La scommessa di Eni: idrogeno verde per la decarbonizzazione dell’industria

di Marco de' Francesco ♦︎ Il colosso dell'energia, il principale produttore di H2O in Italia, punta a realizzarlo in maniera green. Produrrà due elettrolizzatori con potenze di 10 MW (raffineria di Taranto) e 20 MW (bioraffineria di Gela), entrambi alimentati da rinnovabili. La partnership con Enel Green Power. E su Ipcei Hy2Use... Ce ne parla Hannelore Rocchio

Eni, il più grande produttore e consumatore di idrogeno in Italia, punta con decisione su quelloverde, sulla variantepulita”.  E lo fa dando vita a due capisaldi della filiera industriale europea che si sta creando grazie all’H2 green. Infatti nella bioraffinera di Gela sarà installato un elettrolizzatore da 20 MW, mentre nella raffineria di Taranto uno da 10 MW; entrambi funzioneranno grazie all’energia derivante da fonti rinnovabili. Il gas green sarà utilizzato per scopi industriali, contribuendo alla decarbonizzazione degli stabilimenti.

Per conseguire questo risultato Eni ha avviato una partnership con Enel Green Power: le due aziende hanno dato vita a South Italy Green Hydrogen, la joint venture appositamente creata per lo sviluppo dei due progetti. La nuova realtà, peraltro, ha ottenuto un finanziamento pubblico autorizzato dalla Commissione Europea nel contesto di Ipcei Hy2Use, un piano continentale del valore di 5,2 miliardi di euro – supportato da 13 stati membri per sostenere la ricerca e l’innovazione. La realizzazione dei due elettrolizzatori si inquadra in una più vasta strategia a lungo termine di Eni verso la “Just Transition”: si tratta anzitutto di azzerare l’impronta carbonica entro il 2050, in modo da rispettare le indicazioni dell’Accordo di Parigi per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C a fine secolo. E di fornire ai clienti prodotti e servizi energetici totalmente decarbonizzati, considerando tutte le emissioni generate durante il ciclo di vita.







Sotto questo profilo, i due elettrolizzatori sono pensati come “utility scale”: sono le prime applicazioni industriali, che servono anche a testare ed accelerare lo sviluppo di tutta la filiera per la produzione di idrogeno verde in Europa. Ne seguiranno delle altre, assicurano da Eni. Di tutto ciò abbiamo parlato con Hannelore Rocchio, responsabile Iniziative integrate di Eni, che abbiamo intervistato.

 

D: Decarbonizzare con l’idrogeno la raffineria di Taranto e la bioraffineria di Gela. Quali vantaggi ambientali sono attesi? Quali effetti avrà l’utilizzo dell’idrogeno sul prodotto finale di Taranto e Gela? Si utilizzerà esclusivamente idrogeno verde? Ci saranno quote di blu (in questo caso la produzione avviene da combustibili fossili ma nel contempo viene sequestrata e stoccata la CO2 prodotta nel processo) o di grigio (questo viene prodotto attraverso lo steam reforming del metano allo stesso modo dell’idrogeno blu. In questo caso tuttavia tutte le emissioni generate dal processo vengono rilasciate in atmosfera)?

Hannelore Rocchio, responsabile Iniziative integrate di Eni

R: I progetti Ipcei, che Eni ed Enel Green Power stanno sviluppando, produrranno esclusivamente idrogeno green, da elettrolisi alimentata al 100% da energie rinnovabili, per sostituire parzialmente l’idrogeno attualmente prodotto da gas naturale e consumato nella bioraffineria di Gela e nella raffineria di Taranto. Questa sostituzione consentirà quindi di ridurre le emissioni dirette associate all’attuale impianto di produzione da gas naturale.

D: Quale la potenza prevista per i due impianti di elettrolizzazione?

R: Quanto all’elettrolizzatore previsto per il sito di Gela, la potenza sarà pari a 20 MW; mentre per quello di Taranto a 10 MW.

D: Come si inserisce questa operazione nella strategia green di Eni? 

Raffineria Eni di Taranto

R: Anzitutto, per come la vedo io, Eni è consapevole dell’emergenza climatica in atto, e pertanto vuole essere leader del settore energetico con una strategia di lungo termine che traguarderà la neutralità carbonica nel 2050, in linea con quanto previsto dagli scenari che limitano il riscaldamento globale entro 1,5°C a fine secolo. Così, bel 2022 Eni ha rilanciato la propria strategia: a mio avviso questa presenta un approccio distintivo che fa leva su tecnologie proprietarie e breakthrough, nuovi modelli di business e alleanze con gli stakeholder.

D: E cosa comporta questo “approccio distintivo” della strategia di Eni?

R: Direi che come risultato di questo approccio distintivo, Eni ha rilanciato i propri obiettivi di riduzione delle emissioni Ghg (gas ad effetto serra; Ndr), con nuovi target di breve e medio termine che accelerano il percorso verso la neutralità carbonica nel 2050. Ecco, all’interno di questa strategia che punta allo sviluppo di nuove forme di energia, Eni riconosce il valore dell’idrogeno low carbon e da fonti rinnovabili come leva fondamentale per il processo di decarbonizzazione, in particolare nei settori industriali che già oggi lo utilizzano nei propri processi, come la chimica e la raffinazione. E anche e in quelli di difficile elettrificazione, i cosiddetti hard-to-abate (ad esempio acciaierie, cartiere, produzione della ceramica, della carta e del vetro). Eni, principale produttore e consumatore di idrogeno in Italia, sta lavorando allo sviluppo e all’implementazione di processi di produzione di idrogeno decarbonizzato – di qui i Progetti Ipcei Gela e Taranto – e nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie per l’idrogeno (come la pirolisi del metano).

D: Come funziona esattamente la tecnologia Pem, utilizzata a Gela e a Taranto?

Bioraffineria Eni Gela

R: Anzitutto bisogna capire come funziona la produzione di idrogeno verde. Questa si basa sulla rottura della molecola dell’acqua (H2O) che avviene quando questa è sottoposta a una tensione superiore a circa 1,48 V in una cella elettrolitica, sviluppando ai due elettrodi rispettivamente H2 e O2. La produzione di idrogeno verde avviene quindi alimentando mediante elettricità prodotta da fonte rinnovabile una serie di celle elettrolitiche in serie, denominata stack, che consumano acqua e producono idrogeno e ossigeno. Eccoci al punto: negli elettrolizzatori a membrana polimerica (Pem) l’elettrolita è costituito da una sottile membrana polimerica in grado di far passare gli ioni H+, mentre gli elettrodi sono costituiti da Titanio rivestito da specifici catalizzatori.

D: Perché è preferibile alle celle elettrolitiche alcaline, che hanno capacità produttive consolidate? Quali vantaggi comporta? È più costosa?

R: Gli elettrolizzatori Pem hanno un design molto più compatto, possono operare a bassi e alti carichi (>100%) e hanno una vita utile sufficientemente elevata, attorno alle 50mila – 80mila ore di funzionamento. Sono però necessari materiali molto costosi (ad esempio il Platino o l’Oro) come ricoperture per la protezione dei materiali dall’ambiente fortemente acido esistente nella cella e, soprattutto, materiali come il Platino e l’Iridio per i catalizzatori. Ad oggi la flessibilità operativa del Pem lo rende la scelta ottimale nell’abbinamento ad una generazione rinnovabile intermittente.

D: Al progetto partecipano sia Eni che Enel Green Power: quali le rispettive attività nell’operazione?

Bioraffineria di Gela

R: Le due società hanno costituito un veicolo societario congiunto (South Italy Green Hydrogen, una joint venture) in cui confluiranno le rispettive competenze nella progettazione, realizzazione e gestione di impianti di elettrolisi.

D: A parte Gela e Taranto, sono in vista altre operazioni di decarbonizzazione a livello industriale da parte di Eni?

R: Sì, in effetti, in ambito idrogeno, Eni sta attualmente lavorando in Italia e all’estero a una pipeline di progetti sia per la decarbonizzazione dei propri consumi industriali, sia per fornire idrogeno a terze parti, promuovendo la creazione delle cosiddette Hydrogen Valley (si tratta di aree con economia almeno in parte fondata sull’idrogeno grazie alla produzione in loco ed al suo utilizzo sia nell’industria che nel trasporto locale; Ndr).

D: Il progetto è legato a Ipcei Hy2Use, un piano di interesse europeo nato per sostenere la ricerca e l’innovazione. In questo caso si tratta della prima applicazione industriale con la costruzione delle relative infrastrutture nella catena del valore dell’idrogeno. 

L’Eni è una delle aziende che più ha investito sull’idrogeno

R: Il fatto è che, attualmente, a livello globale, si producono e consumano 90 milioni di tonnellate di idrogeno, principalmente in alcuni settori industriali, come la chimica e la raffinazione; il problema è che questa attività genera circa 900 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Invece, quelle legate ad Ipcei HyUse possono di sicuro rappresentare le prime applicazioni per lo sviluppo di progetti diretti alla produzione di idrogeno decarbonizzato.

D: A quali altre applicazioni industriali potrà estendersi la catena del valore dell’idrogeno?

R: Si pensi a nuove applicazioni per la produzione di acciaio, o a quelle per la sostituzione di fonti fossili nella generazione di calore industriale nei citati settori hard-to-abate: potranno fungere da catalizzatori per la realizzazione del mercato dell’idrogeno. Tuttavia, c’è bisogno di un quadro regolatorio chiaro armonizzato a livello internazionale e abbinato allo sviluppo tecnologico; altrimenti non è semplice superare le attuali barriere tecniche e ridurre i costi di produzione e di adeguamento degli impianti.

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 29 novembre 2022)














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