Haier (elettrodomestici) lancia la sua campagna d’Europa, tra nuovi stabilimenti e un pizzico di filosofia zen

di Marco de' Francesco ♦︎ Il colosso industriale cinese, che ha rilevato il controllo di Candy, ha investito 85 milioni per uno stabilimento in Turchia e ha già messo sul piatto altri 40 milioni per un sito produttivo in Romania. L'azienda continua a crescere e insidia i colossi del Bianco con una strategia fondata su cinque pilastri, tra cui l'approccio Rendanheyi e l'uso dell'IoT. Parla Emiliano Garofalo, country manager Italy in Haier Europe

Lo stabilimento Haier in Turchia

«L’obiettivo di crescita per l’Europa è quello di passare dal quinto al terzo posto in quattro anni come quota di mercato (attualmente pari al 7,2%). D’altra parte nel Vecchio Continente cresciamo più di tutti, con una media dell’8% annuo. Anche per l’Italia, nello stesso periodo, è previsto un balzo considerevole: da 400 ai 500 milioni di fatturato, con consolidamento della seconda posizione». Parola di Emiliano Garofalo, country manager Italy in Haier Europe, parte di Haier, multinazionale cinese che – quotata alla Borsa di Shanghai, Francoforte e Hong Kong – guida a livello globale il settore del Bianco con 27 miliardi di euro di fatturato, 100mila dipendenti e brand come Candy (ex gioiello tricolore della famiglia Fumagalli) e Hoover. La sede di Haier Europe è a Brugherio (Monza e Brianza), lì dove Candy aveva gli headquarter. Brugherio è attualmente la più importante sede produttiva della multinazionale nel Vecchio Continente, «tanto che è oggetto di investimenti per più di 10 milioni che riguardano la qualità, il potenziamento delle infrastrutture e il miglioramento continuo dei processi, per garantire la massima flessibilità nel gestire la volatilità e i rapidi mutamenti del mercato».

La partita che si gioca è molto rilevante: il mercato globale della Smart Home vale 68 miliardi di euro, ma secondo diverse stime ne varrà più di 100 nel 2023. La quota attuale del Vecchio Continente è di 28 miliardi, ma a crescere di più sono la Cina e gli Stati Uniti, costantemente “a doppia cifra”.  In Europa la concorrenza è serrata: Haier affronta competitor come Whirlpool, Lg Electronics, Robert Bosch, Electrolux, Arçelik. Ma la pandemia ha generato un rinnovato interesse per la casa e prodotto un consistente rimbalzo dell’edilizia (si stima che il volume delle costruzioni nel continente aumenterà del 3,9% nel 2021, rispetto all’anno precedente) e tutto ciò porterà, secondo Mordor Intelligence, ad un incremento del mercato europeo almeno fino al 2026, con una crescita media dell’1,5% all’anno.







Emiliano Garofalo, country manager Italy in Haier Europe

Ma come pensa Haier Europe di conseguire questi importanti obiettivi? Con una strategia molto articolata, che contempla cinque pillar, di valenza globale ma “adattati” alla situazione europea. Il primo è la Zero Distance To Consumer, approccio che tende ad azzerare la distanza tra l’azienda e l’utente. Riguarda la shopping experience, con la realizzazione di aree espositive fisiche e virtuali, che consentono al cliente valutazioni approfondite sul bene e sul suo inserimento abitativo; ma anche l’intera vita dell’elettrodomestico interconnesso, con i servizi e la manutenzione. Il secondo è il modello organizzativo Rendanheyi: in pratica Haier è stata suddivisa in circa 4mila gruppi di lavoro autonomi, che agiscono come entità responsabilizzate in grado di sviluppare progetti e che hanno come obiettivo il conferimento di un maggiore valore all’utente e la risoluzione dei suoi eventuali problemi legati al prodotto.

Il terzo è l’IoT: grazie all’internet delle cose, il consumatore può relazionarsi con il prodotto, e ciò è un vantaggio per Haier, che punta alla fidelizzazione; e poi, come vedremo, l’IoT abilita nuovi business model nel Bianco, come il pay-per-use e la subscription, che danno vita a flussi costanti e prevedibili di ricavi. Il quarto è la ricerca: in Italia è concentrata quella sull’IoT e sul design; in Cina si realizza quella sulla parte meccanica.  Il quinto riguarda la complementarietà dell’offerta, e la gestione globalizzata degli ordini. Candy, Hoocer e Haier, i tre brand, si riferiscono a segmenti diversi del mercato; e si ottiene così una gamma più ampia. L’approvvigionamento, invece, è centralizzato a livello globale, e ciò ha evitato ad Haier Europe di scontare il problema dello shortage delle materie prime. Per rafforzare la produzione in Europa, Haier ha realizzato un importante investimento in Turchia, con due nuove fabbriche di lavatrici e lavastoviglie. Di tutto questo abbiamo parlato con Garofalo.

 

Il primo pillar: zero distance to consumer

La sede di Haier Europa

«Ridurre, fino ad azzerare, la distanza con in consumatore. I clienti devono disporre di prodotti che seguano i ritmi della casa moderna e che li aiutino a fronteggiare le esigenze della quotidianità. Ma in che contesto possono svolgere valutazioni sul bene? Fondamentale è l’esperienza di acquisto, la cosiddetta shopping experience» – ha affermato Garofalo. Pertanto Haier investe in aree espositive, anche virtuali. Ad esempio, sul sito web di Haier è possibile visitare la “casa del futuro”: per ogni stanza (cucina, soggiorno, bagno) ci si può immergere in modo interattivo in ambienti dove sono inseriti prodotti premium, interconnessi e curati nel design. Si può, cioè, valutare il bene nel suo contesto, e trarre le proprie valutazioni sull’opportunità di acquisirlo. Anche in occasione di fiere, Haier punta a realizzare esperienze immersive ed emozionali nei propri spazi.

Sotto questo profilo, «il design è una carta importantissima» – ha affermato Garofalo, secondo il quale «il prodotto deve saper creare un’attesa da parte del consumatore. Questi deve percepire, sin dall’inizio, che non bene non è soltanto “bello”, ma è anche un concentrato di tecnologie innovative». Distanza zero, però, significa anche altro. Una volta che il bene è stato acquisito dal consumatore, il rapporto con l’azienda non si estingue ma si rafforza. Gli elettrodomestici sono interconnessi e, come vedremo, possono essere tutti gestiti dal cliente.  Inoltre, grazie al flusso di dati provenienti dalla macchina, si realizza la manutenzione predittiva. Quanto all’ordinaria, ricambi e accessori possono essere facilmente è sarà pronto a rispondere ad ogni esigenza entro due giorni dalla richiesta di intervento. Il modello “Zero distance to customer” è stato oggetto di uno studio di Harvard (di Dennis Campbell, Marshall Meyer, Shelley Xin Li).

Il secondo pillar: il modello organizzativo Rendanheyi

Lo stabilimento Haier di Brugherio

Il modello organizzativo Rendanheyi è stato sviluppato nel 1984 e implementato dal Ceo mondiale di Haier Zhang Ruimin, ed è unico nel suo genere: nessun’altra azienda opera in questo modo, su questa scala. Secondo diversi studiosi, è l’essenza del vantaggio competitivo sostenuto da Haier, quello che ha consentito alla società cinese di superare a livello globale giganti come Whirlpool e Lg. Si parte da un principio: esiste una rete di relazioni tra dipendenti dell’azienda e gli utenti. “Ren” si riferisce a ciascuno fra i primi. “Dan” alle esigenze di ognuno fra i secondi; e “HeYi” alla connessione che esiste tra ogni dipendente e le necessità dell’utente.

Si è trattato poc’anzi di distanza zero con il consumatore. Ecco, tutti i dipendenti devono essere in grado di rapportarsi con l’utente, di fornire valore a questi e di tenerlo sempre in prima linea. Per Haier «senza utenti non ci sono dipendenti». Un’altra componente fondamentale del modello è: “Ognuno è un imprenditore”. Tutti i dipendenti sono stati “rafforzati” quanto a libertà d’azione e potere decisionale. Il decision-making power è stato democratizzato, passando da una struttura piramidale tradizionale ad una piatta.

Nella pratica, ecco la sintesi di questi principi nella realtà dei fatti: l’azienda è stata suddivisa in circa 4mila gruppi di lavoro autonomi, che agiscono come entità responsabilizzate in grado di sviluppare progetti e che hanno come obiettivo il conferimento di un maggiore valore all’utente e la risoluzione dei suoi eventuali problemi legati al prodotto.

«Non è mera teoria: in Haier funziona proprio così. Un gruppo di lavoro, ad esempio, si occupa di realizzare frigoriferi con un carattere distintivo, diverso dal classico prodotto a due porte; disegna un modello con cinque porte, più alto e sottile, comunque facilmente riconoscibile.  Così, con idee che partono dal basso, la società ha preso il largo».  Ci sono gruppi di lavoro che si occupano di marketing, di analisi di mercato e di tanto altro. In azienda il modello viene anche definito “Haier Attitude”; anch’esso è oggetto di molteplici studi universitari.

 

Il terzo pillar: l’IoT

Grazie all’IoT, l’utente può relazionarsi con gli elettrodomestici

Lo stabilimento di Haier in Turchia

È anzitutto l’IoT la tecnologia che ha impattato maggiormente il mondo del Bianco. L’internet delle cose è un sistema di dispositivi fisici che ricevono e trasferiscono i dati su reti wireless. La funzione è quella dello scambio informativo, ai fini dell’interpretazione dei dati provenienti dagli oggetti. Nel caso di Haier, ad esempio, grazie all’IoT si può sapere se una lavatrice sta lavorando bene o se c’è bisogno di attivare l’assistenza. Haier dispone di una piattaforma IoT Cloud-based, CosmoPlat, di recente integrata e potenziata con AI e 5G: è in grado di dialogare anche con elettrodomestici di terze parti. Quanto all’AI, è costituita da software che sono in grado di percepire l’ambiente che li circonda, e formulare decisioni basate sull’evidenza dei dati per raggiungere un obiettivo prefissato. Fanno delle scelte che potrebbero essere assimilate a quelle degli umani. Ma che c’entra con lo Smart Home? C’entra: è questo l’ingrediente che consente di suggerire ai consumatori specifiche attività relative all’utilizzo degli elettrodomestici. Infatti, sulla scorta dell’IoT e dell’AI, Haier ha sviluppato l’app hOn, un assistente virtuale in grado di guidare gli utenti al migliore utilizzo dei loro elettrodomestici connessi. Ma come funziona?

Ad esempio, si può scattare al “bucato” un’immagine digitale e mandarla all’App, che è a sua volta collegata alla piattaforma IoT. Il sistema mi suggerisce il miglior tipo di lavaggio, con informazioni relative alla temperatura, alla tempistica e ai detergenti. Si può fare la stessa cosa con i vini, fotografando l’etichetta: l’immagine viene inserita in una “cantinetta virtuale”, e l’app restituisce indicazioni di rilievo sulle caratteristiche e le proprietà di quella bevanda in particolare. L’utente può peraltro inserire la propria esperienza nella storyline, a beneficio di altri consumer. Peraltro, l’App hOn è un’evoluzione di un’altra applicazione: Candy simply-Fi. È stata sviluppata dall’azienda italiana, diventata tre anni fa un brand della divisione Haier Smart Home. L’applicazione di Candy funziona tuttavia solo per gli elettrodomestici di questa marca; hOn, invece, è molto più flessibile, perché non si basa su una piattaforma IoT proprietaria, ma su un sistema aperto e disaggregato, che consente il collegamento con strumenti di aziende diverse.

 

L’IoT abilita nuovi business model nel Bianco

Fino a pochi anni fa (e ancora oggi in molti casi), i prodotti del Bianco erano venduti come oggetti a sé stanti; ora, invece, grazie a dispositivi IoT integrati, c’è la possibilità di renderli interconnessi, e cioè di consentire loro di ricevere e trasmettere informazioni. Significa che i beni possono eseguire compiti, cambiare le proprie impostazioni, relazionarsi con l’ecosistema. L’azienda produttrice può collegare al prodotto fisico un insieme di servizi che prima non erano immaginabili (ad esempio la citata manutenzione predittiva); gli utenti finali, d’altra parte, sono sempre meno interessati alla proprietà esclusiva del bene, preferendo soluzioni di servizio che consentano loro di vivere una customer experience appagante.

Di qui, nuovi modelli di business come il pay-per-use e la subscription: sono entrambi figli della servitizzazione,  e contemplano ambedue l’abbandono del paradigma di “ownership”:  in genere, il primo  non prevede un canone fisso mensile o annuale; si paga quello che si usa; mentre l’abbonamento ha livelli di prezzo stabiliti. Per l’azienda produttrice, questi modelli comportano alcuni vantaggi. Ad esempio si dà vita ad una struttura di ricavi e flussi assai più costante e più prevedibile. In secondo luogo, si crea una loyalty passiva in grado di incidere sulle scelte future del consumatore, che resta in contatto con l’azienda grazie all’interconnessione degli elettrodomestici. In terzo luogo, si acquista una maggiore fetta di mercato, relativamente a coloro che non possono permettersi l’acquisto del bene. Ancora, sui nuovi modelli se ne possono innestare altri, come il riciclo o il riuso, ampliando la vita utile (e produttiva di reddito) del prodotto.

Per Garofalo «questi modelli alternativi alla vendita saranno adottati anche per il Bianco, visto che i consumatori li utilizzano già in altri campi. E chi è partito per primo è avvantaggiato». E l’azienda avanguardista è Haier. Infatti Candy ha lanciato WashPass. È il primo caso importante al mondo di servitization di beni di consumo di massa: un precedente che sta facendo la storia. In Gran Bretagna Candy propone il servizio di lavaggio con canone mensile a partire da sette sterline, comprensivo di cartucce di detersivo dosato con l’intelligenza artificiale (e quindi risparmiando) e di manutenzione. Al termine del periodo di affitto, la lavatrice ritorna da Candy che la può rigenerare e riutilizzare, totalmente o nei suoi componenti, con grande beneficio per l’ambiente. Dopo tre anni il consumer può decidere se continuare ad utilizzare quella lavatrice o se prenderne una nuova, sempre con lo stesso sistema di pagamento. Le lavatrici “in affitto” sono connesse e sensorizzate. Secondo Garofalo l’azienda «sta attualmente valutando i risultati del progetto pilota al fine di partire a breve con il programma in altri mercati europei, compresa l’Italia».

 

Il quarto pillar: la ricerca

Tutti gli stabilimenti sono dotati di centri di ricerca e sviluppo, che collaborano tra di loro a livello globale. A Brugherio opera il team che si occupa di IoT; ma non solo: anche il centro per i design è in Italia. In Cina, invece, si realizzano tutti gli avanzamenti per la parte meccanica.

 

Il quinto pillar: la complementarietà dell’offerta e la gestione globalizzata degli ordini

Lavatrici nello stabilimento Haier di Brugherio

«È un grande punto di forza per Haier la capacità di soddisfare le esigenze di tutti». Il riferimento di Garofalo è alla complementarietà dell’offerta. «In questo contesto, il brand Candy deve soddisfare le necessità di chi cerca il miglio rapporto tra qualità e prezzo; Hoover, invece, si riferisce alla fascia mediana del mercato; Haier, infine, a quella “premium”».

A proposito di Candy, la vicenda del passaggio di proprietà è stata raccontata al tempo dei fatti da Industria Italiana in questo articolo. Rispetto a quell’analisi a caldo, ci concediamo una riflessione più elaborata. È vero che l’acquisto cinese di Candy è stato l’atto con il quale il Bianco italiano ha ammainato per sempre il tricolore. La fine della grande epopea di uno dei comparti vitali per il Boom economico – si pensi a Zanussi, Rex, Ignis, Indesit. È anche vero, però, che se l’Italia ha perduto le proprie industrie nel settore ciò è stato dovuto all’incapacità della classe imprenditoriale italiana di pensare in grande, e di investire sulla qualità e sull’innovazione. Alla fine, il passaggio ad Haier non è stato una disgrazia; anzi, ha portato investimenti in tecnologia e ha rivitalizzato il marchio. Ci sono state nuove assunzioni, e il gruppo brianzolo è diventato la base del leader mondiale degli elettrodomestici per tutto il mercato europeo. Addirittura, i cinesi di Haier hanno rilocalizzato in Italia produzioni che i vecchi proprietari italiani avevano delocalizzato in Cina.

Comunque sia, i prodotti dei tre brand devono essere appositamente differenziati, per funzioni, design e implementazione di tecnologie. «Il vantaggio strategico, oltre che nel portafoglio marche, è insito anche in un offerta di prodotto molto ampia e profonda e nella forza di investimento della nostra azienda nell’accelerazione produttiva anche in situazioni particolari: ad esempio, con il Covid-19 con la ricerca da parte del cliente di plus sull’igiene abbiamo avuto la possibilità di ottenere ottimi risultati di vendita sia di prodotti per la pulizia della casa che sfruttavano la tecnologia del vapore sia con gamme di lavatrici che avevano programmi specifici per igiene dei capi».

Quanto alla gestione degli ordini, «l’approvvigionamento avviene a livello mondiale, con una centrale acquisti globalizzata: peraltro, l’azienda ha i mezzi per anticipare in modo predittivo il trend dei consumi e quindi la domanda, e questo anche grazie ai prodotti e agli utenti connessi. Chi ci dice cosa andrà forte sul mercato e in quale misura? L’utente, in realtà». Secondo Garofalo, è uno dei motivi per cui Haier non ha risentito, almeno finora dello shortage delle materie prime (per il Bianco: acciaio, alluminio, vetro e plastica) che sta riguardando non solo l’Europa, ma anche la Cina e gli Usa.

 

I nuovi stabilimenti: 85 milioni di euro in Turchia

Pochi giorni fa Haier ha annunciato l’apertura della fabbrica per la produzione di lavatrici a Eskişehir, in Turchia, con una cerimonia a cui ha partecipato il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Con un investimento di 40 milioni di euro, l’azienda espande la propria piattaforma per le asciugatrici e ha in programma di aumentare la capacità produttiva con un ulteriore investimento di 45 milioni di euro nella fabbrica di lavastoviglie che sarà operativa sempre sul sito nel 2022. Proprio nell’anno in corso, con un investimento di 70 milioni euro, Haier ha poi realizzato il suo primo stabilimento in Unione Europea per la produzione di frigoriferi: si estende su una superficie di 63mila metri quadrati (all’interno di un complesso di 130mila metri quadrati) situato nei pressi di Ploiești, in Romania.














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