2020, anno zero dell’industria italiana. Ora non si può che risalire

di Aldo Agosti ♦︎ In un anno perso l'11,4% della produzione industriale. Crollo senza precedenti del comparto dell'auto

C’era da aspettarselo, ma il dato fa comunque un certo effetto. L’industria italiana paga il prezzo più alto degli ultimi otto decenni. Il 2020 si chiude infatti con una diminuzione della produzione industriale rispetto all’anno precedente dell’11,4%, il secondo peggior risultato dall’inizio della serie storica (che parte dal 1990), dopo la caduta registrata nel 2009.

La flessione, spiega l’Istituto di statistica, è estesa a tutti i principali raggruppamenti di industrie e, nel caso dei beni di consumo, è la più ampia mai registrata. E non è l’unico dato sfornato dall’Istat a tratteggiare la pesantezza del 2020 economico. Ed è di oggi la stima di Prometeia e Intesa Sanpaolo secondo cui l‘industria manifatturiera italiana chiuderà il 2020 con un calo tendenziale del giro d’affari del 10,2%, pari a 132 miliardi di euro in meno rispetto al 2019.







Più nel dettaglio, l’indice destagionalizzato mensile mostra a dicembre 2020, indica inoltre l’Istat, un aumento congiunturale sostenuto per l’energia (+1,8%) e un più modesto incremento per i beni intermedi (+1,0%), mentre diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-0,8%) e, in misura più contenuta, i beni di consumo (-0,3%). Nel confronto annuo, si registra un incremento tendenziale solo per i beni intermedi (+4,1%), mentre i restanti comparti mostrano flessioni, con un calo pronunciato per i beni di consumo (-9,8%) e meno marcato per gli altri aggregati (-2,1% per i beni strumentali e -0,7% per l’energia).

I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi rispetto a dicembre 2019 sono la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+10,9%), la fabbricazione di prodotti chimici (+7,5%) e la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+6,8%). Viceversa, le flessioni maggiori si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-28,5%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,5%) e nella fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati (-10,9%).

In una seconda pubblicazione, la nota mensile sull’economia, l’Istat rimarca che “le prospettive per i prossimi mesi sono caratterizzate da un elevato livello di incertezza. A gennaio, l’indice di fiducia dei consumatori ha mostrato una sostanziale stabilità mentre le attese sulla disoccupazione hanno registrato un deciso peggioramento. Anche i giudizi sul clima personale e su quello futuro hanno segnalato un arretramento“.

Sul fronte del lavoro si rimarcano “decisi segnali negativi, con un calo congiunturale dell’occupazione e un aumento della disoccupazione e dell’inattività, interrompendo il processo di recupero dei mesi precedenti”. Considerando la media del quarto trimestre rispetto allo stesso periodo del 2019, è possibile, secondo l’Istat, cogliere una “prima indicazione complessiva dell’impatto della crisi sul lavoro: le forze di lavoro hanno segnato un calo di 596mila unità, con un contributo negativo sia degli occupati (-432mila unità) sia dei disoccupati (-164mila unità) che, in parte, si è tradotta in un aumento degli inattivi (+429mila unità)”.














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