Il calo demografico sta svuotando il mondo del lavoro: nel 2050 oltre 4 milioni di lavoratori in meno in Italia. L’analisi di Adapt

Sono gli effetti dell’andamento demografico sull'occupazione e preannunciano un aggravamento costante della crisi dell’offerta di lavoro

Adapt ha condotto un’analisi utolizzato i dati Istat per l’Italia e i dai Eurostat con l’obiettivo di delineare l’evoluzione del mercato del lavoro nei prossimi anni. Ne emerge che lo scenario occupazionale entro il 2050 subirà in modo consistente l’effetto dell’andamento demografico. Nello specifico, il rapporto evidenzia che se il tasso di occupazione restasse costante, già nel 2030 il numero di occupati in Italia subirebbe un calo del 3,2%, contro lo 0,6% in Europa.

Se si estende la proiezione sul 2040 e poi sul 2050, la situazione peggiora drasticamente, con l’andamento italiano sempre più critico rispetto alla media europea. Già nel 2040, fra meno di vent’anni, il calo di occupati in Italia arriverebbe al 13,8% e al 20,5% nel 2050. Tradotto in numeri assoluti, nel 2040 si stima ci saranno 3,1 milioni di lavoratori in meno e nel 2050 il calo arriverebbe a 4,6 milioni.







«Questo significa – spiega Francesco Seghezzi, presidente di Adapt – che fra meno di 6 anni avremo 730mila lavoratori in meno, anche se la percentuale di persone occupate rispetto alla popolazione occupabile restasse invariata. Quindi, per quanto positivo l’attuale trend occupazionale, le trasformazioni demografiche non possono lasciarci indifferenti, anche perché non potranno cambiare nel medio termine».

Secondo Jacopo Sala, ricercatore do Adapt, «la contrazione della forza lavoro occupabile, indotta dalla transizione demografica in corso, rappresenta un grande ostacolo per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Nei prossimi anni, settori cruciali per l’economia italiana, come l’industria, l’edilizia e i servizi, dovranno infatti fare i conti con una progressiva carenza di manodopera. Il rischio è quello di paralizzare interi settori produttivi, frenando la crescita economica complessiva. La diminuzione del numero di lavoratori attivi comporta anche una riduzione dei contributi destinati al sistema previdenziale italiano, che si basa sul patto intergenerazionale. Questa situazione potrebbe mettere in discussione la sostenibilità dell’intero sistema pensionistico».

Osservando la distribuzione per fasce d’età, si può vedere come la riduzione colpisca in modo trasversale tutta la popolazione lavoratrice e soprattutto si nota la rapidità del processo: nel 2030, nella fascia 35-49 anni i lavoratori saranno il 10,8% in meno, un calo di quasi un milione. Nel 2050, nella fascia 50-64 anni si prevede una riduzione della forza lavoro pari a oltre 2 milioni di unità, il 26,5%. E mentre cala la forza lavoro nelle fasce più adulte della popolazione, tra i 15 e i 34 anni i lavoratori aumenteranno del 0,9% nel 2030, per poi calare progressivamente, fino al 2040 quando ci saranno 451.716 lavoratori in meno e oltre un milione di lavoratori in meno nel 2050 (1.080.588).

Nella fascia tra i 15 e i 34 anni i lavoratori aumenteranno del 0,9% nel 2030, per poi calare progressivamente, fino al 2040 quando ci saranno 451.716 lavoratori in meno.

«Questo scenario estremamente realistico e inevitabile chiede di fare profonde riflessioni sui modelli organizzativi delle imprese (anche immaginando un ruolo significativo dei processi di digitalizzazione e dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale), sui sistemi di welfare e sulle politiche pubbliche da mettere in atto per arginare la crisi demografica e la conseguente crisi dell’offerta di lavoro verso la quale andiamo in contro molto rapidamente», conclude Seghezzi.














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