.

, il dato sulla produzione di acciaio tedesco del 2020 riflette il calo che abbiamo osservato nell’economia nazionale: la Germania ha perso il 5% del Pil nel 2020 e ha aggiornato al ribasso (dal +4,4% al +3%) le stime sulla crescita del 2021, indebolita dalla recrudescenza del virus e dal secondo severo lockdown

 

Due industrie siderurgiche complementari

Gianfranco Tosini, dell’Ufficio Studi siderweb

Nel 2020 la produzione di acciaio tedesca è ammontata a 35,7 milioni di tonnellate (il 70% da altoforno, il 30% da forno elettrico): un dato che si confronta con i 39,6 milioni del 2019. L’anno pre Covid aveva visto la Germania consolidare la sua posizione di esportatore netto nel settore, con 38 milioni di tonnellate consumate (13,3 nelle costruzioni) e una bilancia commerciale positiva per circa 1,6 milioni di tonnellate. La produzione tedesca, però, secondo quanto rileva Gianfranco Tosini, dell’Ufficio Studi siderweb è fatta per «il 58,3% dai laminati piatti con quasi 18 milioni di tonnellate di coils a caldo prodotti all’anno».

Mentre il Paese si trova costretto a importare prodotti lunghi di alta qualità e soprattutto inox (per cui la bilancia commerciale è negativa per 1,4 milioni di tonnellate): «per i coils a freddo in acciaio inox e legato, il consumo tedesco è in gran parte soddisfatto da Acciai Speciali Terni, controllata di Thyssenkrupp. Ma siamo strategici per la tipologia produttiva, soprattutto per i piani inox e dovremmo sfruttare questa posizione per erodere quote di mercato», dice Tosini.

Nel 2020 la produzione di acciaio tedesca è ammontata a 35,7 milioni di tonnellate (il 70% da altoforno, il 30% da forno elettrico): un dato che si confronta con i 39,6 milioni del 2019. Fonte Siderweb

Se per i prodotti commodities come il tondo per cemento armato lo spazio è completamente coperto dalle controllate locali, dunque, è nelle specialties, ovvero nei prodotti a valore aggiunto, che abbiamo un forte potenziale, determinato anche dalla vicinanza geografica. «Abbiamo per esempio aumentato di circa il 20% la nostra quota nel settore della vergella in acciaio speciale, ma possiamo fare meglio. Il nostro competitor principale è l’Austria, che ha il 30%: non è difficile agguantarla. Lo stesso vale per le barre in acciaio legato». 

L’anno pre Covid aveva visto la Germania consolidare la sua posizione di esportatore netto nel settore, con 38 milioni di tonnellate consumate (13,3 nelle costruzioni) e una bilancia commerciale positiva per circa 1,6 milioni di tonnellate. Fonte Siderweb

 

Regole per entrare nel mercato tedesco

Isabella Pignagnoli-Hoffmann, senior project manager per i servizi di assistenza e consulenza alle imprese della Camera di Commercio Italo tedesca

Ma per espandersi nel mercato tedesco bisogna comprenderne a fondo le logiche. «I numeri ci raccontano di un legame potente tra i due Paesi e del grande peso che sulla siderurgia italiana hanno gli acquisti tedeschi – dice Isabella Pignagnoli-Hoffmann, senior project manager per i servizi di assistenza e consulenza alle imprese della Camera di Commercio Italo tedesca – è ovvio che con questi numeri il rallentamento tedesco comporti un rallentamento per l’Italia. Tuttavia il mercato tedesco resta interessante perché è il più stabile dell’Ue e i tedeschi guardano con interesse alle fabbriche italiane, perché hanno un alto grado di industrializzazione, tecnologia e qualità». Alla Camera di Commercio italo tedesca «l’85% delle richieste di consulenza che arrivano sono da parte di imprese italiane che vogliono approdare in Germania: i tedeschi scelgono partner italiani per i requisiti qualitativi delle loro produzioni e per le certificazioni conformi a quelle europee. Ma chiedono in cambio la puntualità nelle consegne, la flessibilità, un assoluto controllo della qualità, una chiarezza sui ruoli e le funzioni svolte in azienda, oltre alla possibilità di comunicare almeno in inglese». Tutte caratteristiche di cui qualsiasi impresa italiana deve dotarsi se vuole affrontare questo mercato.

Ciò detto, la Germania può rappresentare anche una testa di ponte per poter approcciare possibili partner di altri Paesi: «tutta la merce che viene trasportata su gomma in Europa passa per la Germania che ha una posizione centrale nel Continente. I vantaggi che offre la Germania sono ottime strutture logistiche, burocrazia più snella e certezza del diritto». La Camera di Commercio «offre servizi di ricerca di mercato e analisi settoriali, per la consulenza nella costruzione di reti commerciali, nel supporto per le fiere e nell’allestimento di reti distributive, visti i legami consolidati che abbiamo costruito nei settori della meccanica industriale, della logistica, ma anche del riciclo dei rifiuti, o in quello delle start-up».

i tedeschi scelgono partner italiani per i requisiti qualitativi delle loro produzioni e per le certificazioni conformi a quelle europee. Ma chiedono in cambio la puntualità nelle consegne, la flessibilità, un assoluto controllo della qualità, una chiarezza sui ruoli e le funzioni svolte in azienda, oltre alla possibilità di comunicare almeno in inglese. Fonte Siderweb

Il parere dell’industria italiana che ha già conquistato Berlino. Il gruppo Feralpi

Marco Sbaraini, direttore commerciale acciai per l’edilizia del gruppo Feralpi

Quali strategie hanno seguito invece le aziende italiane che sono riuscite a trovare un loro spazio in Germania? Lo spiega Marco Sbaraini, direttore commerciale acciai per l’edilizia del gruppo Feralpi, presente in Germania dagli anni ’90 con una capacità produttiva di circa 1 milione di tonnellate l’anno, al quarto posto nel Paese nei lunghi da costruzione. Feralpi fondata nel 1968 a Lonato del Garda (Brescia) è specializzata nella produzione di acciai per il settore edile: il blocco tedesco ha una sede centrale a Riesa e due filiali, una in Ungheria e una in Repubblica Ceca per coprire tutta la domanda del Nord Europa. «Siamo arrivati a inizio anni ‘90 dopo l’unificazione in un’economia caratterizzata da una grande linfa vitale per quanto riguarda i consumi. Abbiamo accompagnato un mercato in crescita unendo a una solida organizzazione tedesca la fantasia italiana. Abbiamo impostato la crescita secondo modello italiano, ampliando la gamma e aggiungendo servizi, mixando i due modelli industriali e negli anni abbiamo consolidato tutta la filiera». Un modello che ha consentito, secondo Sbaraini di abbattere lo scetticismo nei primi anni sulla capacità di gestione italiana di uno stabilimento grande e caduto quasi in disuso. «Ma la serietà e l’impegno di hanno consentito di consolidare i rapporti su tutta la filiera e ci troviamo perfettamente integrati nel mercato, avendone compreso le logiche che sono molte diverse anche sul fronte organizzativo da quelle italiane». La struttura distributiva piramidale , con al vertice i produttori, e via via gli alti attori è infatti impostata sul rispetto dei ruoli, «a differenza del mercato italiano più frammentato ed orizzontale che spesso vede sconfinamenti. In Germania gli ordini arrivano soprattutto dai grandi gruppi di acquisto, un sistema che permette ai produttori una miglior gestione e pianificazione delle produzioni e forniture».

L’Italia è un grande fornitore di componentistica e semilavorati per le industrie di Berlino, macchine industriali e automotive in particolare. L’acciaio entra in questo stesso calcolo e arriva a pesare per il 12,6% sul totale dell’export italiano verso la Germania (i dati sono della Camera di Commercio italo tedesca, ne abbiamo parlato anche qui). Sul totale dell’export di acciaio verso Berlino, l’Italia ha un valore invece dell’11,5% e se si guarda alla filiera siderurgica “allargata”, ai settori industriali che impiegano sulle linee questi prodotti, il valore di quanto acciaio l’Italia vende in Germania supera il 35%. Fonte Siderweb

Quanto alla possibilità di espansione di Feralpi nel mercato locale, nel suo settore di pertinenza che è il tondo per cemento armato, lo spazio è risicato. In termini di import di tondo per cemento armato l’Italia pesa per circa 230mila tonnellate spedite a fronte di un fabbisogno complessivo da 3 milioni di tonnellate (1 milione di tonnellate compensato dall’import). Molto potrebbe cambiare con il Recovery Fund, dato che l’economia tedesca pare essere la più pronta a investire in sostenibilità nel settore delle costruzioni. «In termini di macro trend per i prossimi anni vedo uno spostamento delle produzioni verso il tondo in rotoli, anche se la barra non morirà. Ma l’onda lunga è verso il bobinato e gli investimenti saranno orientati in quella direzione. Siamo pronti ad affrontare il mercato come rifornitore di riferimento spostandoci da un prodotto all’altro», dice Sbaraini, che sostiene l’importanza degli investimenti in risorse umane. «Negli ultimi due anni abbiamo scelto di integrare i due siti, italiano e tedesco e fornire in tandem il territorio tedesco. Questo è stato visto con qualche perplessità all’inizio, ma alla fine i clienti hanno capito il vantaggio di avere un fornitore con due capacità produttive che possono andare in overlapping ma anche compensarsi». Quanto al mercato italiano nel 2021 è in cerca di identità. «L’aumento del prezzo del rottame da metà novembre è stato esponenziale, legato a un mercato isterico come quello turco. Tuttavia nel Nordeuropa il rottame non c’è e non si trova quindi non vedo grossi balzi indietro, solo correzioni di circa 25 euro, che è la revisione che c’è stata sul prodotto finito in Italia».

 

… e l’esperienza decennale di Lucefin

Il vice presidente del gruppo Lucefin Giorgio Buzzi

Attivo dal 1973 nella lavorazione e nella commercializzazione di acciai speciali, inossidabili, al carbonio, altolegati, con un fatturato annuo di 200 milioni di euro Lucefin, che ha quattro fabbriche in Italia nel bresciano e l’headquarter a Esine, è presente in Germania da dieci anni, con la controllata Ksm Stahl. Negli ultimi anni l’azienda ha diversificato con la controllata Matter, nella realizzazione di magazzini automatizzati in ottica 4.0. La gamma di acciai che presenta è tra le più ampie disponibili sul mercato, ma per distribuire le barre trafilate in inox, che destina al mercato tedesco aveva bisogno di una struttura in loco. Secondo il vice presidente del gruppo Giorgio Buzzi, parliamo di «un prodotto che richiede una competenza tecnica e una consulenza ai clienti capillare. Elementi che potevano essere garantiti solo con una sede locale». Si tratta di una sede distributiva con un’ampia capacità di magazzino, ma l’esperienza sul mercato tedesco «ha avuto un contraccolpo positivo anche sui nostri stabilimenti italiani consentendo loro di fare un salto di qualità. Le nostre aziende hanno imparato a interloquire in lingua, a essere affidabili e con produzioni di qualità. Questo ha rinsaldato il rapporto con i clienti tedeschi»














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