La manifattura lombarda può arrivare al centro dell’Europa adottando l’intelligenza artificiale. Con l’aiuto di Afil

di Marco de' Francesco ♦︎ L'Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia, sta lavorando a una roadmap per definire le priorità delle imprese lombarde nell'adozione dell'Ia, tecnologia che permetterà di aumentare le esportazioni verso l’estero di macchine altamente personalizzate grazie alla possibilità di eseguire da remoto servizi come commissioning e manutenzione predittiva. Le valutazioni di Idc. Le opportunità del Pnrr

In che modo le aziende manifatturiere lombarde saranno permeate dall’intelligenza artificiale? Anzitutto, una considerazione: l’AI è composta da algoritmi, sensori di vario genere per la raccolta di gran mole di dati diversi e software che possono essere di volta in volta strutturati per risolvere problemi del tutto differenti. È una tecnologia “generalista” che può trovare un’infinità di usi. Pertanto per Afil (Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia) – soggetto di riferimento della Regione più industrializzata d’Italia per la definizione delle strategie di ricerca e innovazione nel settore manifatturiero – si trattava e si tratta di individuare le applicazioni adatte alle specializzazioni dell’industria del territorio, in modo di “mettere a terra” le potenzialità di questa tecnologia. Il cluster Afil sta realizzando una apposita Roadmap, che sarà terminata prima dell’estate. Possiamo però anticiparne i contenuti essenziali. Anzitutto, la manifattura lombarda è caratterizzata da un alto grado di creatività e da un savoir faire tipico del lavoro di fabbrica. Sono valori che non si riesce o si fatica a trasmettere da un lavoratore all’altro. Con l’AI, invece, si possono cogliere esaminare, classificare, elaborare e metterle a disposizione di tutti contenuti ed informazioni essenziali, anche destrutturate, mentre le persone eseguono il loro lavoro. Certo, occorre prestare particolare attenzione a non realizzare sistemi che non “ingessino” le imprese, ma che lascino gli operatori ed i designer liberi di continuare a lavorare coniugando l’alta tecnologia con l’estro e creatività tipiche della Lombardia.

In secondo luogo, le aziende manifatturiere lombarde sono grandi esportatrici di macchine personalizzate. Grazie all’AI, possono realizzare da remoto un ventaglio di servizi, dal commissioning alla manutenzione predittiva. Le chance di penetrazione dell’AI dipendono anche dal contesto internazionale e da quello nazionale, viste le profonde interrelazioni che la Lombardia ha con l’uno e con l’altro. Per l’Europa ci sono buone notizie: secondo Idc – società specializzata in market intelligence, servizi di advisory e organizzazione di eventi nell’ambito digitale e Ict- la spesa in AI del Vecchio Continente aumenterà costantemente fino al 2023, portando la quota europea su quella mondiale dal 20% attuale al 23%. Quanto all’Italia, dipenderà molto da quanto le amministrazioni pubbliche intenderanno supportare la diffusione di questa tecnologia.







Questo articolo trae spunto dall’evento “Monitoring digital transformation: the role of artificial intelligence in the industrial modernisation”, organizzato qualche giorno fa dalla Commissione Europea attraverso il progetto “Advanced Technologies for Industry (Ati)” finanziato dall’Agenzia Easme. La Commissione Europea ha invitato la Regione Lombardia ad esprimere un feedback sui risultati preliminari del progetto in ottica, essendo questa una delle principali Regioni Manifatturiere Europee. La Regione ha quindi chiesto al Cluster Afil di rappresentare la posizione del manifatturiero lombardo nell’evento. Hanno guidato i lavori Giorgio Micheletti e Alessandra Massaro, rispettivamente consulting director european  government e senior consultant di Idc Italia, coordinatore del progetto Ati, mentre Afil, presieduta dall’imprenditore Diego Andreis (Fluidotech) è stata rappresentata dal cluster manager Giacomo Copani.

 

Le priorità della roadmap sull’intelligenza artificiale

Il cluster manager di Afil Giacomo Copani

Quali elementi caratterizzano la manifattura lombarda? Di per sé, secondo diversi aspetti, non è tanto diversa da quella dei Länder tedeschi o di altri territori del Centro Europa. Ad esempio, se osserviamo l’occupazione nei singoli comparti, si scopre che più importanti, in Lombardia, sono la manifattura dei prodotti in metallo (150mila dipendenti), il machinery (135mila), il food (65mila), la gomma e la plastica (58mila), l’electrical equipment (45mila) e così via. La struttura del tessuto del manufacturing è abbastanza allineata con quella mitteleuropea. Segna una certa differenza, invece, soprattutto rispetto alla Germania, la dimensione media delle aziende, che in Lombardia è comparativamente molto più piccola. Questo elemento, come vedremo, può incidere sulla possibilità di adozione di applicazioni di intelligenza artificiale; ma secondo Copani, il punto non è questo.

 

1. Creatività, know how e flessibilità

Per Copani, la manifattura regionale è permeata da un valore aggiunto intangibile: l’abilità delle persone di coniugare la tecnologia con e la creatività, permettendo così lo sviluppo di nuove visioni, idee e prodotti unici. Si pensi al design, che attribuisce al bene un significato culturale e commerciale specifico, univoco; o alle soluzioni ingegneristiche nella realizzazione di macchine utensilicustomizzate” – e cioè che devono essere adattate a specifiche esigenze del cliente. Spesso la tecnica c’entra fino ad un certo punto: molto si gioca sull’inventiva.  Com’è noto, però, questo carattere è tipicamente individuale, e pertanto non immediatamente trasferibile alla maggioranza della forza lavoro, neppure a seguito di una adeguata formazione. È proprio qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale. Questa, infatti, grazie ad esempio a sistemi di visione – e più in generale a sistemi di knowledge management basati sull’intelligenza artificiale-, può raccogliere ed elaborare elementi di unicità e di creatività presenti nei progetti del designer, che in genere finiscono accatastati da qualche parte nella fabbrica e non più utilizzati. Essa può anche consentire di raccogliere e classificare informazioni difficilmente trasmissibili, quali ad esempio le sensazioni tattili di materiali o gli odori.

C’è poi il tema del know how specifico del lavoro di fabbrica. L’operaio in grado di scegliere la stoffa giusta, la vernice appropriata, non è facilmente sostituibile. Quando abbandona l’azienda, per il pensionamento o per altre motivazioni, in genere lascia il vuoto dietro sé. Anche qui, «l’AI – ha affermato Copani – può intrappolare le conoscenze di chi è destinato ad andarsene e metterle a disposizione di tutti, in modo che il passaggio di consegne non sia traumatico».  L’insieme dei saperi, delle scelte e delle azioni può essere codificato ed elaborato. Inoltre, sempre più alle aziende è richiesta una crescente flessibilità produttiva: la Lombardia è leader nella produzione di impianti capaci di operare su una vasta gamma di formati e di alternare in modo rapido ed efficiente un mix di produzione molto frammentato. Idealmente, una macchina dovrebbe essere capace di riconfigurarsi in un tempo brevissimo e senza alcun intervento umano, in funzione dei mutamenti repentini del contesto produttivo. L’intelligenza artificiale può aiutare gli operatori ad individuare, all’interno del vastissimo spazio delle opzioni operative, una sequenza di azioni in grado di ottimizzare uno specifico processo e può istruire le macchine affinché siano in grado di scegliere, in maniera autonoma, il percorso più efficiente da compiere.

Barriere e sfide dell’intelligenza artificiale nella manifattura. Fonte Idc

2. Remote operations

«L’altro ambito fondamentale di applicazione dell’intelligenza artificiale è quello dei servizi» – ha affermato Copani. Questo perché «l’industria lombarda si occupa soprattutto di prodotti di alta gamma, e lo fa in un contesto internazionale». Si pensi alle soluzioni super customizzate nel machinery: si realizzano macchine uniche che il cliente deve saper utilizzare in Messico, in Norvegia o altrove nel mondo, nei contesti produttivi, culturali e linguistici più diversi; pertanto questa impresa va supportata con un ampio ventaglio di servizi per minimizzare i fermi della produzione. Si pensi ad esempio, all’assistenza o al commissioning da remoto; o ancora alla manutenzione preventiva e predittiva – attività che si può realizzare dalla Lombardia elaborando sul Cloud i fattori critici per il buon funzionamento di una strumentazione ed inoltrando tempestive informazioni all’utilizzatore. Inoltre, sempre grazie all’esame dei dati di produzione, si può incidere sul miglioramento dell’efficienza del processo e della qualità della produzione dei clienti, per esempio nell’ambito di contratti di servizio nei quali il fornitore si impegna ad un miglioramento continuo delle performance dei suoi prodotti ed il vantaggio economico derivante viene condiviso tra cliente e fornitore.

 

3. Re-inventare i processi

Si pensi, ad esempio, ai robot che reagiscono ai cambiamenti dell’ambiente circostante, o alla collaborazione sempre più significativa tra forza lavoro e smart machine: i processi diventano sempre più adattivi, più flessibili, e le aziende hanno la possibilità di modificarli costantemente e di reinventarli. L’AI consente di ripensare alle tecnologie impiegate per svolgere i compiti produttivi. Ad esempio, si possono impiegare sistemi hardware più semplici ed economici, in favore di un maggior impiego di sensori e software per l’elaborazione dei dati in grado di compensare le minori funzionalità.

Mercato europeo intelligenza artificiale. Fonte Idc

L’intelligenza artificiale declinata per smart product, smart factory e smart value chain

Il Gruppo di Roadmapping di Afil, composto da stakeholders regionali che stanno lavorando alla redazione della Roadmap lombarda per l’Intelligenza Artificiale, ha proposto un framework per declinare in maniera strutturata le priorità in base a tre ambiti specifici: smart product, smart factory e smart value-chain. Il primo si riferisce alle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale di realizzare prodotti migliori e più performati, sia perché dotati loro stessi di sensori e della capacità di gestire dati, sia perché le nuove tecnologie possono offrire notevole supporto nel processo di progettazione dei prodotti, per esempio realizzando previsioni di mercato combinando dinamicamente diversi tipi di dati e informazioni, categorizzando e  profilando i clienti, oppure fornendo indicazioni sui loro bisogni in base alle modalità d’uso dei prodotti.

Il secondo riguarda la fabbrica dotata di sistemi cyber-fisici, che permettono alle macchine di comunicare e operare tra di loro e a stretto contatto con l’ambiente circostante, ponendo le basi per l’autoregolazione dei processi produttivi. Da questo punto di vista l’AI può intervenire con soluzioni diverse, dalla, dal monitoraggio e ottimizzazione dinamica dei processi, al controllo qualità, fine alla pianificazione e schedulazione della produzione. Il terzo, infine, concerne la catena del valore, e cioè l’insieme di attività che l’azienda svolge insieme ai propri partner per offrire i propri prodotti-servizi ai clienti. Qui l’AI può servire ad ottimizzare la gestione del magazzino, la tracciabilità dei materiali e i trasporti, con AGV e AMR, e cioè con veicoli e con robot mobili autonomi, oltre che a migliorare i portafogli di servizi offerti al cliente e coordinare al meglio le interazioni e i processi con partner lungo tutta la catena del valore

Uptake dell’intelligenza artificiale

Il quadro europeo: la spesa delle aziende per l’Ai è prevista in crescita

Giorgio Micheletti, consulting director european  government

Si accennava alla previsione di Idc per l’Europa, messa nero su bianco nello studio “Idc Worldwide Artificial Intelligence Spending Guide” dello scorso agosto. I settori maggiormente interessati sono la finanza, il manufacturing e il retail wholesale, che attualmente hanno una quota della spesa in Ai pari, rispettivamente, al 26,9%, 20,7% e 14,3%. «La stima di Idc – ha affermato Micheletti – considera diversi parametri; in generale, semplificando un po’, si può dire che ci sono due fattori che aiuteranno il Vecchio Continente a conseguire il risultato: la ricerca di prima categoria, soprattutto in Germania, nei Paesi Bassi e in Nord Europa; e un personale (nelle industrie) altamente qualificato e dotato, peraltro, di grande creatività». L’Unione Europea, inoltre, ha una propria strategia sull’AI, che ha trovato una propria rappresentazione nel Libro Bianco, che propone misure per razionalizzare la ricerca, promuovendo la collaborazione tra gli Stati e incrementando gli investimenti; nonché politiche per un futuro quadro normativo in grado di determinare i requisiti legali da adottare da parte di tutti gli attori, con particolare attenzione alle applicazioni  ad alto rischio (in termini di privacy).

Si sta facendo abbastanza, a livello continentale? «Forse si potrebbe fare di più – ha commentato Micheletti – ma bisogna tenere presente il quadro normativo in cui si muove la Commissione Europea: il suo compito, fino all’anno scorso, è stato quello di associare la ricerca pubblica e quella privata con lo strumento delle Ppp (public private partnerships) per consentire un approccio strategico a lungo termine e raccogliere massa critica. L’ente guidato da Ursula Von der Leyen, cioè, aiuta le tecnologie innovative ad arrivare più velocemente sul mercato; ma poi le aziende sono chiamate a gestire in autonomia la fase di industrializzazione ed introduzione delle tecnologie all’interno dei processi produttivi (la cosiddetta “valle della morte”; Ndr). In ogni caso, occorrerebbero più risorse, per l’AI». Peraltro, a fronte del previsto aumento della quota europea di adozione industriale dell’AI, va ricordato che quest’ultima, tra le tecnologie avanzate, non è quella con la maggior percentuale di uptake: è nella fascia tra il 10% e il 30%, contro l’oltre 60% della connettività, del cloud e della security e contro il segmento tra il 30% e il 60% di IoT, mobility e Big Data.

 

La situazione italiana

Alessandra Massaro, senior consultant di Idc Italia

Le aspettative per l’Italia sono, per Idc, in linea con quelle già viste per l’Europa. «Nel Belpaese infatti, sia dal punto di vista industriale che da quello della ricerca – ha commentato Micheletti –  ci sono realtà importanti, in grado di fare da traino per le altre. Il limite è quello dell’inefficienza dell’amministrazione statale». Ci si gioca parecchio, da questo punto di vista, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il programma di investimenti che l’Italia deve inoltrare alla Commissione Europea nell’ambito del Next Generation EU – strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19. Su 196 miliardi complessivi, è stata definita la “fetta” destinata al capitolo “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”: 26,7 miliardi. È la parte che presumibilmente “spetta” all’industria e al settore manifatturiero. «Se i soldi venissero ben utilizzati – ha continuato Micheletti – ci sarebbe la possibilità di fare un leapfrog nell’adozione dell’AI», e cioè un balzo considerevole, in grado di determinare un cambiamento importante del quadro nazionale.

È altrettanto vero che la situazione italiana non è omogenea, dal punto di vista territoriale. «Lombardia ed Emilia Romagna –  ha affermato la Massaro – sono fra le Regioni leader a livello continentale, grazie alla loro capacità di interpretare le richieste dell’Unione Europea e di tradurle in informazioni utili da trasmettere alle imprese». Il problema dimensionale, poi, esiste ed ha un peso: le aziende più piccole di rado hanno le risorse (sia umane che economiche) per accedere a tecnologie avanzate come l’AI. È anche vero, ricorda la Massaro, che i Digital Innovation Hub hanno appunto il compito di orientare le aziende verso un ecosistema avanzato: quello dei competence center nazionali ed europei, delle smart factory e dei demo center, delle fabbriche faro, delle università, dei parchi e dei cluster tecnologici, dei centri di ricerca pubblici e privati, degli incubatori e dei fablab.

 

I principali ostacoli all’adozione dell’intelligenza artificiale

Anzitutto, sia in Europa che in Italia, il quadro della ricerca sull’AI è ancora molto frammentato. Come si è visto la Commissione Europea ha indicato la strada dell’integrazione, del coordinamento, ma c’è ancora molto lavoro da fare. In secondo luogo, attualmente la domanda di personale competente da parte delle imprese non trova una adeguata risposta; occorre lavorare perché le università siano in grado di sopperirvi. Ancora, il quadro legislativo è ancora fortemente lacunoso, ad ogni livello: ma qui, come si è visto, si attendono progressi sul fronte comunitario. Queste carenze incidono su un altro problema: quello della mancata condivisione dei dati, e quindi della loro generale indisponibilità, pur a fronte dell’immensa mole di informazioni provenienti dallo shopfloor del fabric continentale, italiano e lombardo. Infine, c’è una mancanza in termini di social trust. La Presidenza di turno dell’Unione Europea, ha terminato la Massaro, quella Portoghese, presenterà la “Carta dei diritti digitali”, per sostenere i valori fondamentali della democrazia, della sostenibilità e del comportamento etico e instaurare un clima di fiducia verso tecnologie come l’intelligenza artificiale.

Ripubblicazione dell’articolo del 17/2/2021














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