Il Ministro Fioramonti lancia il Patto per la ricerca

In 10 punti il responsabile del Miur richiama le grandi imprese italiane ad contribuire al superamento della bassa soglia dell’1,4% del Pil in investimenti per R&D. E chiede di utilizzare alemeno il 3% degli utili in progetti ad alto valore di innovazione. Obiettivo primario la nascita del’Agenzia nazionale per la ricerca e l’innovazione

Rafforzare la collaborazione tra università, istituzioni dell’Alta formazione, Enti pubblici di ricerca ed imprese per rilanciare l’economia italiana. È l’obiettivo del Patto per la ricerca lanciato ieri alla Camera dei Deputati dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, nel corso di un convegno, aperto dal Presidente della Camera, Roberto Fico. La strategia è articolata in dieci punti per incrementare gli investimenti nella ricerca.

Al Convegno sono intervenuti delegati del mondo della ricerca e dell’alta formazione, delle imprese partecipate, delle associazioni di categoria e delle confederazioni sindacali. Tra gli altri, i responsabili dell’innovazione di Eni ed Enel, Terna e Leonardo, i presidenti di Poste e Ferrovie dello Stato, il presidente della Conferenza dei rettori.







Verso l’Agenzia nazionale per la ricerca e l’innovazione

Il ministro punta alla costruzione di un’Agenzia nazionale per la ricerca e l’innovazione conformata al Research Council britannici e alle Agenzie per l’innovazione israeliane.

In una nota del Miur il ministro Fioramonti spiega “Abbiamo lanciato in questo documento una serie di idee che serviranno per aprire un dibattito nazionale – ha spiegato il Ministro Fioramonti  – sono dieci scommesse, sulle quali chiediamo al mondo delle imprese di ragionare. Inizieremo nelle prossime settimane a sottoscrivere il Patto con le confederazioni di grandi imprese e piccole e medie imprese che sono disposte a impegnarsi. Alla base di tutto c’è un dramma italiano. Ogni volta che un laureato lascia il nostro Paese, noi perdiamo una persona che abbiamo formato con le nostre risorse e che poi ci farà concorrenza sui mercati internazionali, è un assegno da 250mila euro che versiamo sul conto di un altro Paese. Non deve più accadere – ha aggiunto il Ministro –  In Italia, fra settore pubblico e privato, in ricerca e formazione si investe meno dell’1,4% del Pil del 2017. Dobbiamo puntare tanto sulla centralità della ricerca e dei ricercatori per dare un nuovo modello di sviluppo”.

Sostenibilità al centro

Tra i dieci impegni indicati nel Patto c’è quello dedicato agli investimenti in ricerca e sviluppo con l’appello alle grandi imprese italiane, in primis quelle partecipate dallo Stato, ad aumentare le risorse per arrivare ad almeno il 3% degli utili. Al centro del documento anche la sostenibilità, con la richiesta di dedicare almeno il 50% degli investimenti in ricerca e formazione sostenibile.

 

Il declino italiano dell’R&D

Dal 2007 le risorse in ricerca nel nostro Paese sono scese di oltre 20 punti percentuali: oggi fra settore pubblico e privato si investono 23,4 miliardi di euro sulla questione (dato 2017), meno dell’1,4 per cento del Pil.L’Italia ha poco più di 5 ricercatori (laureati o dottorati) ogni mille occupati, contro i 10 di Giappone e Stati Uniti e i 15 della Corea.














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