Visentin (Federmeccanica) senza peli sulla lingua su crisi della meccanica, che cosa dovrebbe fare il Governo Meloni per reagire e…

di Marco de' Francesco ♦︎ Intervista a 360 gradi col capo degli industriali metalmeccanici. Produzione - 0,5% ultimi tre mesi e attesa peggioramento. Patto Made In Italy e Invented in Italy per la Produttività. Cdp e Fondo Cometa: dovrebbero entrare nel capitale di imprese in difficoltà ma con business plan credibile. La decontribuzione? Non solo sul lavoratore, anche alle aziende. E sul salario minimo….

Federico Visentin, Presidente Federmeccanica

«Cassa Depositi e Prestiti potrebbe assumere un ruolo strategico nel capitale di aziende di filiere metalmeccaniche in difficoltà. E lo Stato dovrebbe restituire alle imprese di settore – ad esempio con crediti di imposta – gli extragettiti dovuti al rialzo dell’inflazione: l’entità di queste risorse si misura con semplicità, sempre che l’esecutivo non le abbia destinate alla copertura di altri “buchi”. Quanto al cuneo fiscale, bene la decontribuzione nella parte dei lavoratori: attendiamo quella nella parte delle aziende». Lo afferma il presidente di Federmeccanica Federico Visentin, intervistato a latere di Mech in Italy, la due giorni dell’Assemblea Generale dell’associazione che rappresenta le imprese metalmeccaniche italiane nelle relazioni industriali. Il settore, con circa 100 miliardi di valore della produzione, rappresenta l’8% del Pil e contribuisce al 50% dell’export del Belpaese. Occupa più di un milione di persone. La richiesta di misure finanziarie straordinarie è funzionale a “parare il colpo” delle crescenti difficoltà che il settore sta incontrando, e che sono destinate ad intensificarsi nei prossimi mesi. La 167ma Analisi Congiunturale, appena pubblicata, non lascia margini a prospettive ottimistiche: la produzione di comparto è in calo sui tre mesi precedenti (- 0,5%) e nella variazione tendenziale (- 2%). L’occupazione non cresce più; e si assiste a (lievi, per ora) contrazioni del portafoglio ordini e delle prospettive di investimento. Ma c’è un dato che preoccupa più di tutti: il crollo della metallurgia (- 7,8%) è, per Visentin, un «segnale anticipatore» di una crisi più vasta: se gli altri comparti metalmeccanici non hanno bisogno di rifornirsi di metallo, vuol dire che è in moto una risacca destinata a coinvolgerli.

Sempre per evitare il peggio, Federmeccanica ha redatto il Patto Made In Italy e Invented in Italy per la Produttività (si legga, in proposito questo articolo su Industria Italiana). Il documento si concentra su questi temi: la generazione di manodopera qualificata, le politiche utili per la crescita dimensionali, il miglioramento della profittabilità, la promozione del merito, il sostegno all’innovazione. Di per sé, tutto giusto. Ma la realizzazione del Piano si scontra con due ostacoli prevedibili. Anzitutto, è un progetto di sistema, e contempla il ruolo attivo del Governo; che però, a causa dall’inflazione e di altri motivi, non dispone di grandi risorse spendibili per la causa. Il secondo è che in altri Paesi, come la Germania, intervengono i grandi player industriali. In Italia non ci sono. Visentin apre pertanto «all’ingresso di grandi player stranieri, come in Spagna». Ma si sa che il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti non è d’accordo.







Quanto all’ipotesi di un Contratto Collettivo Nazionale Esg (environmental, social, and corporate governance) «per affermare la convergenza tra sostenibilità e competitività», questo ha peraltro per Visentin un vantaggio intrinseco, quello di saltare a piè pari la polarizzazione del discorso pubblico sul salario minimo, che restringe l’ottica della tutela del lavoratore alla sola retribuzione oraria.

 

D: Cominciamo con le brutte notizie. Nel secondo trimestre l’Italia della metalmeccanica è andata peggio (- 0,5%) di Francia (+ 1,8%), Spagna (+ 0,7%) e Germania (+0,0%) rispetto ai tre mesi precedenti. Perché noi così male e peggio degli altri, qual è il motivo? Cosa si è interrotto rispetto ad un anno e mezzo fa, quando l’Italia cresceva anche più degli altri Paesi?

R: Se consideriamo il semestre, con i primi tre mesi a – 0,1% (rispetto al trimestre precedente), ciò che emerge è un calo, non una débâcle. Non dico che tutto questo non debba costituire motivo di preoccupazione, ma per capire conviene prendere in considerazione l’anno precedente, il 2022, quando appunto la metalmeccanica italiana cresceva con più intensità rispetto a quella di altri Paesi europei. Cosa si vuole dire? Che chi è andato peggio, come Francia e Germania, ha avuto l’opportunità di andare meglio. Quando ci si confronta con i periodi poco performanti, si ha qualche chance in più di ottenere qualche risultato in termini meramente comparativi. Poi, i numeri sono quelli, e non si discutono. Piuttosto, preoccupa la situazione della Germania, che a mio avviso se la vede peggio dell’Italia. Ma è un guaio anche per noi, considerate le strette relazioni e integrazioni tra il sistema industriale tedesco e quello italiano. Ci rendiamo conto che la congiuntura è complessa, e che la situazione è difficile.

Metalmeccanica produzione paesi europei

D: Nel calo generale della produzione, alcuni settori sono andati particolarmente male (nei primi sei mesi rispetto al primo semestre 2022): la metallurgia (- 7,8%), gli apparecchi elettrici (-4,6%) e i prodotti in metallo (-3,7%). C’è una spiegazione? E a causa degli extra-costi e della crisi dei semiconduttori?

R: Forse le cause sono quelle, ma in effetti il dato della metallurgia è quello che ci preoccupa di più.

Metalmeccanica produzione

D: Perché il dato della metallurgia è quello che vi preoccupa di più?

R: Perché è un dato “anticipatore”. Se cala la domanda di metallo e prodotti in metallo, vuol dire che le prospettive dei tanti settori che hanno bisogno di questi beni (dall’automotive al Bianco e a tantissimi altri) sono al ribasso. In genere, se crolla la domanda di acciaio, si crea una risacca negativa.

Metalmeccanica produzione per comparto

D: Lei ha affermato che il problema della produttività va risolto con un’azione di sistema che coinvolga inevitabilmente le imprese e l’assetto istituzionale. Di qui il Patto Made In Italy e Invented in Italy per la Produttività. L’Italia però non è famosa per i giochi di sistema. Cosa le fa pensare che andrà diversamente? Ha già avuto manifestazioni di interesse da parte delle istituzioni?

Il ministro Giorgetti in occasione dell’Assemblea Generale di Federmeccanica

R: Beh, seppure con le dovute cautele, vorrei sottolineare che alla prima giornata di Mech in Italy sono intervenuti due ministri che rivestono un ruolo strategico per la realizzazione del Patto: quello del Lavoro, Marina Calderone, e quello dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti. Si occupano appunto dei temi centrali del Patto, e quindi l’allineamento con questi due dicasteri è di grande rilievo. Negli interventi dei ministri, peraltro, ho sentito dichiarazioni esplicite nella stessa direzione intrapresa con il Patto, in termini di priorità per il Paese. Alla fine, Giorgetti non si è lamentato del fatto che sono spariti 15 miliardi a causa dell’inflazione; non ha cercato scuse per non impegnarsi. E ha anzi ribadito che le risorse disponibili non vanno disperse in mille rivoli; che non vuole fare nulla che non abbia un ritorno; e che la priorità numero uno, per lui, è il cuneo fiscale. Bene: è anche la nostra.

D: Che succede se non si fa nulla? Si affonda?

R: Guardi, di crisi ne abbiamo passate molte: non mi sentirà mai dire che se il governo non si muove, noi moriamo per questo. Però, consideri quello che sta accadendo allo stabilimento di Marelli a Crevalcore: l’azienda ha annunciato la chiusura. È evidente che la sfida della doppia transizione è un’opportunità per alcuni, ma altre aziende soffriranno. A quante crisi conclamate dovremo assistere? Dobbiamo subire mille casi Marelli? Noi è da più di un anno che diciamo: occorrono politiche attive, che costituiscono un atto doveroso da parte del sistema Italia. È per questo che abbiamo redatto il Patto, perché vogliamo promuovere le condizioni per lo sviluppo. Ci rendiamo conto, però, che gli investimenti a pioggia non servono, e che occorre concentrare risorse e investimenti. È per questo che il Patto si concentra su 5 aree specifiche.

Metalmeccanica occupazione grande industria

D: I temi del Patto sono noti. Dove si situa però il problema della carenza di filiere integrate in alcuni settori della metalmeccanica?

R: Una premessa: in realtà la carenza di filiere integrate non è un problema solo italiano; è molto diffuso in Europa. In Italia c’è il caso di Ima (l’impresa emiliana, guidata da Alberto Vacchi, è tra le principali aziende internazionali specializzate nel processo di confezionamento di prodotti farmaceutici, alimentari, cosmetici, tabacco, tè e caffè; Ndr) che investe nel capitale dei fornitori strategici, sia per realizzare una filiera integrata che per sostenere finanziariamente i supplier; ma è un fatto abbastanza isolato nel Belpaese. In Francia è andata un po’ diversamente, perché per lungo tempo lo stato ha distribuito contributi a grandi aziende, a condizione che favorissero la fornitura locale. Detto questo, è vero: noi non abbiamo fatto riferimento alle catene di fornitura, perché non volevamo diffondere un messaggio forviante: potete rimanere piccole aziende, tanto poi c’è qualcuno che vi salva. No, noi volevamo lanciare un messaggio forte: dovete crescere sotto il profilo dimensionale, per diventare protagoniste del mercato. Perché nel nostro mondo ci sono tre categorie distinte: le micro-aziende, che hanno spesso un problema di investimenti; quelle medie, dai 100 dipendenti in su, che in genere vanno meglio; e poi ci dovrebbe essere, ma nei fatti non c’è, la grande industria. E questo è un problema grosso, perché è la grande industria che interloquisce con i governi, mica i contro-lavoristi; è per questo che, per anni, la Fiat ha contribuito alla politica economica di questo Paese. In Germania, i grandi player hanno un’influenza molto grande sulle strategie industriali di Berlino.

Metalmeccanica portafoglio

D: Federmeccanica, però, rappresenta l’intera categoria e parla con il governo.

R: Con una differenza, rispetto al modello con grandi player: quando in Germania lo stato decide di fare degli investimenti nell’industria, i grandi player contribuiscono con risorse proprie. Federmeccanica certo non può mettere miliardi sul tavolo; è un elemento che conta, nell’interlocuzione con l’esecutivo. Ora, dal momento che da noi mancano i grandi player, io non sono pregiudizialmente contrario all’ingresso di quelli stranieri. In Spagna, l’automotive e altre filiere sono presidiate dai tedeschi; eppure la Spagna sta dimostrando una fortissima capacità di recupero rispetto alla crisi. Non sono certo, però, che Giorgetti condivida la mia opinione.

Metalmeccanica portafoglio ordini

D: A proposito del nanismo delle aziende metalmeccaniche italiane, nel Patto si cita la possibilità di intervento della CDP e del Fondo Cometa? Ma cosa dovrebbero fare?

R: Cdp e il Fondo Cometa (Fondo Nazionale Pensione Complementare per i lavoratori dell’industria metalmeccanica, della installazione di impianti e dei settori affini e per i lavoratori dipendenti del settore orafo e argentiero; Ndr) dovrebbero entrare nel capitale di imprese che, di fronte alle sfide finanziarie della duplice transizione, si trovano in difficoltà, ma che hanno un business plan credibile. Ora, normalmente questo è il lavoro dei fondi di Equity, che però hanno obiettivi a breve termine e si riferiscono ad aziende molto attrattive per il loro business. Cdp e Cometa devono invece assumere un ruolo più “politico”, con l’obiettivo di aiutare filiere che stanno affrontando un periodo complicato. Va detto che Cdp da un po’ di anni partecipa allo sviluppo delle imprese. Cometa non è grande come i fondi americani, ma può aiutare.

Dinamica produzione metalmeccanica

D: Prima lei ha citato il cuneo fiscale: come dovrebbe essere strutturato per favorire la crescita del settore?

R: Noi siamo stati in prima linea quando si trattava di sollecitare il governo a realizzare la de-contribuzione a favore dei lavoratori metalmeccanici, la nostra gente. Si intendeva difendere i loro stipendi. Peraltro a giugno riconosceremo ai dipendenti di categoria un aumento del 6%. Ora si pone il problema della competitività delle aziende, e allora pensiamo che sarebbe utile che la de-contribuzione riguardasse anche la parte a carico diretto delle imprese, che corrisponde peraltro ai due terzi del totale. Quanto alla percentuale di questa operazione a favore delle aziende, va ovviamente discussa con l’esecutivo.

Metalmeccanica prospettive occupazioni 6 mesi

D: Cosa ne pensa del dibattito sul salario minimo?

R: È davvero spiacevole che il dibattito pubblico si sia concentrato solo su questo aspetto, quello del costo orario del lavoratore. Noi abbiamo questo obiettivo di realizzare un Ccnl Esg. L’idea di fondo è che l’adempimento della norma contrattuale diventi esso stesso un’azione utile per realizzare standard qualificati ai fini Esg. In pratica: il contratto nazionale, per noi, riguarda il welfare, la formazione, le tematiche di genere, la sicurezza sul lavoro, fino alle nuove tipologie organizzative previste dalla riforma dell’inquadramento ed alle forme di partecipazione. Parlare solo di costo orario è un passo indietro.

Liquidità aziendale metalmeccanica

D: A proposito di inflazione, lei dice che si dovrebbe rimettere in circolo a favore delle imprese l’extragettito derivante da quanto erogato in più rispetto alla previsione originaria del Ccnl. Ma tecnicamente si può fare?

R: Sì. Il quantum è facile da conteggiare, e la differenza potrebbe essere “restituita” come credito di imposta o come de-contribuzione. È una misura che chiediamo per il 2023, per non appesantire i bilanci. E non si può dire che le risorse manchino, in questo caso: per definizione, l’extra-gettito è una cosa che lo Stato non si attende di percepire. Certo, può anche darsi che lo Stato abbia utilizzato questi soldi per coprire altri buchi; è un gioco che abbiamo visto più volte. Ma in questa occasione abbiamo agito d’anticipo, segnalando la possibilità della restituzione.

Metalmeccanica prospettive di investimento

D: Quali sono le sue previsioni per il secondo semestre 2023?

R: Vorrei rimanere sorpreso, contando sull’energia che la metalmeccanica italiana ha sempre espresso, anche nelle situazioni più cupe, e sul fatto che personalmente sono ottimista per natura; ma il segnale sugli investimenti, quello per il quale il 44% delle aziende non intende farne nei prossimi sei mesi, è senz’altro preoccupante. Se a ciò si aggiunge la dinamica dei tassi di interesse, per i quali non è prevista una riduzione, non è facile essere ottimisti. In proposito, va detto che la battaglia che sta facendo l’Europa, quella di alzare i tassi per contenere l’inflazione, è incomprensibile sotto il profilo dell’economia reale. Ci sta ponendo in grandissima difficoltà. A mio avviso, l’Europa dovrebbe interrompere questo gioco al rialzo il prima possibile.














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