Le quattro rivoluzioni che sconquassano la manifattura italiana e mondiale

La seconda rivoluzione: robotica avanzata

L’altro sconquasso che investirà tutte le fabbriche del mondo è rappresentato della robotica avanzata: gran parte dei compiti che oggi sono svolti da operai (generici e specializzati) sarà eseguita da robot.

A causa dei film e alla letteratura di fantascienza, l’idea dei robot fa pensare a scenari apocalittici, e a macchine autocoscienti. Ma la tecnologia, per quanto avanzata, è ancora ben lontana dal costruire macchine umanoidi o difficilmente distinguibili dagli esseri umani.







Anche gli scenari, per quanto difficili, potrebbero essere non così apocalittici come si teme, o come si vede nei film. Momenti drammatici si potrebbero vivere nel periodo di passaggio. Ma, come sempre accade quando viene introdotta sul mercato una nuova tecnologia, anche la robotica avanzata potrebbe, sul medio-lungo periodo, produrre più occupazione, e aumentare il valore specialistico dei posti di lavoro. Nel caso specifico della robotica avanzata, poi, potrebbe addirittura dare, come vedremo fra qualche riga, maggiori chances competitive alle pmi italiane di qualità.

In realtà la robotica – impiegata fin dagli albori della storia industriale per l’esecuzione di compiti ripetitivi o gravosi – permette la riduzione dei costi dei prodotti e la standardizzazione della qualità, favorendo la competitività delle industrie manifatturiere.

«Negli anni recenti, in realtà, la meccanizzazione spinta ha salvato la competitività di molte industrie manifatturiere, altrimenti destinate a fallire per gli alti costi di produzione. Sembra un paradosso, ma non lo è: la robotica ha salvato molti posti di lavoro», dice Rezia Molfino, professoressa di robotica all’università di Genova, presidente della Società italiana di robotica industriale e dell’Associazione italiana di saldatura. «Questo è ancora più vero», prosegue Molfino, «in un mercato mondiale esigente e volubile, con richiesta di prodotti sempre nuovi, a breve ciclo di vita. E nel quale la produzione deve adattarsi alle richieste di mercato in tempi brevi».

Una visione estrema di industria e robotica
Una visione estrema di industria e robotica

Si spostano gli equilibri mondiali del manifatturiero: servono investimenti e strategie. La diffusione dell’automazione industriale sposterà notevolmente gli equilibri del manufatturiero. Favorirà i Paesi con più investimenti tecnologici e meno restrizioni sindacali. E ridurrà le necessità di delocalizzazione, favorendo anche, in alcuni casi, la rilocalizzazione, o reshoring. Anche perché i robot necessitano – per programmazione, sorveglianza e coordinamento – di manodopera ad elevato grado di specializzazione. Il punto è proprio questo: lo spostamento degli equilibri. Le imprese devono essere pronte a cavalcare anche questa rivoluzione tecnologica in modo da averne vantaggio, facendo adeguati investimenti e scelte strategiche appropriate. Altrimenti, molte di loro potrebbero facilmente venir spazzate via. Sarebbe anche molto importante che ci fosse una regia politica che le facilitasse. Insomma (e non ci stancheremo mai di scriverlo), ci vuole un’adeguata ed efficace politica industriale.

I numeri della rivoluzione robotica. Secondo le stime di Boston Consulting Group, il valore del mercato mondiale della robotica nel 2015 è stato di 27 miliardi di dollari, una crescita notevole rispetto ai 10,8 miliardi del 2005 e ai 7,4 miliardi del 2000. Di questi 27 miliardi di dollari, ben cinque sono prodotti in Italia che, grazie alle sue eccellenze nella meccanica, è il quarto Paese mondiale in questo settore. Il leader di mercato nella robotica, la Comau del gruppo Fiat, prevede di chiudere il 2016 con 2,1 miliardi di fatturato, generato per l’80% da esportazioni.

Secondo Bcg, il mercato della robotica crescerà del 9% all’anno. Una percentuale paragonabile a quella dell’informatica negli anni Novanta. Bcg stima anche una forte riduzione dei costi, pari al 20% all’anno, e una aumento della produttività pari al 5%, sempre annuale. A causa dei robot, il costo complessivo del lavoro nel mondo industrializzato dovrebbe scendere del 16% entro il 2025. Per allora, il 25% di tutti i compiti automatizzabili sarà stato effettivamente affidato all’automazione. Oggi si fermano al 10%, con un incremento relativo di circa il 10% all’anno.

I settori coinvolti sono il manifatturiero (soprattutto industria automobilistica, che assorbe il 40% del totale), seguito dal militare e dalle applicazioni domestiche. Le stime sono che entro il 2025 in Italia i robot faranno risparmiare l’8% sul costo del lavoro, in Usa il 22%, in Giappone il 25%, in Corea del Sud il 33%.

Per Bcg, gli effetti dell’automazione robotica non saranno uguali in tutto il mondo. Si vedranno soprattutto in Paesi come la Corea del Sud, la Cina, gli Stati Uniti e la Germania che hanno già dimostrato una forte capacità di innovare su questo fronte e nel 2025 compreranno circa l’80% dei robot venduti in tutto il mondo. Il Paese con maggiore richiesta di robot industriali è la Cina, dove, secondo Bcg, nel 2017 opereranno 400 mila robot, più dei 340 mila attivi negli Stati Uniti.

Nel 2018, il settore della costruzione di apparecchiature elettroniche sarà il primo in cui i robot saranno meno costosi della manodopera umana. Per il settore dell’arredamento, il sorpasso è previsto nel 2023.

Robot: un vantaggio per le piccole imprese. Un dato interessante è la forte discesa del prezzo medio dei robot, che rende accessibile l’automazione avanzata anche alle piccole imprese. Per esempio, il modello Universal Ur5 della Universal Robotics costa 34 mila dollari (che con i costi di avviamento diventano 70 mila) e può movimentare materiali e assemblare macchinari. Il modelo Baxter di Rethink Robotics costa invece 25 mila euro (38 mila con i costi di avviamento) e può impacchettare e spacchettare.

Assemblaggio di motori automatizzato
Assemblaggio di motori automatizzato

I robot possono essere di servizio, cioé capaci di svolgere i loro compiti in autonomia e lontano dall’uomo, oppure collaborativi, cioé in grado di interagire con l’uomo, lavorandoci insieme senza danneggiarlo.

I robot collaborativi sono impiegati soprattutto nell’automazione industriale, dove possono affiancare l’uomo nelle mansioni più gravose, per esempio passando all’operaio eventuali pezzi da lavorare. In prospettiva potranno aiutare l’uomo soprattutto in ambito militare (prototipi in grado di lavorare come muli elettronici sono già in avanzata sperimentazione e in futuro si pensa al soldato robot) e domestico, per la pulizia della casa e l’aiuto ai disabili.

La rivoluzione dei robot collaborativi. Fino ad oggi, i robot di servizio hanno rappresentato la stragrande maggioranza degli automi in circolazione. Su un mercato di 27 miliardi di dollari di valore, valgono infatti 26 miliardi e 905 milioni di euro. I robot collaborativi, o Cobot, valgono infatti appena 95 milioni. Secondo Abi research, però, il loro valore sarà di un miliardo di dollari nel 2020. Numerosi gli esempi particolarmente emblematici di nuovi cobot. Con l’aiuto di un articolo apparso sul numero di novembre 2015 della rivista specializzata “Automazione integrata”, vediamone alcuni. Per esempio il “dual arm” YuMi di ABB Robotics dedicato, tra l’altro, all’assemblaggio di componenti di piccole dimensioni, settore in fase di grande evoluzione in particolare nell’industria elettronica dove la domanda di prodotti ha ampiamente superato la disponibilità di manodopera qualificata. YuMi, i cui movimenti di presa sono molto uman-like, presenta numerose opzioni di gripper, non ha punti di aggancio, tal per cui non sussiste alcun rischio di lesioni dovute all’apertura e chiusura degli assi, e dispone di un sistema di visione integrato supporta localizzazione e prelievo dei pezzi. Più versatile Rob1R di F&P, interamente protetto da materiale morbido, e capace non solo di handling e assemblaggio nel manufacturing, ma anche compiti di “personali” da service robot, come assistenza medica e anche catering. Di dimensioni paragonabili a quelle di un operatore umano è Nextage di Kawada Industries, caratterizzato da una visione stereoscopica che guida i movimenti nella sua area di lavoro e da una hand camera a supporto di posizionamento fine per presa e orientamento dei materiali da assemblare. La base è provvista di ruote per cui può muoversi secondo necessità, e la sicurezza è garantita da limitatori di forza. Particolare successo sta riscuotendo la serie LBR iiwa, intelligent industrial work assistant, di Kuka Robotics, con sensori integrati di momento torcente sia per controllo delle operazioni di assemblaggio che per “safe detection” di qualsiasi contatto con un operatore umano; la programmazione si può effettuare muovendo manualmente il braccio del robot secondo la sequenza dei movimenti desiderati. Da questa panoramica non poteva mancare Baxter di ReThink Robotics, molto citato sin dal suo primo apparire sul mercato. I suoi sensori di forza adattativi gli consentono, appunto, di «adattarsi» in difficili operazioni di assemblaggio in cui si hanno piccole variazioni di allineamento e gli stessi sensori permettono al robot di sentire il contatto con un umano, interrompendo la sua attività; da aggiungere la presenza di sistemi di visione integrati a livello “head” (occhi aperti) e “arm” (occhi chiusi).

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