Intelligenza Artificiale: solo all’inizio. Da ripensare occupazione, processi, modelli di business. Ma come? Parlano Fanuc, Fluid-o-Tech, Rta e….

di Barbara Weisz ♦︎ L'IA è alla base del passaggio da robot a cobot, e sarà una tecnologia chiave, fra l'altro, per l'esplorazione spaziale, come conferma l'astronauta e imprenditore Maurizio Cheli. Ma bisogna prima vincere la sfida dell'organizzazione del sistema produttivo e ripensamento del ruolo delle persone. L'occupazione? L'automazione sempre più spinta non eliminerà i posti di lavoro, ma stravolgerà il modo di lavorare di 2 persone su tre. Il tema della sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Marco Delaini (Fanuc) Diego Andreis (Fluid-o-Tech) e Marco Bentivogli (coordinatore nazionale Base Italia) a margine di un evento organizzato di Assolombarda, Rta Robotics e Sea Vision

I robot serviranno per andare su Marte. E dovranno essere dotati di sistemi avanzati di intelligenza artificiale per portare a termine la missione con la maggior autonomia possibile. Basterebbe questo esempio, proposto da Maurizio Cheli, astronauta dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, a dare l’idea degli sviluppi possibili di robotica e IA. Certo, il settore aerospaziale è per definizione tecnologicamente avanzato. Ma, come sottolinea Marco Delaini, managing director di Fanuc Italia, oggi le aziende manifatturiere sono tutte un sistema complesso di macchine, interazioni, robotica. L’Italia, fra l’altro, ha posizioni di eccellenza a livello internazionale proprio nel settore della robotica: sesto paese per installazioni e vendite, e una serie di peculiarità legate alla composizione del tessuto industriale. Se nel mondo il settore che maggiormente utilizza la robotica resta l’automotive, nella Penisola sul primo gradino del podio ci sono metallurgia e machinery, seguiti da food e chimica. Questo comporta anche diverse scelte in materia di automazione, legate per esempio a un maggior uso dei cobot, i robot collaborativi, in luogo di quelli industriali. Sono proprio i sistemi sempre più avanzati di intelligenza artificiale al centro del passaggio dal robot al cobot. E ora ci sono nuove frontiere tecnologiche, ad esempio con l’applicazione di IA generativa alla robotica in fase di programmazione, oppure per risparmiare sui costi energetici e produrre in modo sostenibile.

Ma la vera sfida è l’organizzazione del sistema produttivo (parlare di intelligenza artificiale in fabbrica vuole dire parlare di processi, sintetizza Diego Andreis, ceo Fluid-o-Tech, azienda che per tre volte ha meritato il Premio Nazionale per l’Innovazione). È necessario un «ripensamento del ruolo delle persone», sintetizza sempre Andreis, riferendosi alll’educazione alla complessità, al lavoro di squadra, al problem solving. Vediamo tutto, partendo dagli spunti offerti dall’AI & Robotics conference 2023, organizzata da Assolombarda, Rta Robotics e Sea Vision, e dalle domande che Industria Italiana ha rivolto a Maurizio Cheli, astronauta ma anche imprenditore, Marco Delaini, ceo di Fanuc, Diego Andreis, che oltre a essere Ceo di Fluid-o-Tech è anche presidente della World Manufactoring Foundation e vicepresidente di Federmeccanica, Marco Bentivogli, coordinatore nazionale Base Italia.







I robot e l’IA, qual è la missione delle imprese

Maurizio Cheli, astronauta dell’Esa

Partiamo dallo spazio, emblema delle potenzialità di robotica e intelligenza artificiale. Quella dei robot su Marte non è un’ambizione, ma un reale progetto. Fino ad oggi, spiega Cheli, sono state privilegiate missioni a orbita bassa (intorno alla terra). «Ora invece si pensa di nuovo ad andare sulla Luna, e ad arrivare su Marte». L’evoluzione tecnologica porta a realizzare razzi sempre più grandi in termini di dimensioni. L’idea, per la missione su Marte, è quella di realizzare una stazione spaziale, fra la Terra e la Luna, come base dalla quale far poi partire la spedizione sul pianeta rosso. «Per andare su Marte, bisogna avere i robot», sintetizza Cheli, e in generale il maggior grado di automazione possibile. Per una serie di motivi. Le comunicazioni fra la Terra e Marte richiedono circa 20 minuti (il ritardo con cui la voce arriva all’equipaggio in orbita a quella distanza). Quindi, è fondamentale organizzare con estrema precisione (questo in realtà succede in tutte le missioni) cosa fare da terra e cosa fare a bordo. Il robot dovrà svolgere compiti che per l’uomo comportano troppi rischi. Dovrà avere autonomia nello svolgere i compiti assegnati (grazie all’intelligenza artificiale). E tutti i macchinari dovranno essere dotati di sistemi di autoriparazione.

Sono numerose le sfide richieste dalle prossime missioni spaziali. Dalla necessità di macchine in grado di autoripararsi a intelligenze artificiali evolute

Ora, in azienda e più in generale nel mondo del lavoro succede la stessa cosa. La digitalizzazione va a cancellare mansioni che spesso sono routinarie. La robotica produce questo risultato per lo più in fabbrica, l’intelligenza artificiale impatta invece maggiormente sui white collar. Ma il punto è che la tecnologia abilita nuove competenze (fra l’altro ricercatissime sul mercato). Sui grandi numeri, i paesi in cui è più alto il livello di adozione dei robot sono quelli con i tassi di disoccupazione più bassi. Qui bisogna fare una precisazione: ci sono mansioni che spariscono in fabbrica con la digitalizzazione. Quindi ci sono posti di lavoro che si perdono. Ma ci sono anche nuove funzioni che si rendono necessarie. Sta quindi alle imprese trovare, per esempio, un corretto bilanciamento fra il reskilling, il cambio di mansioni, o la sostituzione dei lavoratori. Su quest’ultimo fronte, evidentemente, si inserisce il ruolo degli ammortizzatori sociali, con il coinvolgimento quindi delle parti sociali e delle istituzioni. Ma in termini macroeconomici c’è un rapporto virtuoso fra l’impiego dei robot e l’occupazione. I numeri sono stati presentati da Domenico Appendino, presidente Siri (associazione italiana di robotica e automazione).

Il mercato della robotica, trend in Italia e nel mondo

In base ai dati del 2021, il paese con la più alta densità di robot installati è la Corea del Sud (mille robot ogni 10mila addetti), che ha un tasso di disoccupazione del 2,7%. Seguono Singapore (670 robot ogni 10mila addetti, disoccupazione all’1,8%), il Giappone (rispettivamente 399 e 2,8%), e la Germania (397 e 5,6%).

L’automazione spinge l’occupazione: i paesi con una maggior densità di robot per numero di abitanti sono quelli con il tasso di disoccupazione più basso

L’Italia è al 14esimo posto nel mondo per densità di robot (217 ogni 10mila addetti). Nel 2021, la disoccupazione era al 9%, un livello fra i più alti d’Europa. Ma era in calo sull’anno precedente, e si sta riducendo nel tempo (a luglio di quest’anno era al 7,6%). Qui è difficile fare una correlazione con la digitalizzazione delle imprese, anche perché i dati incamerano fra le altre cose l’impatto della pandemia. Si può però considerare che il tasso di disoccupazione, dal lancio del Piano Industria 4.0, è costantemente diminuito (era all’11,7% nel 2016, e stata già scendendo rispetto agli anni precedenti con il progressivo assorbimento dell’impatto della crisi del debito del 2011-2012).

Comunque, al momento l’introduzione dei robot in fabbrica non ha prodotto la sostituzione uomo macchina paventata all’inizio della quarta rivoluzione industriale (pur comportando grosse ristrutturazioni anche settoriali, la crisi del mondo dell’auto ne è un esempio).

Proseguendo con l’analisi del mercato della robotica in Italia, sottolineiamo una differenza relativa proprio ai settori industriali in cui queste macchine vengono impiegate. A livello internazionale, la parte del leone spetta ancora all’automotive, seguito dall’industria elettrica ed elettronica. Il machinery e la metallurgia sono al terzo posto.

Machinery e metallurgia sono i settori dell’industria italiana dove l’adozione di robot è maggiore
In Italia, invece sono sul gradino più alto del podio, seguiti da food e chimica. Questi ultimi due settori nel mondo sono invece rispettivamente al quinto e quarto posto.

Come detto, questo comporta anche scelte diverse in materia di digitalizzazione e, più nel dettaglio, di impiego di robot in fabbrica. La robotica collaborativa è una strada spesso percorsa dalle piccole e medie imprese manifatturiere, ma è anche un trend globale. La percentuale di cobot sul totale dei robot industriali installati nel 2021 è al 7,5%, dal 2,8% del 2017. Qui vale sempre la solita avvertenza: un’azienda che deve digitalizzare magazzini e linee produttive farà le scelte in base alle esigenze specifiche, non c’è una regola rigida sulla maggior utilità di una determinata tipologia di robot rispetto ad un altro.

Per esempio, Tommaso Rossini, Ceo di RTA Robotics, segnala che il tasso di crescita dei cobot degli ultimi quattro anni, +350%, determinerà quello futuro, anche nei casi in cui in realtà non è questa la soluzione più adatta alle imprese.

Le sfide dell’IA per ora sono solo all’inizio

Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia

Se questi sono i trend per la robotica, quelli relativi all’IA sono di più difficile lettura. Marco Bentivogli segnala un report di Goldman Sachs in base al quale l’intelligenza artificiale cambierà il lavoro di due terzi degli americani. «Non significa necessariamente che ci sarà una cancellazione del lavoro. Ma un supporto, integrazione, modifica, cambia il modo in cui si svolgono compiti e mansioni. Ci sarà sicuramente parte di lavoro che verrà eroso. E la novità, è che ad essere maggiormente aggredito è il lavoro impiegatizio, molto più di quello operaio. Ma anche in questo caso, ad essere penalizzato è in particolare il lavoro ripetitivo. «La soluzione – ci spiega Bentivogli, ex segretario generale dei metalmeccanici della Cisl – è riconfigurare il lavoro impiegatizio. Mantenendo quote di analisi, critica. Utilizzando invece supporto per la parte ripetitiva, e costruire competenze nuove legate all’utilizzo della tecnologia».

Andreis sottolinea che lo sviluppo dell’IA ha una velocità esponenziale. E nell’adozione in fabbrica «siamo soltanto all’inizio». In particolare, c’è molta strada da fare nell’interazione fra sistemi. «Oggi spesso i sistemi o le singole macchine sono indipendenti. La nuova generazione di software abiliterà sempre più la capacità di fare lavorare insieme questi sistemi». Ma pone poi il focus su un altro aspetto, legato invece alla servitizzazione. Cambiano i prodotti, e con essi anche i modelli di business delle imprese manifatturiere. «Parliamo sempre di fabbrica e di processi, ed è importantissimo farlo. Ma per i produttori di componenti come noi, è fondamentale l’evoluzione dell’offerta, cioè di cosa vendiamo. Fino a oggi vendevamo ferro. Inserire software e intelligenza su questo ferro ci permette di vendere più valore, di differenziarci maggiormente e di far propria la nostra offerta grazie alle tecnologie di intelligenza artificiale. Algoritmi che vengono fatti girare e mettendo insieme informazioni generano valore in più rispetto all’informazione singola». In pratica, «è sulla servitizzazione del prodotto che dobbiamo puntare». Ma anche su modelli organizzativi adatti al mondo digitale.

L’impresa come la cabina dello shuttle: tecnologia e gioco di squadra

Diego Andreis, ceo di Fluid-o-Tech

Proseguiamo utilizzando il fil rouge dell’industria spaziale. La cabina di comando dello shuttle è un concentrato di tecnologia. Cheli sottolinea che a livello organizzativo è paragonabile a un’azienda. Ci sono interruttori che può usare solo il comandante, altri che invece sono di competenza del pilota, altri ancora dell’ingegnere di bordo. «Nello spazio non si può andare da soli. Bisogna lavorare in modo coordinato» sulla base di tre criteri di fondo: competenze, fiducia, interdipendenza. Le competenze di chi partecipa a una missione spaziale sono evidentemente molto elevate. La fiducia è coniugabile a vari livelli: in sé stessi, negli altri membri dell’equipaggio, nelle tecnologie, nell’addestramento ricevuto. L’interdipendenza consiste nella consapevolezza che a bordo ogni azione del singolo ha un effetto sugli altri membri dell’equipaggio. È un metodo basato sul lavoro di squadra che può essere portato nelle aziende. Sul lavoro, spiega Cheli ai microfoni di Industria Italiana, «è facile che un collega più esperto dica: lascia perdere, questo lo faccio io. Sulla navicella non è possibile», e questo in realtà facilita il raggiungimento dell’obiettivo. Come si arriva ad affinare queste capacità di lavoro di squadra, fra l’altro in un ambiente dove tutti hanno alte competenze e presumibilmente, anche un discreto spirito competitivo? «Ci si arriva con l’addestramento, l’esperienza, e la consapevolezza che in missione una singola persona non riuscirebbe mai a raggiungere l’obiettivo, sempre troppo grande rispetto alle sue capacità e competenze. La lezione vale a maggior ragione per i manager. Cheli li divide in due gruppi: quelli che raggiungono l’obiettivo con le persone, e quelli che lavorano con le persone per raggiungere l’obiettivo. La strada corretta, secondo l’astronauta, è la prima.

L’IA generativa nella robotica

Marco Delaini, managing director di Fanuc Italia

Ci sono poi le nuove frontiere tecnologiche. Per esempio legate all’applicazione dell’intelligenza artificiale alla robotica. Qui, sottolinea Andreis, le tecnologie fondamentali continuano a essere il machine learning e il deep learning. Ma, ci spiega Marco Delaini, ci sono anche «vari esempi di IA generativa applicata alla robotica. Soprattutto su generazione e ottimizzazione di percorsi per il robot all’interno del sistema produttivo. Si sta usando l’intelligenza artificiale generativa per ridurre il carico di un programmatore, e facilitarlo poi nella gestione della macchina sulla linea. Faccio un esempio: oggi ci sono le prime installazioni di robot che partendo da un disegno Cad associano l’immagine all’interno di una cassetta e riescono prendere quel pezzo in quella cassetta. Solitamente il percorso della robotica è diverso: c’è un’immagine, e a quella il programmatore associa un movimento. Questa parte viene facilitata dall’IA generativa, per cui il robot riesce a identificare dei pezzi. Oggi lo si fa su un disegno Cad, ma pensiamo a sistemi più complessi. Amazon, per esempio, dove la banca dati non ha un singolo articolo, ma tantissimi articoli che il robot con la visione e la capacità di generare percorsi può gestire».

Un altro utilizzo importante dell’IA in fabbrica consiste nella capacità dei nuovi software di applicare ai processi la riduzione dei consumi elettrici, quello di risorse naturali. Il robot riesce, su un percorso che ha creato, a fare un’ottimizzazione per ridurre i consumi.

Nel laboratorio demo allestito all’AI & Robotics conference 2023 Fanuc ha portato un cobot (CRX-10iA/L), integrato con un sistema di visione che gli consente di riconoscere un determinato oggetto, da prelevare e posizionare, e sensori di coppia che invece sono sensibili al contatto, per cui il posizionamento si perfeziona nel momento in cui il braccio meccanico si accorge che è stato toccato il bordo (l’applicazione demo prevedeva il posizionamento di lettere una di fianco all’altra a contatto fra loro). Il feedback del contatto avviene tramite i sensori interni al robot, non dalla pinza).

La digitalizzazione deve essere sostenibile

La sostenibilità è uno dei grandi temi legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Chiara Bartolozzi, a capo del gruppo Event-Driven Perception for Robotics, dell’Istituto Italiano di tecnologia, segnala che il costo energetico dell’intelligenza artificiale è molto alto. Per cui la ricerca applicata si sta ponendo il problema di guardare a sistemi che riescano a ridurre i consumi. Dall’altra parte, ci sono le potenzialità di utilizzo per ridurre invece i consumi energetici e ambientali.

Qui entra in gioco anche il ruolo delle imprese a livello di impegno sulla sostenibilità. «In Fanuc, ce l’abbiamo nel Dna – sottolinea Delaini -. Essendo un’azienda giapponese l’attenzione per la natura fa parte della nostra cultura sin dall’inizio, 50 anni fa. Fabbrichiamo robot all’interno di un parco naturale. E non abbiamo tagliato gli alberi, li abbiamo spostati per inserire in un contesto naturalistico un contesto produttivo. Oggi continuiamo a fare la nostra parte in questo senso, abbiamo il bilancio di sostenibilità e siamo impegnati per migliorarne i criteri». C’è poi il ruolo nei confronti delle imprese clienti, «per offrire tecnologie che permettano loro di essere Co2 neutral, oppure di ridurre i consumi energetici. Per esempio, a chi produce macchine a controllo numerico dobbiamo fornire tecnologie perché il macchinario consumi sempre meno o riutilizzi l’energia».














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