Scm: parola d’ordine diversificazione. Sfide del big del machinery. E sulle acquisizioni…

di Piero Macrì ♦︎ La multinazionale riminese punta su servizi e digitale per accelerare la crescita. Produce macchinari per la lavorazione di legno, vetro, pietra, metalli, plastica. Tra i clienti: Ikea, Lube, Boeing, Stellantis, Toyota, Bmw. Il post vendita: reagire ai costi in diminuzione dell'hardware. Il nuovo magazzino automatico di Rimini per i ricambi. Le macchine ibride per la produzione additiva e sottrattiva. Ce ne parla l'ad Marco Mancini

Innovazione, fabbrica digitale e rafforzamento della rete commerciale e di assistenza postvendita in tutti i mercati strategici. Scm Group, multinazionale riminese del machinery e dei componenti industriali, continua ad investire e i risultati parlano chiaro. Dal 2019 al 2022 il fatturato è passato da 700 a 850 milioni. Un business sostenuto dall’export, da cui il gruppo genera oltre il 90% dei ricavi. Usa, Europa e Cina. Le macchine di Scm Group sono utilizzate da migliaia di clienti in tutto il mondo. Tra i big customer internazionali: Ikea e i colossi americani Masonite e Masterbrand, la britannica Howdens o le italiane Lube e Giesseg nel settore del mobile, Boeing nell’aerospazio, Stellantis, Toyota, e Bmw nell’automotive. «L’obiettivo è consolidare la leadership di tutte le divisioni nei rispettivi settori di competenza, dall’industria del mobile all’edilizia, dall’automotive all’aerospaziale, dalla nautica alla lavorazione di materiali plastici e avanzati, e conquistare nuove nicchie di mercato in ambiti applicativi in forte espansione», afferma Marco Mancini, amministratore delegato di Scm Group. 

Strategia che va di pari passo con quelli che sono gli obiettivi di crescita sulla parte servizi, da cui il gruppo genera un fatturato di 150 milioni. Se da una parte sono state fatte acquisizioni di realtà che forniscono manutenzione e supporto post vendita, è tutto il business dell’aftersales, oltre all’innovazione di prodotto, ad essere oggetto di investimenti. Per la componente servizi l’obiettivo è l’aumento di fatturato del 50% nei prossimi tre anni. Crescita che sarà trainata dal digitale, che per Scm Group rappresenta la leva per supportare il cliente nel corso dell’intero ciclo di vita della macchina. La parola d’ordine è diversificazione, soprattutto sulle tecnologie che fanno riferimento a settori su cui il gruppo ha ancora margini di incremento. 







Marco Mancini, amministratore delegato di Scm Group

Un’espansione che sarà basata su sviluppo prodotto e acquisizioni. Se dal comparto del legno, attraverso la sua ammiraglia Scm, il gruppo genera il 70% dei ricavi ovvero una cifra prossima ai 600 milioni, un 20% del business, circa 180 milioni, è generato dalla divisione altri materiali, che produce e vende macchine che lavorano plastica, materiali compositi, vetro, pietra e metalli. Attività che sono in carico alla Cms di Bergamo, alla tedesca Hg Grimme e all’americana Dms, queste ultime acquisite rispettivamente nel 2017 e 2018. L’attenzione è sui materiali. «Importante è estendere la tecnologia ad altre lavorazioni, all’acciaio o a compositi più duri, per esempio. Sono tecnologie di nicchia ma rivestono una grande importanza in tutto quello che è nuova produzione». Mappare i trend di mercato emergenti per creare un nucleo di tecnologia d’avanguardia con cui iniziare a presidiare aree applicative con interessanti prospettive di crescita. Insomma, la multinazionale riminese non vive di solo legno. Negli ultimi tre anni è stata anche creata una soluzione di stampa 3D, con macchine ibride che integrano lavorazione additiva e sottrattiva. Per il gruppo Scm vale una semplice regola: mai rimanere fermi. La ricerca e sviluppo vale il 7% del fatturato. «Ogni anno lavoriamo su una media di oltre 40 progetti di nuovi prodotti o gamme. Dentro c’è tutto, dallo sviluppo di nuovi modelli di macchina alla costruzione di macchine speciali, a soluzioni Hmi di nuova concezione per semplificare la complessità di tutta una serie di lavorazioni, fino a tutta la parte che riguarda lo sviluppo dei servizi digitali». 

Struttura verticale e forte autonomia produttiva. Ma anche grande apertura verso il mondo esterno, sostenibilità e flessibilità per una produzione sempre più customer centrica

Dai quadri elettrici agli elettromandrini alla carpenteria metallica. Scm Group ha una struttura verticale che permette di produrre in autonomia gran parte delle componenti che servono per realizzare una macchina. Esiste ancora un’officina che produce basamenti in ghisa. È nel dna del gruppo che è nato più di 70 anni fa come fonderia. «Essere verticali ha sicuramente dei pregi poiché si controlla l’intera catena del valore, ma occorre sempre guardare all’esterno, misurarci con il mercato reale», afferma Mancini. La vera sfida è capire quanto possiamo fare da soli e quanto invece deve essere creato attraverso alleanze, startup e acquisizioni». Crisi energetica, aumento dei costi e delle materie prime, scarsità di componenti, come reagite a questa situazione? «Dobbiamo abituarci alle complessità e incertezze del mercato. Le supply chain sono intermittenti? Mancano dei componenti? Occorre essere creativi. Per esempio, re-ingegnerizzando le macchine per riuscire ad avere sistemi interoperabili con altre opzioni di mercato. Ed è il software che deve consentire questa intercambiabilità». 

Scm Group è molto attiva nel settore automotive, dove ha come clienti colossi del calibro di Stellantis, Toyota, e Bmw

Le discontinuità di mercato spingono quindi Scm Group a progettare macchine basate su principi di flessibilità e apertura. L’obiettivo è avere piattaforme di automazione che possano interfacciarsi con una molteplicità di tecnologie. E per quanto riguarda la sostenibilità? «È uno dei principali asset di ricerca e sviluppo, per creare valore per tutti gli stakeholder attraverso il continuo miglioramento delle performance e della qualità dei nostri prodotti e processi produttivi. Cominciamo a chiederci se la tracciabilità del bene possa consentirci di portare valore anche oltre il ciclo di vita del prodotto», afferma Mancini. Da produzione a volumi a produzione lotto uno. Siamo nell’era della personalizzazione di massa, dove il mercato lo fa il consumatore. Voi come rispondete? «Tutte le aziende del manifatturiero sono ormai obbligate a confrontarsi con una produzione customer centrica. È una tendenza globale. Si pensi alla Cina. Chi l’avrebbe mai detto che un paese fondato sulla manifattura seriale sarebbe passato a una produzione personalizzata? Tutti vogliono il mobile su misura e noi rispondiamo progettando macchine con altissima flessibilità, che consentono di realizzare un prodotto in una molteplicità di varianti».

Il digitale come strumento per valorizzare la relazione con il cliente nel corso dell’intero ciclo di vita della macchina, l’e-commerce e il nuovo magazzino automatico 

Secondo Scm aprirsi ai servizi è una necessità. Una reazione al costo in costante diminuzione dell’hardware

Investire nel digitale e realizzare una strategia basata sui servizi mette in discussione la sostenibilità economica dei costruttori di macchine. Come dicono gli analisti di settore, il costo dell’hardware è in costante diminuzione. Come reagire? «Aprirsi al mercato dei servizi digitali non è solo un’opportunità ma una necessità, afferma Mancini. Ma non è che oggi, improvvisamente, abbiamo scoperto la strategicità dell’aftersales. Da sempre la redditività di un Oem è funzione di questo business. Quello che cambia è che con il digitale è possibile generare il ritorno dell’investimento valorizzando la relazione per tutto il ciclo di vita della macchina, spiega Mancini. Il digitale va visto come strumento per migliorare il successo aziendale attraverso un ripensamento della strategia che parte dalla customer experience; un principio che è indipendente dal modello di vendita e dalla tecnologia adottata, che sono invece dei mezzi». Insomma, per Scm Group i fondamentali rimangono sempre gli stessi. E il valore trasferito al cliente è sempre più alto. Vuol dire, per esempio, poter assicurare una manutenzione più veloce e risolutiva, grazie al fatto che il sistema di ticketing del cliente si interfaccia con l’e-commerce, dove in automatico si può acquistare il pezzo di ricambio. Ma vuol dire anche fornire pillole di conoscenza dove il cliente trova risposta al proprio bisogno di crescente autonomia nella risoluzione dei problemi. «Nel settore in cui operiamo, l’aftersales vale 150 milioni.

In rapporto al fatturato complessivo movimenta un giro d’affari che è più contenuto rispetto ad altri settori, il packaging per esempio, comparto in cui la quota del valore postvendita è in assoluto la più alta», dice Mancini. Per Scm Group c’è quindi ancora spazio di miglioramento in quest’area, tanto è vero che il nuovo piano triennale prevede un incremento del 50% del fatturato post vendita. «Migliorare la relazione con il cliente vuole anche dire velocizzare i tempi di consegna. Lo abbiamo fatto realizzando un nuovo magazzino automatico per i ricambi a Rimini. Gestisce 30mila referenze in 24mila cassette modulari con 19 robot per il picking: ci ha consentito di aumentare di cinque volte la velocità di prelievo dei codici e di aumentare del 26% gli ordini gestiti nelle 24 h durante il 2022. Il tutto con un consumo energetico inferiore a 0,1 kWh per robot», racconta Mancini. E poi la novità del sito di e-commerce della divisione Legno che non propone solo componenti di ricambio, ma anche macchine standard per il mercato entry level, quello della falegnameria. «Con questa piattaforma siamo riusciti a introdurre un nuovo canale di vendita diretto proponendo un’offerta integrata di macchine, ricambi, software, servizi tradizionali e digitali e formazione in una logica di soluzione completa», dice Mancini.

Dal comparto legno il gruppo genera il 70% dei ricavi: una cifra che si aggira attorno ai 600 milioni

La nuova progettazione per una fabbrica connessa. La macchina come piattaforma digitale per un customer service 4.0

«La macchina va ormai pensata in funzione del contesto di utilizzo, dice Mancini. Deve essere progettata per poter essere integrata in una fabbrica industry 4.0 o smart factory. La si deve intendere, non solo in funzione della pura performance meccanica, ma come vera e propria piattaforma digitale da cui acquisire dati ed elaborarli per ottenere informazioni che consentono un miglioramento della produttività e qualità di prodotto». Insomma, la macchina va pensata come piattaforma abilitante servizi digitali. «Al contrario di quanto avvenuto in passato, è una logica di sviluppo che proietta il nostro core business oltre il perimetro del puro machinery, offrendo l’opportunità di una full immersion nei processi e operation del cliente finale», spiega Mancini. 

Headquarter di Scm group a Rimini. Qui sorge il nuovo magazzino automatico per i ricambi

Da partner tecnologico diventiamo un partner in business, in grado di supportare obiettivi di produttività. Integrazione significa anche essere aperti, partecipare ad un ecosistema di attori che a vario titolo sono presenti e interagiscono nella fabbrica del cliente. Le piattaforme digitali consentono anche nel B2b di collegare questi attori e crescono grazie all’effetto di rete. Il valore dell’esperienza del cliente aumenta grazie anche alle innovazioni complementari che un modello a piattaforma è capace di generare». Interpretare i dati macchina consente di dare informazioni preziose al cliente, prevedere guasti e malfunzionamenti agendo con una logica di manutenzione predittiva, oltre a fornire un servizio di affiancamento o advisory per supportarlo nell’efficientamento del processo. 

In base alle informazioni, processate da algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning creati sulla base di competenze di dominio che Scm Group ha sviluppato negli anni, si possono suggerire nuove modalità di lavorazione, con accorgimenti che permettono di minimizzare i fermi macchina, o quanto meno gestirli in modo programmato senza lasciare spazio ad imprevisti, che sono quelli che determinano lo stop più prolungato. «Con il digitale si riesce a migliorare il servizio al cliente e, nello stesso tempo, si acquisiscono le informazioni per un miglioramento continuo della progettazione», dice Mancini. Come dire, il machinery si avvicina sempre più al modello di sviluppo software: ogni nuova versione di macchina corrisponde a un miglioramento incrementale generato dal feedback digitale del cliente. Condizione che predispone al product as a service, a una macchina venduta come servizio, in funzione, per esempio, dei pezzi prodotti. «E’ un modello possibile, ma credo che il focus sia la customer experience, non come si vende che semmai è una conseguenza, peraltro non obbligatoria. Il digitale, come già affermato, deve essere innanzitutto visto come lo strumento per supportare il cliente attraverso una nostra migliore conoscenza del contesto in cui opera: la fabbrica connessa», dice Mancini.  

Macchine ibride, per una manifattura additiva e sottrattiva. L’innovazione Cms nella stampa 3D

La nuova macchina ibrida di Scm. sviluppata in collaborazione con Fraunhofer Iwu Institute, combina la manifattura additiva a quella sottrattiva

L’offerta di stampa 3D è stata originata da un progetto congiunto tra il centro di sviluppo di Cms e il Fraunhofer Iwu Institute. La nuova macchina ibrida combina la manifattura additiva a quella sottrattiva andando ad integrare un’unità di estrusione capace di processare tecnopolimeri termoplastici rinforzati, sia con fibra di vetro che carbonio, sotto forma di granulato. «Completiamo il processo di stampa con una più tradizionale lavorazione di fresatura. Ci sono già una serie di installazioni presso clienti aerospace, automotive e motorsport, settori che richiedono elevata flessibilità e ridotti tempi di attraversamento nella produzione di stampi e attrezzature per la laminazione di componenti in composito. Sono prodotti creati con un materiale che, opportunamente trattato, può essere riciclato e riutilizzato per produrre altri pezzi». Sostenibilità, ma anche garanzia di un più rapido ritorno dell’investimento grazie, secondo quanto afferma Mancini, ad un costo di produzione inferiore del 40% rispetto al sistema tradizionale. «In questo settore il fattore competitivo è rappresentato soprattutto dalla capacità di reagire in tempi rapidi alle nuove richieste di mercato con materiali innovativi». Dal printing 3D potrebbero nascere nuovi modelli di business basati su una produzione on demand, offrendo ai clienti un service per la fornitura di prodotti finiti? «Non è al momento nella nostra pipeline tecnologica ma se dovesse esserci una domanda di questo tipo abbiamo tutte le competenze per poterla soddisfare».














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