Candy: IoT e nuove strategie per fidelizzare

di Marco de’ Francesco ♦ L’unica grande azienda rimasta made in Italy negli elettrodomestici punta sulla digital transformation per massimizzare la customer experience.  La chiave di volta è il controllo a distanza tramite app

Fidelizzare il cliente. Creare una loyalty passiva in grado di incidere sulle scelte future del consumatore, che resta in contatto con l’azienda grazie ad una app e all’interconnessione degli elettrodomestici. Una delle modalità grazie alle quali il digitale genera valore per l’azienda, e al contempo parte della strategia di interazione continua e di customer retention che dovrebbe contribuire, secondo i piani di Candy – unico produttore italiano di bianco dopo la vendita di Indesit a Hoover – al raddoppio del fatturato entro il 2021. Candy, già oggetto di analisi su Industria Italiana (qui), torna argomento di analisi appunto per comprendere questi aspetti dell’interconnessione. Perché sono tanto importanti? Quale valore economico ne deriva? Le risposte le ha fornite il presidente dell’azienda e direttore settore washing appliances Aldo Fumagalli durante un recente incontro organizzato da Kpmg  a Monza, ad Assolombarda, dal quale è stato tratto il materiale utile alla realizzazione dell’articolo.

La scommessa della smartness

L’azienda è leader in Europa in fatto di elettrodomestici intelligenti: con il 64% del mercato, è al gradino più alto del podio; Lg, con il 22%, è al secondo posto; Samsung, con l’1,35%, al terzo. «D’altra parte la scommessa della smartness è quella con la S maiuscola – afferma Fumagalli – e noi abbiamo iniziato a puntare su questa sfida nel 2013, facilitati dal fatto di non essere stati scottati dall’avventura della domotica. Quindici anni fa non si parlava d’altro, nel nostro settore: apparecchiature, sistemi e impianti intelligenti avrebbero dovuto riempire le nostre case. Invece non è accaduto nulla. La aziende di comparto avevano investito milioni; io, come presidente della Candy, mi ero sempre guardato da impegnare l’azienda su questa strada, perché le ricerche di mercato, allora, indicavano che si trattava di un fuoco di paglia, di uno sforzo per ingegneri non destinato a tradursi in una realtà commerciale».







In pratica, la domotica anticipava il mercato, che non era pronto. Altra storia con la smartness in corso. «Abbiamo invece iniziato a investire in smartness – continua Fumagalli – quando abbiamo capito che il mercato si stava preparando. Lo smartphone era già nelle nostre tasche. Si annusava il movimento nell’aria. E oggi il mercato delle smart appliances, e cioè quello dei dispositivi intelligenti, è in enorme crescita. Un mercato di cui, nel nostro comparto, abbiamo conquistato una quota di rilievo in Europa, pari all’80% circa; e, purtroppo, una quota assai minore in Cina, pari al 6%. Come si è detto, intendiamo raddoppiare il fatturato entro il 2021; e ciò può avvenire solo continuando sulla strada intrapresa».

 

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Candy: l ultima macchina prodotta, completamente connessa, “Bianca”

Il digitale consente la fidelizzazione del cliente

«La smartness può influenzare positivamente le scelte del cliente – afferma Fumagalli – e noi siamo partiti, nel 2013, dalla “promessa” ai nostri consumatori. Ora, come funziona il meccanismo? Si parla tanto di customer journey, che in definitiva è il percorso decisionale ed operativo che il cliente compie nelle varie fasi di acquisto di un prodotto. Ora, poniamo che il consumatore, soggetto a varie pressioni – la pubblicità, il consiglio degli amici, quello dei commessi – entri in un negozio e compri il nostro prodotto. C’è una scelta, c’è un atto di acquisto. Che però va interpretato come un inizio, non come una fine. Lì dove finisce il customer journey, inizia la customer experience. Che è fatale per le future scelte del cliente.

Passano otto anni, e il consumatore ha bisogno di rinnovare la scelta. In un certo senso, quello che si verifica è un momento magico: il consumatore può infatti decidere di rimanere legato alla stessa marca, a quella del prodotto acquistato anni prima. Dipende un po’ dal consumatore, e molto dalle azioni che l’azienda ha messo in campo. Azioni che sono legate alla smartness. Infatti, con lavatrici normali è difficile che si instauri una relazione tra azienda e cliente tramite il prodotto; ma quando c’è di mezzo un’app, e il cliente la utilizza per otto anni, l’interazione si crea».

 

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La app simply|Fi , dal sito Candy

Elettrodomestici connessi e la App Candy simply-Fi

L’applicazione permette al cliente di dialogare con l’elettrodomestico aiutandolo nello svolgimento delle attività quotidiane ed aggiungendo funzionalità che rendono il suo prodotto o il set di prodotti installati più intelligenti e performanti. La gamma connessa controllabile tramite l’App Candy simply-Fi comprende lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, forni, piani cottura e cappe d’aspirazione. Dunque la app consente il controllo da remoto dei principali elettrodomestici di casa; fornisce informazioni di sistema, avvisi e notifiche. Perché funzioni, basta un router wi-fi, anche già operativo. La sincronizzazione di elettrodomestici e app avviene, secondo l’azienda, grazie ad un processo semplice e intuitivo.

L’applicazione – disponibile per i principali sistemi operativi, iOS e Android – permette altresì di monitorare il consumo istantaneo degli elettrodomestici connessi, in base alla fase del programma attivo. Il report relativo ai consumi visualizza tre differenti livelli: basso (verde), medio (giallo) e alto (rosso). «Si genera – continua Fumagalli – un capitale di relazioni importante, che corrisponde ad una loyalty (un attaccamento) di tipo passivo; nessuno vuole buttare via un’esperienza positiva e consolidata cambiando marca. Questa è la strada cha abbiamo intrapreso con forza. E oggi abbiamo 250mila utenti connessi. Circostanza che peraltro consente all’azienda di sapere che tipo di operazione stanno facendo i clienti con i nostri prodotti: informazioni di peso, per l’azienda». L’azienda conta di raggiungere quota un milione e mezzo di utenti connessi nel 2019.

 

Il livello di soddisfazione del cliente già acquisito è più facile da mantenere rispetto all’ acquisizione di uno nuovo

Mantenere la propria clientela è meno costoso che crearne una nuova

Secondo Deepak Abraham (“Customer Satisfaction, Customer Loyalty and Customer Retention in Service Industry”, Liverpool Business School) «molte aziende considerano la fidelizzazione dei clienti un fattore importante per il loro successo principalmente per due motivi: l’efficacia e l’efficienza». Quanto alla prima, è legata all’azione del marketing. Ma quanto all’efficienza, «si stima che un’impresa dovrà spendere sei volte più in media per assumere un nuovo cliente che per mantenere un cliente esistente. Inoltre, l’azienda potrebbe perdere una notevole quantità di denaro se perde un cliente. (Rosenberg e Czepiel, 1992). “La soddisfazione del cliente influenza se il cliente acquisterà nuovamente dalla stessa società”. (Blackwell, Miniard, & Engel, 2006, 213). Inoltre, se il cliente ha una valutazione negativa dei servizi o dei prodotti che ha consumato, può trasferire il business da una società a un’altra. La maggior parte delle aziende cerca di migliorare i propri livelli di soddisfazione dei clienti in quanto è un fatto riconosciuto che è molto più semplice mantenere il cliente esistente piuttosto che acquisirne di nuovi».

 

Candy, interno dello stabilimento di Brugherio

Chi è Candy

Il Gruppo, a totale capitale privato della famiglia Fumagalli, è tra i leader europei nel settore dei grandi elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie, lavasciuga, asciugatrici, frigoriferi, congelatori, cucine e forni, da incasso e accosto. Ha sede a Brugherio, in provincia di Monza e Brianza, che è la sesta zona industriale d’Europa. L’area è caratterizzata da quattro distretti importanti (meccanica, chimica, elettronica e il mobile) che hanno dato vita, da quelle parti, a una sorta di fabbrica diffusa, che scambia competenze, forniture, macchinari, collaboratori. Le aziende locali, seguendo una precisa strategia industriale dilatata sul territorio, non hanno proceduto a delocalizzazioni, se non in minima parte. Si sono dimostrate molto resilienti, e cioè dotate dell’attitudine ad adattarsi e a superare momenti traumatici, trovando nuovi equilibri e adattandosi ai cambiamenti, assorbendoli senza rischiare la frantumazione”. Candy ha una storia antica: nel 1945, le Officine Meccaniche Eden Fumagalli realizzarono il “Modello 50”, la prima lavabiancheria italiana, presentata alla fiera di Milano del 1946. Altri modelli sono entrati nella storia dell’industria e del costume italiano; si pensi a Candy automatica del 1958, la prima lavabiancheria completamente automatica.

Ora l’azienda ha una quota continentale del 17% per quanto riguarda le lavatrici di grandi dimensioni, del 13% nei lavasciuga e dell’8% nelle asciugatrici. In buona sostanza, l’azienda è il 12esimo produttore mondiale del bianco, settore che ha incontrato diverse difficoltà con la contrazione del comparto immobiliare. Molti colossi degli elettrodomestici hanno subito drastiche riduzioni di fatturato. Comunque sia, Candy Group opera con i marchi internazionali Candy e Hoover e con i marchi nazionali Iberna, Jinling, Hoover-Otsein, Rosières, Süsler, Vyatka, Zerowatt, Gasfire e Baumatic. E dispone di oltre 2mila centri di assistenza in Europa. Per Candy, infine, il segmento che ha fatto registrare il maggior tasso di crescita (+ 25% delle vendite nell’ultimo anno) è quello degli elettrodomestici da incasso, e cioè quelli predisposti per essere sistemati in cucine sempre più ristrette, quanto a metratura. Nel complesso, il fatturato 2017 è giunto a quota 1.035 milioni di euro; si tratta, secondo l’azienda, di raddoppiarlo entro il 2021.

 

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Aldo Fumagalli, presidente e direttore settore washing appliances Candy Group

Produzione in tutto il mondo, ma cervello e ricerca restano in Italia

Sono 400 i tecnici e gli ingegneri che si occupano di ricerca e sviluppo, tutti nella sede di Brugherio, lì dove si è svolta l’evoluzione dell’azienda in vista del 4.0. La produzione si è invece gradualmente spostata in Cina. Il fato è che non è più possibile produrre in Italia, o nel Vecchio continente in generale. Bisogna infatti fare i conti con il costo del prodotto finale, che alle nostre latitudini è senz’altro troppo elevato. «Investiamo molto nella ricerca, nel know how; ma anche nel territorio- termina Fumagalli -: produciamo una lavatrice che parla, che è cognitiva e predittiva, e che ha un’intelligenza “locale”.

La app è stata sviluppata a Bergamo; il gruppo che si occupa di intelligenza artificiale è bresciano; e poi è coinvolto il Politecnico di Milano. Noi non abbiamo la possibilità di attrarre i migliori talenti nazionali, perché ingegneri e specialisti preferiscono le multinazionali dell’informatica e del digitale; tuttavia, ci diamo molto da fare per attrarre i giovani. Ora, è vero che non c’è uno spazio per produrre elettrodomestici in questo Paese: non ci sono più le condizioni, qui, come d’altra parte non ci sono in Francia, Spagna e Germania. Ma la fabbrica degli ingegneri, quella cresce».














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