Industria 4.0 e PMI : come comporre il puzzle degli investimenti

La scelta 4.0

 di Luca Beltrametti (Università di Genova) e Corrado La Forgia (Bosch VHIT) ♦ Niente improvvisazione o cedimenti alle convenienze fiscali del Piano Calenda. Le scelte imprenditoriali e gli investimenti in tecnologie, per attuare la transizione alla fabbrica 4.0, devono essere fatte a ragion veduta e in termini di sistema. Attingendo anche alle nuove competenze formate da scuole e università

Che il piano messo a punto dal governo per il rilancio del nostro sistema produttivo vada nella giusta direzione è confermato anche dai primi dati disponibili: in particolare, UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE,  segnala che gli ordini nazionali di macchine utensili sono cresciuti del 22% e del 28,5%, rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre del 2017 rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente; l’Istat rileva che l’indice PMI manifatturiero ha raggiunto in agosto il massimo da oltre 6 anni. L’aumento degli investimenti in impianti e tecnologie abilitanti ha evidenti ricadute positive sull’economia ma un vero e proprio ciclo virtuoso può innestarsi solo se gli imprenditori matureranno una piena consapevolezza di quello che è realmente necessario e utile alla competitività e sostenibilità del proprio business.

Fare l’investimento adatto, non solo quello più conveniente

E’ fondamentale iniziare con una chiara visione del proprio futuro: successivamente, si può procedere a piccoli passi, introducendo gradualmente le nuove tecnologie, anche ricorrendo a sostanziosi “retrofitting” degli impianti esistenti, se il bilancio complessivo dell’operazione lo giustifica. Uno dei principali aspetti caratterizzanti la “Quarta Rivoluzione Industriale” rispetto al passato è la disponibilità diffusa di tecnologie abilitanti anche a costi assolutamente sostenibili. Si pensi, ad esempio, alla sensoristica che oggi rende possibile misurare molte grandezze chimico-fisiche con l’introduzione di micro sensori dal valore di pochi decimi di euro. Altre tecnologie, si pensi alle stampanti 3D e le tecniche di simulazione in realtà virtuale, hanno ovviamente costi più importanti.







Questa disponibilità di tecnologie deve ovviamente essere gestita: ogni imprenditore, nel comporre il proprio “puzzle” deve saper individuare quali tasselli scegliere; di qui la necessità di consapevolezza, evitando il rischio di fare investimenti solo perché c’è la spinta di sostanziose agevolazioni fiscali. Digital Innovation Hubs e Competence Centers hanno nella loro missione la creazione di una tale consapevolezza tra gli imprenditori ma la loro costituzione e messa in esercizio sta subendo pericolosi ritardi.

DIH in Italia

Industry 4.0 è anche e soprattutto per le PMI

L’enfasi su grandi e rivoluzionari investimenti che ascoltiamo in molti convegni risulta a nostro avviso dannosa: spesso i relatori raccontano di esperienze e/o processi difficilmente applicabili fin da subito nelle piccole e medie imprese italiane, oscurando la possibilità di un approccio graduale e sostenibile. Che fare quindi? Nell’immediato è necessario fare quello che gli imprenditori più illuminati fanno già da tempo: guardare, studiare e confrontarsi con chi è più avanti o ha già un’idea di come introdurre le tecnologie abilitanti nei propri processi produttivi.

L’evoluzione in corso non deve essere esclusivo appannaggio delle grandi imprese. Come abbiamo cercato di evidenziare nel nostro volume, i vantaggi della connessione e della digitalizzazione possono essere già visibili in piccoli progetti e possono esaltare ulteriormente i punti di forza delle piccole e medie imprese italiane. Bene fa sotto questo profilo il governo a valutare una seconda fase del piano Industria 4.0 nella quale agli incentivi fiscali a sostegno degli investimenti in tecnologia si affiancano incentivi a sostegno di azioni di formazione specifiche: davvero occorre uno straordinario sforzo di formazione nelle scuole ma anche nelle imprese in una logica di life-long learning.

 

Lef Pordenone
A scuola di impresa 4.0 :Lean Experience Factory a Pordenone
Un approccio integrato scuola impresa

Le aziende necessitano di nuove competenze e nuove figure professionali che le scuole faticano a produrre perché la velocità con cui la tecnologia evolve è difficilmente compatibile con il ricambio generazionale dei docenti e con le attuali risorse a disposizione delle scuole. Le scuole devono fornire una robusta cultura di base tenendo però anche il passo con quanto necessario alla luce delle nuove tecnologie. Serve pertanto un approccio diverso, anche integrato tra scuola e impresa, in cui i docenti e le figure chiave aziendali siano coinvolti, pur nel pieno rispetto dei rispettivi ruoli. Anche il mondo universitario, pur conservando ovviamente la sua funzione autonoma di ricerca e di formazione di base, dovrebbe avere un’alta attenzione al mondo delle imprese e ai temi collegati ai cambiamenti indotti dalla tecnologia.

Imparare a ragionare in termini di sistema

Il fatto che gli oggetti siano connessi tra di loro obbligherà sempre più a ragionare in termini di sistema piuttosto che di singola unità elementare; questo varrà anche per le catene del valore che incorporeranno sempre più clienti, produttori e fornitori. La necessità di dotare i lavoratori del futuro di capacità di gestione dei sistemi implica la necessità di riflessione e visione d’insieme: in questa prospettiva anche lo studio di materie umanistiche potrà avere un ruolo non trascurabile.

E’ facilmente intuibile che, nel breve termine, si dovranno intensificare e approfondire le conoscenze sulla generazione e l’interpretazione dei dati forniti dalle “cose connesse”: esploratori di dati ed analisti saranno le nuove figure professionali maggiormente richieste. Similmente, saranno molto ricercate le competenze associate allo sviluppo e alla gestione della realtà virtuale: ogni sistema avrà infatti il suo duale virtuale (“gemello digitale”) e sarà possibile simularne il comportamento reale allo scopo di anticipare e prevenire anomalie.

Emulazione e comunicazione tra le imprese

Alle singole imprese resterà da percorrere “l’ultimo miglio”, ossia la formazione finalizzata alle metodiche e alle specifiche tecnologie effettivamente utilizzate. È importante, infine, che si attivino forme di comunicazione nuove non solo tra scuole, università, enti di ricerca e imprese, ma anche tra imprese che mettano in comune tra loro le buone pratiche. L’emulazione è un processo importante: un esempio di successo spinge mille altri a tentare la stessa strada. Il ruolo delle associazioni datoriali e del sindacato è importante nel garantire che il cambiamento comporti un effettivo progresso anche nelle condizioni di lavoro.

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I concetti chiave di questo articolo sono svolti e approfonditi nel libro che vede il contributo dei due autori “La fabbrica connessa. Un percorso (attra)verso industria 4.0“, Guerrini, Milano 2017 (Beltrametti L., Guarnacci N., Intini N., La Forgia C.,). Il libro, muovendo da un’analisi del nuovo paradigma industriale, attraverso esempi concreti e testimonianze dirette, si inserisce nel ricco dibattito in corso su Industria 4.0 per contribuire alla definizione di uno scenario di medio termine che accompagni le imprese italiane nella transizione tecnologica, consentendo loro di affermare la competitività del Sistema Paese.

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