Stampa 3D as a service: la nuova sfida di Roboze. Che ora punta al mercato Usa

di Piero Macrì ♦︎ Le stampanti della scaleup di manifattura additiva potranno essere installate e utilizzate in base a contratti subscription. Obiettivo finale: creare un network di risorse produttive on-demand. La belt-less technology, i superpolimeri e le nuove supply chain. Tra i clienti, Leonardo, Airbus, GE, Dallara. Ne abbiamo parlato con il ceo e fondatore Alessio Lorusso

Argo 500 Roboze

3,5 milioni di euro di fatturato nel 2019, una crescita del 70% nel 2020 e ora la prospettiva, più che concreta, di arrivare a fine 2021 a un volume d’affari superiore ai 15 milioni. Sono i numeri di Roboze, scaleup italiana della stampa 3D con quartier generale a Bari ora sbarcata negli Stati Uniti, un mercato che già da quest’anno potrebbe valere il 50% del business complessivo. Il ceo e fondatore Alessio Lorusso, inserito nella classifica 2018 di Forbes tra i 30 manager europei under 30 più promettenti come imprenditore e visionario nel campo della manifattura additiva, si appresta ora a lanciare una nuova sfida: dare vita a un modello di business industriale basato su una logica as a service. «Le nostre stampanti potranno essere installate e utilizzate in base a contratti subscription. Questo permetterà di ridurre la barriera agli acquisti passando da una logica capex a opex. Una decisione che è parte di un progetto più ampio: fare in modo che tutti gli utenti finali che utilizzano stampanti Roboze possano diventare pro-user ovvero rendere disponibile la propria macchina per una produzione conto terzi. Quello che abbiamo in mente è creare un network di risorse produttive on-demand – spiega Lorusso – Insomma, un’infrastruttura che possa dare la possibilità di utilizzare al massimo la capacità produttiva delle singole macchine, creando le fondamenta per una manifattura distribuita».

Secondo Lorusso ciò potrebbe risolvere la fragilità delle attuali supply chain delocalizzate nelle aree geografiche del mondo che in caso di eventi imprevisti – il Covid ne è stato l’esempio più eclatante – non danno modo alle aziende di approvvigionarsi di tutta la componentistica che serve alla produzione. L’idea, quindi, è un cloud di risorse 3D cui possono accedere tutte le aziende che necessitano di una produzione di parti sviluppate in modalità additiva. I punti di forza di Roboze? Tecnologia ad alta precisione supportata da materiali compositi di nuova generazione. Le macchine sono infatti alimentate con polimeri termoplastici rinforzati che ibridano fibra di carbonio, materiali che consentono la realizzazione di componenti strutturali in applicazioni ad estreme performance meccaniche e termiche come aerospazio, difesa e motorsport. È il caso di Leonardo Aerostrutture che ha sperimentato la tecnologia Roboze nel processo di produzione di laminati per componenti aerospaziali ottenendo flessibilità progettuale e convenienza economica che ha comportato la riduzione del 50% dei tempi e costi associati al sistema tradizionale. Ecco la storia e l’evoluzione della scaleup così come raccontata da Alessio Lorusso nell’intervista rilasciata ad Industria Italiana.







 

Presenza internazionale, player globali e tra i nuovi advisors Federico Faggin

Il ceo e fondatore di Roboze Alessio Lorusso

Nelle sue sedi di Bari, Monaco di Baviera e Houston, Roboze progetta e produce le stampanti Argo ed Xtreme dedicate alla produzione di parti funzionali con super materiali plastici in grado di sostituire i metalli. Impiegate nei settori a più alto valore aggiunto, come aerospazio, difesa, oil & gas, motorsport, mobilità elettrica, settore manifatturiero, le soluzioni sono adottate da grandi player industriali globali come Leonardo, Airbus, GE, Dallara per la produzione di componenti finiti super resistenti in grado di sostenere condizioni di lavoro estreme. Nell’estate del 2020 la start-up ha portato a bordo un personaggio del calibro di Federico Faggin, considerato il padre del microprocessore, che ha deciso di investire nel capitale dell’aziendale assumendo il ruolo di advisor tecnologico. «Qualche anno fa ho conosciuto Alessio Lorusso e ho riconosciuto in lui una lungimiranza eccezionale e una notevole capacità creativa e organizzativa, afferma Faggin. Con grande entusiasmo ho quindi accettato la sua offerta di far parte di Roboze. Sono orgoglioso di vedere una ditta italiana che sa competere nell’economia globale con prodotti d’avanguardia in un settore così esigente e mi fa piacere mettere a disposizione la mia esperienza affinché l’azienda possa crescere come si merita».

 

D. Alessio Lorusso, quali sono le tue competenze e da quale idee è nata Roboze?

Argo 350 Roboze è dotata di una camera calda controllata in grado di raggiungere temperature di 180°C. Questo sistema permette di ridurre lo shock termico che subisce il materiale appena estruso e gli permette di raffreddarsi più lentamente, smorzando le forze di ritiro e le tensioni residue indotte dal trattamento termico subito

R. Per estrazione sono un’autodidatta. Le mie prime esperienze le ho fatte nell’officina di mio papà che mi ha insegnato la vera arte della meccanica, quella pratica da cui si apprende smontando e rimontando macchine e motori. Sono esperienze che mi hanno portato a una vera passione per la robotica e la meccatronica. A 17 anni lessi un articolo su make magazine, la bibbia dei maker americani, in cui si parlava di stampanti 3D e di tutto quello che si stava facendo in Silicon Valley. Per me era fantascienza pura ed è stata un’attrazione fatale. Iniziai a reperire tutti i componenti che scovavo in rete per costruire una stampante 3D. Nel frattempo finì la scuola e andai a lavorare nell’officina di famiglia. Finivo alle sei, tornavo a casa e lavoravo su quella che era diventata la mia ossessione. Per arrivare a vedere i primi risultati mi si cono voluti due anni. Ho dovuto imparare tutto, come disegnare una macchina come programmare il software, come saldare le schede… Poi mi sono interessato alla parte più di business, a comprendere il settore, chi erano gli utenti, come e per cosa veniva utilizzata la stampa 3D. È in quel momento che mi sono reso conto che c’era una falla nel mercato: da una parte c’erano pazzi come me che costruivano, sperimentavano, dall’altra vi erano macchine ad uso pressoché esclusivo delle big corporation. Nel mezzo c’era poco o nulla.

 

D. La tua idea era di creare un macchina per la produzione, non avevi nessun interesse nel riproporre una tecnologia per il prototyping?

R. La tecnologia era stata pensata per produrre prototipi, un qualcosa che servisse a validare il design. Ma perché limitarsi a un prototipo quando di fatto la stampa 3D può produrre parti, componenti e prodotti finiti? Perché non sfruttarla per fare un componente di un aereo, di un treno o di una macchina di formula uno? Incominciai quindi a pensare cosa fare per mettere a punto una vera stampante per la produzione. Un primo problema da risolvere era la precisione delle macchine. Dato che erano pensate per il rapid prototyping erano state progettate senza badare troppo alla precisione. Che un prototipo avesse un millimetro in più o in meno poco importava. Il secondo limite erano i materiali. Si usavano materiali abbastanza stupidi poiché non erano pensati per lavorare nel mondo reale. Ecco, quindi, quelli che sono diventati i mei obiettivi: mettere a punto una macchina che avesse come punti di forza la precisione, e quindi la replicabilità dei pezzi su larga scala, e la capacità di lavorare su materiali avanzati.

 

D. Quindi, come sei arrivato alla soluzione finale?

Beltless System Roboze. Il sistema senza cinghie brevettato aumenta le sue prestazioni portando la precisione di posizionamento in 10 micron e garantendo la ripetibilità di movimento. La rettifica apportata su cremagliere e pignone migliora la precisione, aumenta la resistenza all’usura e incrementa la rigidezza dello strato superficiale mantenendo la giusta tenacità nel nucleo, aumentando al contempo la velocità di stampa del 20% rispetto alla serie Xtreme

R. Beh, molte volte le cose le vedi tutti i giorni e non le capisci, poi le guardi da una prospettiva diversa e vedi una cosa del tutto nuova. Per me è stato proprio così. In officina avevamo un piccolo tornio che serviva a riprodurre gli ingranaggi dei motorini di avviamento, uno strumento di precisione per produrre in precisione. Ebbene, una sera mi misi a smontare il carter del tornio e capì come funzionava. Da lì l’idea: perché non fare una stampante con lo stesso principio cinetico? Realizzo quindi un prototipo di macchina su cui integrare un nuovo tipo di movimentazione e, in modo del tutto inaspettato, mi accorgo che nessuno aveva mai fatto una cosa del genere. È in questo modo che è nato lo sviluppo dell’innovativa belt-less technology, una tecnologia che è ora brevettata ed estesa in tutto il mondo. Da lì ha avuto inizio la vera storia di Roboze. (ndr la tecnologia belt-less introduce un movimento diretto degli assi X e Y, affidato a una cremagliera e pignoni in acciaio temperato. La ripetibilità dei movimenti è garantita dai denti degli ingranaggi e assicura la fluidità dei movimenti, silenziosità e una precisione di posizionamento pari a 0,01 mm.)

 

D. Poi sono arrivati i superpolimeri…

R. Sì esatto. Per arrivare a quello che siamo oggi, la precisione non era sufficiente. Si doveva fare innovazione sui materiali. I primi nostri clienti iniziavano a fare delle piccole produzioni ma mancava qualcosa.Il problema era che lavoravamo con gli stessi materiali che venivano utilizzati per il prototyping, che non erano adatti per una produzione industriale avanzata. Ecco allora la decisione di dare vita a un team dedicato e focalizzato sulla formulazione di nuovi materiali che potessero avere proprietà meccaniche, termiche e fisiche comparabili a quelle dei metalli. È stato quello il punto di partenza per realizzare i super-polimeri e a proporci sul mercato con una tecnologia ad alta precisione supportata da  materiali compositi di nuova generazione. Le macchine sono oggi alimentate con polimeri termoplastici rinforzati che ibridano fibra di carbonio, materiali che consentono la realizzazione di componenti strutturali in applicazioni ad estreme performance meccaniche e termiche come aerospazio, difesa e motorsport. La precisione e l’unicità di materiali ci ha consentito di entrare in settori e applicazioni dove fino ad allora nessuno era mai entrato poiché era essenziale che una macchina avesse capacità di perfetta replicabilità, garantendo uniformità e qualità del prodotto su elevati numeri di produzione.

 

D. Questa la tecnologia, ma il modello di business?

Le macchine di Roboze sono alimentate con polimeri termoplastici rinforzati che ibridano fibra di carbonio, materiali che consentono la realizzazione di componenti strutturali in applicazioni ad estreme performance meccaniche e termiche come aerospazio, difesa e motorsport

R. Il nostro obiettivo è cambiare le regole della supply chain puntando a un deployment tecnologico su larga scala: fare in modo che il più alto numero di aziende possa accedere alla produzione utilizzando tecnologia Roboze in modalità as a service. Un modello di business non  più basato sulla vendita della macchina ma sul suo utilizzo. Ecco quindi la decisione di lanciare un modello a subscription. Con questo daremo la possibilità ai nostri clienti di avere in uso la tecnologia aggiornandola con continui nuovi rilasci e upgrade, garantendo loro di utilizzare sempre la versione più recente e performante. Di fatto adotteremo la stessa logica che si applica all’industria del software… Stiamo creando un servizio di manifattura distribuita. Attraverso partnership con aziende di produzione che hanno acquisito nostra tecnologia connetteremo la richiesta di stampa 3D con chi può produrre parti e componenti. Gli end-user diventano pro-user. Questo vuol dire introdurre dei meccanismi di semplificazione della fornitura. Fare in modo che la produzione avvenga vicino al punto di utilizzo. A tendere vogliamo quindi creare un network di stampa distribuita, costituti da nostri centri di produzione e dall’installato dei nostri clienti che, così facendo, potranno rendere disponibile un’infrastruttura di stampa as a service, dando modo a tutti coloro che ne hanno bisogno di avere un approvvigionamento diffuso sul territorio. Nello specifico, significa dare accesso alla capacità produttiva globale del network. Insomma, usando un paradigma del cloud, avvalersi di un’infrastruttura condivisa. Il che vuol dire accorciare le catene di approvvigionamento, produrre just in time, on demand e localmente, risolvendo le vulnerabilità delle supply chain lunghe. Un domani non dovrò necessariamente avere un produttore in Cina ma potrò fare affidamento su un network produttivo distribuito.

 

D. Ma di che tipo di produzione stiamo parlando?

Heated Chamber Roboze. Obiettivo dell’azienda è cambiare le regole della supply chain puntando a un deployment tecnologico su larga scala: fare in modo che il più alto numero di aziende possa accedere alla produzione utilizzando tecnologia Roboze in modalità as a service. Un modello di business non  più basato sulla vendita della macchina ma sul suo utilizzo. Ecco quindi la decisione di lanciare un modello a subscription

R. Le nostre macchine sono dedicate a una produzione customizzata e permettono alle aziende di produrre in serie 5, 6, 7, 10 mila pezzi l’anno. L’obiettivo è produrre 100 mila pezzi con un certo ordine di personalizzazione? Bene, quella quantità sarà fatta da diversi lotti di produzione di qualche migliaio di pezzi ovvero una grande produzione scomposta in tante piccole-medie produzioni, tutte diverse le une dalle altre. E’ un qualcosa che si può fare solo con stampa 3D, non sarebbe fattibile con le tecnologie tradizionali poiché queste ultime rispondono primariamente alla legge dei grandi numeri. L’esigenza nuova è la produzione personalizzata. La produzione in serie è destinata a contrarsi. Anche nell’automotive, dov’è nata la produzione di massa, si iniziano a realizzare serie customizzate. È il cliente che decide come deve essere configurata la propria macchina. Ecco, quindi, che la stampa 3D si affianca  alla produzione a controllo numerico e viene progressivamente integrata nei processi produttivi.

 

D. Quali le evoluzioni possibili? Vedremo in futuro anche stampanti di metalli?

R. L’obiettivo di Roboze è essere leader in mercati di nicchia dove si richiedono grande precisione, ripetibilità e uso di materiali evoluti per applicazioni estreme. E’ da questa visione che nasce la nostra competitività. Siamo convinti che per dare un vero valore aggiunto è fondamentale poter trasferire al cliente tutto il nostro know-how. Vendere per vendere, non è nella nostra logica. Si rischierebbe di vendere una Ferrari a chi magari la usa solo per andare la domenica al supermercato. Differenziare la nostra offerta con una tecnologia a metalli non avrebbe senso vorrebbe dire de-focalizzare il business.

 

Leonardo Aerostrutture: produzione additiva di stampi per componenti aerospaziali

Visti i recenti progressi della manifattura additiva, Leonardo Aerostrutture ha sperimentato l’introduzione della tecnologia Roboze nel processo di produzione di laminati per componenti aerospaziali. L’applicazione indagata riguarda il rimpiazzo degli stampi tradizionali metallici, spesso correlati ad alti costi e lunghi tempi di lavorazione con macchine CNC, con elementi polimerici (Roboze Carbon PA e Carbon Peek) per la produzione di montanti e giunti di trave per l’assemblaggio del telaio della chiglia di un aereo di linea. Data la natura artigianale del processo di laminazione, che comporta necessariamente volumi produttivi contenuti, la tecnologia ha apportato notevole flessibilità progettuale e convenienza economica rispetto al sistema tradizionale, abbattendo del 50% tempi e costi associati. Entrambi gli stampi sono stati impiegati con successo per il processo di formatura a caldo (Carbon PA) e di cura in autoclave (Carbon Peek), garantendo proprietà meccaniche, termiche e di autolubrificazione adeguate. «L’ottimizzazione dei parametri di stampa –  afferma Nicola Gallo, R&D Engineer di Leonardo Aerostrutture – ha permesso l’abbattimento della rugosità superficiale degli attrezzi stampati, tipica della tecnologia di deposizione a filamento fuso, indispensabile per il mantenimento del vuoto (6 bar) durante la fase di cura. La permanenza ad alte temperature non ha condotto a deformazioni degli stampi grazie all’elevata stabilità termica fornita ai polimeri dalle fibre di carbonio. La tecnologia Roboze ha permesso di ridurre costi e lead time, alleggerire gli attrezzi ed accelerare le fasi di modifica e validazione del laminato».














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