Investire, in Italia: Marazzi resta a Sassuolo

Produzione alla Marazzi
Produzione alla Marazzi

di Laura Magna ♦ Marazzi investe 30 milioni nell’area di Sassuolo per aumentare la capacità produttiva. Mauro Vandini, amministratore delegato dell’azienda, anticipa a Industria Italian le strategie del leader della ceramica.







Un investimento da 30 milioni di euro nel distretto di Sassuolo per aumentare la capacità produttiva annua a 10 milioni di metri quadri di gres porcellanato. Lo rivela a Industria Italiana Mauro Vandini, amministratore delegato di Marazzi, che a Milano ha presentato le nuove collezioni e il nuovo piano di investimenti della fabbrica italiana della ceramica più famosa al mondo. “Il nuovo ciclo di investimenti avrà come fulcro lo sviluppo del nostro stabilimento storico, riportato a Sassuolo di recente”, dice Vandini. “Gli interventi interesseranno un’area di circa 50mila metri quadri già esistente oltre a 8.700 metri quadri di nuova realizzazione”, all’interno del sito industriale Marazzi di Sassuolo, che si estende su una superficie di circa 400mila metri quadri: è il più grande dell’intero distretto e uno dei più importanti al mondo per dimensioni e capacità tecnologica. La nuova fabbrica sarà caratterizzata da tecnologie avveniristiche e sarà in grado di produrre un’ampia flessibilità di formati e finiture per adattarsi alle esigenze del mercato.

Mauro Vandini, amministratore delegato di Marazzi
Mauro Vandini, amministratore delegato di Marazzi

Base italiana

Un potenziamento che fa tanto più clamore perché arriva dopo il passaggio della fabbrica emiliana in mani Usa: quando alla fine del 2012 la Mohawk Industries, quotata al Nyse, ha comunicato di aver sottoscritto un accordo conclusivo per acquisire il gruppo italiano (parzialmente anche dai gruppi di private equity Permira e Private Equity Partners), in molti furono i commentatori, come spesso accade quando una bandiera estera viene piantata sopra marchi storici del made in Italy, a stracciassi le vesti in difesa dell’italianità. Il caso Marazzi dimostra che non sempre essere acquisiti equivale a una perdita di sovranità e ricchezza in suolo italico. “La paura è necessaria, ma poi è altrettanto necessario passare all’azione”, commenta Vandini. “L’imprenditore deve agire e anche lo Stato dovrebbe rendere il contesto domestico più adatto a fare business. Nel nostro caso il gruppo acquirente aveva un punto di forza nella logistica e noi nel design: si è creata una sinergia creativa di vero valore. A tre anni dall’inizio di questa avventura, il bilancio è decisamente positivo”. E dire che negli Usa la Marazzi aveva messo piede fin dagli anni Ottanta, all’inizio del suo processo di internazionalizzazione: era stato Filippo Marazzi, rappresentante della terza generazione a fondare la Marazzi Iberia a Castellón de la Plana in Spagna e la American Marazzi Tile a Dallas, in Texas.

Globalizzazione ceramica

Il gruppo Mohawk, che ha sedi in Australia, Brasile, Canada, Cina, Europa, India, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Russia e nel core business la produzione di moquette, tappeti, piastrelle di ceramica, laminato, legno, pietra e pavimenti in vinile con l’acquisizione di Marazzi è diventato leader mondiale anche nella produzione di ceramica, con un fatturato di circa 3 miliardi di euro per quel singolo segmento (8 miliardi in totale). La sola Marazzi nel 2012 fatturava circa 857 milioni di euro. Evidentemente il made in Italy è un valore da preservare per l’acquirente. E così le ceramiche di Sassuolo continuano a crescere e a innovare. Lo stesso prodotto che oggi Marazzi realizza è simbolico della profonda trasformazione che ha subìto la fabbrica e l’intero distretto.

Impianto Marazzi di Finale Emilia
Impianto Marazzi di Finale Emilia

Narrano le cronache che quando Filippo stabilì il primo stabilimento nel 1935, usò come elementi portanti due file parallele di pioppi, una struttura talmente provvisoria che gli valse il titolo di “fabbrica di cartone”. In realtà, stava nascendo un’azienda che, grazie all’utilizzo della migliore tecnologia allora disponibile, avrebbe trasformato la lavorazione artigianale dell’argilla in un moderno processo produttivo industriale, contribuendo in modo determinante allo sviluppo di quello che sarebbe diventato il più importante distretto ceramico nel mondo. Da allora la ricerca non è mai finita: a Marazzi si devono le principali innovazioni tecnologiche, di processo e di design nel settore delle piastrelle. Risorse importanti sono state dedicate, da sempre, all’attività di ricerca e sviluppo: anche le tecnologie sono state sempre prodotto in casa o in collaborazione con i principali fornitori di impianti e macchinari.

Cottura veloce

L’utilizzo dei forni a tunnel negli anni Cinquanta, il brevetto, negli anni Settanta, della monocottura, la cottura rapida di impasto e smalto che eliminando le 24 ore di attesa necessarie in precedenza diventa presto il processo produttivo più diffuso nel mondo. Ancora, il brevetto Firestream, ovvero la smaltatura su supporto incandescente negli anni Ottanta e quello del grès cristallizzato  nel 2010: tappe fondamentali di una storia di R&D, ma anche pietre miliari dell’industria nel suo complesso.

Non solo Sassuolo: di recente anche le altre fabbriche emiliane della Marazzi sono state potenziate. Quella di Fiorano, inaugurata lo scorso 3 settembre, ha più che raddoppiato la produzione passata da 4 a 9 milioni di metri quadrati di gres porcellanato. Quella di Finale Emilia, colpita dal terremoto del 2012 è stata ricostruita e riqualificata e ha ugualmente raddoppiato la produzione a parità di emissioni. Una priorità, quella dell’impatto ambientale, che fa il paio con la ricerca tecnologica e che guiderà anche la ristrutturazione di Sassuolo che avrà linee di produzione complete, dalla formatura del prodotto al packaging, all’avanguardia, con nuovi forni a ridotti consumi energetici ed emissioni, impianti di aspirazione, sistemi di recupero del calore e di depurazione e recupero delle acque industriali.

Lavorazione del gres alla Marazzi
Lavorazione del gres alla Marazzi

Il piano di sviluppo di Marazzi prevede investimenti anche per la realizzazione dei laboratori, uno spazio dedicato alla ricerca tecnologica ed estetica di prodotto, sempre più necessaria per ampliare le capacità di innovazione e sperimentazione. “La flessibilità sarà la nostra parola d’ordine: una sfida difficile in un settore pesante e maturo come quello ceramico. Ma credo che siamo pronti a una nuova rivoluzione come quella che ha portato alla nascita della monocoltura”, conclude Vandini.














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