Intelligenza Artificiale & Digital Transformation: come ricavare concreto valore aziendale

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 di Marco Varone, Presidente e Chief Technology Officer di Expert System. Dai robot giornalisti all’utilizzo in sanità. Rischi e opportunità di questo strumento tecnologico. E l’approccio giusto (graduale e sperimentale) da adottare

Sebbene si parli tanto di intelligenza artificiale (o artificial intelligence, AI), ancora adesso definire che cosa sia esattamente rimane difficile, anche per chi ci lavora quotidianamente. Per Marco Somalvico, uno dei pionieri in questo campo, l’AI studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di software capaci di fornire al computer prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.







Su Wikipedia si legge invece che l’AI è il comportamento apparentemente intelligente di un computer, in contrapposizione all’intelligenza naturale degli esseri umani. Comunemente si parla di intelligenza artificiale quando un computer simula delle funzioni cognitive che di norma noi associamo alla mente umana come, ad esempio, la soluzione di problemi complessi e non numerici. Quello che è certo è che non si tratta di un’invenzione rivoluzionaria ma di una scienza e, come tale, avanza a piccoli passi.

 

Marco Varone, Presidente e Chief Technology Officer di Expert System

 

Puntare al concreto

Negli ultimi anni, troppa dell’attenzione del dibattito pubblico sul tema dell’intelligenza artificiale è stata dedicata ai rischi che potrebbe porre e non ai grandi vantaggi che già oggi offre, specialmente alle aziende e alle persone che ci lavorano. Si parla tanto del rischio che l’AI possa “rimpiazzare” la razza umana, resa “obsoleta” dall’arrivo di esseri artificiali superiori, senza considerare che, dati alla mano, finora l’effetto principale dell’arrivo concreto dell’AI nei mestieri intellettuali non sembra sia stato quello di abbattere l’occupazione umana, anzi… ed è più probabile che continui a far nascere nuovi lavori.

D’altronde, non bisogna nemmeno incorrere nel rischio di vedere l’AI come la soluzione a tutti i mali del mondo. Non possiamo pensare che sia in grado di soddisfare anche le aspettative più esagerate spesso create dai grandi player, che basti poco per implementare una soluzione di AI e che addirittura sia possibile farlo senza l’aiuto di esperti. Per evitare queste due posizioni estremiste (AI come minaccia vs. AI come soluzione magica), occorre dunque riportare il discorso al concreto, parlare cioè degli effetti reali della tecnologia. E si può partire mettendo in evidenza alcuni casi reali di utilizzo e gli stessi benefici dell’avvento di altre grandi tecnologie che hanno rivoluzionato in passato il contesto economico (come i motori a vapore, l’elettricità ecc.).

 

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Robot giornalisti?

Robot giornalisti

Un esempio concreto dell’impatto dell’AI riguarda il mondo dell’editoria. Il “reporter robot” del Washington Post, un sistema AI chiamato Heliograf, ha pubblicato 850 articoli nell’arco di dodici mesi. Sono servizi semplici, come la nota quotidiana sull’andamento della Borsa, risultati elettorali locali oppure gli esiti di gare sportive minori. Il proprietario del Post è Jeff Bezos, il padrone di Amazon, e forse non dovrebbe sorprendere la sua attenzione particolare alla tecnologia… ma non è il solo.

L’agenzia Associated Press utilizza sistemi AI per generare la copertura dei risultati di bilancio delle società quotate. Si tratta di un’altra forma di giornalismo “di rito” e pertanto altamente automatizzabile e, sebbene risulti meno creativo, è l’equivalente intellettuale allo spostare dei pacchi in magazzino, allo scovare a mano delle trincee. Tra l’altro, come accennavo sopra, il “rimpiazzo” tecnologico non ha fatto perdere posti di lavoro. Da quando Heliograf scrive sul Washington Post, il giornale – che è tornato in utile dopo un periodo disastroso – ha assunto altri 60 giornalisti. L’idea è quella di sollevare gli operatori umani dalle attività più semplici, di modo che possano fare cose più utili per il giornale.

 

Jeff Bezos, il patron di Amazon e proprietario del Washington Post

 

Anche nel contesto italiano non mancano media e realtà editoriali che stanno ridefinendo il panorama dell’informazione del nostro Paese tramite l’utilizzo di applicazioni di intelligenza artificiale all’avanguardia. Ad esempio, l’archivio digitale del Corriere della Sera, realizzato tramite un sistema di analisi semantica, consente ai lettori del quotidiano di navigare un patrimonio di informazioni senza precedenti: 2,5 milioni di pagine, 8 milioni di pezzi, 22 mila firme dal 1876 a oggi, 140 anni di storia a portata di clic. In modo del tutto automatico, la tecnologia cognitiva analizza i testi, identifica il senso del discorso grazie alla corretta comprensione del significato delle parole e delle frasi e classifica i contenuti in modo preciso e omogeneo per consentire poi un agevole recupero delle informazioni di interesse.

Una sanità intelligente

Un altro settore che impiega l’intelligenza artificiale è quello della sanità – che è per necessità estremamente “umana”, con tutti i pregi, ma anche i difetti, che ne derivano. Fino a tempi abbastanza recenti l’AI arrivava con una certa lentezza nel mondo sanitario. I motivi sono certamente tanti, ma forse uno riguarda la notevole complessità presentata dalla gestione di queste strutture e infrastrutture. Questo, insieme con il fatto che il “prodotto” è la delicatissima vita umana, ha sconsigliato in molti casi l’automazione “stupida”.

La sanità è ora un campo decisamente interessante per quella invece “intelligente” – sia per agevolare il rapporto con utenti e il lavoro del personale, sia per utilizzare meglio le straordinarie conoscenze accumulate in queste organizzazioni. Devono affrontare un grande salto e hanno bisogno degli aiuti che le soluzioni di AI sono in grado di offrire a questo settore. I benefici non vanno letti attraverso la lente della semplice riduzione del costo del personale. L’intelligenza artificiale in sanità diventa un abilitatore di processi disegnati per rendere più efficiente il sistema nel suo insieme, attraverso una riduzione degli sprechi e pagamenti più veloci.

 

Utilizzo di Watson per le diagnosi cliniche (courtesy IBM)

Attese e delusioni

Una recente ricerca della MIT Sloan Business School rivela che mentre l’85% dei manager contattati si dichiara convinto che l’impiego dell’intelligenza artificiale permetterà alle loro società di ottenere un vantaggio competitivo, solo una su cinque delle aziende interpellate ha cominciato a fare qualche timido passo in questa direzione, mentre una su venti ha incorporato estesamente l’AI nei propri processi o prodotti. Secondo lo stesso studio, meno del 40% delle aziende esaminate hanno già definito una propria strategia AI. Le società più grandi – quelle con più di 100mila dipendenti, qui stiamo parlando di dati USA – sono più avanti, ma solo la metà di loro hanno delineato una strategia.

Secondo lo studio MIT già citato, mentre solo il 14% dei rispondenti pensa che l’AI abbia già avuto un effetto importante sulla loro organizzazione, il 63% aspetta di vedere un grande e positivo impatto entro cinque anni. Cioè, se da una parte molte speranze sono riposte sulla tecnologia, è anche intuibile che parecchie persone intimamente sperano che possa arrivare “un po’ più in là”. Nel mondo delle aziende, l’orizzonte a cinque anni è ben lontano…

 

L’intervento di Marco Varone al Cogito AI Day

Reinventare il business

Molte delle resistenze che le aziende manifestano verso l’AI si stanno pian piano superando. Da un parte, è chiaro che non servono più necessariamente lunghi training per implementare i programmi che servono a migliorare il business. Oggi ci sono sistemi di intelligenza artificiale “pre-scolarizzati”, che consentono di ridurre la fase di addestramento. Dall’altra, è sempre più evidente che per implementare una soluzione di AI servono (e serviranno sempre) esperti, tempo, analisi e lavoro.

Ma, se si hanno pazienza e aspettative misurate, se il problema da risolvere è circoscritto e alla portata effettiva della tecnologia, i risultati saranno positivi, concreti e misurabili. Già cambiare la cultura interna dell’azienda nello stesso momento in cui si adotta una nuova tecnologia è certamente una sfida seria. Eppure, è trattare le persone, i clienti attuali e potenziali, che costa. Sono le “customer-facing activities” che offrono forse le maggiori opportunità per reinventare il business. Vedere l’AI solo come uno strumento di efficienza è troppo riduttivo. Nell’interagire con il cliente, le aziende non guardano solo alla deflection – cioè, quante chiamate non passano più dal call center umano – ma principalmente all’efficacia delle interazioni.

 

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Intelligenza artificiale:né minaccia né soluzione magica

Lo stesso strumento che abilita la possibile richiesta automatica può cioè essere applicato perché il call center umano funzioni meglio. Per esempio, fare apparire contenuti contestuali per rispondere alla richiesta del cliente mentre (e non dopo) si risponde attraverso uno dei canali. Ciò velocizza la risposta ma al tempo stesso dovrebbe aumentare la resa in termini di efficacia e soddisfazione del cliente. L’AI è in grado non solo di ridurre i costi del personale aumentando l’efficienza degli operatori, ma di migliorare la qualità dell’interazione a tutti i livelli – che avvenga attraverso uno scambio di testi, dall’analisi documentale o con il riconoscimento vocale, ma anche attraverso il contatto con il calore umano.

Noi, oggi, stiamo superando – a volte faticosamente, ma il processo va avanti – i problemi che riguardano l’interfaccia comunicazionale tra uomo e macchina e la gestione per l’appunto intelligente dei dati generati e forniti da entrambe le parti.
Viviamo in un’epoca di cattive notizie e facile pessimismo. Però, la progressiva umanizzazione dei sistemi informativi apre la porta a nuove e straordinarie applicazioni, anche in campi finora resistenti al cambiamento. E se si adotta un approccio graduale – con l’obiettivo di raggiungere risultati intermedi piuttosto che tentare di raggiungere subito un obiettivo estremamente ambizioso – si potranno cogliere appieno i vantaggi concreti e reali dell’intelligenza artificiale.

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                                              Expert System

Expert System è attiva nel settore del cognitive Computing e Text Analytics. Attraverso la tecnologia proprietaria Cogito, basata sull’analisi semantica, innova il modo con cui le aziende elaborano le informazioni, offrendo il proprio tool di intelligenza artificiale per comprendere il significato di grandi quantità di documenti, e ricavare conoscenza strategica dai big data per accrescere il proprio vantaggio competitivo e migliorare i processi decisionali. Fra i principali clienti del gruppo, che ha sedi in Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada figurano: Shell, Chevron, Gruppo Eni, Telecom Italia, Intesa Sanpaolo, Il Sole 24 Ore, Ely Lilly, BAnQ, Biogen, Bloomberg Bna, Elsevier, Gannett, Thomson Reuters e Wolters Kluwer, oltre al dipartimento dell’Agricoltura e a quello della Giustizia degli Stati Uniti.

Unica azienda italiana e fra le pochissime al mondo ad essere contemporaneamente presente sia nel Magic Quadrant di Gartner dedicato agli Insight Engine sia nel report di Forrester dedicato alle text analytics Big Data Platform, nei mesi scorsi Expert System ha ottenuto la qualifica di Pmi Innovativa dalla Camera di Commercio di Trento. Grazie a tale qualifica, che riconosce l’ampia propensione della società verso l’innovazione tecnologica nell’evoluzione del proprio modello di business, gli investitori potranno beneficiare degli incentivi fiscali previsti dalla “Legge di Stabilità 2017”, che sono fondamentalmente di due tipi: agevolazioni fiscali per gli investitori professionali e retail fino al 30% della somma investita sia per i soggetti passivi Irpef (per i quali consiste in una detrazione dall’imposta lorda) sia per i soggetti passivi Ires (per i quali consiste in una deduzione dal proprio reddito complessivo), oltre all’esenzione da capital gain se le azioni vengono collocate in un Piano Individuale di Risparmio (Pir). Il massimo beneficio per le persone fisiche su cui calcolare la detrazione è di un milione di euro, mentre per le persone giuridiche l’investimento massimo in ciascun periodo di imposta è di 1,8 milioni.

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