Hbk, l’alfiere dei sistemi di misurazione virtuali

di Felice Meoli ♦︎ Nata dalla fusione tra la tedesca Hbm e la danese Brüel & Kjær, l’azienda vuole integrare il mondo dei test fisici con quelli digitali. La branch italiana fattura 14 milioni e ha circa 1.000 clienti attivi. Tra questi spicca Alfa Romeo: la partnership ha portato alla nascita della nuova Giulia. L’impiego del simulatore friulano Vi-grade e l’intenzione di estendere il raggio d’azione anche oltre automotive e aerospace

Creare un’auto a partire dal simulatore di guida: anche questo è oggi il mondo dei sistemi di misurazione, in cui il virtuale sta prendendo sempre più piede, anticipando i test fisici. Alfiere di questa rivoluzione è Hbk, società appena nata dalla fusione di due distinte realtà, che punta a innovare mettendo insieme la catena di misura meccanica tradizionale, i sistemi di misurazione del suono e delle vibrazioni, e software tecnologici e servizi di ingegneria per determinare le prestazioni di componenti e strutture. Una nuova frontiera verso la quale hanno spinto in primis gli utilizzatori finali, i clienti, che ne intravedevano le potenzialità attraverso l’utilizzo dei sistemi.

Dallo scorso primo luglio hanno preso il via le attività di Hbk Italy, a seguito del processo di fusione mondiale tra la società tedesca Hbm (Hottinger Baldwin Messtechnik) e la danese Brüel & Kjær Sound & Vibration Measurement, entrambe già all’interno del gruppo Spectris, specializzato in strumentazione di precisione e controlli elettronici: un gruppo da 1,8 miliardi di euro di fatturato nel 2019, quasi 300 milioni di utile e 7.500 dipendenti in giro per il mondo. Fondata nel 1950, Hbm è attiva nel campo della produzione di strumenti per test e misurazioni, coprendo l’intera catena di misura: sensori, trasduttori, estensimetri, amplificatori, sistemi di acquisizione dati e software per indagini di durevolezza strutturale, prove e analisi.







Brüel & Kjær è nata invece nel 1942, ed è specializzata nella misura e nella gestione della qualità del suono e delle vibrazioni, sensori e trasduttori, sistemi di test e taratura: dal primo accelerometro di carica al mondo del 1943, ad analizzatori avanzati per sistemi satellitari in tempi più recenti. «Abbiamo preso la decisione di unire le forze e creare Hbk nel 2018, perché andando in giro dai nostri clienti abbiamo rilevato che loro usavano sia prodotti Hbm, sia Brüel & Kjær. I nostri stessi clienti vedevano le potenzialità per unire i prodotti e creare sistemi di test molto più inclusivi e utili», ha dichiarato il presidente di Hbk Joe Vorih.

I principali settori di riferimento di Hbk sono: trasporti, con collaborazioni con Fiat, Alfa Romeo, Ferrari, Brembo e diversi costruttori di componenti per il settore auto; macchine agricole; settore ferroviario; costruzioni; e tutto il mondo denominato aerospace and defense, lavorando con i maggiori centri di sviluppo italiani

Da Ferrari ad Alfa Romeo: le collaborazioni con il mondo automotive

Gianluca Marengo, sales manager di Hbk Italy

Una delle sfide a cui intende rispondere Hbk è l’integrazione tra il mondo dei test fisici e quello dei test virtuali. Un esempio è l’esperienza di partnership con Alfa Romeo, che ha permesso la nascita del nuovo modello Giulia in 27 mesi. Una vettura nata con un simulatore di guida, per la quale i pezzi fisici sono stati costruiti e modificati solo dopo l’utilizzo del test virtuale, che ha permesso di verificare le risposte della vettura prima che questa andasse effettivamente in strada. «Il mondo fisico esiste ancora e continua a essere importante – ha aggiunto Vorih -, ma se possiamo accorciare il processo e diminuire il numero di prototipi, realizziamo un vantaggio importantissimo». Il simulatore è di Vi-grade, società friulana platform all’interno del gruppo Spectris e partner delle strategie di Hbk. Se infatti Hbm e Brüel & Kjær erano in passato focalizzate principalmente su sensori, col tempo hanno spostato la propria attenzione sull’analisi dati, affiancando il mondo della simulazione a quello del testing. Al momento i simulatori supportano automotive e aerospace, ma in futuro potrebbero anche allargare il proprio raggio di azione. La differenza la fa l’essere umano. «In questi due settori c’è un’unificazione tra l’apporto di un autista o di un pilota, e quello della tecnologia. L’interfaccia uomo-macchina è una parte importante», ha detto Vorih.

Nel nostro Paese Hbk Italia conta 28 dipendenti, circa 1.000 clienti attivi all’anno e 14 milioni di fatturato al 2019. E i principali settori di riferimento sono: trasporti, con collaborazioni con Fiat, Alfa Romeo, Ferrari, Brembo e diversi costruttori di componenti per il settore auto; macchine agricole; settore ferroviario; costruzioni; e tutto il mondo denominato aerospace and defense, lavorando con i maggiori centri di sviluppo italiani. Infine, la collaborazione con i centri di ricerca dell’università, il Politecnico di Torino tra queste per lo sviluppo di sistemi di misurazione su macchine elettriche. Ma gli strumenti di misurazione sono cosi presenti nel quotidiano che spesso passano inosservati. Pensiamo alle bilance per la pesatura degli alimenti nei supermercati, macchinari per il dosaggio di liquidi, macchine imbottigliatrici. E anche il monitoraggio civile, che riveste sempre più importanza alla luce dei disastri infrastrutturali degli ultimi anni.

Il sistema di acquisizione dati (Daq) Quantum X

Il vantaggio di avere insieme soluzioni apparentemente diverse come quelle di Hbm e Brüel & Kjær è illustrato da Gianluca Marengo, sales manager di Hbk Italy. «Casi tipici sono quelli in cui si debbano applicare sensori su parti o strutture come la fusoliera o le pale di un elicottero. Oppure pensiamo a un’infrastruttura civile: un ponte, un viadotto, una galleria. Queste strutture hanno la necessità di misurare quali sono le tensioni, le forze, le vibrazioni che agiscono sui loro componenti, per individuare i limiti entro cui ci si può spingere, così come qual è il comportamento delle strutture quando sono sottoposte a cicli di fatica, sapendo che quello che danneggia le infrastrutture e i componenti non è tanto il carico o lo stato tensionale puntuale, ma quello ripetuto, quindi la fatica». La soluzione per queste applicazioni è di applicare una serie di sensori come accelerometri, estensimetri, misuratori deformazione, misuratori di forza, collegarli ad apparecchiature che acquisiscono i dati, e che poi li trasferiscono a un software che si occupa dell’analisi. «Questo è il nostro mestiere: provvedere a fornire la sensoristica o andarla a installare per conto del cliente, e fornire la strumentazione software per fare questo tipo di prove». Un tipo diverso di applicazione riguarda l’elettrificazione industriale. I sistemi sviluppati dal gruppo permettono di acquisire contemporaneamente grandezze elettriche, meccaniche e acustiche, e quindi far convogliare tutti questi sensori in una macchina, un sistema di acquisizione che è ad altissima frequenza e misura questi segnali, li elabora e fornisce puntualmente i valori agli utilizzatori. «Questo è un settore in grande fermento in questi ultimi anni, proprio grazie all’elettrificazione», ha aggiunto Marengo, e interessa il comparto automobilistico, dei veicoli terrestri e aerospaziale, nonché i settori manifatturiero, produttivo ed energetico.

 

Formazione e supply chain ai tempi del Covid

Il presidente di Hbk Joe Vorih

Una pratica che le due società hanno portato avanti negli ultimi decenni in tutto il mondo è stata la formazione, tenendo ogni anno dei corsi presso i propri clienti, non sui prodotti bensì sulle tecnologie. «Siamo convinti che la conoscenza sia un vantaggio competitivo», ha detto Marengo. Quest’anno, principalmente causa Covid-19, i corsi locali sono stati sostituiti da un’unica grande conferenza globale, naturalmente virtuale, la Hbk Product Physics Conference, che tra il 13 e il 15 ottobre vedrà riunita la comunità degli esperti di test e misurazioni, comprese la Nasa, l’Università Sorbona, l’Università tecnica di Darmstadt e la Boise State University. Ma, nonostante l’emergenza pandemica, è anche il segno dei cambiamenti nei trend globali, prendendo vantaggio dalla digitalizzazione ma allo stesso tempo riconoscendo il valore aggiunto della prossimità fisica, per le tensioni commerciali e le pressioni sulle supply chain globali. «Viviamo tempi interessantissimi – ha detto Vorih – Le ditte locali saranno sempre più importanti. Dieci anni fa andavamo tutti in Cina, adesso bisogna ripensare questo processo e avere una base di fabbricazione più bilanciata, per aree globali».  Non solo. Data la complessità di prodotti ad alta tecnologia, accorciare le catene di forniture e avvicinarsi agli utenti finali potrebbe essere un ulteriore vantaggio competitivo, in un certo senso una scelta che Hbm e Bruel & Kjær hanno già fatto in passato, decidendo di non avvalersi di agenti e distributori e puntando su personale specializzato. «L’aumento della complessità dei prodotti ci ha fatto decidere di commercializzarli direttamente, perché il cliente non compra solo il prodotto, ma la soluzione al proprio problema, e far funzionare questi prodotti richiede un certo impegno e una certa conoscenza – ha chiosato Marengo – Il service negli ultimi anni è cresciuto enormemente, è un servizio che ci viene chiesto continuamente».














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