Ge Capital: per crescere le Pmi devono esportare

Interno di fabbrica

Possono continuare a essere il motore dello sviluppo italiano. Ma a patto che seguano la via obbligata dell’espansione internazionale. Sono le Pmi domestiche, che fatturano tra 5 e 250 milioni di euro, e che Ge Capital, branch finanziaria della conglomerata Usa, ha fotografato in un report. Se fare acquisizioni all’estero sembra essere la via maestra per crescere, la manifattura mostra segni di resistenza e “manifesta una marcata preferenza per la lentezza e la prudenza dello sviluppo interno (41%) rispetto a percorsi di crescita attraverso acquisizioni e fusioni (11%), caratterizzati da maggiore velocità e maggiore impegno finanziario”, scrivono Paolo Giubitta e Diego Campagnolo, professori all’Università di Padova e autori della ricerca. “Per il resto, l’istantanea che emerge dall’analisi è nitida: il mid-market sta potenziando la presenza all’estero e si propone di investire in direzioni coerenti con le traiettorie dell’innovazione dei prossimi anni”. Una presenza che aumenta in valore assoluto, ma che cala in termini di quota estera rispetto al totale del fatturato: è un segnale che le imprese vanno sì all’estero, ma con quote davvero esigue,  al 35% contro il 44% del 2015. La manifattura, nonostante l’attitudine allo sviluppo interno, è comunque quella con la maggior presenza oltrefrontiera (97%) e anche con la percentuale maggiore di giro d’affari extra italiano (il 46, contro il 20% del commercio fanalino di coda). Ma ci sono altri settori che, contrariamente a quello che l’intuizione potrebbe suggerire, puntano tutto fuori dai confini: segnatamente l’83% delle imprese del settore delle costruzioni, trasporto e immagazzinaggio e il 91% delle imprese di servizio che svolgono attività professionali e amministrative.

Fonte: Ge Capital
Fonte: Ge Capital

In generale, le Pmi sono in salute anche se ammaccate dall’erosione dei margini. La performance complessiva negli ultimi 12 mesi è migliorata per il 44% delle imprese, con un picco del 53% per il segmento delle medio-grandi (con fatturato tra 101 e 250 milioni di euro) trainata, ancora una volta, prevalentemente dai mercati esteri. Un dato che si deve anche al recupero della produttività del lavoro, anche a scapito degli utili operativi di breve periodo: ci saranno però ancora imprese (il 21% del campione) impegnate in progetti di ristrutturazione.
 Le prospettive per il fatturato lordo aziendale nel prossimi 12 mesi confermano la fiducia nella ripresa, che raggiunge il 60% del campione. Più nello specifico, per l’industria manifatturiera sarà fondamentale l’integrazione dell’Internet of thing e della tecnologia nei processi di produzione. Anche se le iniziative dei singoli imprenditori non bastano. In teoria, e diverse analisi lo confermano.







Fonte: Ge Capital
Fonte: Ge Capital

Per esempio, secondo Prometeia l’integrazione di tecnologie 3D e robotica nelle aziende del manifatturiero italiano è in grado di generare poderosi incrementi nel valore della produzione e nel valore aggiunto, aumentando nel contempo la competitività. Poi, però, ci si scontra con la realtà. “Ci sono alcuni fattori limitanti. Il primo è la mancanza di una policy nazionale, capace di creare le condizioni a supporto delle imprese, dalla banda ultralarga per portare la connessione veloce in tutto il territorio, alle politiche energetiche per soddisfare il crescente consumo di energia necessario per alimentare i processi digitalizzati o robotizzati”, si legge nell’analisi. Il secondo problema riguarda il capitale umano e  “il ricambio generazionale, formazione e stipendi: tra gli imprenditori italiani della manifattura, il 22% è over 64, più del doppio rispetto al 9%
della Germania. La quota di laureati è di poco superiore al 20% tra gli occupati generali del 2015 e il 25% tra manager e dirigenti, contro le medie del 52% in Germania, del 53% nel Regno Unito, del 61% in Spagna e del 72% in Francia”. Ultimo, ma non meno importante: “Una delle cause della fuga dei cervelli è il fatto che le retribuzioni che le imprese italiane offrono ai giovani talenti non sono competitive rispetto a quelle di imprese straniere”.

Fonte: Ge Capital
Fonte: Ge Capital













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