Fiat e l’automotive italiana: un epilogo infelice?

La palazzina del Lingotto

di Filippo Astone ♦︎ Non investire sull’elettrico e altri importanti settori ha causato un danno enorme a Fca e alla filiera automobilistica del nostro Paese. La fusione con Renault sarebbe stato l’ultimo atto di un progressivo disimpegno dell’Exor degli Agnelli-Elkann dalla produzione di quattro ruote? 

(Ripubblicazione dell’articolo uscito per la prima volta il 29/05/2019)

Pochi giorni fa, abbiamo pubblicato su Industria Italiana un’inchiesta firmata dal nostro Marco de’ Francesco (che potete leggere qui) in cui si riportavano le posizioni Fiom su 180 mila posti di lavoro nell’automotive (due su tre) potenzialmente a rischio. I numeri sembravano eccessivi, scrivevamo noi, ma vi erano fondate ragioni per temere un forte ridimensionamento del settore auto: mancati investimenti nell’elettrico e nella guida autonoma (anzi, no investimenti tout court, perché negli ultimi 15 anni non è mai stato fatto un aumento di capitale), calo delle quote di mercato, scarsa aggressività commerciale. Dopo l’annuncio della “fusione” FcaRenault possiamo dire che avevamo torto perché peccavamo di prudenza: le stime Fiom, purtroppo, sono abbastanza fondate.

Il Lingotto di Torino

Le dichiarazioni rassicuranti (niente chiusura di stabilimenti, niente riduzione dei posti di lavoro) dopo l’annuncio delle fusioni sono rituali e prive di ogni significato reale e di qualsiasi credibilità. Quando c’è un’operazione del genere, si diffondono sempre comunicati simili. Ma sul medio lungo termine l’impatto occupazionale negativo ci sarà eccome e sarà tutto a danno degli italiani. Fca è interessante per i francesi perché porta in dote il ricco mercato americano, nel quale la Renault di Thierry Bolloré è sostanzialmente assente. Le sovrapposizioni sono soprattutto in Europa, e quando si fa un merger (il valore economico sta soprattutto lì) si tagliano sempre le ridondanze e i costi inutili. E siccome i francesi saranno al timone (perché hanno le tecnologie importanti e decisive a cominciare dall’elettrico, perché sono disponibili a investire, perché il maggior azionista di Renault è proprio lo Stato francese) è evidente che i tagli si faranno in Italia. Il ridimensionamento della filiera automobilistica avrà effetti negativi anche per altri comparti che, seppure internazionalizzati, comunque erano ancora legati in parte a Fca: componentisti, produttori di elettronica, acciaieri….







Thierry Bolloré, amministratore delegato del Gruppo Renault

La fusione Fca-Renault è l’ultimo atto della Fiat: dopo cala il sipario. Per l’industria e l’economia italiana si tratta davvero di un brutto colpo.

Tutto ciò era evidente da tempo. Ma come sempre avviene quando una morte è annunciata, le persone se ne rendono conto solo all’ultimo momento, perché è troppo doloroso ammetterlo prima. I successori dell’Avvocato avevano da anni deciso di separare i loro destini da quelli della Fiat, ma in modo soft e progressivo, e comunque incassando dividendi. Lo straordinario talento manageriale di Marchionne fu il perno di questa svolta e riuscì nel miracolo di far sopravvivere l’azienda per qualche anno senza far sborsare nemmeno un euro agli Agnelli. I suoi successori, più ordinari (e comunque del tutto privi di mezzi economici per sostenere la competizione internazionale) non potevano ancora garantire questo delicato equilibrio. Amen.

John Elkann, presidente di Fiat Chrysler Automobiles e di Exor













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