Le 28 ore flessibili tedesche: modello applicabile anche nelle fabbriche italiane?

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Di Luca Beltrametti e Angelo Gasparre ♦ L’accordo tedesco indica la strada da seguire per regolare le relazioni di lavoro. É possibile un futuro industriale in cui  l’innovazione si traduce in maggiori salari e migliore qualità della vita e in cui la tecnologia non è declinata solo oppressivamente ( vedi braccialetto Amazon) 

In questo nuovo articolo Luca Beltrametti, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, e Angelo Gasparre, professore associato nella stessa università, esaminano l’intesa contrattuale raggiunta recentemente in Germania

Ci sono due modi, entrambi sbagliati, per alimentare il dibattito su tecnologia e lavoro: la retorica della paura, che dà voce ad un atteggiamento sostanzialmente apocalittico (i robot ci ruberanno il lavoro) o quella dell’iper-entusiasmo, che acriticamente vagheggia di rivoluzioni industriali di cui si fatica a riconoscere la pervasività dei benefici in strati sociali ampi. Andrew McAfee, fondatore insieme a Erik Brynjolfsson del MIT Initiative on the Digital Economy  e autore dell’ormai classico The Second Machine Age , disponibile ora anche in italiano  non ha dubbi: se non saremo in grado di cogliere gli enormi vantaggi di questa ondata di innovazione tecnologica sarà solo colpa nostra, non dei robot. In un’intervista di pochi mesi fa che trovate qui,  egli centra perfettamente il punto della questione: l’intelligenza artificiale o il machine learning o le altre “tecnologie” che supportano la digitalizzazione dei processi organizzativi hanno bisogno soprattutto di leader visionari in grado di guardare lontano e immaginare davvero il futuro, fuori dagli schemi. Occorre concepire nuovi modelli di business e nuove logiche organizzative che siano capaci di tenere (o riportare) al centro le persone garantendo una distribuzione dei benefici ragionevolmente equa.







 

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L’intesa tra il sindacato Ig Metall e la controparte datoriale Gesamtmetall, prevede una forte flessibilità dell’ orario di lavoro, oltre ad aumenti salarial

Buone notizie dalla Germania

Se questa è la premessa le buone notizie questa settimana arrivano da Stoccarda, dove martedì scorso il sindacato dei metalmeccanici tedeschi Ig Metall e la controparte datoriale Gesamtmetall hanno sottoscritto un’intesa pilota in vista del nuovo contratto collettivo di settore. La notizia sta facendo il giro del mondo non solo per l’entità dell’aumento previsto dal nuovo contratto (+4,3% rispetto ai minimi retributivi e +2,8% sul salario, valori ben al di sopra dell’inflazione tedesca, all’1,6%) ma perché per la prima volta i lavoratori della grande industria hanno il diritto soggettivo a scendere fino a 28 ore settimanali di lavoro, per 2 anni, anche più volte nel corso della propria vita lavorativa. In contropartita, lo stesso accordo prevede per le aziende una maggiore flessibilità per le richieste di aumento dell’orario di lavoro, dalle 35 ore standard fino a 40 ore.

L’aumento retributivo del 2019 si sostanzierà in un’erogazione di €400 per tutti ed in un bonus del 27,5% del salario mensile. La riduzione dell’orario fino a 28 ore potrà essere richiesta da tutti i lavoratori in funzione dei propri obiettivi di vita e di carriera e comporterà una riduzione dello stipendio. Se però il lavoratore decide di ridurre il proprio orario di lavoro per dedicarsi ai figli (fino a 14 anni) o alla cura dei genitori anziani o in caso di lavori usuranti non è prevista alcuna riduzione dello stipendio e c’è anche la possibilità di scambiare il bonus del 27,5% con otto giorni di ferie in più. Le nuove regole non riguardano per ora tutti i 3,9 milioni di metalmeccanici tedeschi ma solo i 900.000 addetti del Baden-Wuerttenberg, che è però il centro nevralgico dell’industria automobilistica tedesca (Daimler, Porsche, Mercedes) e asse portante dell’economia nazionale insieme alla vicina Baviera. E’ però assai probabile che si vada ad un’estensione all’intero settore metalmeccanico e forse anche ad altri comparti se si considera il contesto nel quale nasce questa intesa.

 

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Veduta aerea dello stabilimentodella Mercedes a Sindelfingen, nei pressi di Stoccarda

Un accordo che potrà fare tendenza

Non è certo un caso se queste innovazioni avvengono nella Germania di Industrie 4.0, ovvero il paese leader nel processo di digitalizzazione della manifattura. È inutile nasconderselo, un accordo come quello tedesco ben difficilmente potrebbe sostenersi se non ci fossero stati in questi anni importanti aumenti di produttività non seguiti da corrispondenti aumenti salariali e se le tecnologie digitali non offrissero forme di flessibilità prima sconosciute. L’accordo tedesco sulle 28 ore ha una rilevanza che va ben al di là della Germania, perché indica la logica di fondo che dovrebbe informare la regolazione delle relazioni di lavoro del futuro in un contesto ad alta tecnologia: maggiore attenzione alle esigenze vitali delle persone, centralità dell’impiego a tempo indeterminato e flessibilità delle regole di organizzazione del lavoro.

L’Italia, dove la flessibilità del lavoro non è di casa

Come nota Anna Grandori, nel suo testo 10 tesi sull’impresa. Contro i luoghi comuni dell’economia”, il dibattito sulla flessibilità del lavoro in Italia ha avuto storicamente una forte polarizzazione su pochi elementi specifici: la dimensione quantitativa degli organici (la libertà di licenziare) e, soprattutto, la durata dei contratti di lavoro. Il sindacato, da un lato, ha difeso il contratto a tempo indeterminato ma, dall’altro, ha storicamente contrastato la possibilità delle imprese di variare ruoli e compiti delle persone impiegate stabilmente (la cosiddetta flessibilità funzionale); le parti datoriali, d’altro canto, si sono mosse storicamente assumendo che i contratti a tempo indeterminato siano rigidi e che non garantiscano alle imprese la necessaria flessibilità. Ciò, però, non trova riscontro né nelle analisi sulla natura delle relazioni d’impiego a tempo indeterminato (a partire dal fondamentale lavoro del premio Nobel Herbert Simon)  né nella pratica corrente di molte imprese.

 

Deposito di Amazon
Deposito di Amazon

Non esiste solo una declinazione oppressiva delle nuove tecnologie (Amazon)

L’accordo tedesco sulle 28 ore ci racconta di un mondo industriale nel quale la qualità del lavoro può essere conciliabile con la flessibilità e questa è la vera buona notizia. Per le imprese industriali tedesche leader nell’innovazione manifatturiera ciò che conta, evidentemente, è la gamma di competenze e la versatilità̀ delle figure professionali che impiegano stabilmente. Concedere di lavorare meno per vivere meglio è necessario perché le logiche organizzative orizzontali, team-based, richiedono una forte enfasi cooperativa nella definizione delle regole di coordinamento tra i partecipanti ai team di lavoro, una carica motivazionale elevata, visione d’insieme ed elevati skill relazionali: tutti elementi che richiedono flessibilità nell’organizzazione del lavoro, stabilità delle condizioni di contesto della relazione e un orizzonte di riferimento di lungo periodo.

Non esiste dunque solo una declinazione “oppressiva” delle nuove tecnologie (il riferimento al braccialetto di Amazon è inevitabile) ma esiste una pluralità percorsi possibili verso la loro concreta implementazione nei processi produttivi. E’ sbagliato pensare alle nuove tecnologie in una banale logica plug & play del tipo “compro l’impianto, premo un bottone e mi ritrovo nell’industria 4.0”. I guadagni di produttività si realizzano pienamente solo dopo un processo di modificazione dei modelli organizzativi e di sviluppo di nuovi modelli di business. Affinché ciò avvenga senza che gli sconfitti blocchino il processo di transizione tecnologica, occorre che i benefici non siano per una parte sola: occorre che l’innovazione si traduca in maggiori salari e migliore qualità della vita per tutti.

Gli investimenti in macchinari e software stimolati con successo dal piano Calenda e gli investimenti in formazione incentivati per il 2018 sono dunque condizioni necessarie ma non sufficienti affinché l’introduzione delle nuove tecnologie sia socialmente accettata e porti benefici equamente distribuiti. Ciò richiede anche adeguati processi di contrattazione e una politica che persegua obiettivi non di breve termine.














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